Barilla – Dove c’è Barilla c’è casa Nokia – Connecting people Omnitel Vodafone – Life is Now Peugeot 206 – Enfant terrible Galbani – Vuol dire fiducia Rowenta – Per chi non si accontenta Zoppas – Zoppas li fa e nessuno li distrugge Ikea - Spazio alle idee Lavazza – Più lo mandi giù e più ti tira su Amaro Lucano – Voglio il meglio Adidas: Impossible is nothing. McDonald’s: I’m loving it. L’importanza del payoff Cosa accade in queste frasi appena citate? Come mai sempre più di frequente ci capita di associare in modo immediato e quasi inconscio ai nomi delle aziende queste specie di motti? Ciò accade perché uno degli elementi più importanti nella costruzione dell’identità e della riconoscibilità di un brand è la creazione di un payoff efficace. Il payoff è in sostanza quella scritta che appare molto spesso sotto ai loghi, quella frasetta brevissima che si associa al marchio in ogni campagna di comunicazione e deve dunque riassumere l’intero universo di quell’azienda. Bisogna fare attenzione: il pay off non è uno slogan, non deve essere confuso con il claim che accompagna ogni singola campagna pubblicitaria, non è nemmeno un semplice riassunto: è piuttosto un dispositivo testuale che si integra e anzi completa l’identità di un brand, rendendolo riconoscibile, memorabile, coerente. Nel caso di aziende molto strutturate, con più linee di prodotto, avere un payoff può servire da trait d’union fra tutti gli annunci per i vari prodotti o per i vari rami aziendali. Proprio per questa sua importanza e complessità esso risulta anche essere la “bestia nera” di tutti i copywriter, che hanno la responsabilità di condensare in poche battute quello che sarà uno dei segni costanti della comunicazione di un’impresa e si dovrà adattare a tutte le possibili declinazioni e applicazioni della brand identity. La difficoltà di trovare un payoff efficace in tutti i contesti di comunicazione, di conseguenza, fa sì che molti payoff siano di una banalità disarmante o facciano uso di una retorica spropositata e spesso già sentita. Il risultato è spesso l’inutilità del payoff stesso, dato che, oltre a non aggiungere nulla al messaggio, distrae il lettore dal contesto generale. È proprio per queste ragioni che è bene conoscerne appieno la valenza e seguire qualche regola generale ma fondamentale. Innanzitutto un payoff deve fungere da filo conduttore unico fra i vari messaggi pubblicitari, deve posizionarsi nella mente del pubblico l’universo valoriale ed emotivo della marca, deve creare un’unità fra il branding, le strategie di marketing e la ricezione del target. Affinché riesca a raggiungere tutti questi obiettivi il payoff deve avere caratteristiche ben precise: sinteticità, semplicità, memorabilità, distintività. Bastano pochissime parole (a volte anche una) in modo che si possa trasmettere un messaggio facilmente comprensibile, che lasci un ricordo anche emozionale ed esperienziale nel consumatore e che soprattutto faccia differenziare in modo netto rispetto alla concorrenza. Anche se è esagerato affermare che un payoff adeguato possa costruire da solo il successo di un marchio, è altrettanto vero che esso sancisce la solidità e l’identità di un brand in modo netto: ritornando a un esempio citato, “che mondo sarebbe senza Nutella?” impone nell’immaginario l’idea che la crema al cacao per antonomasia è anche un elemento imprescindibile nella nostra vita quotidiana. E questo risultato è stato ottenuto sì attraverso immagini, pubblicità, spot e altri sforzi di marketing, ma è stato anche fissato nella mente dei consumatori grazie a una frase memorabile. Con un payoff, appunto.