Lezioni del 20 e 24 ottobre Funzionalismo/Osservazione partecipante Riepilogo. - CRISI E RISTRUTTURAZIONE DELL’ANTROPOGOLOGIA BRITANNICA - BRONISLAW MALINOWSKI: LA CULTURA COME TUTTO FUNZIONALE E INTEGRATO; LA PROSPETTIVA STRUMENTALE; L’ANALISI FUNZIONALE E ISTITUZIONALE; LA MONOGRAFIA ETNOGRAFICA; LO SCAMBIO KULA - RADCLIFFE-BRAWN: LO STRUTTURAL-FUNZIONALISMO; L’ANTROPOLOGIA COME SCIENZA NATURALE DELLA SOCIETÀ - BILANCI - LA SCUOLA BRITANNICA - L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE DA MALINOWSKI AI NOSTRI GIORNI 1. Contesto. Il periodo compreso tra la fine dell’800 e i primi due decenni del novecento è un periodo di stasi per l’antropologia britannica. • arresto del processo di crescita determinato dalla rivoluzione industriale • crisi politica dell’Inghilterra post-vittoriana • crisi del positivismo La tradizione assegna una data precisa alla fine di questo processo di ristrutturazione interna delle problematiche teoriche dell’antropologia, il 1922, data di pubblicazione di • Argonauts of the Western Pacifics di Bronislaw Malinowski • The Andaman Islanders di Alfred Reginald Radcliffe-Brown 2. Autori e opere. BRONISLAW MALINOWSKI (1884-1942): 1922 ARGONAUTS OF THE WESTERN PACIFICS 1926 CRIME AND CUSTOM IN SAVAGE SOCIETY 1927 SEX AND REPRESSION IN SAVAGE SOCIETY 1944 A SCIENTIFIC THEORY OF CULTURE AND OTHER ESSAYS ALFRED REGINALD RADCLIFFE-BROWN (1881-1955): 1922 THE ANDAMAN ISLANDERS 1935 ON THE CONCEPT OF FUNCTION IN SOCIAL SCIENCE 1952 STRUCTURE AND FUNCTION IN PRIMITIVE SOCIETY 3. Il funzionalismo di Malinowki. - Malinowski critica l’approccio storico secondo il quale ogni cultura è costituita da un insieme di tratti indipendenti, con origine e storia differente. egli afferma che ogni cultura costituisce un tutto funzionante ed integrato, analogo ad un organismo, nel quale i singoli elementi culturali sono le parti costitutive. nessuna parte della cultura può essere compresa se non in relazione alla totalità e al suo funzionamento. La cultura non va studiata nel suo sviluppo evolutivo, né come particolare prodotto storico, ma occorre invece studiare il suo meccanismo di funzionamento. - “la cultura è così essenzialmente una realtà strumentale che è sorta per soddisfare i bisogni umani in un modo che supera di gran lunga ogni diretto adattamento all’ambiente. La cultura dota l’uomo di una estensione addizionale del suo apparato anatomico, di un’arma protettiva di difesa e di salvaguardia, e gli rende possibile muoversi velocemente entro elementi ai quali il suo equipaggiamento biologico non lo rende per nulla adatto.” “Nel contempo abbiamo indicato che la cultura, come opera dell’uomo è il mezzo per il quale egli perviene ai suoi fini - un mezzo che gli permette di vivere, di stabilire una condizione media di sicurezza, comodità e prosperità; un mezzo che gli dà potere e gli permette di creare bene e valori oltre il limite della sua dotazione organica - che la cultura, con tutto questo e attraverso tutto questo dev’essere intesa come un mezzo ad un fine, e cioè come forma strumentale e funzionale” - “l’analisi ora delineata in cui noi tentiamo di definire la relazione tra un’azione e un bisogno umano, fondamentale o derivato, può essere chiamata funzionale. Infatti la funzione non può essere definita altrimenti che come il soddisfacimento di un bisogno tramite un’attività in cui gli esseri umani cooperano, usano prodotti e consumano beni. Tuttavia questa definizione implica un altro principio con cui possiamo integrare, concretamente ogni fase del comportamento umano. qui il concetto fondamentale è quello di organizzazione. al fine di realizzare un certo intento, raggiungere un certo fine, gli esseri umani debbono organizzarsi. come ora mostreremo l’organizzazione implica uno schema o una struttura ben definiti, i cui principali fattori sono universali in quanto applicabili a tutti i gruppi organizzati che, ancora, nella loro forma tipica, sono universali per tutta l’umanità. io propongo di chiamare questa analisi istituzionale. “I due tipi di analisi, funzionale e istituzionale, ci permetteranno di definire la cultura più concretamente, precisamente ed esaurientemente. la cultura è un composto integrale di istituzioni in parte autonome, in parte coordinate.... Ciascuna cultura deve la sua autonomia e completezza al fatto che soddisfa l’intera classe di bisogni fondamentali, strumentali e integrativi” - La monografia etnografica - Un esempio di analisi funzionalista: il cerimoniale kula. Letture di pag. 286, 287, 288, 289, 290, 292, 293 del manuale di storia dell’antropologia 4. Il funzionalismo di Radcliffe-Brown. - La funzione di un elemento culturale non è riconducibile a motivazioni psicologiche o biologiche, ma è interpretata in termini strutturali come il contributo di ogni elemento sociale alla sopravvivenza della società. Ogni società è, infatti, composta da un insieme di parti interdipendenti - gli usi e le istituzioni le quali hanno come fine il mantenimento e la continuità della società stessa. In essa, ogni comportamento ha un senso solo se riferito all’insieme dei comportamenti che formano il sistema sociale. “la vita sociale della comunità è qui definita come funzionamento della struttura sociale. la funzione di ogni attività ricorrente, quale la punizione di un delitto o una cerimonia funeraria, è la parte che essa recita nella vita sociale come un tutto, e di conseguenza il contributo che essa offre al mantenimento della continuità della struttura.” - struttura sociale = trama dei rapporti realmente esistenti tra gli individui il concetto di struttura sociale ha come referente una realtà empirica visibile che consta dei rapporti effettivamente intercorrenti ed osservabili tra i membri di una società - lo scopo dell’antropologia non è solamente la spiegazione del funzionamento delle società ma lo studio comparativo delle società stesse per arrivare alla formulazione delle leggi generali su cui si fondano i fenomeni sociali, seguendo un metodo scientifico analogo a quello delle scienze naturali. Nella versione struttural-funzionale di radcliffe-brown, l’antropologia, scienza naturale della società, deve pervenire attraverso la comparazione, alla formulazione di leggi generali. Lettura di pag. 312 del manuale di storia dell’antropologia. 5. Bilanci. Aspetti positivi. Il grande apporto del funzionalismo è stato quello di riconoscere l’importanza del contesto nella spiegazione dei fatti sociali. Invece di spiegare la società sulla base del suo stadio di sviluppo, della sua storia o dell’influenza di altre culture, si cerca la spiegazione nella società stessa, nella sua “coerenza strutturale e funzionale”. La ricerca sul campo poi ha dato l’avvio ad un cospicuo numero di ricerche approfondite condotte con serietà metodologica. Aspetti problematici. Il metodo funzionalista si adattava bene ad una società chiusa e statica coma le isole Trobriand, ma si rivelava eccessivamente statico per altri contesti e fenomeni culturali. Di qui la critica secondo la quale i funzionalisti non sarebbero stati capaci di cogliere la dimensione dinamica delle culture e il cambiamento sociale. Inoltre il funzionalismo sembra alimentare una visione delle società come entità autonome e autosufficenti, impermeabili al contatto culturale. 6. La scuola britannica Le figure di Radcliffe-Brown e Malinowski costituirono il punto di riferimento, almeno fino alla fine degli anni ’50, per tutta una generazione di ricercatori che, con ricerche metodologicamente rigorose, diedero una solida consistenza scientifica all’antropologia sociale britannica. A favorire questi studi contribuì, senza dubbio, la condizione coloniale nella quale si trovavano quasi tutte le popolazioni studiate. Tra i più autorevoli rappresentanti dell’antropologia sociale ricordiamo Edward Evans-Pritchard (1902-1973), Meyer Fortes (1906-1983), Siegfried Nadel (1903-1956), Edmund Leach (1910-1989) e Raymond Firth. 7. L’osservazione partecipante. - L’osservazione partecipante di Malinowski: gli Argonauti e i diari postumi. - Il paradosso dell’osservazione partecipante per Alessandro Duranti (1992) - Dall’osservazione partecipante all’osservazione della partecipazione di Barbara Tedlock (1991) - L’osservazione partecipante come dialettica di esperienza e interpretazione di James Clifford (1993) 8. L’osservazione partecipante oggi. Problemi: - la possibilità di applicare l’osservazione partecipante alle società complesse, alla nostra quotidianità, senza perderne la specificità - i problemi posti dall’applicazione dell’osservazione partecipante in altri ambiti di indagine (sociologia, indagini di mercato, giornalismo) Bibliografia essenziale Malinowski, B., Argonauti del Pacifico Occidentale, Bollati Boringhieri, Torino, 2004 (1922) Malinowski, B., Giornale di un antropologo, Armando, Roma, 1992 (1967) Augé, M., Un etnologo nel metrò, Eleuthera , Milano, 1992 (1986) Augé, M., Non luoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Eleuthera , Milano, 1993 (1992) Geertz, C., “Dal punto di vista dei nativi: sulla natura della comprensione antropologica” in Antropologia interpretativa, Il Mulino, Bologna, 1988 (1983): pag.71-90 Malighetti, R., “Il lavoro etnografico” (pag.45-87) in Fabietti, Malighetti, Matera, Dal tribale al globale. Introduzione all’antropologia, Milano, Bruno Mondadori, 2002 Tedlock, B., “From Partecipant Observation to the Observation of Partecipation: the Emergence of Narrative Ethnography” in Journal of Anthropological Reserarch, 47: pp.69-94 Riferimenti ai testi in programma. Ugo, Fabietti, Storia dell’antropologia, cap. 10, 15 e 19.