VINCERE LA DEPRESSIONE Il termine depressione è spesso di uso comune nel linguaggio di ognuno di noi per segnalare uno stato di tristezza, di solitudine, di vuoto interiore, di senso d’impotenza dinanzi a differenti e particolari situazioni quotidiane. Il più delle volte, però, si è portati a credere che “sentirsi tristi” sia sinonimo di “essere depressi” e che la depressione, come la tristezza, sia momentanea o che basti distrarsi un po’ per “cancellare via il tutto come se non fosse mai esistito”. Talvolta, questo è vero, ma talvolta si corre il rischio di sottovalutare un complesso stato mentale e fisico, cioè il Disturbo Depressivo, che potrebbe avere conseguenze negative per la persona che lo sta vivendo - se non si intervenisse. Sono molto diffuse, soprattutto tra gli adolescenti e tra gli anziani, ma anche tra gli adulti, più spesso donne, le frasi del tipo: “Lasciami stare, non ho voglia di uscire… preferisco stare solo… sto attraversando un periodo strano”, “Non mi interessa più niente della vita, degli amici, avverto solo un vuoto interiore”, “Mi sento inutile, non provo più alcuna emozione e non riesco più neanche a dormire… non faccio altro che stare a letto e piangere”. Sicuramente tali espressioni indicano, o potrebbero indicare, uno stato di profondo disagio, una condizione di cui non sempre si conosce consapevolmente la causa principale o il fattore scatenante. Infatti, la persona depressa pur riconoscendo e avvertendo le sensazioni e le manifestazioni della condizione depressiva, non è in grado di rapportarle ad una causa precisa. Ciò che a volte può sorprenderci, ma che purtroppo potrebbe accadere, è che - in casi piuttosto gravi - il disturbo depressivo induca il soggetto a non reagire più, a chiudersi in se stesso divenendo “impermeabile” a qualsiasi forma di aiuto esterno e, in situazioni estreme, arrivare a spingerlo al suicidio. 1 Spesso si è portati a confondere la depressione con la tristezza; in realtà, quest’ ultima può essere una delle differenti modalità espressive della condizione depressiva, ma non l’unica. A seconda della gravità e della tipologia del disturbo depressivo, infatti, possono essere presenti o meno determinate caratteristiche, per un determinato arco di tempo, che può variare da una frequenza assidua e duratura, ad una saltuaria e momentanea. La depressione è un quadro clinico complesso, che si manifesta principalmente attraverso un’alterazione dell’umore - umore depresso - a cui possono associarsi una diminuzione di piacere ed interesse per attività precedentemente svolte con entusiasmo, alterazioni del sonno, agitazione, mancanza di energia, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi, riduzione delle capacità di concentrazione, pensieri ricorrenti di morte. Il disturbo depressivo con le sue svariate forme espressive, differenti caratteristiche e possibili cause di insorgenza, è stato oggetto di interesse e di studio da diverse ottiche, secondo diversi modelli teorici e i loro principali esponenti. Secondo il modello teorico psicoanalitico di Arieti e Bemporad, i fattori psicologici, pur non essendo gli unici responsabili dell’ origine della depressione, rivestono sicuramente un ruolo di notevole importanza in essa e nella riuscita del suo successivo trattamento; vale a dire che saranno, insieme, le circostanze della vita e gli schemi psicologici strutturati dal paziente a determinare la depressione. Con il modello cognitivo di Beck, viene dato maggior rilievo alle distorsioni cognitive che portano il soggetto depresso a pensare che una qualsiasi azione debba essere esclusivamente buona o esclusivamente cattiva, e che le cose vadano fatte “perfettamente”; una tipologia di ragionamento, queste ultime, acquisite nell’infanzia e che persistendo fino all’età adulta predispongono il soggetto alla depressione. Un ruolo decisivo, secondo tale modello dell’insorgenza della depressione, è dato dalle autocritiche, dalla mancanza di fiducia in se stessi, da una visione “esagerata” delle difficoltà esterne e dalla generalizzazione eccessivamente estensiva dei propri fallimenti. Il modello biologico, infine, evidenzia accanto all’esperienza soggettiva della depressione, la presenza di fenomeni neurofisiologici di natura genetica, alla base dello squilibrio dell’umore del depresso. Proviamo per un attimo a riflettere su questi ultimi punti: - se fin da piccoli avessimo vissuto in un ambiente con aspettative eccessive nei nostri confronti; 2 - se avessimo avuto una figura genitoriale di accudimento ostile, scostante, inadeguata, inaccessibile e non in grado di fornirci protezione, sicurezza e fiducia in noi stessi; - se avessimo sperimentato e non elaborato adeguatamente la perdita di una persona cara o che rappresentava per noi un punto di riferimento importante; - se avessimo accumulato numerose delusioni in svariate ed importanti aree esistenziali quali, ad esempio, lavoro, amicizia o amore e non fossimo riusciti ad elaborarle perché non aiutati, …probabilmente tutti noi non avremmo avuto tanta fiducia in noi stessi, avremmo sviluppato sensi di colpa e di responsabilità eccessivi e concezioni non del tutto conformi alla realtà comune, riguardo sia la nostra persona che il valore da attribuire agli eventi esterni. Le possibili cause di insorgenza di un disturbo depressivo possono essere svariate così come può esserlo l’età in cui le sue caratteristiche si manifestano. Guardandoci intorno, infatti, potremmo renderci conto che la depressione può riguardare non solo l’adulto, ma anche il bambino, l’adolescente, l’anziano. È una condizione, quella depressiva, che può insorgere indipendentemente sia dall’età della persona, che dal genere sessuale, anche se è una malattia che colpisce statisticamente in misura maggiore le donne. È fondamentale, quindi, non sottovalutare tale condizione e allo stesso tempo, rendersi conto che essere depressi non vuol dire “percepire se stessi come persona da evitare” o che “non ha più speranze” o “senza vie d’uscita”, ma semplicemente riconoscere che è indispensabile chiedere e ricevere “aiuto” da un professionista della salute mentale, soprattutto nella comprensione e nella rielaborazione dei fattori che hanno contribuito a tale stato mentale, allo scopo di costruire e adottare nuove o più adeguate strategie dinanzi a situazioni problematiche (separazioni, perdita del lavoro, pensionamento, ecc.) o di rischio (lutti, traumi, fallimenti esistenziali importanti). Credo sia opportuno pensare alla depressione come ad una condizione da non sottovalutare, di cui non vergognarsi e che necessiti di un intervento, sia esso esclusivamente psicoterapeutico o psicoterapeutico/farmacologico, a seconda della gravità o della sua associazione con altri disturbi o situazioni problematiche. È una condizione, quella depressiva, in grado di spegnere pian piano l’entusiasmo e la voglia di vivere di una persona, ma anche una condizione che, con la “consapevolezza del bisogno di aiuto” e il “coraggio di chiederlo”, può essere sconfitta. Dott.ssa Nadia DEL VILLANO 3 PRINCIPALE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO AARON BECK, La Depressione, Boringhieri, Torino 1978. SILVANO ARIETI, JULES BEMPORAD, La Depressione grave e lieve, Feltrinelli, Milano 1991. RAFFAELLA PERRELLA, La Depressione:Storia, Teoria, Clinica, Carocci Editore, Roma 2006. N.B. (I contenuti e la bibliografia di quest’articolo sono stati scelti e selezionati liberamente dall’autore, che si assume l’intera responsabilità, sulla fondatezza e la veridicità, di quanto ha scritto) LEADERS’ ACADEMY 4