Il concetto di diritto

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diritto právo
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Il concetto
di diritto
Mgr. Jan Matějka
IT
Per comprendere il significato basilare della parola diritto è
necessario distinguere fra loro il diritto oggettivo dal diritto
soggettivo.
Per Diritto oggettivo si intende uno specifico sistema socionormativo, ovvero un sistema di norme (di regole) di
comportamento sociale, il rispetto delle quali viene garantito dallo
Stato (dal potere statale).
Le norme che costituiscono la parte del diritto oggettivo si chiamano
norme giuridiche. Nella sostanza si tratta di ordini, divieti e
permessi giuridici in relazione a un determinato comportamento.
Il diritto oggettivo risponde alla domanda quid iuris, ovvero cosa ha
valore di diritto in un determinato momento, quale norma giuridica
vale per il caso specifico.
In quanto complesso ordinato di regole giuridiche valide in un certo
Stato il diritto oggettivo prende il nome di ordinamento giuridico di
quello specifico Stato.
Per Diritto soggettivo si intendono la misura e i modi del
possibile comportamento di un soggetto di diritto, ovvero di una
persona (una persona fisica oppure una persona giuridica) che è
protetta dal diritto oggettivo, di regola fatto osservare dallo Stato
tramite imposizione. Il diritto soggettivo viene anche detto
"autorizzazione".
E' importante rendersi conto che, senza eccezione alcuna, per
l'uomo tutto ciò che non è vietato dalla legge è consentito dal
diritto. Per quanto riguarda invece il fine del diritto, se si eccettua la
regolazione dei rapporti sociali, oggi esso coincide piuttosto con la
tutela dei diritti soggettivi.
Atti giuridici
Nel caso in cui il debitore non adempia al suo
debito, il creditore deve far valere il suo diritto in
tribunale prima della scadenza del periodo di
prescrizione. Deve perciò fare causa al debitore e
un semplice sollecito non basta.
Il contratto è un'azione giuridica bilaterale
o plurilaterale attraverso la quale le parti giungono
all'accordo di istituire un rapporto giuridico fra di esse.
Le trattative della penale si fondano sull'obbligo di
pagare una certa somma nel caso in cui la parte
contrattuale trasgredisca i suoi obblighi contrattuali,
e ciò anche nel caso in cui la trasgressione degli
obblighi non abbia provocato danno alcuno.
I fatti giuridici più frequenti e nella pratica dipendenti dalla volontà
dell'uomo, ovvero quei fatti che, sulla base della legge, provocano
delle conseguenze a livello giuridico, sono degli atti giuridicamente
rilevanti.
Gli atti giuridici vengono definiti dalla legge come espressioni della
volontà orientate verso la nascita, la modifica oppure l’estinzione
dei diritti e dei doveri oppure verso la generazione di altre
conseguenze giuridiche che le norme giuridiche collegano con tali
espressioni della volontà.
Perché un atto giuridico abbia origine è necessario che vengano
date entrambe le sue componenti di base, ovvero tanto la volontà
quanto una sua adeguata espressione. Se non ci fosse volontà (ad
esempio in caso di costrizione fisica) non si sarebbe neppure in
presenza di un atto giuridico. Un atto giuridico non ci sarebbe però
neppure se ne mancasse l'espressione.
Un atto giuridico può essere compiuto attraverso un'azione (per
realizzazione) oppure attraverso una mancata azione (per
omissione). Gli atti giuridici realizzati si dividono poi in atti giuridici
espliciti, ovvero compiuti verbalmente oppure per iscritto, e in atti
diritto právo
giuridici impliciti, vale a dire realizzati attraverso azioni implicite
(ad esempio per l'espressione di disaccordo il fare no con la testa,
lo sbarrare il testo di un documento oppure una firma, ecc.)
Nel caso in cui non fossero presenti tutti i requisiti dell'atto
giuridico, ovvero il requisito della persona, i requisiti della volontà
(libera e seria), il requisito dell'espressione (comprensibile e
specifica) e il requisito dell'oggetto dell'atto giuridico (la possibilità
e il suo essere permesso), esso sarebbe un atto invalido. In altre
parole invalido è quell'atto che non fosse stato realizzato in libertà
e serietà, in modo specifico e comprensibile, nel caso in cui colui
che lo avesse compiuto non avesse la facoltà di compiere atti
giuridici, nel caso in cui per contenuto oppure per scopo fosse
contrario alla legge o la eludesse o ancora nel caso in cui
contravvenisse alla morale o non fosse stato compiuto nella forma
richiesta dalla legge.
Se il suo significato è indubbio, un atto giuridico non viene invece
invalidato per gli errori di scrittura oppure di calcolo.
Nel caso in cui le ragioni della non validità si rapportino a una
parte soltanto dell'atto giuridico, a non essere valida è
esclusivamente quella parte, a meno che dal carattere dell'atto
giuridico oppure dal suo contenuto o ancora dalle circostanze in
cui esso ha avuto origine, non emerga che tale parte non può
essere assolutamente separata dal resto del contenuto. La legge
riporta inoltre i casi in cui un atto giuridico viene considerato come
non valido solo se a richiedere tale invalidità è un determinato
soggetto, ad esempio quello che, durante un atto giuridico, sia
stato condotto in errore, ecc.
Gli atti giuridici possono essere distinti innanzi tutto in unilaterali (ad
es. un testamento), bilaterali (un contratto) e plurilaterali (ad esempio
un contratto di associazione). Inoltre li suddividiamo in specifici (ad
esempio in caso di proposta di stipula di contratto) oppure generali
(ad esempio in caso di concorso pubblico), in atti inter-vivos (ovvero
fra persone viventi) oppure mortis causa (i cui effetti giuridici
sopravvengono solo dopo la morte del soggetto, ad esempio un
testamento e una diseredazione), a titolo oneroso o gratuito, formali
(ad esempio la legge richiede la forma scritta) e informali, ecc.
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La divisione del diritto
Il diritto materiale e il diritto processuale
Le norme giuridiche di un determinato ordinamento giuridico
possono essere classificate in due sottosistemi che prendono il
nome di diritto materiale e diritto processuale.
Le norme del diritto materiale stabiliscono, per dirla in modo
semplificato, quali diritti e quali doveri hanno le persone cui esse
sono destinate.
Le norme del diritto processuale stabiliscono in quale modo
formale, ovvero con quale processo, i diritti possono essere fatti
valere, come i diversi soggetti possono e devono comportarsi in un
processo giuridico, ovvero in quale modo formale si può far
rispettare l'adempimento dei doveri. Queste norme vengono
altrettanto dette regole procedurali.
Le regole procedurali più importanti sono l'ordinamento giudiziario
civile (legge n. 99/1963 e seguenti), l'ordinamento penale (legge
n. 141/1961 e seguenti), l'ordinamento amministrativo (legge n.
71/1967 e seguenti), la legge sull'amministrazione delle tasse e
delle imposte (legge n. 337/1992 e seguenti), ecc.
Il diritto pubblico e il diritto privato
Tradizionalmente è possibile dividere il diritto in due grandi
sottosistemi, ovvero in diritto pubblico e in diritto privato (tale
suddivisione affonda le sue radici storiche nel diritto romano, dove
venivano distinti uno ius publicum e uno ius privatum). Non si tratta
però di una suddivisione del tutto precisa, con un chiaro confine fra
gli ambiti, perché alcune norme giuridiche contengono tanto
disposizioni di carattere privatistico quanto disposizioni di carattere
pubblicistico. Tale distinzione ha quindi un significato pratico
soltanto molto limitato ed è sempre stata (e lo è tuttora) confusa,
per quanto per distinguere diritto pubblico e diritto privato sia stata
elaborata tutta una serie di teorie.
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diritto právo
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Il fondamento del diritto pubblico è il diritto costituzionale ed inoltre
in esso rientrano di regola il diritto amministrativo, il diritto
finanziario, il diritto della previdenza sociale, il diritto penale, ecc.,
come pure il diritto processuale.
Il fondamento del diritto privato è il diritto civile ed inoltre in esso
rientrano soprattutto il diritto commerciale, il diritto del lavoro, il
diritto di famiglia e il diritto privato internazionale.
Esistono naturalmente anche dei rami giuridici misti, come per
esempio il diritto della libera professione, il diritto dei trasporti, il
diritto dell'ambiente, il diritto della sanità, ecc.
Il diritto civile e il diritto commerciale
Come già riportato in precedenza, entrambi questi diritti (il civile e
il commerciale) sono rami del diritto privato. Per comprendere il
rapporto che esiste tra di essi è importante sapere che fonte
principale del diritto civile è la legge n. 40/1964 del Codice
Civile, la quale è al tempo stesso la fonte generale del diritto
privato. La legge n. 513/1991 del Codice di Commercio (come
fonte principale del diritto commerciale) è, in rapporto alla legge
civile, una norma di carattere speciale. Ciò significa allora che la
posizione degli imprenditori e i rapporti commerciali vincolati da
obbligazioni, così come anche alcuni altri rapporti che sono in
relazione con l'attività imprenditoriale vengono regolati sulla base
di un regolamento speciale (il Codice di Commercio), mentre, nel
caso in cui basarsi su tale legge risulti impossibile, si apre lo
spazio per l'applicazione di ulteriori norme giuridiche (soprattutto
allora del Codice Civile e di altre norme del diritto civile).
I diritti reali e i diritti di credito
Entrambi questi diritti sono regolati dal Codice Civile. I diritti
reali vengono di regola intesi come categoria in coppia con il
diritto di credito. Dal diritto di credito il diritto reale si distingue
per il fatto di dare al soggetto autorizzato il cosiddetto
"dominio" giuridico diretto ovvero immediato sulla cosa (in latino
res, da cui il termine diritto reale). Ciò significa che, rispetto ai
diritti di credito, i quali presuppongono sempre un certo
rapporto giuridico relativo del soggetto autorizzato verso
qualcun altro (creditore verso debitore), ovvero un rapporto in
cui i bisogni di un soggetto vengono alla fin fine soddisfatti solo
grazie alla collaborazione di qualcun altro, il soggetto che è
autorizzato dal diritto reale all'esercizio del suo diritto (e quindi
per la realizzazione dei suoi bisogni) non ha bisogno né di una
tale collaborazione né di nessun altro tipo di mediazione,
poiché i suoi bisogni può realizzarli direttamente ovvero
immediatamente da solo (ad esempio nel caso di utilizzo di una
cosa propria da parte del proprietario).
La principale funzione del diritto di credito è quella di assicurare il
soddisfacimento dei bisogni umani in una sinergia (cooperazione).
Effetti giuridici
La prescrizione e l’estinzione del diritto
(la preclusione)
Un diritto si prescrive nel caso in cui non sia stato esercitato entro il
termine del periodo di prescrizione stabilito dalla legge. Se il
debitore fa appello alla prescrizione, la corte non riconosce più il
diritto al creditore. Si prescrivono tutti i diritti patrimoniali, ad
eccezione del diritto di proprietà. Il diritto di garanzia non viene
però prescritto prima del credito garantito attraverso di esso. Al
tempo stesso non si prescrivono i diritti che derivano dal deposito
nei libretti di deposito, sui conti correnti oppure da altre forme di
deposito mentre il rapporto di deposito dura. Il debitore può però
pagare anche un credito prescritto ma in tal caso non può più
richiedere la restituzione di quanto ha pagato.
Il periodo di prescrizione decorre a partire dal giorno in cui il
diritto avrebbe potuto essere esercitato per la prima volta, ovvero a
partire dal giorno in cui si sono verificate tutte quelle condizioni
necessarie per il sorgere del diritto. Generalmente il periodo di
prescrizione è di tre anni. A seconda dei casi concreti la legge
stabilisce però anche periodi differenti. I diritti riconosciuti dal
tribunale oppure da altro organo si prescrivono dopo dieci anni a
partire dal giorno in cui, in base alla decisione, l'adempimento
avrebbe dovuto essere compiuto. Ciò vale in modo analogo per
quei diritti che dal debitore vengono ammessi tanto riguardo al
motivo che all'ammontare. Il periodo di prescrizione in questo caso
decorre a partire dal giorno dell'ammissione del debito, a meno
che in tale ammissione sia stato riportato il termine per
l'adempimento. In tal caso il periodo di prescrizione comincia a
decorrere solo una volta scaduto questo termine.
Nel caso in cui il debitore non adempia al suo debito, il creditore
deve far valere il suo diritto in tribunale prima della scadenza del
periodo di prescrizione. Deve perciò fare causa al debitore e un
semplice sollecito non basta.
Dalla prescrizione del diritto è necessario distinguere la decadenza
del diritto, per cui un diritto che non sia fatto valere entro i termini
stabiliti dalla legge si estingue. Un diritto estinto non può essere
soddisfatto; si tratterebbe infatti di adempimento di un cosiddetto
indebitum. Per l'adempimento realizzato dopo l'estinzione del diritto
può essere quindi richiesta la ripetizione dell’indebito (differentemente
che per la prescrizione).
I diritti reali possono essere definiti come diritti assoluti (ciò significa
che sono efficaci nei confronti di chiunque, per cui ogni altro
soggetto ha il dovere di non intralciare il titolare nell'esercizio del
suo diritto nei confronti della cosa), il cui oggetto è un bene
materiale.
La proprietà
I diritti reali possono essere suddivisi in due sottogruppi. Il primo è
composto dal diritto di proprietà, fra le cui fila rientra di regola
anche il possesso di un bene da parte di una persona diversa dal
proprietario, mentre nel secondo gruppo ci sono invece i diritti reali
verso un bene altrui che, secondo il diritto in vigore, corrispondono
a: diritto di garanzia o di sub-garanzia, diritto corrispondente a
una servitù,diritto di ritenzione, diritto di prelazione e diritto di
locazione.
La proprietà è uno dei diritti soggettivi. Nei limiti della legge il
proprietario è autorizzato a mantenere la proprietà, a utilizzarne e
goderne i frutti e gli utili e a disporre di essi. Oggetto della
proprietà non possono essere quei beni il cui carattere non
permette loro di esserlo (ad esempio la loro naturale
ingovernabilità) oppure per i quali ciò viene stabilito dalla legge
stessa. Tali beni vengono qualificati come res nullius. Un bene
naturalmente ingovernabile è ad esempio l'aria oppure l'acqua che
Proprietà
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scorre in un corso d'acqua, e simili. (Res nullius e quindi beni senza
padrone sono anche le cose abbandonate dal proprietario. A
differenza dei beni di cui si è detto in precedenza, però, essi sono
adatti per essere oggetto della proprietà e possono nuovamente
avere un padrone).
Al diritto di proprietà corrisponde l'obbligo degli altri soggetti di
non turbare il proprietario nel suo diritto. Dal turbamento del diritto
di proprietà il proprietario si difende con accuse nell'ambito del
diritto di proprietà mentre contro un turbamento immediato egli può
difendersi (naturalmente in giusta misura) anche ricorrendo
all'autotutela. La proprietà si può acquisire con contratto d'acquisto,
di donazione oppure con altro tipo di contratto, per eredità, per
decisione di un organo dello Stato oppure sulla base di altri fatti
stabiliti dalla legge, ad esempio per usucapione, incremento del
bene, e simili.
Se un bene mobile viene trasferito sulla base di un contratto, la
proprietà si acquisisce con la consegna del bene, a meno che la
norma giuridica oppure le parti non abbiano deciso diversamente.
Se sulla base di un contratto ad essere ceduto è un bene immobile,
di regola la sua proprietà viene acquisita con la registrazione al
catasto. Il diritto di proprietà non può essere prescritto.
La proprietà degli appartamenti e dei locali ad
uso non abitativo
Gli appartamenti sono parte dell'edificio in cui si trovano e non
sono un bene giuridicamente indipendente. Un'eccezione a questa
norma la creano quegli appartamenti a cui si ricollega la legge n.
72/1994 , con la quale vengono regolati alcuni rapporti di
comproprietà nei confronti degli edifici nonché alcuni rapporti di
proprietà nei confronti degli appartamenti e dei locali ad uso non
abitativo (legge sulla proprietà degli appartamenti). Analogamente
ciò vale anche per i locali ad uso non abitativo.
In base alla legge citata la comproprietà dell'edificio e la proprietà
di appartamenti oppure di locali ad uso non abitativo in esso
situati possono essere acquisite solo in edifici con almeno due
appartamenti oppure due locali ad uso non abitativo indipendenti
oppure con almeno un appartamento e un locale ad uso non
abitativo indipendenti.
La legge richiede una dichiarazione del proprietario dell'edificio
finalizzata alla determinazione degli appartamenti e dei locali ad
uso non abitativo nonché della cosiddetta parte in comune
dell'edificio, in cui rientrano soprattutto le fondamenta, il tetto, le
strutture portanti, gli ingressi, le scale, i locali della lavanderia e
dello stenditoio, il locale per le carrozzine, i locali della caldaia, le
canne fumarie, gli scambiatori di calore, le tubature per il calore e
per l'acqua calda e fredda, del gas, dell'elettricità, dell'impianto di
aereazione, della rete fognaria, gli ascensori, i parafulmini, le
antenne in comune, anche se localizzate al di fuori dell'edificio,
nonché le piccole costruzioni che creano delle dépandance
dell'edificio e le altre parti oppure gli arredi destinati a un uso
comune.
La proprietà di un appartamento oppure di un locale ad uso non
abitativo ha origine con il deposito della suddetta dichiarazione
del proprietario al catasto oppure con l'edificazione
dell'appartamento o del locale d'esercizio sulla base di un
contratto sulla loro costruzione stipulato dai costruttori del nuovo
appartamento o locale d'esercizio con i proprietari già esistenti
degli appartamenti e i dei locali d'esercizio dell'edificio. La legge
ammette poi anche altre possibilità di origine della proprietà.
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Con il sorgere della proprietà di un appartamento o di un locale
ad uso non abitativo ha origine la comproprietà delle parti
dell'edificio in comune. Si tratta di una comproprietà per quote.
L'ampiezza delle quote si basa su una proporzione tra la superficie
del pavimento degli appartamenti o dei locali ad uso non abitativo
e la superficie complessiva di tutte queste unità nell'edificio.
In un edificio con almeno cinque unità (appartamenti oppure locali
d'esercizio) e con almeno tre unità di proprietà di tre differenti
proprietari ha origine un condominio di proprietari che è una
persona giuridica in grado di gestire i propri diritti e di impegnarsi
in tutte le questioni collegate con l'amministrazione, l'esercizio e le
riparazioni delle parti dell'edificio in comune. La comunità ha
origine il giorno della consegna all'ultimo di questi proprietari del
documento con la clausula che certifica la registrazione al catasto
oppure di un altro documento con cui l'organo di Stato competente
dimostra i rapporti di proprietà nei confronti delle unità suddette.
L'appartenenza alla comunità ha origine e si estingue
contemporaneamente al trasferimento oppure alla cessione
dell'unità di proprietà. I comproprietari dell'unità sono condomini.
La legge regola tanto l'organizzazione interna della comunità
quanto i diritti e i doveri dei proprietari delle unità. Con il
trasferimento oppure con la cessione della proprietà di un'unità la
comproprietà passa alle parti in comune dell'edificio e del terreno
su cui l'edificio è collocato. La legge regola anche i diritti a tale
terreno (le particelle edificate). In caso di cessione della proprietà
di un'unità vengono tutelati i diritti del suo locatario, cosa che vale
anche per i membri delle cooperative edili, benché, soprattutto a
proposito del trasferimento delle unità delle cooperative edili, della
separazione di parte di una cooperativa e del trasferimento delle
unità delle unità corrispondenti a ville unifamiliari a schiera dalla
proprietà delle cooperative edili, la legge contenga anche
disposizioni ulteriori.
La comproprietà
Il bene può essere suddiviso in quote ed essere in comproprietà. La
quota esprime la misura in cui i comproprietari suddividono i diritti
e i doveri che riguardano il bene comune. Se dai partecipanti non
viene deciso altrimenti oppure se la norma giuridica non stabilisce
diversamente, le quote di tutti i comproprietari si presumono uguali.
Alle azioni giuridiche che riguardano il bene comune tutti i
comproprietari sono vincolati e autorizzati comunemente e in modo
indivisibile. Relativemente alla gestione del bene comune, a
decidere sono nella maggior parte dei casi i comproprietari in
base all'ampiezza delle loro quote. Se tale decisione non viene
raggiunta, a decidere è il tribunale su proposta di uno qualunque
dei comproprietari. Nel caso in cui si ceda una quota di una
comproprietà e non si tratti di trasferimento a un congiunto, gli altri
comproprietari hanno nei confronti di tale quota un diritto di
prelazione.
I condomini si possono accordare sull'estinzione del condominio e
sugli accordi reciproci che ne seguirebbero. Se a tal proposito non
si giungesse però ad alcun accordo, a decidere sarebbe ancora
una volta, su proposta di uno qualunque dei comproprietari, il
tribunale.
Oltre alla comproprietà in quote la legge riconosce anche la
comunione dei beni dei coniugi. I beni in comune dei coniugi sono
composti dal patrimonio da loro acquisito durante il matrimonio,
eccezion fatta per quello acquisito per eredità o donazione, per
quello acquisito da uno dei coniugi come patrimonio che rientrava
nella sua proprietà esclusiva, per i beni che servono al bisogno
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personale di uno dei coniugi soltanto e per i beni rilasciati in
restituzione ad uno di essi oppure al suo predecessore legale per
una cosa che aveva in sua proprietà prima di contrarre il
matrimonio.
Con un contratto concluso in forma di atto pubblico i coniugi
possono ampliare oppure restringere il volume dei beni in comune
oppure possono curarne l'amministrazione in un modo differente da
quello fissato dalla legge. Prima di unirsi in matrimonio l'uomo e la
donna possono in modo analogo regolare tramite contratto i loro
rapporti di proprietà nel matrimonio futuro. I beni in comune
vengono utilizzati e mantenuti in comune da entrambi i coniugi.
L'amministrazione ordinaria di questo patrimonio può essere tenuta
da ognuno dei coniugi. Per la straordinaria amministrazione è però
necessario il consenso di entrambi, pena l'invalidità degli atti
giuridici che non rispettano questa richiesta.
Le obbligazioni relative al patrimonio in comune vengono
adempiute da entrambi i coniugi, insieme e indistintamente. Ciò
vale anche per quei doveri e quelle autorizzazioni che derivano
dagli atti giuridici e che riguardano i beni in comune. Per fini
imprenditoriali il patrimonio in comune può essere impiegato da
uno dei coniugi solo con il consenso dell'altro coniuge. Per ragioni
gravi, su proposta di uno dei coniugi il tribunale può ridurre il
patrimonio in comune dei coniugi, cosa che può accadere anche
nel caso in cui uno dei due coniugi conduca un'attività
imprenditoriale. Nel caso in cui i beni in comune dei coniugi
periscano, è necessario trovare un accordo. A questo proposito
l'accordo deve avere forma scritta. Nel caso in cui non si riuscisse
però a giungere ad un accordo, a decidere sarà il tribunale su
proposta di uno dei coniugi.
Il possesso e l'usucapione
Il possessore è colui che dispone di un bene come se fosse il
proprio oppure chi esercita un diritto per sé. Si possono possedere
solo beni e diritti che ammettono un esercizio costante oppure
ripetuto. Il possesso è uno stato di fatto con cui la legge collega
certi diritti, per cui nella teoria del diritto si parla anche di diritto di
possesso. Si distinguono un possesso legittimo e un possesso
illegittimo. Il possessore legittimo è un possessore che in tutte le
circostanze è in buona fede e sa che il bene oppure il diritto gli
spettano. Nelle situazioni dubbie si presume comunque che il
possesso sia legittimo.
A meno che la legge non disponga diversamente, il possessore del
bene ha gli stessi diritti del suo proprietario e soprattutto, dopo un
periodo di possesso legittimo, ha diritto anche ai frutti e agli utili
che derivano dal bene. Nei confronti del proprietario del bene ha
inoltre il diritto al rimborso delle spese finalizzate espressamente
per una rivalutazione del bene. Le spese generiche relative alla
manutenzione e all'esercizio non vengono invece rimborsate.
Un possessore illegittimo ha l'obbligo di consegnare al suo
proprietario il bene assieme ai suoi frutti e ai suoi utili nonché di
rimborsargli i danni derivati da tale possesso illegittimo. Può però
detrarre le spese che ha dovuto affrontare per la manutenzione e
l'esercizio del bene e, qualora ciò sia tecnicamente possibile senza
un peggioramento della sotanza del bene, può separare il bene
da ciò che è servito a valorizzarlo con le sue spese. Il possessore
del bene diventa il proprietario del bene qualora lo abbia
ininterrottamente in possesso per tre anni nel caso di un bene
mobile e per dieci anni nel caso di un immobile. In questo periodo
viene compreso anche l'eventuale lasso di tempo in cui ad averlo
in possesso legittimo era il predecessore legale del possessore.
Contratto
Il contratto
Il contratto è un'azione giuridica bilaterale o plurilaterale attraverso
la quale le parti giungono all'accordo di istituire un rapporto
giuridico fra di esse. La proposta di stipulare un contratto deve
essere sufficientemente certa. E' possibile anche revocarla, ma solo
nel caso in cui la revoca venga fatta pervenire alla persona in
causa prima che essa abbia comunicato l'accettazione di tale
proposta.
La tempestiva dichiarazione fatta dalla persona cui la proposta era
destinata oppure qualsiasi sua altra tempestiva azione dalla quale
sia possibile dedurre il suo consenso equivalgono all'accettazione
della proposta. La tempestiva accettazione della proposta diviene
istantaneamente efficace non appena l'espressione dell'accordo
con il contenuto della proposta giunge al proponente. E' possibile
però revocarla qualora la revoca giunga a destinazione al più
tardi contemporaneamente all'accettazione. Il contratto viene
stipulato non appena l'accettazione della proposta di stipula
diviene efficace. Il contratto di cessione di immobili deve avere
forma scritta e le espressioni delle parti devono essere contenute
nello stesso documento. Qualora la legge stabilisca che per il
contratto è necessaria la decisione di un organo competente, tale
contratto sarà efficace soltanto dopo tale decisione.
Dal contratto è possibile recedere soltanto qualora ciò sia previsto
dalla legge oppure concordato dalle parti. Con il recesso il
contratto viene immediatamente sciolto, a meno che non venga
stabilito diversamente da una norma giuridica oppure dalle parti. Il
diritto di recedere dal contratto lo ha quella parte che abbia
stipulato un contratto in condizioni difficili e palesemente
svantaggiose. Un contratto può essere stipulato anche a favore di
terzi.
Esiste la possibilità di stipulare altrettanto un contratto preliminare
(pactum de contrahendo). Alcuni tipi contrattuali sono
esplicitamente regolati dalla legge (ad esempio il contratto di
compravendita, quello di locazione, ecc.) ma è possibile stipulare
anche contratti non altrettanto esplicitamente regolati (si tratta dei
cosiddetti contratti atipici): essi non devono però contraddire il
contenuto oppure la ratio della legge.
Il Codice di Commercio, 513/1991 contiene ulteriori dettagli
relativi ai contratti che fondano dei rapporti commerciali vincolati
da obbligazioni.
Contratto preliminare (pactum de contrahendo)
Le parti possono impegnarsi per iscritto a stipulare entro un certo
periodo un contratto, i cui requisiti fondamentali verranno da loro
contemporaneamente accordati. Nel caso in cui per il periodo
stabilito non si giunga alla stipula del contratto, entro un anno
esiste la possibilità di richiedere in tribunale che la corte con la sua
decisione cambi l'espressione della volontà della parte che ha
rifiutato di concludere il contratto. Tutto ciò non viene minimamente
a intaccare il diritto al rimborso dei danni che sono derivati all'altra
parte a causa del rifiuto di stipulare il contratto. Nel caso in cui per
il periodo pattuito non si giunga alla stipula del contratto e il
partecipante che vuole stipulare tale contratto non faccia entro un
anno richiesta in tribunale dell'emissione della decisione sostitutiva
dell'accettazione dell'altra parte, il contratto preliminare si estingue
diritto právo
definitivamente. L'impegno a stipulare un contratto futuro si estingue
però anche nel caso in cui le circostanze da cui le parti contrattuali
sono partite per la stipula del contratto sono cambiate in modo tale
che non è più possibile richiedere con equità che il contratto venga
concluso comunque (questa è la cosiddetta clausula rebus sic
stantibus).
La disposizione sul contratto preliminare viene utilizzata in maniera
mirata anche per quei contratti per i quali i partecipanti si sono
accordati in modo che il loro contenuto verrà ancora completato in
seguito, ma solo qualora essi diano in modo indubbio l'impressione
che tali contratti rimarranno validi anche nel caso in cui non si
giunga ad alcun accordo a proposito della parte mancante.
A differenza del contratto preliminare si ha qui pertanto un contratto
e basta: è il cosiddetto contratto preparatorio (pactum
praeparatorium), che richiede un completamento successivo. Dal
contratto riportato l'ultima volta bisogna distinguere le trattative
preliminari, che solitamente precedono la stipula del contratto vera
e propria.
Nei rapporti commerciali vincolati da obbligazioni valgono ancora
altre disposizioni, contenute nel Codice di Commercio. In base a
tali regolamentazioni, ad esempio, in un contratto preliminare è
possibile decidere che il contenuto del contratto venga specificato,
anziché dal tribunale, da una persona precisata nel contratto
stesso.
Il recesso dal contratto
Un partecipante può recedere dal contratto solo se ciò è stabilito
dalla legge oppure da un accordo tra le parti. Il recesso dal
contratto è un'atto giuridico unilaterale che conduce alla risoluzione
del rapporto contrattuale obbligatorio nell'istante in cui l'espressione
ad esso corrispondente giunge all'altra parte contrattuale.
Nel caso in cui non venga diversamente stabilito da una norma
giuridica oppure nel caso in cui non venga diversamente pattuito
dalle parti del rapporto contrattuale, con il recesso il contratto viene
risolto immediatamente. In tal caso le parti contrattuali hanno
l'obbligo di restituirsi tutto quello che sulla base del contratto
avevano già consegnato prima che esso si estinguesse. Da un
contratto ha diritto di recedere quel contraente che lo abbia
stipulato in caso di necessità e con condizioni palesemente
svantaggiose. La legge dà al creditore il diritto di recedere anche
in caso di mora del debitore, qualora esso non adempia
all’obbligazione contrattuale neppure entro un adeguato termine
supplementare accordatogli a tal fine dal creditore.
Il contraente può pattuire il suo recesso dal contratto e trattare per
questo caso un'indennità di uscita. Se però l'obbligazione
contrattuale viene adempiuta almeno parzialmente oppure se viene
ad esempio accettato soltanto un adempimento parziale, egli non
potrà più recedere dal contratto, neppure nel caso che offra
un'indennità di uscita. Nel caso in cui si tratti di rapporti vincolati
da obbligazioni di tipo giuridico-commerciali, il Codice di
Commercio contiene altre disposizioni riguardanti il recesso dal
contratto e l'indennità di uscita.
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emerge il modo in cui esso possa essere disdetto, il contratto può
essere disdetto entro tre mesi fino alla fine del trimestre di
calendario.
La disdetta che riguarda un'obbligazione ad astenersi da una certa
attività non ha valore se dal carattere dell'obbligazione o dal
contratto non emerge che si tratta di un'obbligazione limitata
temporalmente.
Non è possibile disdire un'obbligazione neppure qualora ciò sia
vietato dalla legge oppure qualora ciò emerga dal carattere del
regolamento di legge.
La disdetta è un'azione giuridica unilaterale ed è valida anche nel
caso in cui l'altra parte rifiuti di accettarla.
La penale
Le pattuizioni sulla penale si fondano sull'obbligo di pagare una
certa somma nel caso in cui la parte contrattuale trasgredisca i suoi
obblighi contrattuali, e ciò anche nel caso in cui la trasgressione
degli obblighi non abbia provocato danno alcuno. La penale può
essere stipulata per iscritto. Qualora dalle pattuizioni sulla penale
non emerga nulla di diverso, con il pagamento della penale la
parte contrattuale in causa non si esonera dagli obblighi di
adempiere al suo dovere contrattuale.
Nel caso in cui non sia stato contrattato diversamente, non è
possibile invece richiedere un risarcimento per un danno che sia
emerso dalla violazione di quell'obbligo il cui adempimento è stato
garantito con la penale. Se non viene concordato diversamente, la
parte contrattuale non ha l'obbligo di pagare la penale se non ha
causato la violazione del dovere. Ciò non vale però nel caso dei
rapporti commerciali vincolati da obbligazioni.
Rimborso delle obbligazioni e forme per
garantire tale rimborso
La mora del debitore e la mora del creditore
Nel caso in cui il debitore non adempia nei modi e nei tempi
prestabiliti al pagamento del suo debito, egli finisce in mora.
Qualora il debito non venga da lui pagato neppure entro un
termine adeguato concessogli in via supplementare dal creditore,
quest'ultimo ha il diritto di recedere dal contratto.
La disdetta
Se si tratta di una mora relativa all'adempimento di
un'obbligazione in denaro, il creditore ha il diritto di fare
eventualmente richiesta, oltre che del pagamento degli interessi
moratori, anche dell'imposta moratoria. Ai sensi del decreto
legislativo n. 142/1994 gli interessi moratori corrispondono al
doppio del tasso di sconto valido all'inizio della prescrizione.
L'imposta e gli interessi moratori hanno il carattere di risarcimento
forfettario. Per tale motivo il creditore può fare richiesta al debitore
di risarcimento del danno causato dalla mora solo nel caso in cui
esso non venga coperto dall'imposta oppure dagli interessi
moratori.
Per i contratti conclusi a tempo indeterminato il cui oggetto sia
un’obbligazione continuativa oppure un'attività ripetuta oppure
l'obbligazione ad astenersi da una certa attività o ancora di
consentire un'altra attività e se né dalla legge né dal contratto
Nel caso in cui nel contratto sia stato stabilito un termine preciso
per l’adempimento e dal contratto oppure dal carattere del bene
emerga che il creditore, pur non avendo interesse a un
adempimento ritardato, non comunichi al debitore senza inutili
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economicrevue
diritto právo
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rimandi che continua a volere l'adempiemento, il contratto viene
rescisso all'istante.
Alla mora del debitore non si giunge qualora il creditore non
accetti dal debitore l'offerta di adempimento fatta nei tempi e nei
modi previsti oppure non vi presti la necessaria cooperazione. Se
l’adempimento consiste nella consegna di un bene, il creditore può
sostenere il pericolo del suo deterioramento. In caso di mora del
debitore a sostenere il pericolo del suo deterioramento, del suo
danneggiamento oppure del suo perimento è il debitore, a meno
che tale danno non gli sia imputabile.
Accettando l'adempimento il creditore che è in mora ha l'obbligo
di rimborsare al debitore le spese che questi ha sostenuto a causa
sua, ed eventualmente anche gli altri danni che gli sono
imputabili. Per il periodo della mora del creditore il debitore non
ha l'obbligo di pagare gli interessi. Nel caso in cui si tratti di
rapporti commerciali vincolati da obbligazioni, il Codice di
Commercio contiene alcune altre disposizioni che riguardano tanto
la mora del debitore quanto pure la mora del creditore.
Il diritto di ritenzione nasce dall'espressione unilaterale della volontà
di trattenere il bene. Contemporaneamente c'è bisogno di
informare senza inutili rinvii il debitore e di riportare le ragioni del
motivo della ritenzione del bene. Per i contratti conclusi per iscritto
tale avviso deve essere scritto. Il bene trattenuto deve esser
custodito come una garanzia. In caso di esercizio della decisione
giudiziaria, in base al diritto di ritenzione il creditore ha rispetto
agli altri creditori il diritto di prelazione al soddisfacimento del
credito facendolo derivare dagli utili del bene ritenuto. Il diritto di
ritenzione ha un carattere accessorio e si estingue con la
scomparsa del credito accertato. Si estingue anche qualora il
debitore offra con il suo consenso alla persona autorizzata una
garanzia di tipo diverso.
Il diritto di garanzia
Il diritto di garanzia è uno dei diritti reali. Serve a garantire il
credito nel caso in cui il debito che gli corrisponde non venga
saldato in tempo. Il soddisfacimento può essere così ottenuto
attraverso l'ipoteca/ il pegno.
L'ammissione del debito
In questo tipo di rapporti si parla di
L'ammissione per iscritto di un certo debito tanto riguardo al motivo
quanto all'ammontare fa presumere che al momento
dell'ammissione il debito fosse in corso. Per la prescrizione del
debito l'ammissione del debito ha le stesse conseguenze solo nel
caso in cui chi ha ammesso il debito sapesse della sua
prescrizione. L'ammissione del debito conduce all'interruzione del
periodo di prescrizione, di modo che ha inizio un nuovo periodo
di prescrizione (pari a dieci anni per i rapporti regolati dal Diritto
Civile e di quattro anni per i rapporti commerciali vincolati da
obbligazioni).
In circostanze ordinarie l'ammissione del debito da parte di uno
dei coniugi vincola entrambi i coniugi. Rispetto al garante
l'ammissione del debito è valida solo quando il garante ha
espresso il suo accordo nei confronti di essa.
Oggetto della garanzia può essere
Nei rapporti commerciali vincolati da obbligazioni valgono certe
varianti, ad esempio quella che l'ammissione del debito per i
crediti prescritti ha valore anche qualora il debitore a proposito
della prescrizione non sapesse che l'ammissione del debito ha i
suoi effetti anche rispetto al garante e che per ammissione
dell'obbligazione non prescritta si intende il pagamento degli
interessi oppure un adempimento parziale di tale obbligazione, nel
caso in cui da ciò si possa dedurre che in tal modo il debitore
ammetta anche il resto dell'obbligazione.
Il diritto di ritenzione della casa
Chi ha l'obbligo di consegnare un bene mobile altrui che ha
presso di sé, può trattenerlo per assicurarsi i propri crediti in
scadenza che ha nei confronti della persona cui sarebbe altrimenti
obbligato a consegnare tale bene. Il diritto di ritenzione può esser
utilizzato anche per assicurarsi dei crediti finora non in scadenza
qualora nei confronti del debitore fosse stata avanzata istanza di
fallimento. Il diritto menzionato non riguarda però chi ha presso di
sé un bene senza averne diritto, soprattutto nel caso in cui se ne
sia impossessato arbitrariamente oppure con l'inganno. Non deve
trattarsi neppure di un bene per il quale durante la cessione sia
stato imposto che ne fosse disposto in un modo che risulti
incompatibile con l'esercizio del diritto di ritenzione, a meno che
nei confronti del debitore non sia stata avanzata istanza di
fallimento.
creditore ipotecario/ pignoratizio, che è il creditore il cui credito
viene assicurato con l'ipoteca/il pegno
debitore, l'adempimento del cui debito è garantito con
l'ipoteca/ il pegno
chi ipoteca o impegna il bene. Esso può essere anche una
persona diversa rispetto al debitore ed ha l'obbligo di permettere
che il creditore ipotecario/ pignoratizo rimanga soddisfatto
dall'ipoteca/ dal pegno, nel caso in cui il debitore non abbia
adempiuto al suo debito. Chi ipoteca o impegna il bene non
diventa però per questo co-debitore.
un bene mobile (pegno)
un bene immobile (in tal caso si parla di ipoteca con un
creditore ipotecario),
un credito, sia in denaro che non,
un altro valore patrimoniale, nel caso in cui il suo carattere lo
consenta.
Il diritto di garanzia emerge sulla base di un contratto scritto, di un
accordo approvato dal tribunale relativamente al regolamento di
un'eredità oppure sulla base della decisione di un tribunale o di un
ufficio amministrativo.
L'ipoteca ha origine con il deposito al catasto, a meno che la
legge non stabilisca diversamente. Per gli immobili che non
vengono iscritti al catasto, il diritto di ipoteca ha origine il giorno in
cui entra in vigore il contratto.
Il diritto di garanzia nei confronti dei beni mobili ha origine con
la loro consegna al creditore del pegno, o eventualmente a
terzi. Il luogo della consegna del bene può essere realizzato
con la segnalazione del diritto di pegno nel documento che
testimonia la proprietà verso il pegno, nel caso in cui senza di
essa non sia possibile disporre del bene. E' possibile anche
segnalare in modo visibile che il bene è impegnato. Nei
confronti del debitore di un credito impegnato (sottodebitore) il
diritto di garanzia verso il credito assume validità con la
consegna della comunicazione scritta di colui che ha
impegnato il bene oppure con un'altra prova dell'insorgere del
diritto di garanzia. Della garanzia bisogna occuparsi con
diritto právo
diligenza ordinaria. Il creditore della garanzia si può soddisfare
con il ricavato in denaro dalla vendita del pegno in un'asta
pubblica oppure con una vendita giudiziaria. Un cosiddetto
pegno bocciato, il che significa che il creditore del pegno in
caso di mora con adempimento del credito accertato si può
tenere il pegno, non viene ammesso a meno che una legge
particolare non stabilisca diversamente.
Con la prescrizione del credito accertato il diritto di garanzia non
viene a decadere. Se viene dato in pegno un credito che è
garantito con il diritto di pegno, emerge il cosiddetto diritto di
sottopegno, ma solo nel caso che il pegno sia un bene.
Accanto al creditore ipotecario/ pignoratizo ritroviamo poi un
creditore sottoipotecario/ sottopignoratizio.
Ad esempio:
Una persona A prende in prestito da una persona B una certa
somma in denaro e, contemporaneamente alla garanzia del
credito di B, pone un'ipoteca sulla sua casa. La persona B prende
poi in prestito del denaro da una persona C e dà in garanzia
(sottogaranzia) il suo credito nei confronti di A. Così per C ha
origine un diritto di sottogaranzia il cui oggetto è la casa di A. La
persona C diventa così nei confronti di A un creditore
sottoipotecario.
Nell'esempio riportato la persona A è debitore e al tempo stesso è
colui che ipoteca. E' però possibile che a ipotecare sia una
persona D distinta dal debitore.
Persona fisica o giuridica
Le persone fisiche e le persone
giuridiche
Tanto le persone fisiche quanto le persone giuridiche sono
soggetti di diritti e di doveri. Nel diritto ceco ogni individuo è
una persona fisica. La sua soggettività giuridica ha inizio con la
nascita. A dire il vero tale soggettività può essere propria anche
di un feto, ma solo qualora nasca poi vivo. La soggettività
giuridica termina con la morte o con una dichiarazione di
morte. Sono persone giuridiche le associazioni di persone
fisiche oppure di persone giuridiche, le associazioni in funzione
di un patrimonio (ad esempio le fondazioni, ecc.), le unità di
autoamministrazione del territorio come pure altri soggetti
stabiliti dalla legge.
Le società commerciali
Una società commerciale è una persona giuridica fondata a scopo
imprenditoriale. Ci sono
•
•
•
•
società
società
società
società
semplici,
in accomandita,
a responsabilità limitata,
per azioni.
Generalmente una società commerciale si costituisce tramite
contratto sociale firmato da tutti i fondatori. Nei casi in cui la
società commerciale può essere fondata anche da un unico
fondatore, il contratto sociale viene sostituito da un documento di
fondazione.
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Per il diritto la società nasce il giorno in cui è stata iscritta al
registro del Commercio. Con la cancellazione da tale registro la
società commerciale si estingue. L'estinzione previene il suo
scioglimento, che può avvenire tanto con quanto senza
liquidazione.
Una società semplice è una società in cui almeno due persone
fanno attività imprenditoriale sotto una ditta comune e garantiscono
per le obbligazioni della società in solido con tutto il proprio
patrimonio.
Una società in accomandita è una società in cui uno o più soci
garantiscono per le obbligazioni della società fino all'ammontare
del loro conferimento che risulta dal registro del commercio anche
se non ancora versato (i cosiddetti accomandanti) mentre uno o più
soci rispondono con tutto il loro patrimonio (i cosiddetti
accomandatari).
Una società a responsabilità limitata è una società il cui capitale
sociale è costituito da conferimenti prestabiliti dei soci. La società
può essere costituita anche da una persona soltanto e può avere al
massimo cinquanta soci. La società risponde per le sue
obbligazioni con tutto il suo capitale ma i soci garantiscono per gli
impegni della società solo fino all'ammontare del conferimento non
ancora versato, quale risulta iscritto al registro del commercio.
Una società per azioni è una società il cui capitale sociale è
distribuito su un certo numero di azioni di un certo valore nominale.
La società risponde per le sue obbligazioni con tutto il suo
patrimonio. Un azionista non garantisce così per le obbligazioni
della società. L'azione è un titolo cui sono collegati i diritti
dell'azionista in quanto socio di partecipare alla gestione della
società, al suo guadagno e alle rimanenze della liquidazione in
caso di estinzione della società.
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