Lo sviluppo del pensiero antropologico 3.
L’antropologia sociale britannica
La metodologia del lavoro sul campo
In area britannica, lo sviluppo del sapere antropologico è legato ai problemi
metodologici sollevati dalla ricerca sul campo. Già nel 1898-99, con la spedizione
dell’Università di Cambridge allo stretto di Torres, in Nuova Guinea, vengono elaborati
alcuni metodi fondamentali di raccolta
dei dati etnografici e William Rivers
(1864-1922), uno dei partecipanti alla
spedizione, alcuni anni più tardi illustra le
basi di quella che anche in seguito sarà
considerata la metodologia del lavoro sul
campo: “Un caso tipico di lavoro intensivo
è quello per cui il ricercatore sul campo
vive per un anno o più in una comunità di
quattro-cinquecento persone studiando
tutti i dettagli della loro vita e della loro
cultura; in cui egli giunge a conoscere
personalmente tutti i membri della
comunità; in cui egli non si mostra pago di
informazioni generali, ma studia ogni
aspetto della vita e delle usanze nei
dettagli pratici e mediante l’uso della
lingua locale. È solo attraverso un simile
lavoro che diventa possibile scoprire il
carattere
incompleto,
quando
non
addirittura fuorviante, di gran parte della
vasta massa di survey che forma l’attuale
base dell’antropologia”.
La vicenda di Malinowski
È però con Bronislaw Malinowski (18841942) che la ricerca sul terreno diviene,
grazie all’introduzione della metodologia
dell’“osservazione partecipante”, la cifra
della disciplina. Antropologo di origini
polacche, trasferitosi a Londra per ragioni di
studio, Malinowski si trova in Australia
quando scoppia la Prima guerra mondiale.
Essendo cittadino austro-ungarico dovrebbe
venire internato, ma ottiene di potere
condurre ricerche in Melanesia. Il lungo
soggiorno nelle isole Trobriand lo porta a
studiare il kula, uno scambio cerimoniale di
oggetti di prestigio (bracciali e collane) che
riveste grande importanza nella vita sociale
indigena, e del quale rende conto nella
monografia
Argonauti
del
Pacifico
occidentale del 1922. Malinowski evidenzia
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la dimensione economica del fenomeno e mostra la funzionalità del kula nel
promuovere la solidarietà sociale: “Vediamo che lungo l’anello del kula vi è tutta
una rete di relazioni e che l’insieme di queste relazioni forma naturalmente un tessuto
solo. Degli uomini che vivono a centinaia di miglia di distanza l’uno dall’altro, sono
uniti da una relazione diretta o mediata, effettuano scambi reciproci, si conoscono l’un
l’altro e in certe occasioni si incontrano in un grande raduno intertribale”.
La funzione di un fenomeno
Malinowski è interessato alla funzione che un determinato fenomeno assolve
all’interno della cultura, intesa come “un tutto coerente”. La teoria funzionalista
concepisce la cultura come una risposta articolata e complessa ai bisogni che
l’uomo condivide con gli animali: “È chiaro che il soddisfacimento dei bisogni
organici o fondamentali dell’uomo e della razza è una serie minima di condizioni
imposte a ciascuna cultura. Si devono risolvere i problemi avanzati dai bisogni
nutritivi, riproduttivi e igienici dell’uomo. Essi sono risolti con la costruzione di un
ambiente nuovo, secondario o artificiale. Questo ambiente che non è né più né meno
che la cultura stessa, deve essere continuamente riprodotto, mantenuto e diretto […]
La tradizione culturale deve essere trasmessa da ciascuna generazione alla
successiva. Metodi e meccanismi di carattere educativo debbono esistere in ogni
cultura. L’ordine e la legge debbono essere mantenuti, giacché la cooperazione è
l’essenza di ogni realizzazione culturale. In ogni comunità debbono esistere misure per
sanzionare il costume, l’etica e la legge”.
L’osservazione partecipante
Per riuscire a comprendere profondamente una cultura l’antropologo deve procedere,
secondo Malinowski, con il metodo dell’osservazione partecipante, citato sopra: deve
vivere a lungo presso la popolazione studiata, prendendo parte alle attività della
vita quotidiana, alle pratiche cerimoniali, alle occasioni festive, ecc. Tale protratta
contiguità con i nativi ha lo scopo di riuscire a vedere la realtà così come la
percepiscono loro: “Questo obiettivo [del lavoro etnografico] è, in breve, quello di
afferrare il punto di vista dell’indigeno, il suo rapporto con la vita, di rendersi conto
della sua visione del suo mondo”.
L’osservazione partecipante, nata come metodo per l’analisi di aspetti della cultura
in contesti lontani ed ‘esotici’, viene oggi applicata – con gli opportuni aggiustamenti
frutto di decenni di dibattiti – a tutti i fenomeni studiati dagli antropologi,
compresi quelli più prossimi quali, ad esempio, i saperi
etnobotanici degli abitanti della montagna, le
dinamiche di aggregazione di gruppi giovanili nelle
realtà urbane, le pratiche religiose dei migranti e il loro
rapporto con le strategie di rivendicazione identitaria.
Studiare la solidarietà del gruppo
Altro grande esponente dell’antropologia britannica è
Alfred Reginald Radcliffe-Brown (1881-1955) la cui
prima ricerca di lungo periodo nelle isole Andamane
(Golfo del Bengala), tra il 1906 e il 1908, è illustrata
nella monografia The Andaman Islanders. A Study
in Social Anthropology (1922). L’interesse di
Radcliffe-Brown è rivolto soprattutto al tema della
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coesione sociale, e ogni aspetto della vita andamanese viene analizzato, quindi, nei
termini della sua capacità di produrre la solidarietà del gruppo. Per Radcliffe-Brown
ogni società funziona come un organismo vivente, e dunque “ciascuna usanza e
credenza di una società primitiva gioca una qualche parte determinata nella vita
sociale della comunità, così come ogni organo di un corpo vivente gioca una parte
nella vita generale di un organismo”. La danza, ad esempio, un’attività fondamentale
nella giornata degli isolani, concorre alla costituzione del senso del gruppo: “La
prosperità della società o, per meglio dire, la sua stessa esistenza dipendono dalla
coesione e dall’armonia presenti in essa e la danza, facendo sì che quella coesione sia
sentita così profondamente, è uno strumento per conservarla […] Ho saputo che, in
passato, la tradizione voleva che si tenesse sempre una danza prima di dare inizio ad
un combattimento […] Quando un gruppo entra in battaglia con un altro è per
vendicare un’offesa inflitta all’intero gruppo. Il gruppo deve agire da gruppo, non
semplicemente come un insieme di individui, e deve essere consapevole della propria
coesione e solidarietà. Ora abbiamo visto come la funzione principale della danza sia
quella di far nascere dentro ogni individuo un senso di coesione con il gruppo sociale a
cui appartiene e come risulti quindi chiaro il ruolo della danza che precede la
battaglia”.
L’analogia organica rappresenta una specificità del funzionalismo di
Radcliffe-Brown e lo distingue da quello di Malinowski. Entrambe le concezioni, in
ogni caso, immaginando la cultura come un tutto coerente e coeso, le cui componenti
concorrono armoniosamente al funzionamento dell’insieme, saranno al centro della
critica della “Scuola di Manchester”, uno sviluppo dell’antropologia britannica che
sottolineerà la dimensione processuale e conflittuale della cultura.
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