Le nuove povertà nella famiglia oggi

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POVERTÀ
Le nuove pover tà nella famiglia oggi
Quando parliamo di povertà in genere, la tentazione è quella di scadere subito nell'elencazione
delle mancanze materiali che rendono la famiglia
di oggi povera. Un esempio: quando nella nostra
Svizzera si parla di nuove povertà nella famiglia,
spesso si riferisce del fenomeno dei working
poor, di quei lavoratori cioè, che in età compresa tra i 20 e i 59 anni, pur avendo un impiego a
tempo pieno, vivono sotto il limite di povertà.
Un fenomeno in continua crescita.Va detto poi
che secondo l'Ufficio Federale di Statistica il
livello di povertà è superato dalle persone che
vivendo da sole percepiscono uno stipendio di
2'200 franchi mensili, di 3'800 franchi per le
famiglie monoparentali con due figli al di sotto
dei 16 anni, mentre per le coppie con due figli il
limite è fissato ai 4'000 franchi.
di Francesco Marra, teologo laico
Senza mettere in ombra l'aspetto sociale e politico
del fenomeno della povertà materiale, perché non
è il caso di relativizzare la gravità del fatto (soprattutto se teniamo presente che, sempre secondo
l'Ufficio Federale di Statistica, ben il 9% delle persone nella nostra Confederazione vive in povertà!),
il punto di vista che vorrei proporvi in questo articolo è quello relativo ai bisogni relazionali che
molte famiglie non riescono più a soddisfare.
Mi spiego meglio. Che una persona anziana viva
sotto la soglia di povertà è triste, ma che sia
costretta alla solitudine è un fatto realmente preoccupante, che ci interpella come cittadini e come
cristiani.
Infatti, ciò che secondo me rende il panorama
delle nuove povertà familiari davvero inquietante,
non è il dato materiale della mancanza, ma quello
spirituale dell'assenza. Anche qui mi spiego
meglio: oltre ai bisogni primari (quelli relativi cioè
alla disponibilità di beni materiali per la sopravvivenza) e ai bisogni secondari (quelli che dipendono dalle istituzioni: sanità, assistenza, scuola, ecc.)
ci sono dei bisogni relazionali fondamentali per lo
sviluppo della persona umana e della famiglia.
Non si tratta quindi di mettere in secondo piano le
mancanze nei bisogni primari e secondari, ma di
riconoscere il peso che le assenze di relazioni
hanno per l'impoverimento della famiglia e per la
sua emarginazione sociale. Inoltre, quando vengono meno i legami comunitari, o quando non ci
sono rapporti interpersonali significativi sul piano
dell'affettività, non trattiamo più di povertà mate-
riale, ma di un fenomeno difficilmente quantificabile in termini statistici; un fenomeno grave che
intacca la dignità della persona umana non meno
della povertà materiale.
Alcune categorie di persone appaiono maggiormente esposte alle nuove povertà relazionali: oltre
alla solitudine degli anziani, abbiamo le giovani coppie sottoposte a ritmi lavorativi e pressioni insopportabili e che rendono difficili altre attività che
non siano quelle utilitaristiche (lucrative o di impegno familiare); un'altra povertà spesso dimenticata è
quella delle famiglie monoparentali, dove un coniuge, per diversi motivi, si trova "da solo" a dover crescere i figli, a portare avanti la casa, a far fronte a
tutte le difficoltà quotidiane; un'altra nuova povertà
è costituita dalla disoccupazione che rende la persona umana sempre più simile alla serie di norme
da soddisfare, di formulari da riempire, di tempi
morti programmati e di infiniti sensi di colpa.
Questi nuovi di tipi di povertà sono doppiamente
subdoli, intanto perché allontanano sempre di più
la persona e la famiglia dalla comunità, e poi perché in molti casi tendono a stimmatizzare unicamente delle false responsabilità personali. E ciò
che detto in parole povere spesso sentiamo in
strada: quell'anziano vive in solitudine? Colpa sua
che non cerca nuovi contatti sociali! Quel giovane
è disoccupato? Si vede che non aveva voglia di
lavorare! Quei coniugi sono stressati? Ci siamo
passati anche noi, la verità è che le giovani famiglie
non hanno più valori!
È triste ammetterlo, ma il fatto è che come comunità cristiana cediamo troppo spesso alla tentazione di dimenticare che le responsabilità sociali
vanno condivise e non semplicemente denunciate;
inoltre queste nuove povertà relazionali sono particolarmente scomode, perché denunciano la
nostra vera nuova povertà comune e collettiva,
quella dell'indifferenza sociale.
il dialogo I/10
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