30-31 Intervista Hansen_Layout 1 10/12/13 15:39 Pagina 30 INTERVISTA Emmott: in Europa c’è una crisi di volontà, non di soldi Un “like” su Facebook non può sostituire il coraggio di James Hansen 30 B ill Emmott è uno dei giornalisti più famosi del mondo. Durante i tredici anni da direttore dell’Economist tra il 1993 e il 2006, ha trasformato la rivista da pubblicazione specializzata e ben accreditata con una tiratura di qualche centinaia di migliaia di copie a potenza editoriale da un milione di copie a settimana e un peso specifico a livello mondiale da far invidia a molti stati sovrani. Autore di libri di successo sul Giappone e sull’Italia, in anni recenti ha spesso fissato il suo sguardo su quest’ultima, non tanto per sentimento – “anche se la cucina mi piace molto” – ma perché nella turbolenza politica ed economica italiane vede una sorta di paradigma della più vasta crisi che avvolge l’Europa e l’Occidente. La percezione si è acuita durante le riprese del film Girlfriend in a Coma, realizzato insieme alla regista Annalisa Piras. Il documentario, molto apprezzato, sulla paralisi politica e sociale dell’Italia moderna – la “fidanzata” del titolo – evoca fenomeni che, sebbene si manifestino in modo molto evidente nella società italiana, a Emmott sembrano ugualmente riscontrabili nella decadenza europea in generale. “Si è molto tentati di attribuire il declino della leadership e del peso politico europei alle difficoltà economiche mondiali, – dice Emmott – una constatazione che scagiona tutti. Ma il declino come fenomeno di lungo periodo non è stato innescato dalla crisi economica, più sintomo che causa. È indubbio che vi sia stato un fallimento della sovrastruttura finanziaria e delle istituzioni responsabili della sua gestione, ma la cosa più importante da stabilire è perché ciò sia potuto accadere. Già negli anni Novanta c’era preoccupazione per l’alto tasso di disoccupazione in Europa e il dibattito sulla ‘eurosclerosi’ risale agli anni Ottanta quando per la prima volta ci siamo confrontati con l’impatto di una serie di ‘astri nascenti’ della concorrenza: in primis il Giappone, oggi la Cina. Il nostro continente ha reagito ai cambiamenti non tanto con il panico quanto con la paralisi, come un coniglio terrorizzato dai fari di un’auto.” Secondo Emmott non abbiamo più voglia di lottare: “La Seconda Guerra Mondiale ci ha permesso di ripartire da zero in un’Europa molto più liberale di prima, dove sembrava esserci spazio per tutti. Ora la società pare aver perso la capacità di evolversi dinamicamente e la nostra democrazia non sembra in grado di mediare tra interessi contrapposti.” Emmott intravede una “mancanza di nerbo” da parte di coloro che ci dovrebbero rappresentare nel processo democratico, che ha incagliato i meccanismi con cui la società gestisce la propria evoluzione. “Ciò si deve in parte alla crescente complessità. La politica per definizione è locale, ma l’economia no e i nostri leader non sembrano avere gli strumenti per scavalcare le frontiere politiche. Negli Stati Uniti stiamo assistendo a una graduale erosione del terreno di confronto tra i due schieramenti politici dominanti, incapaci di collaborare ma potenti abbastanza da non permettere a nuovi attori politici di emergere. È anche una questione di gap tecnologico east global geopolitics 30-31 Intervista Hansen_Layout 1 10/12/13 15:39 Pagina 31 TIMOTHY ALLEN / EYEVINE /CONTRASTO INTERVISTA \ Il giornalista Bill Emmott è stato direttore dell’Economist dal 1993 al 2006. che si manifesta come incompetenza. La vicenda Snowden ha dimostrato che gli Usa non riescono a gestire il loro enorme apparato di sicurezza senza che il segreto sulla sua esistenza e sulle sue reali dimensioni trapeli. ll tanto atteso sistema sanitario nazionale, Obamacare, idealmente accessibile e libero per tutti proprio perché gestito on-line, è collassato subito dopo il lancio. Che un tale livello d’imperizia pubblica si palesi nella gestione di una faccenda di questo rilievo è molto preoccupante.” La situazione si sta complicando per i ceti di governo di tutto il mondo, che si rivelano lenti quando non incapaci di reagire. Secondo Emmott ciò è particolarmente evidente in Europa, dove i veti incrociati di gruppi d’interesse monotematici paralizzano la politica. Uno scenario deprimente, che a suo avviso ha una sola soluzione: “Le virtù della nostra società vengono prese sotto gamba, ma non esistono per caso. Spero ci sia ancora la volontà di sostenerle e rinforzarle. Siamo intrappolati tra aspettative contrastanti e la difesa a oltranza di una lunga lista numero 51 gennaio/febbraio 2014 di diritti acquisiti durante gli anni Sessanta e Settanta sulla base di politiche sociali ben intenzionate ma insostenibili. Se non vi è sensibilizzazione su questi problemi il nostro declino porterà a un crollo del tenore di vita con effetti sulla stabilità sociale, sull’ordine pubblico e perfino sulla nostra capacità di evitare l’uso della violenza tra Stati: la guerra. Dobbiamo mantenere un equilibrio tra le generazioni, facendo posto ai giovani all’interno dell’economia, senza sacrificare il loro futuro a favore dell’attuale e futura popolazione senescente. Il fondatore dell’Economist, James Wilson, quando lanciò la pubblicazione nel 1840, stava combattendo una battaglia simile. Diceva di voler intavolare una ‘seria competizione’ tra la conoscenza e la timidezza, che a suo modo di vedere discendeva dall’ignoranza. È per questo che insieme ad Annalisa Piras – la regista di ‘Girlfriend’ – abbiamo fondato la ‘Wake up Foundation’: per informare e stimolare il dibattito e aumentare le conoscenze, come suggeriva Wilson, per sconfiggere la timidezza. Nelle società tecnologicamente avanzate è facile perdere il senso di realtà. Questa perdita ha contribuito allo smantellamento del coraggio morale e a un sempre maggior rifiuto della responsabilità individuale – un ‘like’ su Facebook non può rimpiazzare la lotta per le cose in cui crediamo…” Emmott, londinese di nascita, vive in aperta campagna in un remoto angolo del Somerset, sulla costa occidentale inglese, dove “si pensa meglio,” dice. “Mi reco spesso a Londra, che amo molto. Paradossalmente, più la Gran Bretagna si scopre euroscettica, più Londra diventa europea. Penso sia oggi la città più compiutamente europea di tutte.” James Hansen è direttore della rivista East. 31