Introduzione all’oratoria ciceroniana
PREMESSA: L’ORATORIA IN GRECIA E A ROMA
“oratoria” < oratoria ars = greco rhetorike tekhne, “l’arte del parlare”
 nascita in Grecia nel V secolo, con la sofistica -> Tre generi: deliberativo, oratorio, epidittico
 tappa importante: la sistematizzazione teorica di Aristotele (sistematizzazione dei generi, divisione
dell’orazione in quattro parti, ovvero l’esordio, la narrazione dei fatti, l’esposizione delle prove, l’epilogo)
e di Teofrasto (la definizione dei tre stili: umile, per insegnare e dimostrare; medio, per procurare diletto;
sublime, per emozionare).
 Età ellenistica: ripartizione dell’insegnamento retorico in inventio (capacità di reperire gli argomenti più
pertinenti alla causa), dispositio (efficace collocazione degli argomenti), elocutio (stile), memoria (capacità
di memorizzare), actio (aspetti della recitazione vera e propria dell’orazione).
 oratoria a Roma: Appio Claudio Cieco, Catone il Censore (autore della definizione dell’oratore come vir
bonus dicendi peritus), laudationes funebri, oratoria dell’età dei Gracchi e del periodo della contesa fra
Mario e Silla (Marco Antonio e Lucio Licinio Crasso, che Cicerone scelse come protagonisti del De oratore).
I DUE VOLTI DELLA PRATICA CICERONIANA DELL’ORATORIA
Orazioni
 Pro Quinctio (81)
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in difesa di persone invise
al regime di Silla
Pro Roscio Amerino (80)
Le Verrine (70 a.C., pubblicate in seguito):
Divinatio in Caecilium, Actio prima, Actio
secunda (mai pronunciata)
De lege Manilia (66 a.C.): per sostenere il
conferimento a Pompeo del comando unico
della guerra contro Mitridate re del Ponto
Catilinarie (62 a.C., pubblicate in seguito):
quattro orazioni
Pro Murena: difesa dall’accusa di brogli
elettorali di rivolta auno dei due eletti al
consolato nel 62 a.C.
Pro Archia (62 a.C.): difesa del poeta greco
Archia dall’accusa di aver usurpato la
cittadinanza romana.
Pro Sestio (56 a.C.): manifesto del pensiero
politico ciceroniano.
Pro Caelio (56 a.C): difesa di un giovane
aristocratico, accusato di aver cercato di
uccidere una sua ex amante, Clodia, sorella
del tribuno Publio Clodio Pulcro nemico di
Cicerone.
Pro Milone (52 a.C.): in difesa dell’assassino
di Publio Clodio Pulcro …discorso che
Cicerone non riuscì nemmeno a
pronunciare (il Foro era circondato dai
soldati di Pompeo)
orazioni cesariane (post 48): Pro Marcello,
Pro Ligario, Pro rege Deiotaro
Le Filippiche (quattordici discorsi vs. Marco
Antonio, 44-43 a.C.)
Trattati di argomento retorico
 De inventione (età giovanile): un trattatello
in due libri, che si occupa della prima
partizione canonica dell’insegnamento
dell’oratoria (l’inventio, appunto) = sintesi
di sapere greco (presumibilmente divulgato
a Roma dalla scuola di retorica di Plozio
Gallo, fondata nel 93 a.C. e chiusa l’anno
seguente);
 De oratore (55 a.C.): dialogo in tre libri,
finalizzato alla definizione del profilo ideale
dell’oratore (specialista della parola, dotato
però di una cultura di ampio respiro).
 Orator (46-44 a.C.): il profilo ideale
dell’oratore, ma con più attenzione agli
aspetti tecnici
 Brutus (46-44 a.C.): una storia dell’oratoria
romana (con uno sguardo ai presupposti
greci)
Brani di oratoria trattati in classe
Cic., In Catilinam oratio prima (T 2,3,4 del manuale)
pronunciata da Cicerone di fronte al Senato, riunito nel tempio di Giove Statore, l’8 novembre del 63 a.C.:
Cicerone è venuto a sapere della riunione segreta dei congiurati, tenutasi il 6 novembre, durante la quale è stata
decisa l’eliminazione dello stesso Cicerone
exordium: §§ 1-10
T2. L’esordio
§§ 1-2 in lingua
§§ 3-6 in traduzione italiana
Nei §§ 3-4 Cicerone accumula, a sostegno della necessità di intervenire contro Catilina, una serie di casi storici di
provvedimenti a danno di nemici della patria (veri o presunti…).
L’oratore gioca su una contrapposizione fra passato e presente: nei secoli passati, prestigiosi uomini politici non
hanno esitato a mandare a morte concittadini sospettati di attentare alla costituzione repubblicana, dimostrando
più severità nei confronti di costoro che dei nemici esterni.
Fuit, fuit ista quondam in hac res publica virtus, ut viri fortes acrioribus suppliciis civem perniciosum quam
acerbissimum hostem coercerent. (§ 3)
Alcuni di questi “paladini della repubblica” hanno agito come privati cittadini, altri si sono mossi con il mandato
del Senato (senatus consultum ultimum: il Senato incarica il console di tutelare la sicurezza dello stato,
affidandogli pieni poteri).
§3
 Publio Scipione Nasica sopprime Tiberio Gracco “senza mandato” (privatus, cioè “da privato
cittadino” (133 a.C.);
 Servilio Ahala, luogotenente di Cincinnato, uccide il ricco plebeo Spurio Melio (440 a.C.).
§4
 Lucio Opimio reprime i tumulti popolari e causa la morte di Caio Gracco (121 a.C.);
 Gaio Mario e l’altro console in carica con lui mandano a morte il tribuno della plebe Saturnino e il
pretore Glaucia, responsabili di aver provocato disordini in città
Nel presente, invece, la virtus dei politici latita. Cicerone, con mossa a effetto, incolpa se stesso e il console suo
collega: pur disponendo del senatus consultum ultimum da fine ottobre, ancora non erano intervenuti (Cicerone
attendeva di raccogliere prove schiaccianti).
Habemus senatus consultum in te, Catilina, vehemens et grave; non deest rei publicae consilium neque auctoritas
huius ordinis: nos, nos, dico aperte, consules desumus. (§ 4)
Ma la misura è colma: Cicerone rinnega la sua clemenza, e si auto-accusa di inertia e nequitia.
Il tempo dell’inattività è finito, ora (ora che Catilina ha raccolto una vera e propria armata contro lo Stato) bisogna
agire: se arresta Catilina, Cicerone potrà essere rimproverato solo per aver atteso così tanto tempo, non certo di
essere stato crudelis (§ 5).
Il brano si conclude con un invito a Catilina (§ 6): poiché ormai è stato scoperto, non gli rimane che mutare
mentem.
Cicerone vorrebbe con questo appello persuadere Catilina a confessare la propria colpa (come si è detto, Cicerone
non dispone ancora di prove sicure).
narratio - propositio (§§ 7-13; il confine è incerto)
argumentatio (§§ 14-31): nel racconto delle azioni spregevoli di Catilina è inserita la prosopopea della Patria (T 3.
La prosopopea della Patria), che si rivolge:

a Catilina, invitandolo ad andarsene (§ 18)

a Cicerone, per rimproverarlo dei suoi indugi e incoraggiarlo a condannare a morte Catilina, come questi
merita (§ 27) : l’ “impopolarità” o il “timore di un qualche pericolo” non dovrebbero indurlo a lasciare in
libertà un “nemico dello stato”.
La prosopopea della Patria è l’espediente retorico con cui Ciceronecerca di dare forza alla giustificazione eticopolitica della sua violazione delle leggi sull’esecuzione capitale dei cittadini romani (leggi che prevedevano che
cives Romani non potessero essere mandati a morte senza processo).
peroratio (§§ 31-33)
(§ 31) Cicerone invita i senatori ad accogliere la proposta di mandare a morte tutti i congiurati. Eliminare il solo
Catilina, sarebbe solo parzialmente utile: il male va estirpato alla radice, proprio come le più gravi malattie del
corpo devono essere affrontate con terapie radicali.
(§ 31) L’oratore promette che tutte le forze della res publica, dai consoli ai senatori ai cavalieri a tutti i buoni
cittadini (boni), si impegneranno per soffocare e punire la congiura.
(§ 32) Cicerone apostrofa direttamente Catilina, come nell’exordium (Ringkomposition), ribadendo il fatto che, se
volesse continuare la sua “guerra empia e nefanda” (impium bellum et nefarium), lo aspetterebbero “disgrazia”,
“perdizione” nonché la morte di quanti si sono uniti a lui per il “parricidio” (in senso figurato, l’attentato alla
patria).
Infine l’oratore rivolge una preghiera a Giove Statore, divinità del tempio in cui il Senato si è riunito, chiedendogli

di allontanare Catilina e i suoi compagni dai templi e dalle dimore della città, dalle vite e dai patrimoni di
tutti gli abitanti;

di condannare a “tormenti senza fine”, in vita e in morte, questi “nemici degli uomini onesti, nemici della
patria, devastatori d’Italia, stretti fra loro da un patto scellerato in un’associazione infame”.
Il lessico usato non è casuale: il verbo macto fa parte del lessico del sacrificio (mactare hostiam = “sacrificare
l’offerta agli dèi”)  Catilina viene assimilato a una vittima sacrificale.
L’appello alla divinità in chiusura è una mossa a effetto, che rientra nella strategia del richiamo al glorioso passato
romano.
Giove Statore è il dio che in passato fermò la fuga dei Romani, incalzati dai Sabini (“Stator” < sisto, “trattengo,
fermo”; Giove Statore = “Giove che tiene fermi”). Lo stesso Giove che un tempo “tenne fermi” i Romani di fronte
ai loro nemici deve ora garantire la medesima fermezza di fronte a nemici assai più pericolosi, garantendo così la
stabilità dello Stato.