Fideiussione
A tutela del creditore la legge prevede, innanzi tutto, una Responsabilità
Patrimoniale del debitore (ex art.2740), ovvero l’assoggettamento del suo
patrimonio, in caso di inadempienza, al soddisfacimento forzoso delle ragioni del
creditore. È inoltre previsto, per rafforzare la tutela del credito, un sistema di
Garanzie.
1. Garanzie sui beni (privilegi), causa di prelazione, accordata al creditore, in
deroga al principio della par condicio creditorum, in considerazione della
particolare importanza del credito.
2. Garanzie personali (o semplici), che conferiscono al creditore una pretesa
creditoria verso terzi, consistono nella creazione di un nuovo rapporto
obbligatorio (accessorio all'obbligazione principale) fra lo stesso creditore e un
altro debitore che si aggiunge, col suo patrimonio, a rafforzare la garanzia del
creditore.
Sono tipiche: fideiussione, mandato di credito (regolati nel codice civile fra i
contratti) ed avallo (che trova la sua collocazione nella legge cambiaria).
Sono atipiche: polizza fideiussoria, patronage e contratto autonomo di garanzia.
3. Garanzie reali tipiche (pegno ed ipoteca), che assicurano al creditore la
possibilità di sottoporre ad esecuzione forzata un bene del debitore o del terzo,
vincolato a tale scopo, con preferenza rispetto ad altri eventuali creditori.
Presentano caratteristiche di:
-
accessorietà: se manca o si estingue l'obbligazione garantita
viene meno o si estingue anche la garanzia;
-
specialità: il pegno e l'ipoteca si costituiscono soltanto su beni
determinati (al contrario il privilegio può essere generale, cioè
applicabile a tutti i beni mobili del debitore);
-
indivisibilità: il diritto di pegno o di ipoteca si estende
sull'intero bene che ne è oggetto e sulle sue parti, a garanzia
dell'intero credito e di ogni parte di esso;
-
determinatezza: la garanzia viene costituita e svolge la sua funzione
soltanto per determinati crediti.
1
L'art. 1936 definisce fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il
creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui. Il fideiussore è un
coobbligato solidale del debitore principale, la disciplina della fideiussione va
integrata da quella delle obbligazioni solidali (artt.1292 e ss), ma differisce da
queste ultime perché la fideiussione è costituita a causa esclusiva di garanzia,
mentre le obbligazioni solidali possono avere fondamento in diverse cause.
Fonte dell'obbligo del fideiussore può essere sia la legge (fideiussioni legali) che
la volontà privata (fideiussioni volontarie).
Solitamente esso si costituisce in forza di contratto fra il creditore e il terzo che si
rende garante del debito altrui.
Generalmente il contratto di fideiussione è gratuito, ma è possibile che le parti
dispongano che il creditore debba un compenso al fideiussore per il fatto che questi
si è assunto la garanzia dell'obbligazione. Il contratto di fideiussione rimane
gratuito anche se è previsto che il debitore paghi un compenso al fideiussore: in
questo caso si tratta di rapporto interno tra fideiussore e debitore che rimane però
terzo rispetto al contratto di fideiussione.
Non è richiesta una forma determinata, ma è necessario che la volontà del
fideiussore sia espressa: data la gravità dell'impegno, la legge non ritiene sufficiente
un comportamento concludente.
Si ritiene che la fideiussione possa essere validamente costituita anche tramite
promessa unilaterale, testamento e contratto (fra debitore e fideiussore) a favore
del terzo creditore. Per il perfezionamento del negozio non è necessaria
l’accettazione del creditore, unico effetto dell’accettazione è quello di rendere
irrevocabile l’impegno del garante.
Oggetto della fideiussione è l'obbligo del debitore principale, al quale la garanzia è
legata da un rapporto di accessorietà. Essa non è una promessa del fatto del terzo,
ma una garanzia accessoria dell’obbligazione altrui.
Se l’obbligazione principale ha un oggetto infungibile, si avrà una garanzia del
risarcimento.
La fideiussione può aver ad oggetto anche l'obbligazione di un altro fideiussore: in
tal caso si determina una garanzia di secondo grado in quanto l'obbligazione del
subfideiussore è non solo accessoria ma anche sussidiaria essendo egli obbligato
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verso il creditore solo se il debitore principale e tutti i fideiussori di questo siano
insolventi o liberati perché incapaci (art. 1948).
Dalla natura accessoria della garanzia fideiussoria discende che:
-
la fideiussione non è valida se è invalida l'obbligazione principale, salvo che sia
prestata per un'obbligazione assunta da un incapace (art. 1939);
-
la fideiussione si estende a tutti gli accessori del debito principale, nonché alle
spese per la denunzia al fideiussore della causa promossa contro il debitore
principale e alle spese successive eventualmente sostenute dal creditore (art.
1942);
-
la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere
prestata a condizioni più onerose (art. 1941);
-
il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore
principale, salva quella derivante da incapacità (art. 1945).
Può accadere che più persone abbiano prestato fideiussione per un medesimo
debitore ed a garanzia di un medesimo debito; in tal caso:
-
ciascuna di esse è obbligata per l'intero debito, salvo che sia stato pattuito il
beneficio della divisione (beneficium divisionis: arti. 1946-1947);
-
il fideiussore che ha pagato ha regresso contro gli altri fideiussori per la loro
rispettiva porzione (art. 1954).
Il fideiussore è obbligato in solido con il debitore principale al pagamento del debito;
le parti possono tuttavia convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima
della escussione del debitore principale (c.d. beneficium excussionis: art. 1944).
Si distingue perciò tra:
- fideiussione semplice, che ricorre nei casi in cui le parti abbiano pattuito il
beneficio d'escussione;
- fideiussione solidale, che è l'ipotesi normale, nella quale, poiché manca la
pattuizione di cui
sopra, il
creditore
può
rivolgersi, per il
indifferentemente al debitore principale o al fideiussore.
Il fideiussore, nei confronti del debitore principale, è:
-
obbligato in solido;
3
pagamento,
-
tenuto alla medesima prestazione;
-
liberato in caso di adempimento del fideiuvato.
L'obbligazione del fideiussore si estingue:
-
a causa dell'estinzione dell'obbligazione del debitore principale;
-
per prescrizione della fideiussione;
-
per remissione (se in favore del debitore libera anche il fideiussore, se in favore
del fideiussore il debitore non è liberato);
-
per confusione tra creditore e fideiussore;
-
in altre particolari ipotesi previste dagli artt. 1955-1957.
Tali ultime ipotesi costituiscono casi speciali di estinzione della fideiussione
giustificati dall'intento di rendere temporaneo o meno gravoso il vincolo del
fideiussore; esse si verificano:

quando per fatto imputabile al creditore non è più realizzabile la surrogazione
del fideiussore nei diritti del creditore (art. 1955);

quando in caso di fideiussione per un'obbligazione futura, il creditore senza
autorizzazione del fideiussore ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le
condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente
più difficile il soddisfacimento del credito (art. 1956).
Eccezioni opponibili dal fideiussore al creditore:
 tutte quelle opponibili dal debitore principale tranne l’incapacità;
 beneficio dell’escussione (con indicazione dei beni aggredibili, pagando le spese);
 beneficio dell’ordine (onere di chiedere preventivamente l’escussione sul
patrimonio del debitore principale);
 surrogazione, sostituzione del creditore al debitore nella riscossione del credito
trascurato;
 regresso, pretesa a seguito dell’adempimento (comprende: ammontare pagato,
spese, interessi dalla data di pagamento).
Discussa in dottrina è la differenza tra azione di regresso e surrogazione nel
diritto del creditore. Prevale l'opinione (RAVAZZONI) che i due istituti siano distinti
ed alternativamente concorrenti a scelta del fideiussore in base alla considerazione
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che essi hanno diversa ampiezza e determinano differenti effetti. Secondo alcuni
autori (BIANCA), invece, i due rimedi, pur essendo diversi, possono essere esercitati
in via complementare, nel senso che si può esercitare la surrogazione e al tempo
stesso il diritto di regresso relativamente a quanto spetti in eccedenza rispetto al
credito surrogato.
Fideiussione Omnibus
Particolare forma di fideiussione con la quale il fideiussore garantisce il pagamento di
tutte le obbligazioni di un imprenditore verso una banca, sia attuali che future,
derivanti da operazioni bancarie di qualsiasi genere stipulate dalla banca con
l’imprenditore.
Si tratta di un particolare tipo di fideiussione che ha avuto origine nella prassi
bancaria. Gli istituti di credito sono così garantiti il più possibile dal fideiussore
dell’imprenditore, al quale la banca concede credito. Viene molto usata per superare
la responsabilità limitata delle società di non grandi dimensioni (SRL unipersonali)
alle quali le banche concedono credito: ai soci di queste società viene infatti chiesto di
prestare una fideiussione omnibus per garantire tutti i debiti della società verso la
banca ed in tal modo essi rispondono con tutto il proprio patrimonio per questi
debiti.
Si è molto discusso se fideiussioni di questo genere possano considerarsi valide: i
dubbi sono sorti a causa del loro oggetto che è di ampiezza tale da poter apparire
indeterminato. Nonostante il parere contrario della dottrina e di alcuni tribunali, la
Corte di Cassazione si è sempre pronunciata nel senso della loro validità. Conforta
questo avviso la modifica introdotta dalla l. n.154/1992. La validità della fideiussione
omnibus si lega al fatto che il suo oggetto, benché non determinato, è determinabile
in relazione alle singole obbligazioni, assunte dal debitore, il quale conosce
anticipatamente le regole di condotta della banca creditrice (tenuta ad uniformarsi a
criteri uniformi stabiliti dall’ABI).
I principi di diritto individuabili sono:
1) validità di questo tipo di fideiussione, anche rilasciata in epoca anteriore alla
nuova disciplina sulla trasparenza bancaria (legge 17.2.1992, n. 154), essendo il
suo oggetto determinabile "per relationem" sulla base di operazioni il cui
compimento è sottratto al mero arbitrio della banca;
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2) soggezione della banca garantita agli inderogabili doveri di correttezza e lealtà,
con conseguente inoperatività della garanzia fideiussoria rispetto a posizioni
debitorie che risultino costituite con violazione di detti doveri;
3) irretroattività dell'art. 10 della legge 17.2.1992, n. 154 come "ius superveniens".
La figura della c.d. fideiussione omnibus si innesta nel tronco della fideiussione per
obbligazione futura: con essa il fideiussore garantisce l'adempimento di tutte le
obbligazioni che un soggetto, di norma imprenditore, assumerà nei confronti di un
altro soggetto, di norma una banca, in dipendenza di una determinata specie di
rapporti che verranno intrattenuti tra il debitore principale e il creditore.
Secondo l'ordinamento giuridico, degli interessi sottesi alla fideiussione omnibus
prestata a favore delle banche, va considerato che questa garanzia assolve precise
funzioni economico-sociali:

favorisce l'accesso del terzo - solitamente un imprenditore o una società
commerciale - al credito bancario ;

consente un’efficace protezione dell’esercizio del credito, attività di rilevanza
costituzionale.
La clausola "omnibus" inserita nella fideiussione richiesta dalle banche ha
alimentato, nel vigore della normativa anteriore alla legge n. 154 del 1992, un vasto
dibattito dottrinario e giurisprudenziale circa i limiti di validità del modello
contrattuale usualmente proposto; l'oggetto della garanzia, così come individuato
nella vecchia modulistica approntata dall'ABI, risulta infatti assai esteso: il
fideiussore garantisce l'adempimento delle obbligazioni dipendenti da operazioni
bancarie di qualunque natura, già consentite o che venissero in seguito consentite,
nonché qualsiasi altra obbligazione che il debitore principale si trovasse in ogni
momento ad avere verso l'azienda in relazione a garanzie passate o future prestate
dallo stesso debitore nell'interesse di terzi.
È evidente la peculiarità di questo tipo di contratto potendo essere futuro, rispetto
alla sua conclusione, non soltanto il sorgere del credito, ma anche l'atto generatore
del credito, il contratto che ne costituirà la fonte, giacché la fideiussione di estende
anche alle obbligazioni nascenti da "operazioni che venissero in seguito consentite".
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La giurisprudenza di legittimità, argomentando dalla possibilità di una
progressiva integrazione del contenuto negoziale (prevista dall'art. 1349 c.c.), ha
sempre affermato che l'oggetto della fideiussione omnibus non è indeterminabile ma
determinabile "per relationem", ai sensi dell'art. 1346 c.c., con riferimento alle
obbligazioni via via assunte verso la banca dal debitore, rimanendo esclusa la
possibilità di arbitrio dell'istituto creditore, in quanto le relative operazioni sono
disciplinate da rigide regole del sistema bancario e l'obbligazione accessoria è
identificabile in funzione della normale attività delle banche nel concedere credito,
influente sul contenuto dell'obbligazione principale.
L'argomento ha pero' lasciato insoddisfatta una parte della giurisprudenza di
merito, sul rilievo che il fideiussore non è in grado di rappresentarsi, al momento
in cui sottoscrive il proprio impegno, quale sia l’entità del rischio che assume, questa
dipendendo da successive vicende non prevedibili ex ante, come l'accrescersi a
dismisura del volume di affari dell'impresa del debitore, che dall'ordine dei milioni
può portare l'esposizione fideiussoria all'ordine dei miliardi; conseguentemente
l’imprevedibilità del rischio contrattualmente assunto non sarebbe compatibile con
il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto.
Invero l'ABI, evidentemente consapevole dei limiti di validità delle fideiussioni
contratte senza limiti di tempo e di ammontare, a partire dal 1987 ha cominciato a
mettere a disposizione degli istituti di credito nuovi moduli fideiussori, per importo
limitato, accanto a quelli risalenti nel tempo.
[Sentenza: Cass. Civile, 6 agosto 2002, n.11772. Il soddisfacimento del credito è limitato
dal dovere della banca di eseguire il contratto di fideiussione secondo buona fede e
correttezza, usando l’ordinaria diligenza rapportata alle sue qualità professionali]
La stessa Corte di Cassazione, pur mantenendo fermo il proprio orientamento in
materia di validità della fideiussione omnibus, ha introdotto sul finire degli anni 1980
un correttivo alla vincolatività, per il fideiussore, delle anticipazioni accordate dalla
banca nel periodo successivo alla prestazione della garanzia, affermando che la banca
beneficiaria di detta garanzia non si sottrae ai principi generali di correttezza e buona
fede, che devono inderogabilmente presiedere al comportamento delle parti anche
nella fase di esecuzione del rapporto (art. 1375 c.c.), sicché l’operatività di quella
7
garanzia fideiussoria va esclusa non solo quando la banca abbia agito con il
proposito di arrecare pregiudizio, ma anche quando non abbia osservato canoni di
diligenza, schiettezza e solidarietà, violando l'obbligo tassativo di ciascun
contraente di salvaguardare gli interessi degli altri, nei limiti in cui ciò' non
comporti un apprezzabile sacrificio a proprio carico. La svolta in tal senso è segnata
da cinque decisioni ema-
nate nel luglio del 1989, le quali spostano l'attenzione dal momento genetico di
formazione del contratto, cui pertiene il tradizionale problema di validità in funzione
della mancata predeterminazione dell'oggetto, al momento funzionale di esecuzione
del rapporto, attraverso il richiamo ai doveri di correttezza e buona fede
contrattuale ai quali le parti contraenti devono uniformare la propria condotta ai
sensi dell'art. 1375 c.c.. RIBADITA, dunque, la
FIDEIUSSIONE
OMNIBUS
SOTTO
IL
STRUTTURALE
(E
DELLA
DETERMINABILITÀ
CIOÈ'
DUPLICE
VALIDITÀ DEL CONTRATTO DI
PROFILO
DEROGABILITÀ DELLA PREVISIONE DI CUI ALL'ART.
DELLA
COMPLETEZZA
DELL'OGGETTO)
1956
C.C.,
E
DELLA
l'iter seguito dal
Supremo Collegio è stato quello di richiamare la centralità in tutta la disciplina delle
obbligazioni contrattuali dei canoni di correttezza e buona fede, con la conseguente
visione solidale delle parti del rapporto obbligatorio. A tale impostazione, che tende a
garantire sul piano della fase esecutiva del rapporto l’effettività di tutela del
fideiussore, la Corte di Cassazione è rimasta solidamente ancorata fino ad oggi. La
risposta del giudice di legittimità, però, è parsa egualmente inappagante,
sottolineandosi anzitutto come il rinvio alle regole di correttezza e buona fede
importerebbe la non agevole individuazione in concreto dei possibili standards
rilevanti al fine di stabilire il carattere impegnativo (o non), per il fideiussore, di
anticipazioni bancarie effettuate nei confronti dei clienti in cattive condizioni
economiche. A tali standards valutativi socialmente accettati i giudici di merito
dovrebbero ispirarsi onde evitare che la generica invocazione delle clausole generali
in questione finisca in realtà per dar luogo a decisioni del tutto casuali, legate alle
personali convinzioni dei giudici in ordine alla bontà ed utilità della fideiussione
omnibus. Ed è proprio in considerazione di tali rischi che parte della dottrina,
reputando scarsamente cautelativo per il fideiussore affidare ad un esame a posteriori
del giudice la condotta del creditore verso il garante, ha continuato ad invocare la
8
necessità di predeterminazione di un tetto massimo di operatività della garanzia,
l'unico in grado di soddisfare l'esigenza di certezza del diritto di adeguata protezione
per il fideiussore, fatta salva la exceptio doli, ove ne ricorrano i presupposti.
[Sentenza: Cass Civile, Sez. III, 9 agosto 2001, n.10981. La banca conserva il diritto
alla garanzia unicamente per i debiti verso di essa sorti a carico del debitore
principale prima del 17/2/1992 e non anche per quelli successivi]
Il legislatore con l'art. 10 della legge 17 febbraio 1992 n. 154 sulla "trasparenza delle
operazioni bancarie", modificando gli artt. 1938 e 1956 c.c., ha
IMPOSTO LA
PREVISIONE DELL'IMPORTO MASSIMO GARANTITO IN CASO DI FIDEIUSSIONE
PRESTATA PER UNA OBBLIGAZIONE CONDIZIONALE O FUTURA
ed ha
NEGATO LA
POSSIBILITÀ DI PREVENTIVA RINUNCIA DEL FIDEIUSSORE ALLA LIBERAZIONE IN
CASO DI PEGGIORAMENTO DELLE CONDIZIONI PATRIMONIALI DEL DEBITORE
PRINCIPALE SOVVENZIONATO.
La modifica è destinata a favorire la trasparenza dei
rapporti di garanzia bancaria poiché, per un verso, consente al fideiussore di
conoscere con chiarezza ex ante la soglia massima della sua esposizione e, per altro
verso, impedisce alle banche di concedere ulteriori crediti, pur consapevoli dello
stato di difficoltà o dell’impossibilità del debitore principale di onorare le
obbligazioni
restitutorie,
facendo
affidamento
sull'illimitata
responsabilità
patrimoniale del terzo garante, e cioè di un soggetto che risponde per un debito non
proprio. L'intervento legislativo, espressione di un principio inderogabile di ordine
pubblico, pone fine alla vexata quaestio nella materia in esame, sancendo dunque la
nullità delle fideiussioni rilasciate per importo illimitato e degli atti di
rinuncia preventiva alla speciale autorizzazione prescritta dall'art.
1956 c.c., traendo le logiche conseguenze della soggezione del creditore ai limiti di
correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto obbligatorio. Ed invero, in virtù
del successivo art. 11 della stessa legge, le disposizioni di cui ai commi primo e
secondo dell'art. 10 devono ritenersi inderogabili (tranne che in senso più favorevole
al cliente), con la conseguenza che la loro violazione comporta la nullità del contratto
o della clausola di rinuncia alla liberazione, ai sensi rispettivamente degli artt. 1418 e
1419 c.c.. Se tale conclusione è indiscutibile per i contratti di fideiussione stipulati
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successivamente alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni (120 giorni
dopo la pubblicazione della legge 154/92 nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 11,
comma quarto), non altrettanto pacifica deve ritenersi la sorte delle fideiussioni
omnibus per importo illimitato rilasciate in passato dai garanti alle
banche ed in corso di esecuzione. Su tale versante la mancanza di una
disposizione transitoria, che sarebbe stata quanto mai opportuna per regolare i
rapporti già sorti nella fase di passaggio dalla vecchia alla nuova normativa, ha dato
adito in dottrina ed in giurisprudenza al problema del carattere retroattivo o
meno dell'art. 10 della legge sulla trasparenza bancaria, e quindi della sua
applicabilità o meno alle liti pendenti per fideiussioni sorte anteriormente alla sua
entrata in vigore. L'attenzione si è incentrata essenzialmente sull'affermazione della
natura interpretativa o sostanziale della nuova norma, essendo evidente che solo una
opzione nel primo senso consente la diretta applicazione dello jus superveniens ai
rapporti già sorti, dovendosi altrimenti osservare il principio di cui all'art. 11 delle
preleggi, secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire e non ha effetto
retroattivo.
Qualche autore, argomentando dal carattere imperativo della nuova disciplina in
quanto rispondente ad inderogabili esigenze di ordine pubblico, ha attribuito all'art.
10 della legge 154/92 il carattere di norma di interpretazione autentica degli
artt. 1938 e 1956 c.c., destinata come tale a chiudere definitivamente la discussione
dottrinaria e giurisprudenziale su questo importante tema. La tesi è stata supportata
dalla considerazione che una diversa valutazione avrebbe esasperato il contenzioso
creando un'ingiustificabile disparità di trattamento tra fideiussore e fideiussore, in
presenza di comuni principi di ordine pubblico, che da sempre informano il nostro
ordinamento. Detto convincimento è stato ribadito da chi ha invocato, a riscontro
dell'esattezza della conclusione, il lungo termine di centoventi giorni concesso dal
legislatore per l'entrata in vigore delle nuove disposizioni all'evidente scopo di
consentire alle banche l'adeguamento dei contratti in corso, attraverso l'introduzione
del massimale previsto dalla legge in questione con il consenso del fideiussore.
Per converso la Corte di legittimità, fin dalle prime pronunce rese sull'applicazione
"ratione temporis" della nuova disciplina, si è decisamente orientata per la natura
sostanzialmente innovativa dell'art. 10 della legge 154/92, in quanto
incidente sulla validità del contratto fideiussorio e delle sue clausole e,
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quindi, sui fatti generatori dei diritti da esso derivanti: conseguentemente ne ha
affermato il carattere irretroattivo in virtù del principio secondo cui la norma
sostanziale, in difetto di espressa previsione di retroattività, è suscettibile di
immediata applicazione, nei rapporti pregressi, limitatamente alla regolamentazione
di effetti ancora in corso, senza poter travolgere diritti già insorti nel vigore della
legge precedente mediante una nuova disciplina in ordine ai requisiti di validità del
titolo costitutivo. Il nuovo testo dell'art. 1938 c.c., modifica la portata precettiva della
disciplina previgente (attraverso l'introduzione di un elemento di novità, quale la
necessaria indicazione del tetto massimo garantito) e, quindi, regola ex novo per il
futuro ed in modo autonomo la stessa materia, rivelando cosi' chiaramente la sua
natura innovativa e sostanziale. La norma innovatrice è chiaramente diretta a
disciplinare il fatto e l'atto generatore del rapporto giuridico, e non solo i suoi effetti,
sicché essa è applicabile esclusivamente ai rapporti sorti successivamente alla sua
entrata in vigore. Peraltro, la Corte di cassazione ha ribadito più' volte
l’irretroattività della nuova disposizione, facendo leva - come nella decisione
in commento - anche sulla espressa previsione dell'art. 11, quarto comma della legge
n. 154/92, che prevede la decorrenza dell'efficacia solo dal centoventesimo giorno
successivo alla data di entrata in vigore della legge (16). Questa vacatio legis
superiore a quella consuetudinaria di trenta giorni si giustifica con l'intento di
concedere agli istituti di credito il tempo necessario per adeguare su nuovi
presupposti i rapporti con la clientela e rafforza, secondo la Corte Suprema, il
convincimento che non si tratti di norma interpretativa, che avrebbe dovuto
risolvere problemi di diritto transitorio e di componimento di rapporti pendenti.
Esclusa, dunque, la diretta applicabilità dell'innovazione ai contratti di fideiussione in
corso senza la predeterminazione del massimale, non sembra neppure praticabile sul
piano sistematico - ai fini della tutela del fideiussore - l'ipotesi della nullità del
contratto per contrasto con una norma imperativa successivamente intervenuta,
poiché la nullità deve inficiare l'atto fin dal momento del suo perfezionamento,
trattandosi di vizio genetico del negozio. La tutela effettiva del contraente debole che
abbia stipulato un contratto di fideiussione anteriormente alla data di entrata in
vigore delle nuove norme resta affidata soprattutto alla possibilità di invocare, sul
piano dell'esecuzione del rapporto, il principio della buona fede contrattuale ex art.
1375 c.c.
11
Possibili soluzioni. L’ABI, immediatamente dopo l’entrata in vigore della l. n.
154/92, ha diramato una circolare indirizzata agli istituti di credito raccomandando
di far sottoscrivere ai fideiussori una dichiarazione aggiuntiva di limitazione
d’importo, con l’ulteriore avvertenza che nel caso in cui non vi fossero riusciti,
avrebbero dovuto inviare ai garanti una comunicazione unilaterale indicante
l’importo massimo da considerarsi garantito (come prova della buona fede
contrattuale dell’istituto). In caso di silenzio del fideiussore successivamente al
ricevimento di tale comunicazione, però, non può configurarsi un caso di
manifestazione tacita di volontà, il silenzio è da ritenersi un mero comportamento
omissivo inidoneo a perfezionare un accordo. Il vantaggio di una tale comunicazione
sarebbe infatti rivolto all’istituto di credito (il quale continuerebbe ad essere garantito
per una somma sicuramente congrua perché autodeterminata) ed al debitore, che
grazie a tale garanzia potrebbe continuare a godere dei finanziamenti dell’istituto
stesso.
La clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni”, in deroga all’art.1945,
imponendo al fideiussore di adempiere la richiesta del creditore senza poter opporre
le eccezioni spettanti al debitore, potrebbe avere, tenuto conto del tenore letterale
dell’intero contratto, portata analoga alla clausola “solve et repete”, agendo
esclusivamente sul piano processuale. In forza di questa clausola la proposizione delle
eccezioni da parte del fideiussore non è esclusa, ma differita al momento in cui costui
avrà eseguito il pagamento, agendo quindi con un azione restitutoria che innesca un
meccanismo a catena. Attraverso questa via il creditore è protetto contro il rischio di
eccezioni dilatorie, mentre il garante è tutelato da indebite escussioni del creditore
grazie alla rivalsa che può esercitare contro quest’ultimo. La proponibilità delle
eccezioni è solo differita e ritardata, non esclusa.
Questa deroga non fa venir meno la connessione tra il rapporto principale e quello
accessorio, non essendo l’autonomia del contratto assoluta, ma relativa; è inoltre
possibile, in ipotesi di pagamento non dovuto, il riequilibrio delle posizioni
contrattuali attraverso il regresso.
Fideiussione e Contratto Autonomo di Garanzia
Il contratto autonomo di garanzia è un contratto atipico di derivazione tedesca
(Garantievertrag), con riferimento alla teorica che lo Stammler aveva elaborato
12
verso la fine dell’800. Nato dalle esigenze del commercio internazionale: con esso
una banca o anche una compagnia di assicurazioni si impegna a pagare una
somma determinata al creditore su semplice richiesta (a prima richiesta) del
medesimo, allo scopo di garantire l'esecuzione di un'obbligazione che un terzo
(debitore principale) è tenuto ad adempiere verso lo stesso creditore; questo
contratto viene così incontro all’esigenza di proteggere il creditore dai c.d. rischi
atipici, legati all’appartenenza del debitore ad un altro Stato (es. misure valutarie
restrittive e sanzionatorie adottare da quest’ultimo).
Sotto il profilo economico l’operazione presenta il notevole vantaggio di evitare
l’immobilizzazione d’ingenti somme di denaro che il debitore, di norma un
imprenditore, sarebbe costretto a versare direttamente al creditore, sottraendo
quindi liquidità all’impresa.
La caratteristica di tale forma di garanzia è l'assoluta autonomia dell'obbligazione
di garanzia rispetto a quella principale (ed in ciò si distingue dalla fideiussione
dove, invece, l'obbligazione del fideiussore è accessoria), tanto che la semplice
richiesta del garantito impone alla banca di eseguire la prestazione senza poter
opporre alcuna eccezione relativa alla validità del rapporto di garanzia.
Non è possibile eccepire nemmeno l'eventuale adempimento del debitore
garantito ma «non può condurre alla conseguenza che il creditore possa ottenere
due volte la prestazione dovutagli: la situazione derivante da un pagamento della
garanzia non dovuta potrà essere riequilibrata attraverso il sistema della rivalsa,
fermo restando però a carico del debitore l'onere della prova dell'esatto
adempimento della propria obbligazione».
La giurisprudenza e la dottrina, però concedono al garante di opporre l’exceptio
doli generalis seu praesentis in presenza di “evidente, certo ed incontestabile
venir meno del debito garantito” nel caso in cui, quindi, la richiesta di pagamento
risulti prima facie abusiva o fraudolenta; i principi dell’ordinamento a sostegno di
questa affermazione sono quelli di buona fede ed abuso del diritto, tenendo anche
conto che si tratta sempre di una garanzia autonoma, non di una obbligazione
autonoma, per cui il collegamento con il rapporto sostanziale è insito nel concetto
stesso di garanzia.
[Sentenza: Cass. Civile, Sez. I, 1 ottobre 1999, n.10864]
Ai fini della configurabilità di un contratto autonomo di garanzia oppure di un
contratto di fideiussione, non è decisivo l’impiego o meno delle clausole “a semplice
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richiesta” o “a prima richiesta” del creditore, ma la relazione in cui le parti hanno
inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia.
In questo tipo di contratto si ritroverebbe comunque solo l’indicazione dello scopo di
garanzia per le quali le parti hanno contrattato, ma il fondamento della prestazione,
ovvero il rapporto fondamentale garantito, rimarrebbe fuori dal negozio.
Altra caratteristica che si suole ricondurre al contratto autonomo di garanzia è
costituita dalla mancanza d’identità ed omogeneità tra la prestazione del debitore
principale e la prestazione del garante. Nel contratto autonomo di garanzia è
possibile prevedere una prestazione del garante diversa da quella principale del
debitore garantito. Questa peculiarità è infatti essenzialmente diretta ad indennizzare
il creditore per l’inadempimento del debitore principale, con una prestazione diversa
del garante. In pratica il garante si obbliga ad adempiere un debito proprio (e non
altrui), che nella sua autonomia risulta diverso da quello relativo al rapporto
sottostante. Non a caso, infatti, nei paesi di Common Law il contratto autonomo di
garanzia prende il nome di Indemnity.
In un negozio di garanzia, dunque, la presenza dell’elemento dell’autonomia
unitamente alla diversità della prestazione garantita, costituiscono sicuramente
indice d’identificazione di una garanzia autonoma.
Effettuato il pagamento, l’ordinamento giuridico prevede a favore del garante mezzi
di tutela successiva per recuperare quanto pagato. In particolare sussistono due
forme di tutela successiva: la rivalsa nei confronti del debitore principale e la
condictio indebiti direttamente nei confronti del creditore. Quanto al primo rimedio,
operante in caso di pagamento in tutti i sensi dovuto, il garante avrà a disposizione il
regresso e la surrogazione. In ordine alla condicio indebiti, cioè la richiesta della
restituzione di quanto pagato diretta nei confronti del creditore che aveva riscosso
illegittimamente, si osserva che quest’azione presenta il notevole vantaggio di essere
più rapida: il garante non innesta un meccanismo a catena (chiedere i soldi al
debitore, che poi a sua volta li deve chiedere al creditore), ma si rivolge direttamente
al creditore.
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