Sapori e saperi: Antropologia del gusto mediterraneo

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L ’ o l i o d i o l i v a n e l l a d i e t a m e d i t e r r a n e a p e r i p r i m i 1 0 0 0 g i o r n i d i v i ta
Sapori e saperi: Antropologia del gusto mediterraneo
Dr.ssa Annamaria Fantauzzi
Dr.ssa Annamaria FANTAUZZI
(Università di Torino- MSH Paris, Prati-care onlus)
[email protected]
Qual è il loro
sapore?
AWA – orfanotrofio Mbour
Francesca –barcone Pozzallo
Qual è il loro
gusto?
ISMAEL – villaggio Casamance
Lucia- Osp. Sant’Anna Torino
Sapore <sapĕre: «avere gusto di… »
“Il piacere di mangiare è il solo che, preso modestamente, non è seguito da stanchezza […], è d’ogni tempo, d’ogni
età e d’ogni condizione […], torna di necessità almeno una volta al giorno, e in un giorno può essere ripetuto,
senza danno, due o tre volte, […] può mescolarsi a tuD gli altri piaceri e anche consolarci della loro mancanza.
[…] Le impressioni che esso riceve sono a un tempo e più durevoli e più dipendenH dalla nostra volontà. […]
Finalmente, perché mangiando proviamo un certo benessere indefinibile, che ci deriva dall’isHnHva coscienza
che mangiando compensiamo le nostre perdite e prolunghiamo la vita”.
Anthelme Brillat-Savarin, Fisiologia del gusto (1825)
1)
gusto, contrariamente agli altri sensi, “esige di introdurre dentro di sé una
parHcella di mondo”. La degustazione è un rapporto con qualcosa che
entra dentro il nostro corpo; il gusto è l’appropriazione del mondo a4raverso la
bocca
2)
nel gusto si incontrano due modalità esperienziali decisive per la nostra stessa
esistenza, sapere e amare
amare, poiché il gusto è “una forma di conoscenza” ed è al
contempo “un’affeDvità all’opera”
3)
mangiare è un’esperienza sineste1ca
sineste1ca, in cui i cinque e più sensi (compreso
quel sesto senso complesso che ci giunge a\raverso l’universo simbolico proprio
della storia di cui facciamo parte) collaborano nel comporre un’armonia sensoriale,
una consonanza perceDva
4)
declinazione culturale dei sapori, esperienza di apprendimento che
Cereali-olio d’oliva-vino: la “triade alimentare”
mediterranea
Cereali, olio d’oliva, vino: questi prodotti furono importati dalla
Mezzaluna fertile nelle regioni del Mediterraneo migliaia di
anni fa e per secoli hanno costituito il fulcro delle abitudini
alimentari locali accompagnandosi a quello di altri cibi
provenienti per lo più dalle attività agricole e dalla pesca.
Ulivo
“Il Mediterraneo finisce là dove finisce l’ulivo”
Fernard Braudel
Ulivo, pianta sacra
Il mito greco attribuisce alla dea Atena il merito
di aver donato l’ulivo al genere umano. Dal
punto di vista storico è plausibile ipotizzare che
l’ulivo sia stato introdotto nelle Regioni del
Mare Nostrum dall’Asia Minore. I reperti
archeologici ed i testi religiosi, attestano
l’esistenza della pratica dell’ulivicoltura in
questa zona già 6000 anni fa.
Nel Mediterraneo l’ulivo ha trovato le
condizioni morfologiche e climatiche ideali per
attecchire. La sua coltivazione si è diffusa ed è
diventata una colonna portante dell’economia
locale soprattutto grazie alla colonizzazione
greca e all’opera unificatrice dell’Impero
Romano.
La contesa fra Atena e Poseidone
per il dominio sull’Attica, I sec. a.C.
[Napoli, Museo Nazionale]
Olio d’oliva
La produzione dell’olio d’oliva ha alle
spalle secoli di storia e fa parte del
patrimonio culturale delle popolazioni
mediterranee fin da quando queste hanno
iniziato a dedicarsi all’ulivicoltura.
In passato, tuttavia, l’olio d’oliva oltre che
come condimento era ampiamente
utilizzato anche per l’illuminazione e, in
misura minore, come composto per la
preparazione di prodotti cosmetici o
unguenti emollienti.
Anfora di Vulci, 500 a. C.
[Londra, British Museum]
Cereali
Nei poemi omerici l’espressione “mangiatori
di pane” viene utilizzata come sinonimo di
uomini: ciò è indicativo di come la coltura dei
cereali e il loro uso in campo alimentare
costituisse per gli antichi Greci un simbolo
della conquista della civiltà e un elemento
distintivo nei confronti degli stranieri.
La coltura dei cereali fu introdotta nel
Mediterraneo dalla zona della Mezzaluna
fertile: in questa Regione sono stati ritrovati
grani di cereali risalenti a circa 8000 anni a.C.
La coltura dei cereali costituisce un capitolo
importante nella storia dell’agricoltura e implica
la costituzione di un nuovo rapporto delle
popolazioni col territorio all’insegna della
stanzialità.
“Io coltivai il grano, venerai il dio del frumento in ogni valle del Nilo.
Nessuno ha conosciuto fame o sete durante il mio regno.”
Iscrizione attribuita al faraone Amon-Emhat I.
Aratura, Tomba di Sennedjem, XIX dinastia, 1500-1050 a.C.
[Deir el-Medina (Egitto)]
Vino
Le origini della viticoltura si perdono nella notte dei
tempi e sono tutt’ora sconosciute. Per quanto
riguarda il contesto mediterraneo le prime tracce
di coltivazioni su vasta scala della vite sono
attestate presso gli Egiziani intorno al 3000 a. C.
La diffusione del vino nelle Regioni del
Mediterraneo è però da attribuire soprattutto ai
Fenici e ai Greci. Questi ultimi ebbero un ruolo
significativo nel perfezionamento delle tecniche di
produzione del vino e nella selezione dei vitigni
migliori. La coltivazione della vite attecchì in Italia
già a partire dal II millennio a. C. e si radicò a tal
punto nella Penisola che uno dei nomi con cui
questa veniva chiamata era Enotria (“Terra del
vino”).
Ulisse offre il vino a Polifemo.
Piazza Armerina -Villa Romana
del
Casale
Vite
" I popoli del Mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie
quando incominciarono a coltivare la vite e l’ulivo”
Tucidide, V sec. a. C.
Mediterraneo
L’influenza del Mediterraneo
Il Mare Nostrum ha contribuito alla costituzione di un modello
alimentare condiviso in un duplice modo:
• favorendo il determinarsi del cosiddetto “clima mediterraneo”,
caratterizzato da estati molto lunghe e soleggiate e da inverni
relativamente brevi, piovosi e non eccessivamente rigidi;
•agevolando l’incontro e lo scambio reciproco tra differenti
culture e le loro specifiche abitudini in materia di produzione e
consumo alimentare.
Dieta Mediterranea o Diete Mediterranee?
Pur esistendo una vera e propria “koinè alimentare
mediterranea” che accomunava molteplici civiltà, questa era
fratturata al suo interno da plurime differenze ascrivibili al modo
in cui i cui i medesimi cibi venivano prodotti, lavorati, preparati e
conservati.
A questo riguardo alcuni studiosi concordano nel ritenere che il
termine “Dieta Mediterranea” vada declinato al plurale e che
quindi fondamentalmente sia più corretto parlare di “Diete
Mediterranee”, rimarcando il fatto che ogni cultura del passato
ha reinterpretato il consumo degli stessi cibi in maniera originale
rispetto alle altre.
Aspetti culturali della Dieta Mediterranea
Gli alimenti della Dieta Mediterranea di volta in volta hanno
costituito:
•Un simbolo religioso;
•Un elemento distintivo dell’identità umana rispetto al mondo
animale;
•Uno strumento per la costruzione dell’identità personale ed
etnica (per distinguersi dagli “altri” o al contrario, per conoscere
culture differenti);
•Un simbolo di abbondanza e di benessere (riferibile al singolo
e/o alla comunità);
•Un oggetto di rappresentazione artistica;
•Un oggetto privilegiato delle forme di comunicazione.
Aspetti culturali della Dieta Mediterranea
La produzione di cibo, così come lo stesso
atto del cucinare, costituiscono, in senso
antropologico, una linea di demarcazione
fra il mondo naturale e la sfera culturale.
Il pane, in particolare, assurge a elemento
distintivo fra ciò che è bestiale e ciò che,
invece, viene etichettato come civile: pur
essendo percepito come “naturale”, la sua
produzione richiede, infatti, delle conoscenze
molto
avanzate
e
delle
tecniche
particolarmente elaborate. In questo senso il
cibo rappresenta un elemento intorno al
quale si costruisce la propria identità e
sulla base del quale è possibile distinguere il
“noi” dagli “altri”.
Aspetti culturali della Dieta Mediterranea
Nella Dieta Mediterranea tuttavia il cibo, oltre a
costituire un elemento identitario e
identificante, è anche un mezzo attraverso il
quale entrare in comunicazione con le culture
altre, mediante uno scambio reciproco e
costante di ricette culinarie, metodi di
preparazione e conservazione dei cibi,
conoscenze alimentari e medico-nutrizionali
Questa apertura all’alterità è implicita anche
nella stessa convivialità che caratterizza il
modello alimentare mediterraneo e che,
attraverso la condivisione dello stesso cibo,
favorisce le relazioni interpersonali e il senso di
appartenenza collettivo
Dieta
Il concetto di dieta (dìaita) venne formulato per
la prima volta nella Grecia del V sec. a. C. e
originariamente non alludeva ad un regime
alimentare restrittivo, ma ad un insieme di
abitudini alimentari e di organizzazione delle
razioni di cibo protratto nel tempo e finalizzato
al perseguimento e al mantenimento di un
buono stato di salute.
Con dieta non si alludeva tuttavia solo ad un
modello alimentare, ma si faceva riferimento ad
uno stile di vita tendente al benessere, che
includeva al suo interno anche il rapporto
dell’uomo con aria e acqua, l’attività fisica,
la qualità del sonno, le deiezioni, la vita
sessuale e affettiva.
Dieta
Il concetto di dieta si colloca all’interno
della “Teoria degli umori”, una concezione
dell’organismo che addebitava l’insorgenza
delle patologie allo squilibrio fra i quattro
umori del corpo umano: sangue, flemma, bile
bianca e bile nera.
Gli umori rispecchiavano i quattro elementi
fondamentali di cui all’epoca si credeva fosse
composta la realtà (aria, acqua, fuoco, terra) e
il benessere ottimale dell’individuo veniva
fatto derivare proprio da una loro
interazione
reciproca
all’insegna
dell’equilibro. Compito del medico era
proprio quello di trovare il punto di equilibrio.
Dieta
“Alimenti ed esercizi hanno, in
effetti, virtù reciprocamente
opposte, ma che contribuiscono
insieme a fare la salute. Per loro
natura gli esercizi disperdono
l’energia disponibili, mentre i cibi e
le bevande compensano le
perdite”
(Ippocrate, De Dieta, I, 1-2)
Dieta
Il concetto di dieta segna il passaggio
•
dall’alimentazione mediterranea, intesa come l’insieme dei
costumi alimentari spontanei che caratterizzavano le
popolazioni più antiche del Mediterraneo, le quali sceglievano
gli alimenti sulla base della disponibilità;
•
alla Dieta Mediterranea: nasce quando il sapere medico e
filosofico intervengono apertamente per regolamentare le
abitudini alimentari dei popoli del Mediterraneo finalizzandole
al raggiungimento, mantenimento e recupero del benessere
psichico e fisico. La Dieta Mediterranea inizia a costituirsi
come vero e proprio modello alimentare.
Alimentazione mediterranea e alimentazione celtica
Con il crollo dell’Impero Romano e le
invasioni barbariche si affermano in
Europea due modelli alimentari :
•quello “mediterraneo”, caratterizzato
prevalentemente dal consumo di cereali,
olio di oliva, vino, pesce e formaggi;
•quello
“celtico”
o
“barbarico”,
caratterizzato da un largo uso in cucina
di carni, burro, cereali, birra e sidro.
•
Popolazioni mediterranee: possedevano una natura stanziale
ed erano maggiormente attive nei processi di
antropizzazione del territorio. Erano dedite alla pesca
marittima, all’agricoltura e all’allevamento finalizzato al
consumo di latte, latticini e uova.
•
Popolazioni barbare: erano nomadi, e basavano la propria
economia su attività quali la caccia, la pesca (fluviale e
lacuale), l’allevamento (in particolare la pastorizia) e la
raccolta dei frutti di bosco. Le loro attività agricole si
limitavano alla coltivazione di piccoli orticelli ai margini degli
accampamenti.
Contaminazione del modello alimentare mediterraneo
Nel corso dei secoli sono entrati a far parte della
“koinè alimentare mediterranea” numerosi alimenti
provenienti da altri territori. Particolarmente rilevanti
per intensità e vastità sono stati:
• Il contatto con il mondo islamico, attraverso il
quale sono stati introdotti in Occidente le
albicocche, i carciofi, i finocchi, le melanzane, gli
spinaci, gli agrumi, i meloni, le zucchine, gli aromi,
la canna da zucchero, il riso, le spezie.
•La scoperta dell’America, attraverso la quale
sono stati introdotti in Occidente i pomodori, le
patate, i peperoni, i fagioli, il mais, la cioccolata, il
caffè, il tè.
Studio Rockfeller
La prima ricerca sulle proprietà nutrizionali e salutistiche del modello
alimentare mediterraneo è costituita dal The Rockefeller
Foundation’s Study (1948-1953). Si tratta di uno studio
epidemiologico sugli abitanti dell’Isola di Creta che il governo
greco ha commissionato alla Fondazione Rockfeller per indirizzare
al meglio gli interventi volti al miglioramento dello stato di salute
dei propri cittadini.
I cretesi presentavano, infatti, una minore incidenza di mortalità per
patologie coronariche e un’aspettativa di vita più lunga rispetto agli
altri cittadini greci. Ciò determinava un minor ricorso ai servizi
sanitari. La ricerca dimostrò che, benché il numero delle calorie
quotidianamente introdotte fosse molto simile, i cretesi
consumavano in misura minore cereali, carne e zuccheri.
Consumavano, invece, in grandi quantità la frutta, la verdura e l’olio d’oliva.
Risultati dello Studio Rockfeller
Ancel Keys, il “padre” della Dieta Mediterranea
Il medico statunitense Ancel Keys (1904-2004) è stato
il primo ad intuire come l’alimentazione mediterranea
tipica delle comunità agricole del Sud Italia costituiva
per queste ultime un fattore di prevenzione nei
confronti delle patologie cardiovascolari.
Keys in particolare osservò che:
•Nel Sud Italia vi era una incidenza decisamente più
bassa delle malattie del benessere rispetto a quanto
si registrava fra i ceti più ricchi degli USA;
•Nonostante il consumo di grassi fra la popolazione
americana e quella italiana fosse molto simile, in termini
di quantità, quest’ultima risentiva in maniera minore
della diffusione delle patologie cardiovascolari. I
grassi adottati erano, infatti, qualitativamente differenti
trattandosi prevalentemente di grassi monoinsaturi e di
quelli omega 3 ricavati dai pesci;
•Il livello del colesterolo ematico non era correlato al
patrimonio genetico individuale, ma andava messo in
relazione con le abitudini alimentari e gli stili di vita.
Seven Countries Study
Per avvalorare le proprie ipotesi nel 1952 Keys ha dato avvio al monumentale
Seven Countries Study (Studio delle Sette Nazioni): un imponente
programma di ricerca epidemiologico che coinvolse 12000 campioni di età
compresa fra i 40 e i 59 anni di sette Nazioni differenti (Stati Uniti,
Giappone, Italia, Grecia, Jugoslavia, Olanda, Finlandia).
Questa ricerca, il cui scopo era quello di dimostrare come la differente
incidenza delle malattie coronariche variasse in relazione ai diversi regimi
alimentari adottati, è stata conclusa nel 1977. Keys registrò come Paesi quali
l’Italia, la Grecia, la Jugoslavia e, fuori dal contesto europeo, il Giappone,
erano accomunati in buona sostanza dalle stesse abitudini alimentari, che
erano caratterizzate dal consumo prevalente di grassi monoinsaturi,
cereali, frutta e verdura e, al tempo stesso, da un ridotto consumo di
grassi saturi e proteine animali. Ciò faceva si che presso la popolazione di
queste nazioni il livello di colesterolo fosse molto più basso e fenomeni quali
quello della cardiopatia ischemica, avesse un’incidenza molto meno elevata a
livello statistico.
Descrizione della Dieta Mediterranea
Keys descrive in questi termini il modello nutrizionale da lui studiato:
“minestrone fatto in casa…, pasta di tutte le varietà…, con salsa di
pomodoro e una spolverata di Parmigiano.., solo
occasionalmente arricchita con qualche pezzetto di carne o
servita con un piccolo pesce del luogo…, fagioli e
maccheroni…,tanto pane, mai tolto dal forno più di qualche ora
prima di essere mangiato e senza nulla con cui spalmarlo, grandi
quantità di verdure fresche spruzzate con olio d’oliva, una
modesta porzione di carne o pesce forse un paio di volte alla
settimana e sempre frutta fresca per dessert”.
Opera di divulgazione di Keys
Keys ha dedicato tutta la propria esistenza a promuovere e divulgare le
valenze nutrizionali e salutistiche del “proprio” modello alimentare.
Ha organizzato e preso parte a diversi convegni di livello internazionale (fra
i quali vale la pena citare almeno il “Primo Convegno Internazionale di
Epidemiologia Cardiovascolare” tenutosi a Pioppi nel 1969) e dato alle
stampe diversi libri più importante dei quali è senza dubbio “How to eat
well and stay well, the mediterranean way” (in italiano Come
mangiare bene e stare bene: lo stile mediterraneo), scritto insieme alla
moglie Margaret e pubblicato nel 1975.
Transizione epidemiologica e abitudini alimentari
Transizione epidemiologica
Abitudini alimentari
Tasso di mortalità elevato per mala0e
infe0ve, parassitarie e da carenza.
Consumo prevalente di prodo0 vegetali,
sovente al di so?o delle reali necessità
dell’organismo. Offerta sul mercato limitata
e di produzione ar:gianale.
Miglioramento delle condizioni di vita e di
lavoro a seguito del progresso scien:fico e
tecnologico.
Miglioramento delle condizioni economiche
individuali e maggiore offerta sul mercato di
tu?e le :pologie alimentari.
Tasso di mortalità elevato per patologie
cronico-degenera:ve ascrivibili in massima
parte agli s:li di vita.
Consumo prevalente di prodo0 di origine
animale e a base di carboidra: semplici.
Diffusione dei cibi di produzione
industriale.
Cambiamenti delle abitudini alimentari
•
Cambiamenti qualitativi: oggi non si è più “costretti” ad
alimentarsi esclusivamente o prevalentemente di cereali e
prodotti derivati. Il consumo di carne e di cibi di origine
animale è ormai alla portata della stragrande maggioranza della
popolazione. Senza contare che si è diffuso in maniera sensibile
anche l’utilizzo di una tipologia di prodotti, quali i dolci e le
bevande zuccherate, che un tempo costituivano indubbiamente
un’eccezione nella routine alimentare quotidiana.
•
Cambiamenti quantitativi: si è verificato un incremento della
quantità totale di calorie quotidianamente assunte. La
diminuzione del livello di attività fisica connesso con le mansioni
lavorative e domestiche e con le attività ricreative ha comportato
una situazione inedita rispetto al passato: molti soggetti dei
Paesi occidentali si nutrono acquisendo più energia rispetto a
quello che è il loro reale fabbisogno energetico.
Dieta Mediterranea e Globalizzazione
Nel Mondo Occidentale la Globalizzazione in campo
alimentare ha portato alla formazione e alla
contrapposizione di due opposte tendenze:
•Quella alla standardizzazione e alla omologazione
degli alimenti che si accompagna ad un processo di
delocalizzazione degli stessi e che porta a forme di
“gastro-anomia”;MCDONALIZZAZIONEFASTFOOD
•Quella alla ricerca, esaltazione e rivalutazione dei
prodotti tipici e tradizionali, sia per via della loro
genuinità, sia in virtù dei valori simbolici e culturali
che veicolano (alimenti tipici come simbolo di un
mondo rurale idilliaco). SLOW FOOD
•
Tipologie alimentari attualmente in commercio
Alimenti standardizzati: sono prodotti dalle grandi industrie operanti a
livello internazionale che li variano continuamente con innovazioni
concepite sulla base delle sempre più recenti scoperte scientifiche.
•
Alimenti tipici e tradizionali: sono legati al territorio, alla tradizione e ai
contenuti culturali e vengono prodotti quasi esclusivamente dal mondo
rurale, da piccole e medie industrie specialistiche e da cooperative
agricole.
•
Alimenti biologici: sono prodotti in modo naturale, si pongono come
l’esempio più fulgido di cibo sano e nutriente e fungono da contraltare ai
nuovi alimenti geneticamente modificati.
•
Alimenti salutistici: sono realizzati dalle grandi industrie farmaceutiche
che, cavalcando l’attuale tendenza alla medicalizzazione della società,
sono entrate nel campo alimentare in modo massivo proponendo una
vastissima gamma di prodotti che vanno da quelli dietetici a quelli
fortificati.
Il sistema agroalimentare italiano
Il sistema agroalimentare italiano si suddivide in due blocchi:
•
Quello mediterraneo, caratterizzato per lo più dagli alimenti
tipici e dalle gastronomie tradizionali, con buona qualità,
prezzi alti e strutture organizzative deboli (artigiani, piccole
industrie e cooperative agricole);
•
Quello
continentale,
caratterizzato
dagli
alimenti
standardizzati di largo consumo, progettati e realizzati dalla
grande industria secondo gli standard preferiti dalla domanda
e dalla grande distribuzione, con prezzi bassi e
organizzazione efficiente.
Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità UNESCO
Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità UNESCO
Il 17 novembre 2010, a Nairobi (Kenya) il Comitato
intergovernativo dell’UNESCO ha ufficialmente riconosciuto la
Dieta Mediterranea come Patrimonio Culturale Immateriale
dell’Umanità. Questa importante decisione segna il punto di arrivo
di un lungo iter, iniziato nel 2006, che ha visto l’Italia cooperare con
Paesi quali la Spagna, la Grecia e il Marocco affinché alla Dieta
Mediterranea fosse riconosciuto questo status significativo.
L’importante riconoscimento è stato dedicato dai quattro Paesi
proponenti ad Angelo Vassallo, l’ex sindaco di Pollica assassinato il
5 settembre 2010 in un agguato di camorra. Vassallo, infatti, in
qualità di sindaco di Pollica è stato uno dei firmatari della
Dichiarazione di Chefchaouen del 13 marzo 2010 a sostegno della
candidatura della Dieta Mediterranea. Oltre a Vassallo tale
documento è stato ratificato dai rappresentanti di altri tre centri
dislocati in altrettante Nazioni: Sorìa (Spagna), Koron (Grecia) e
Chefchaouen (Marocco).
Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità UNESCO
“Il termine “Dieta” si riferisce all’etimo greco “stile di
vita”,
cioè
all’insieme
delle
pratiche,
delle
rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze,
delle abilità, dei saperi e degli spazi culturali con i quali
le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e
ricreato nel corso dei secoli una sintesi tra l’ambiente
culturale, l’organizzazione sociale, l’universo mitico e
religioso intorno al mangiare.”
(“La Dieta Mediterranea è patrimonio immateriale dell’Umanità”,
disponibile al seguente indirizzo web:
www.unesco.it/cni/index.php/news/174-la-dieta-mediterranea-epatrimonio-immateriale-dellumanita).
Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità UNESCO
“La Dieta Mediterranea rappresenta un insieme di
competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che
vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture,
la
raccolta,
la
pesca,
la
conservazione,la
trasformazione, la preparazione e, in particolare, il
consumo di cibo.”
Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità UNESCO
“Le donne svolgono un ruolo indispensabile nella
trasmissione delle competenze, così come della
conoscenza di riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e
nella salvaguardia delle tecniche.”
(“La Dieta Mediterranea è patrimonio immateriale dell’Umanità”,
disponibile al seguente indirizzo web:
www.unesco.it/cni/index.php/news/174-la-dieta-mediterranea-epatrimonio-immateriale-dellumanita).
“La scoperta di un piatto
nuovo è più preziosa
per il genere umano che
la scoperta di una
nuova stella.”
Anthelme Brillat-Savarin, 1825
Grazie per l’attenzione
[email protected]
www.pra0care.altervista.org
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