Nel proemio del dialogo De oratore Cicerone giustifica la carenza di validi oratori con la difficoltà intrinseca dell’arte dell’eloquenza, che richiede numerose qualità naturali e cognizioni acquisite attraverso lo studio. Nell’indicare le caratteristiche del perfetto oratore - uomo politico (la formazione retorica prepara infatti alla carriera politica, come precisato al paragrafo 19), l’autore attinge ai trattati di retorica greci per ciò che riguarda gli aspetti tecnici (la distinzione delle varie parti dell’oratoria, ad esempio, deriva dai manuali di retorica ellenistici, come quello di Ermàgora di Temno), ma s’inserisce nella più autentica tradizione romana quando esalta l’importanza dei contenuti rispetto all’elaborazione formale. Già Marco Porcio Catone, nel II secolo a.C., aveva affermato la preminenza dell’argomento rispetto all’elocuzione, come attesta il precetto rem tene, verba sequentur (“padroneggia l’argomento, le parole seguiranno”; fr. 15 Jordan). La contiguità tra attività oratoria e impegno politico giustifica non solo l’attenzione alla “sostanza” dei discorsi, ma anche la complessità della formazione consigliata (che comprende lo studio della storia e del diritto, della retorica in senso stretto e della filosofia), accessibile solo ai rampolli delle famiglie più abbienti. Nel precisare che non bastano «quei precetti o maestri o esercizi, di cui si servono tutti» (par. 19) per diventare validi oratori, l’autore tradisce infatti una certa preoccupazione rispetto alla diffusione delle competenze retoriche presso quei ceti che ne erano stati da sempre esclusi (un fenomeno iniziato nei primi decenni del I secolo a.C., come documentano la Rhetorica ad Herennium e la scuola dei rhetores Latini). (16) La verità è che quest’arte è qualcosa di più difficile di quel che si crede e il risultato dello studio di più discipline. E veramente, dato l’enorme numero di coloro che si dedicano a quest’arte, la grandissima abbondanza di maestri, lo straordinario ingegno degli uomini, l’infinita varietà dei processi, la magnificenza dei premi destinati agli oratori, quale altro motivo si potrebbe addurre1, se non la complessità e la difficoltà veramente incredibile della materia? (17) L’oratore infatti deve possedere molte nozioni, senza le quali l’arte del dire si riduce a una pompa di parole vuota e ridicola, deve curare lo stile non solo con la scelta, ma anche con l’adatta collocazione delle parole2 e deve inoltre conoscere a fondo tutte le passioni che la natura ha dato al genere umano3, perché è nel calmare o nell’eccitare gli animi degli ascoltatori che si esprimono necessariamente tutta la forza e la bellezza dell’eloquenza. Bisogna che a ciò si aggiunga una certa vena d’umorismo, una tendenza alle facezie, una cultura degna di un uomo libero, prontezza e brevità nelle risposte e negli attacchi congiunte a garbo e gentilezza. (18) Deve inoltre avere una profonda conoscenza di tutta la storia antica, d’onde trarre la forza degli esempi e non deve trascurare lo studio 1. Si intenda: quale motivo si potrebbe addurre a giustificazione della scarsità di oratori validi. 2. Questi aspetti sono relativi alla parte dell’oratoria defini- ta elocutio (“stile”). 3. La conoscenza dell’animo umano e delle passioni che la agitano è pertinenza della filosofia. Cicerone © Pearson Italia S.p.A. G. Garbarino, L. Pasquariello – Paravia 1 PERCORSI TESTUALI Il perfetto oratore (De oratore, I, 16-20) delle leggi e del diritto civile. C’è bisogno che mi dilunghi perfino sul modo di porgere4? Esso deve essere regolato sul movimento del corpo, sui gesti, sul volto, sul timbro e sulla modulazione della voce; e quanto valga questo solo mezzo, considerato in sé e per sé, si può dedurre dalla scena e dalla frivola arte degli attori5, dei quali ben pochi abbiamo visto e vediamo recitare con vera soddisfazione, benché tutti si sforzino nel regolare sia la pronunzia che la voce e i movimenti della persona. E che dire di quel tesoro di tutte le nozioni che è la memoria6? Se questa non assiste, come una custode, i concetti e le espressioni già trovati e meditati, possiamo essere certi che tutte le altre doti dell’oratore, anche magnifiche, andranno perdute. (19) Perciò cessiamo di domandarci con meraviglia quale sia il motivo dello scarso numero dei valenti oratori, essendo l’eloquenza il risultato di tutte quelle discipline, che è già difficilissimo studiare una per una, ed esortiamo piuttosto i nostri figli e tutti coloro, la cui gloria e carriera politica ci stanno a cuore, a ben riflettere sull’importanza di quest’arte e a convincersi che essi non potranno conseguire il proprio scopo con quei precetti o maestri o esercizi, di cui si servono tutti, ma con altri ben diversi. (20) A mio parere, nessuno potrà essere definito oratore perfetto, se non avrà una profonda conoscenza di tutti gli importanti problemi e di tutte le discipline. La parola infatti deve sbocciare ed uscire dalla cognizione delle cose: se l’oratore non conosce profondamente l’argomento, il suo discorso si riduce a un giro di parole vuoto e quasi puerile. (trad. G. Norcio) 4. Queste osservazioni si riferiscono all’actio, che compren- 6. La memoria era una delle cinque operazioni pertinenti all’arte oratoria secondo i manuali di retorica ellenistici. de dizione, tono di voce e gestualità. 5. Nel mondo romano gli attori godevano di scarsa considerazione, e Cicerone non fa eccezione, dal momento che definisce levis (“leggera” nel senso di “superficiale”) la loro arte. 2 Cicerone © Pearson Italia S.p.A. G. Garbarino, L. Pasquariello – Paravia