APPUNTI DI CHIMICA GENERALE La spontaneità delle reazioni chimiche Si chiamano reazioni spontanee quelle che, nelle condizioni date, formano i prodotti indicati dalla relativa equazione, senza aiuti provenienti dall’esterno. Quando si immerge, per esempio, una lamina di zinco, di colore grigio, in una soluzione di solfato di rame, caratterizzata da una colorazione azzurra, si nota che il metallo si ricopre di un deposito bruno, mentre l’azzurro della fase liquida diviene sempre meno intenso. Questo perché si verifica la reazione: Zn(s) + CuSO4(aq) Cu(s) + ZnSO4(aq) Al contrario, l’equazione: Cu(s) + ZnSO4(aq) Zn(s) + CuSO4(aq) è quella di una reazione che non avviene, se non in determinate condizioni operative, ossia con l’apporto esterno di energia. In altre parole esistono delle reazioni che non si verificano, pur potendone scrivere e bilanciare la relativa equazione: si tratta di reazioni non spontanee. La valutazione della spontaneità o non spontaneità di un processo chimico è il fine che si propone la termodinamica, attraverso lo studio degli scambi di energia, sotto forma di calore e di lavoro, che accompagnano le trasformazioni chimiche, e dei fattori, come la temperatura, che le possono influenzare. • Entalpia: il contenuto termico delle sostanze Ogni sostanza, a seconda dei legami chimici che uniscono i suoi atomi e del suo stato fisico, è caratterizzata da una certa quantità di energia. Nel corso di una reazione chimica, il tipo e il numero di legami presenti nel sistema cambiano, poiché si rompono quelli che costituiscono le specie reagenti e se ne formano di nuovi nelle specie prodotte. Inoltre può cambiare anche lo stato fisico delle sostanze presenti prima e dopo la reazione. Ogni reazione è pertanto accompagnata da una variazione di energia del sistema, ∆E, che si manifesta sotto forma di calore, Q, e/o di lavoro,L. Queste tre variabili sono collegate dalla legge: ∆E = Q – L che esprime il primo principio della termodinamica, noto anche come principio di conservazione dell’energia: ”in una trasformazione, la somma delle energie del sistema e dell’ambiente è uguale prima e dopo la trasformazione stessa”. Esso indica che la variazione di energia ∆E di un sistema è uguale alla somma algebrica del calore Q e del lavoro prodotto – L. 1 In un sistema chimico il lavoro L diventa significativo soltanto quando si formano sostanze gassose, perché il gas che si sviluppa compie un lavoro di espansione causato dalla variazione di volume ∆V. Poiché a pressione costante P, il lavoro del gas è espresso dalla relazione L = P · ∆V, il primo principio della termodinamica si può scrivere nella forma: ∆E = Q – P · ∆V Il calore scambiato a pressione costante (Qp) detto calore di reazione, è pertanto: Qp = ∆E + P · ∆V Per rappresentare E + P · V è stata introdotta una funzione termodinamica chiamata entalpia, che si indica con H, il cui valore dipende dall’energia del sistema, dalla pressione e dal volume: H=E+P·V Sebbene l’entalpia di una sostanza o di un sistema non possa essere valutata, si può invece misurare la variazione di entalpia che subisce un sistema in un processo o in una reazione. Nel caso di una reazione a pressione costante, la variazione di entalpia, ∆H, vale: ∆H = ∆E + P · ∆V Dalle formule scritte si vede che ∆H = Qp ossia: la variazione di energia di un sistema, ∆H, in una reazione che avviene a pressione costante, corrisponde al calore di reazione , Qp, assorbito o sviluppato dal sistema; convenzionalmente ∆H > 0 se il calore è assorbito e ∆H < 0 se il calore è ceduto. Poiché normalmente le reazioni chimiche avvengono a pressione atmosferica e quindi costante, il calore Qp che il sistema scambia con l’esterno può essere misurato, consentendo così di calcolare la variazione di entalpia del sistema. Per rispettare la convenzione adottata per i segni, la relazione tra calore scambiato dall’ambiente esterno nel corso di una reazione (Qamb) e la variazione di entalpia del sistema (∆H) è: Qamb = - ∆H dove: ∆H = Σ Hprodotti – Σ Hreagenti Calori di reazione importanti sono il calore o entalpia di formazione di un composto. L’entalpia di formazione di un composto, ∆Hf, è misurata dal calore scambiato (sviluppato o assorbito) quando si forma una mole di composto a partire dai suoi elementi. Dal momento che il valore del ∆H dipende dalla temperatura e dalla pressione alla quale si verifica una reazione, sia essa di formazione o qualsiasi altra, per rendere confrontabili fra loro i valori dei ∆Hf sono state stabilite certe condizioni sperimentali standard (c.s.) per la loro determinazione. Si definisce come stato standard di un elemento o di un composto la sua forma molecolare, o di aggregato, più stabile e più diffusa in natura, alla temperatura T di 298 K (25 °C) e alla pressione P di 1 atmosfera. 2 Le entalpie determinate in condizioni standard vengono indicate come ∆Hf° nel caso delle entalpie di formazione di un composto dagli elementi, e come ∆H° se entalpie di reazione. Le entalpie molari standard degli elementi sono convenzionalmente nulle. Esempi: ∆Hf° (kJ · mol-1) reazione 1) 1/2 H2(g) + 1/2 Cl2(g) HCl(g) -92,3 2) H2(g) + 1/2 O2(g) H2O(g) -242 3) H2(g) + 1/2 O2(g) H2O(l) -286 4) 1/2 N2(g) + 1/2 O2(g) NO(g) 90,4 5) 1/2 N2(g) + O2(g) NO2(g) 33,1 Le equazioni debbono sempre riportare lo stato delle sostanze in gioco. Come si vede dalle equazioni 2 e 3 il ∆Hf° è diverso a seconda che venga prodotta acqua liquida o vapore acqueo. Nelle equazioni, inoltre, si utilizzano coefficienti frazionari poiché ci si riferisce sempre alla formazione di un’unica mole di composto. • Reazioni esotermiche ed endotermiche: gli scambi di calore Quando in una reazione si passa da reagenti caratterizzati da un alto contenuto di energia a prodotti con un più basso contenuto, la differenza tra l’energia dello stato iniziale del sistema, quello dei reagenti, e l’energia dello stato finale rappresentato dai prodotti viene liberata sotto forma di calore ceduto all’ambiente. Poiché nelle normali condizioni di pressione e temperatura a cui avvengono le reazioni chimiche, la variazione di energia di un sistema è rappresentata dalla variazione della sua entalpia (∆H), si può dire che: le reazioni esotermiche, che avvengono cioè con liberazione di calore nell’ambiente, hanno ∆H < 0. Esempi: reazione Qamb ∆H° (kJ) 1) C3H8(g) + 5 O2(g) 3 CO2(g) + 4 H2O(l) 2506 -2506 2) Mg(s) + 1/2 O2(g) MgO(s) 602 -602 3) H2(g) + 1/2 O2(g) H2O(l) 286 -286 4) CH4(g) + 2 O2(g) CO2(g) + 2 H2O(l) 890 -890 Per una particolare reazione il ∆H° è riferito alle moli di reagenti e di prodotti indicate dai coefficienti nell’equazione bilanciata. Anche in questo caso nelle equazioni deve essere sempre specificato lo stato fisico delle sostanze in gioco. 3 La situazione contraria a quella appena considerata si realizza quando in una reazione reagenti a basso contenuto energetico formano prodotti ad alta energia: in tal caso è necessario un assorbimento di calore dall’ambiente. Pertanto: le reazioni endotermiche, che avvengono cioè con assorbimento di calore nell’ambiente, hanno ∆H > 0. Esempi: reazione 1) C(s) + H2O(g) CO(g) + H2(g) Qamb ∆H° (kJ) -131 131 2) CaCO3(s) CaO(s) + CO2(g) -176 176 3) H2O(l) H2(g) + 1/2 O2(g) -286 286 -86,6 86,6 4) Cu(s) + H2O(g) CuO(s) + H2(g) Come si può notare, la reazione di dissociazione dell’acqua liquida in idrogeno e ossigeno gassosi richiede la stessa quantità di calore liberata nella sintesi di acqua liquida a partire dagli elementi. Infatti: la variazione di entalpia di una reazione ha lo stesso valore, con segno cambiato, di quella della reazione che avviene in senso opposto. Reazione esotermica ∆H < 0 Reazione endotermica ∆H > 0 H H reagenti prodotti calore ceduto calore assorbito prodotti reagenti tempo • tempo La legge di Hess: calcolo teorico del ∆H di una reazione Quando non è possibile determinare il calore di reazione (∆H) per via sperimentale, si ricorre al fatto che l’entalpia è una funzione di stato, cioè che le sue variazioni dipendono solo dallo stato del sistema. Quindi la variazione di entalpia, associata a una data reazione, può essere calcolata considerando solo lo stato iniziale e quello finale del sistema, indipendentemente dagli stati intermedi attraverso cui esso passa. Da tale proprietà discende la legge di Hess, secondo la quale: il ∆H di una reazione, che può essere espressa come somma algebrica di più reazioni, è dato dalla somma algebrica dei ∆H di queste reazioni. 4 In pratica, quando il ∆H di una reazione non è misurabile, si deve ricercare un gruppo di altre reazioni di cui sia noto o sia misurabile il ∆H, le quali, opportunamente combinate, diano un’equazione che parte dagli stessi reagenti e arriva agli stessi prodotti della reazione voluta. Se si vuole per esempio calcolare il ∆H della reazione: C(s) + 1/2 O2(g) CO(g) e sono noti i valori dei ∆H° delle seguenti reazioni: 1) C(s) + O2(g) ∆H°1 = -393,5 kJ · mol-1 CO2(g) 2) CO(g) + 1/2 O2(g) ∆H°2 = -283,0 kJ · mol-1 CO2(g) Sottraendo membro a membro le due equazioni si ricava: C(s) + O2(g) - CO(g) - 1/2 O2(g) CO2(g) - CO2(g) che, semplificata, dà C(s) + 1/2 O2(g) CO(g) Ossia la reazione di cui si vuole calcolare il ∆H. Pertanto, combinando nello stesso modo i relativi ∆H°, quello della reazione in questione è dato da: ∆H = ∆H°1 - ∆H°2 Ovvero in termini numerici: ∆H = -393,5 kJ · mol-1 – (-283,0 kJ · mol-1) = -110,5 kJ · mol-1 Che rappresenta il ∆H°f dell’ossido di carbonio CO. Più generalmente, la legge di Hess afferma che: il ∆H di una reazione si ottiene sommando al ∆H°f dei prodotti il ∆H°f dei reagenti, ciascuno moltiplicato per il proprio coefficiente stechiometrico: ∆H = Σ ∆H°f prodotti – Σ ∆H°f reagenti Proviamo a calcolare, utilizzando la legge di Hess, il ∆H della reazione: Cl2(g) + 2 HBr(g) 2 HCl(g) + Br2(l) Sapendo che i ∆H°f di HCl e di HBr sono rispettivamente –92,0 kJ · mol-1 e –36,4 kJ · mol-1. Ricordando che i ∆H°f degli elementi presenti nella reazione sono nulli, poiché si fa riferimento al cloro gassoso e al bromo liquido, cioè al loro stato nelle condizioni standard, si può scrivere: ∆H = 2 · (-92,0) + 0 - [0 + 2 · (-36,4)] = -111,2 kJ 5 • Entalpia e spontaneità L’esperienza quotidiana suggerisce che qualsiasi sistema tende spontaneamente ad andare da situazioni con elevato contenuto di energia potenziale (capacità di compiere lavoro associata alla posizione di un corpo) a situazioni più stabili, cioè con minore energia potenziale. Poiché l’energia potenziale di un composto chimico può essere identificata con il suo contenuto di entalpia, si potrebbe pensare che solo le reazioni esotermiche siano spontanee, dato che procedono da reagenti ad alto contenuto energetico verso prodotti con basso contenuto, come testimonia il calore liberato. In realtà si riscontrano molte eccezioni. La reazione: Hg(l) + 1/2 O2(g) HgO(s) ∆H = -90,8 kJ/mol Pur essendo esotermica, avviene spontaneamente solo a temperature elevate, mentre a temperatura ambiente non procede. Al contrario, alcune reazioni o processi endotermici avvengono spontaneamente. L’assorbimento di calore che si verifica quando alcune sostanze passano in soluzione è sfruttato per la preparazione di impacchi freddi istantanei (confezioni che contengono acqua e, separatamente, NH4NO3 solido). L’esistenza di reazioni endotermiche spontanee e di reazioni esotermiche che non procedono spontaneamente indica che lo sviluppo di calore non è una condizione sufficiente a determinare la spontaneità di una reazione. È necessario tener conto anche di un’altra grandezza: l’entropia. • L’entropia: la misura del disordine Quando si mescola un mazzo di carte è altamente improbabile che esse si dispongano secondo una sequenza prestabilita. È normale invece trovarle distribuite nel mazzo in modo del tutto casuale. Analogamente, è altamente probabile che un sistema formato da oggetti diversi si presenti in forma disordinata; inoltre tale probabilità aumenta con l’aumentare del numero di oggetti presenti. Gli stati di aggregazione della materia sono contraddistinti dall’ordine-disordine delle particelle. Si passa dallo stato altamente ordinato, tipico dei solidi, allo stato totalmente disordinato degli aeriformi. S solido liquido gas 6 La solubilizzazione di un composto comporta anch’essa un aumento del disordine del sistema (solvente + soluto) dato che le particelle del soluto, molecole o ioni che siano, passano dallo stato di ordine e immobilità rappresentato dal reticolo, al movimento e alla loro dispersione tra le molecole del solvente. La funzione termodinamica che misura il grado di disordine di un sistema, e quindi la probabilità della sua esistenza, è chiamata entropia, ed è indicata con S. L’entropia, che si esprime in J · K-1, venne introdotta da R. Clausius (1850) secondo un approccio diverso da quello probabilistico proposto successivamente da L. Boltzmann. La variazione di entropia di una reazione chimica dipende dalle trasformazioni che le molecole subiscono, oltre che dal grado di disordine relativo allo stato di aggregazione dei prodotti e dei reagenti. In una reazione chimica un aumento di entropia si verifica quando: - reagenti solidi o liquidi formano prodotti gassosi; il numero delle molecole dei prodotti è maggiore di quello dei reagenti. S La variazione di entropia di un sistema in una reazione è indicata con ∆S ed è uguale alla differenza tra la somma delle entropie dei prodotti e quella delle entropie dei reagenti: ∆S = Σ Sprodotti - Σ Sreagenti In base a tale definizione si può dire che: nelle reazioni o nei processi in cui l’entropia dei prodotti è maggiore di quella dei reagenti, si verifica un aumento di disordine del sistema e ∆S > 0, mentre quando l’entropia dei prodotti è minore di quella dei reagenti lo stato finale del sistema è meno disordinato di quello iniziale: ∆S < 0. Esempi: reazione ∆S (J · K-1) 1) 2 SO2(g) + O2(g) 2 SO3(g) -189,6 2) 2 H2(g) + O2(g) 2 H2O(g) -377,4 3) CaCO3(s) 4) 2 NaHCO3(s) CaO(s) + CO2(g) 160,8 Na2CO3(s) + H2O(g) + CO2(g) 7 334;1 Come si può vedere dai dati riportati, le prime due reazioni presentano ∆S < 0 e quindi una diminuzione del disordine. Infatti in entrambi i casi si produce una situazione più ordinata perché dalle tre molecole di reagenti di specie diversa si passa a due molecole uguali di prodotto. Le ultime due reazioni sono invece caratterizzate da ∆S > 0 perché avvengono con un aumento del disordine. Infatti da reagenti allo stato solido si passa a più prodotti, alcuni dei quali gassosi. Queste due reazioni, pertanto, dal punto di vista entropico, dovrebbero essere spontanee. In realtà a temperatura ambiente non sono spontanee, mentre lo divengono a temperature elevate. Dunque, né il solo fattore entalpico, né il solo fattore entropico consentono di prevedere se una reazione è spontanea. È necessario tener conto di entrambi, oltre che della temperatura a cui avviene la reazione. • Energia libera La spontaneità di una reazione o di un processo è misurata dalla variazione di una funzione termodinamica G, introdotta verso il 1880 da J. W. Gibbs, chiamata, in suo onore, energia libera di Gibbs. Il ∆G tiene conto contemporaneamente delle tre variabili ∆H, ∆S e T (espressa in K) secondo la relazione: ∆G = ∆H – T · ∆S Nei processi spontanei ∆G < 0, nei processi non spontanei ∆G > 0. Una situazione particolare si verifica quando ∆G = 0. Il sistema si trova in queste condizioni in uno stato di equilibrio in cui minime variazioni delle grandezze chimiche o fisiche possono rendere spontanee la formazione dei prodotti oppure la ricostituzione dei reagenti. Vediamo ora come influiscono sul segno e sul valore del ∆G i contributi del ∆H e del ∆S di una reazione, e della T alla quale si opera. 1) Reazione esotermica con aumento di disordine: ∆H < 0 e ∆S > 0 Poiché le temperature assolute sono sempre positive, i segni di ∆H e ∆S assicurano che ∆G < 0 a qualsiasi temperatura e che quindi la reazione è sempre spontanea. Consideriamo la combustione del propano: C3H8(g) + 5 O2(g) 3 CO2(g) + 4 H2O(g) La reazione è caratterizzata da: ∆H = -2251 kJ · mol-1; ∆S = 98,2 J · K-1 · mol-1. Nella reazione si libera calore (∆H < 0) ed essa comporta un aumento del disordine (∆S > 0), dato che il numero di molecole dei prodotti è maggiore di quello dei reattivi. Entrambi i fattori favoriscono la reazione, per cui a qualsiasi temperatura si avrà ∆G < 0: la reazione sarà sempre spontanea. 2) Reazione endotermica con diminuzione del disordine: ∆H > 0 e ∆S < 0 È il caso esattamente opposto a quello precedentemente descritto. Una reazione che assorba calore (∆H > 0) e proceda verso uno stato più ordinato di quello iniziale (∆S < 0) presenterà ∆G > 0 a qualsiasi temperatura: la reazione non avviene mai spontaneamente. Consideriamo la reazione opposta a quella di combustione del metano, cioè la produzione di metano e ossigeno a partire da acqua e anidride carbonica: CO2(g) + 2 H2O(g) CH4(g) + 2 O2(g) 8 Per essa si può calcolare: ∆H = 890 kJ · mol-1; ∆S = -243 J · K-1 · mol-1. Nella reazione si ha assorbimento di calore (∆H > 0) ed essa comporta una diminuzione del disordine (∆S < 0). Tutti e due i fattori non sono favorevoli alla spontaneità, per cui a qualsiasi temperatura si avrà ∆G > 0. La reazione non è mai spontanea. Infatti se ciò accadesse, cioè se si potesse produrre spontaneamente metano partendo da anidride carbonica e acqua, avremmo risolto il problema delle risorse energetiche! 3) Reazione esotermica con diminuzione del disordine: ∆H < 0 e ∆S < 0 È una possibilità che si verifica frequentemente nelle reazioni chimiche. Poiché il fattore entalpico (∆H < 0) è favorevole al procedere spontaneo della reazione e quello entropico (∆S < 0) vi si oppone, acquista importanza il valore della temperatura. Essa moltiplica il fattore entropico sfavorevole, pertanto alle basse temperature la reazione è spontanea e non lo è alle alte temperature. Ovviamente il significato di temperatura alta o bassa è relativo a ogni specifico processo in quanto è collegato ai valori del ∆H e del ∆S. C’è infatti un valore di temperatura: T = ∆H / ∆S al quale il senso della spontaneità del processo si inverte in funzione del valore dei contributi entalpici ed entropici. Se si considera, per esempio, la reazione di formazione del triossido di zolfo: SO2(g) + 1/2 O2(g) SO3(g) Essa presenta: ∆H = -98,3 kJ · mol-1; ∆S = -9,48 · 10-2 kJ · K-1 · mol-1. Pertanto la temperatura alla quale si verifica l’inversione del senso spontaneo della reazione è: T = -98,3 kJ · mol-1 / -9,48 · 10-2 kJ · K-1 · mol-1 = 1037 K Al di sotto di questa temperatura ∆G < 0, pertanto la reazione indicata avviene spontaneamente, mentre al di sopra è spontanea la reazione opposta. 4) Reazione endotermica con aumento di disordine: ∆H > 0 e ∆S > 0 Anche questo è un caso di reazione chimica che si presenta molto spesso. Poiché il fattore entalpico (∆H > 0) è sfavorevole alla spontaneità della reazione e quello entropico (∆S > 0) la favorisce, ancora una volta la temperatura è determinante: alle alte temperature la reazione è spontanea, mentre alle basse temperature non avviene. Anche in questo caso si può determinare la temperatura alla quale si ha l’inversione del comportamento del sistema con la formula: T = ∆H / ∆S. Si consideri la reazione: CaCO3(s) CaO(s) + CO2(g) che presenta: ∆H = 179,3 kJ · mol-1; ∆S = 1,608 · 10-1 kJ · K-1 · mol-1. La temperatura che indica inversione del comportamento è: T = 179,3 kJ · mol-1 / 1,608 · 10-1 kJ · K-1 · mol-1 = 1115 K Pertanto solo al di sopra dei 1115 K, ∆G < 0 e la decomposizione del carbonato di calcio è spontanea, mentre al di sotto di tale temperatura è spontanea la sua formazione a partire da CaO e CO2. 9 Dissoluzione in acqua Dissociazione ionica La dissociazione è il meccanismo di dissoluzione che riguarda i composti ionici (solidi ionici con reticoli cristallini). Le molecole fortemente polari di H2O disgregano il reticolo, vincendo le forze di attrazione elettrostatica tra gli ioni di segno opposto che lo formano. Si producono ioni idratati (solvatazione) che conservano la carica del rispettivo ione. Es: Na+Cl-(s) H2O Na+(aq) + Cl-(aq) Ionizzazione Coinvolge composti formati da molecole polari, l’H2O rompe i legami covalenti polari posti all’interno di ogni molecola, generando ioni che non esistevano come tali. Es: δ+ δHCl(g) + H2O(l) H3O+(aq) + Cl-(aq) ione ossonio Solubilizzazione Coinvolge i composti molecolari, l’H2O rompe i deboli legami che esistono fra le molecole (legami intermolecolari), liberando molecole intere, elettricamente neutre, che si disperdono in seno all’acqua. H2O Es: C12H22O11(s) C12H22O11(aq) (molecola idratata) Elettroliti Sono elettroliti tutte le sostanze che, disciolte in acqua, producono ioni positivi e ioni negativi, sia mediante ionizzazione, sia mediante dissociazione. Tutte le soluzioni elettrolitiche sono in grado di condurre la corrente elettrica. molecole dissociate Grado di dissociazione (α α) = , pertanto sono: molecole totali - elettroliti forti le sostanze completamente dissociate (α α = 1) elettroliti deboli le sostanze poco dissociate (α α < 1) Sono elettroliti gli acidi, le basi e i sali. I sali, in presenza di acqua, producono ioni positivi (cationi) e ioni negativi (anioni). H2O es: KBr(s) K+(aq) + Br-(aq) (NH4)3PO4(s) + H2O(l) 3 NH4+(aq) + PO43-(aq) 10 Teoria di Arrhenius (1887) Il chimico danese studiando la dissociazione ionica di sostanze diverse disciolte in acqua e confrontando la conducibilità elettrica delle soluzioni così ottenute, concluse che: sono acidi le sostanze che, sciolte in acqua liberano ioni H+ (protoni) es: H3O+(aq) + NO3-(aq) HNO3(s) + H2O(l) sono basi le sostanze che, sciolte in acqua, liberano ioni ossidrili OHes: KOH(s) H2O K+(aq) + OH-(aq) La teoria di Arrhenius non spiega il comportamento basico dell’ammoniaca (NH3). Teoria di Brönsted-Lowry (1923) Indipendentemente l’uno (danese) dall’altro (inglese), diedero una definizione più ampia di acido e di base: - è un acido una sostanza capace di cedere protoni (H+); - è una base una sostanza capace di acquistare protoni (H+). Pertanto con questa teoria il termine base non indica più soltanto le sostanze che contengono nella propria formula lo ione idrossido OH-. coppia coniugata NH4+ + OHacido base Es: NH3 + H2O base acido coppia coniugata coppia coniugata HCl + H2O acido base Cl- + H3O+ base acido coppia coniugata Non è possibile definire in assoluto una sostanza come acido o come base, ma questa deve essere definita solo relativamente ad un’altra sostanza, con la quale reagisce (vedi l’acqua nelle reazioni sopra rappresentate). 11 Teoria di G. N. Lewis (1926) Alcune sostanze, come BF3, sciolte in benzene o in tetracloruro di carbonio, fanno cambiare il colore del tornasole e danno delle reazioni caratteristiche degli acidi ma, non contenendo atomi di idrogeno, non possono, in base a nessuna delle precedenti teorie, essere considerate come acidi. La definizione più generale e più recente di acido e di base è stata formulata nel 1926 dallo statunitense Lewis considerando i legami che queste sostanze potevano formare quando reagivano. Secondo Lewis, le proprietà acide di una sostanza sono dovute alla sua disponibilità ad accettare una coppia di elettroni, formando un altro legame, mentre le specie che possiedono una o più coppie elettroniche non condivise presentano proprietà basiche. Pertanto: - un acido è una specie in grado di accettare una coppia di elettroni; - una base è una specie in grado di cedere una coppia di elettroni. La definizione di base secondo Lewis ripropone, sotto un altro aspetto, quanto era già stato affermato da Brönsted e Lowry. Infatti le sostanze che accettano protoni hanno una coppia elettronica disponibile, come l’acqua e l’ammoniaca. .. .. + H3O+ H2O : + H .. NH3 + H+ NH4+ In queste reazioni, acqua e ammoniaca si comportano come basi, sia secondo la definizione di Lewis, sia secondo quella di Brönsted e Lowry. La definizione di acido dato da Lewis consente di classificare come acidi, oltre allo ione H+, anche cationi, detti acidi di Lewis, in grado di formare legami dativi di coordinazione: .. + Ag + 2 NH3 Ag(NH3)2+ o elementi con ottetti incompleti o espandibili: .. – + BF3 + NH3 F3B – NH3 Delle teorie riportate, quella che si presenta più completa, perché è in grado di descrivere il comportamento di un grande numero di sostanze in ambienti molto diversi, è indubbiamente quella di Lewis. D’altra parte ciò è comprensibile perché essa punta l’attenzione sul meccanismo di formazione dei legami, situazione che si verifica in ogni reazione. Se però si limita il campo di studio al solvente di più largo impiego in grado di scambiare protoni, cioè l’acqua, la teoria di Brönsted e Lowry è adeguata a spiegare il comportamento di una vastissima gamma di composti. 12 Costante di equilibrio Quando l’intera massa dei reagenti si è trasformata nei prodotti, la reazione è completa (es: tutte le combustioni). Tali reazioni si dicono anche irreversibili. La maggior parte delle reazioni invece non vanno a compimento, sono incomplete, in uno stato di apparente equilibrio (accanto ai prodotti si trovano reagenti residui), sono reversibili. Una reazione reversibile può avvenire in entrambe le direzioni: sintesi H2(g) + I2(g) decomposizione sintesi = reazione diretta; V = velocità di reazione 2 HI(g) (1) decomposizione = reazione inversa T = tempo V reazione diretta reazione inversa T Lo stato di equilibrio del sistema è di tipo dinamico perché a livello microscopico le reazioni continuano alla stessa velocità. Legge dell’equilibrio chimico o dell’azione di massa (Guldberg e Waage, Norvegia 1865) A una data temperatura costante, il rapporto tra il prodotto delle concentrazioni molari (moli/litro) dei prodotti della reazione, elevate ciascuna al proprio coefficiente stechiometrico, e il prodotto delle concentrazioni molari dei reagenti, elevate anch’esse al proprio coefficiente stechiometrico, è costante. Es: a 425 °C per la reazione (1) [HI]2 Keq = = 54,40 [H2] ⋅ [I2] • • Una costante di equilibrio piccola (Keq < 1) significa che la reazione è spostata a sinistra. Una costante di equilibrio grande (Keq > 1) significa che la reazione è spostata a destra. 13 Principio di Le Chatelier Se un sistema all’equilibrio viene perturbato, esso reagisce in un modo da controbilanciare la causa della perturbazione. a) Effetto della variazione di concentrazione di una delle specie chimiche del sistema reattivo, senza variare la temperatura (reazione1): - sottraendo HI l’equilibrio si sposta a destra aggiungendo H2 oppure I2 l’equilibrio si sposta a destra aggiungendo HI l’equilibrio si sposta a sinistra non cambia la Keq b) Effetto della variazione di pressione o di volume nell’ambiente di reazione. Es: N2(g) + 3 H2(g) Keq = 2 NH3(g) ………..1 v. M. + 3 v. M [NH3]2 2 v.M. v. M. = volume molare [N2] ⋅ [H2]3 la reazione avviene spontaneamente con diminuzione di volume: - comprimendo l’equilibrio si sposta verso destra - decomprimendo l’equilibrio si sposta verso sinistra non cambia la Keq Se in una reazione non si ha variazione del volume, un cambiamento della pressione non influisce sull’equilibrio. c) Effetto della variazione di temperatura. endotermica Es: N2O4 2 NO2 ……… Keq = esotermica [NO2]2 [N2O4] • reazione endotermica - l’aumento della temperatura sposta l’equilibrio a destra la diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio a sinistra cambia la Keq • - reazione esotermica l’aumento della temperatura sposta l’equilibrio a sinistra la diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio a destra 14 Prodotto di solubilità (Kps) L’equilibrio a cui si giunge quando si pone in un solvente una quantità di sostanza maggiore di quella che vi si può disciogliere è detto equilibrio di solubilità. L’equilibrio di solubilità del AgCl (sale poco solubile in acqua) viene così rappresentato: AgCl(s) Keq = H2O Ag+(aq) + Cl-(aq) [Ag+(aq)] ⋅ [Cl-(aq)] per cui, dalla quale si ricava, [AgCl(s)] Keq ⋅ [AgCl(s)] = [Ag+(aq)] ⋅ [Cl-(aq)] Poiché la concentrazione del solido è costante, anche il termine Keq ⋅ [AgCl(s)] sarà costante, esso viene denominato prodotto di solubilità (Kps), pertanto: Kps = [Ag+(aq)] ⋅ [Cl-(aq)] Tutti i conposti ionici solidi hanno un proprio Kps che varia solo con la temperatura. Il prodoto di solubilità è un numero che rappresenta il prodotto delle concentrazioni degli ioni del composto in una soluzione satura, elevate ciascuna con il proprio coefficiente stechiometrico. Esempio: a 25 °C - Kps CaSO4 = 2,5 ⋅ 10-5 - Kps BaSO4 = 1,1 ⋅ 10-10 quindi, il CaSO4 è più solubile del BaSO4. Esercizi: 1) Il carbonato di stronzio (SrCO3), alla temperatura di 25 °C, ha Kps = 1,6 · 10-9. Determinare le moli di SrCO3 che si trovano disciolte in un litro di soluzione. Soluzione: Kps = [Sr2+] · [CO32-] = 1,6 · 10-9 mol = 1,6 · 10-9 = 16 · 10-10 = 4 · 10-5 15 2) Uno studente cerca di preparare alcune soluzioni con le seguenti concentrazioni ioniche: [Ca2+] = 10-3 M [Ag+] = 10-9 M [Cu2+] = 10-9 M [Cl-] = 10-3 M [OH-] = 10-2 M [SO42-] = 10-4 M Riferendoti alla tabella, prevedi se si formerà o no un precipitato di: a) CaSO4 b) Cu(OH)2 c) AgCl d) Ca(OH)2 a 25 °C Kps 2,5 · 10-5 1,1 · 10-10 4,8 · 10-9 1,8 · 10-10 1,3 · 10-6 1,6 · 10-19 sostanza CaSO4 BaSO4 CaCO3 AgCl Ca(OH)2 Cu(OH)2 Soluzione: a) CaSO4 = [Ca2+] · [SO42-] = [10-3] · [10-4] = 10-7 ………..NON si formerà un precipitato b) Cu(OH)2 = [Cu2+] · [OH-]2= [10-9] · [10-2]2 = 10-13 ..........SI formerà un precipitato c) AgCl = [Ag+] · [Cl-] = [10-9] · [10-3] = 10-12 ……………NON si formerà un precipitato d) Ca(OH)2 = [Ca2+] · [OH-]2= [10-3] · [10-2]2 = 10-7 ...........NON si formerà un precipitato 3) Calcolare la solubilità del fosfato d’argento, Ag3PO4, considerando che il prodotto di solubilità di questo sale in acqua a 25 °C è 8,88 · 10-17. L’elettrolita forte poco solubile Ag3PO4 si dissocia totalmente in acqua secondo la reazione: 3Ag+ + PO43- Ag3PO4 In una soluzione satura si instaura l’equilibrio di solubilità: 3Ag+ + PO43- Ag3PO4 (solido) Dalla prima reazione si evince che ogni mole di Ag3PO4 si dissocia in 3 moli di ioni Ag+ e una mole di ioni PO43- e che quindi in una soluzione satura di Ag3PO4 saranno: [Ag+] = 3s e [PO43-] = s Applicando al secondo equilibrio la legge di azione di massa e sostituendo queste due concentrazioni, si ha: Ks = [Ag+]3 [PO43-] = (3s)3 (s) = 27 s4 da cui: 4 s= 4 Ks/27 = 8,88 · 10-17/27 16 = 4,26 · 10-5 M Prodotto ionico dell’acqua (Kw) Se si misura la conducibilità elettrica dell’acqua pura con strumenti molto sensibili, si osserva che essa conduce la corrente elettrica, anche se in minima quantità. In effetti, secondo la teoria di Brönsted-Lowry, esiste un equilibrio tra le molecole: H3O+ + OHacido base H2O + H2O base acido Keq = [H3O+] · [OH-] [H2O] che a 25 °C presenta il seguente valore, = 3,25 · 10-18 2 La reazione è fortemente spostata a sinistra tanto da poter considerare la concentrazione dell’acqua costante. Essendo 18 la massa molare dell’acqua, la sua concentrazione molare è: 1000g/L = 55,5 mol/L pertanto, 18g/mol Keq · [H2O]2 = [H3O+] · [OH-] da cui Kw = Keq · [H2O]2 = 3,25 · 10-18 · (55,5)2 = 1,0 · 10-14 quindi, Kw = [H3O+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 oppure, Kw = [H+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 = prodotto ionico dell’acqua pertanto, nell’acqua pura: [H+] = [OH-] = 1,0 · 10-14 = 1,0 · 10-7 mol/L Il valore del prodotto ionico dell’acqua è costante a temperatura costante e resta tale in tutte le soluzioni acquose. Es: se la [H+] è 1,0 · 10-2 mol/L, quale sarà la concentrazione degli ioni OH-? [1.0 · 10-2] · [OH-] = 1,0 · 10-14 [OH-] = 1,0 · 10-14 1,0 · 10 -2 = 1,0 · 10-12 mol/L 17 Le costanti di acidità e basicità L’acido acetico in acqua ionizza in questo modo: CH3COO- + H3O+ per cui, CH3COOH + H2O Keq = [CH3COO-] · [H3O+] [CH3COOH] · [H2O] La concentrazione dell’acqua è costante, anche in questo caso può essere incorporata nella costante di equilibrio: Keq · [H2O] = Ka costante di dissociazione acida Ka = [CH3COO-] · [H3O+] [CH3COOH] = 1,8 · 10-5 ..........a 25 °C, l’acido acetico è poco dissociato, la reazione è spostata a sinistra. L’acido cloridrico in acqua ionizza in questo modo: H3O+ + Cl- per cui a 25 °C, HCl + H2O Ka = [H3O+] · [Cl-] = 1,0 · 107 [HCl] l’acido cloridrico è molto dissociato, la reazione è spostata nettamente a destra. L’ammoniaca in acqua ionizza in questo modo: NH4+ + OH- per cui, NH3 + H2O Keq = [NH4+] · [OH-] [NH3] · [H2O] La concentrazione dell’acqua è costante, anche in questo caso può essere incorporata nella costante di equilibrio: Keq · [H2O] = Kb costante di dissociazione basica Kb = [NH4+] · [OH-] [NH3] = 1,8 · 10-5 ........a 25 °C, la base è poco dissociata, la reazione è spostata a sinistra. L’idrossido di sodio in acqua ionizza in questo modo: NaOH + H2O OH- + Na (H2O)+ per cui a 25 °C, 18 [OH-] · [Na (H2O)+] Kb = [NaOH] = 5,0 · 100 la base è molto dissociata, la reazione è spostata destra. Il prodotto tra la costante acida e la costante basica di una coppia coniugata è uguale al prodotto ionico dell’acqua: Ka · Kb = Kw Esercizi: Calcola la Ka di NH4+, acido coniugato della base debole NH3, la cui Kb è uguale a 1,8 · 10-5. Ka · 1,8 · 10-5 = 1,0 · 10-14 Ka = 1,0 · 10-14 1,8 · 10-5 = 5,5 · 10-10 La Ka dell’HCN è 6,2 · 10-10. Calcola la Kb della base CN-. 6,2 · 10-10 · Kb = 1,0 · 10-14 Kb = 1,0 · 10-14 6,2 · 10 -10 = 1,6 · 10-5 Quanto più elevata è la costante di un acido o di una base, tanto maggiore sarà la loro dissociazione: un acido o una base, sono tanto più forti quanto più elevate sono le loro Ka o Kb. Per determinare la forza delle basi e degli acidi si può applicare alla costante di equilibrio K la scala logaritmica definendo: pK = - log K es: H2CO3 + H2O H3O+ + HCO3- La costante acida di prima ionizzazione dell’acido carbonico è: Ka = 4,5 · 10-7 pertanto, pKa = - log 4,5 – log 10-7 = - 0,65 + 7 = 6,35 (acido piuttosto debole) es: HNO2 + H2O H3O+ + NO2- La costante acida dell’acido nitroso è: Ka = 5,1 · 10-4 pertanto, pKa = - log 5,1 – log 10-4 = 0,71 + 4 = 3,29 ( acido medio forte) Il valore del pKa è tanto più elevato quanto più l’acido è debole (poco dissociato), come si può rilevare dal confronto tra H2CO3 e HNO2 . Le stesse considerazioni valgono per pKb. 19 Il pH Premessa In ogni soluzione acquosa sono sempre presenti ioni H+ e ioni OH- in concentrazioni tali da verificare il prodotto ionico dell’acqua [H3O+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 : - quando [H3O+] = [OH-] = 1,0 · 10-7 mol/L la soluzione è neutra; quando [H3O+] > [OH-] la soluzione è acida; quando [H3O+] < [OH-] la soluzione è basica. Una concentrazione degli ioni H3O+ espressa mediante le potenze negative di 10 è scomoda da usare, si preferisce ricorrere a una grandezza, il pH, che è definita come logaritmo negativo della concentrazione degli ioni H3O+: pH = - log [H3O+] pH 0 [H3O+] 1 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 10-11 10-12 13 14 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 10-8 10-9 10-10 [OH-] 10-14 10-13 10-12 10-11 10-10 10-9 10-8 10-7 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 1 5 4 3 2 1 0 pOH 14 13 12 11 10 9 8 7 6 10-13 10-14 pOH = - log [OH-] acidità crescente neutralità basicità crescente Pertanto, ne deriva che: pH + pOH = 14 Determinazione del pH, esercizi: • di acidi forti monoprotici - Calcolare il pH della soluzione ottenuta mescolando 10 mL di HCl 0,1 M con 250 mL di H2O distillata. In una soluzione acquosa di un acido forte, avente concentrazione Ca, alla concentrazione complessiva di ioni H3O+ contribuisce sia la ionizzazione dell’acqua che la ionizzazione completa dell’acido: HCl + H2O H3O+ + ClPoiché gli ioni H3O+ sono in soluzione l’unica specie chimica carica positivamente, mentre sono presenti due diverse specie cariche negativamente (Cl- e OH-), per l’irrinunciabile bilancio elettrico deve essere, indicando lo ione idronio in forma semplificata (H+): [H+] = [OH-] + [Cl-] Considerando che l’acido è completamente dissociato, risulta: 20 Ca = [Cl-] [H+] = [OH-] + Ca ovvero In genere, se Ca > 10-6 M, la [OH-] può essere trascurata rispetto a Ca, per cui si ha, passando ai cologaritmi: pH = - log [H+] = -log Ca La molarità è uguale alla normalità (N). V = volume. numero equivalenti H+ = N HCl · V HCl = 0,1 equivalenti · 0,010 L = 0,001 equivalenti di H+ Considerando che il volume finale è aumentato, in seguito al mescolamento, sino a 260 mL, si ha: [H+] = 0,001 equivalenti di H+/0,260 L = 0,00385 moli di H+/L pH = - log [H+] = - log 0,00385 = 2,4 - Determina il pH di una soluzione 0,001 M di HCl. [H3O+] = 10-3 mol/L ……………..pH = -log 10-3 = 3 [OH-] = 10-11 mol/L ……………pOH = -log 10-11= 11 • di basi forti monoprotiche - Determina il pH di una soluzione 0,001 M di KOH. [OH-] = 10-3 mol/L……………. pOH = -log 10-3 = 3 [H3O+] = 10-11 mol/L ……………..pH = -log 10-11 = 11 • di acidi deboli monoprotici [H3O+] = - Ka · Ca dove per Ca s’intende la concentrazione molare dell’acido Determina il pH di una soluzione 0,85 M di acido acetico (Ka = 1,8 · 10-5). [H3O+] = Ka · Ca = 1,8 · 10-5 · 0,85 = 1,53 · 10-5 = 15,3 · 10-6 = 3,91 · 10-3 pH = - log [H3O+] = - log [3,91 · 10-3] = - log 3,91 – log 10-3 = -0,59 + 3 = 2,41 • di basi deboli monoprotiche [OH-] = - Kb · Cb dove per Cb s’intende la concentrazione molare della base Determina il pH di una soluzione 0,55 M di ammoniaca (Kb = 1,8 · 10-5). [OH-] = Kb · Cb = 1,8 · 10-5 · 0,55 = 0,99 · 10-5 = 9,9 · 10-6 pOH = - log [OH-] = - log [3,15 · 10-3] = - log 3,15 – log 10-3 = -0,5 + 3 = 2,5 pH = 14 – pOH = 14 – 2,5 = 11,5 21 = 3,15 · 10-3 • di acidi poliprotici e di basi poliidrossiliche - Calcolare il pH di una soluzione acquosa di acido solforico 0,1 M, giustificando la scelta dell’equazione ritenuta più idonea (Ka1 = 102; Ka2 = 1,2 · 10-2). Dai valori delle Ka si evince che l’acido solforico è un acido forte nei riguardi della prima ionizzazione, che risulta pertanto completa: H3O+ + HSO4- H2SO4 + H2O mentre può essere considerato debole nei riguardi della seconda ionizzazione, per la quale si può scrivere: [H3O+] [SO42-] HSO4- + H2O H3O+ + SO42Ka2 = [HSO4-] Il successivo schema fornisce un quadro delle concentrazioni delle specie presenti in soluzione prima e dopo l’aggiunta dell’acido in acqua, trascurando la ionizzazione dell’acqua ed indicando con x la frazione di ioni HSO4- che ionizza secondo l’equilibrio precedente: specie: conc. Iniziale all’equilibrio HSO40 Ca – x H2SO4 Ca 0 SO420 x H+ 0 Ca + x Sostituendo questi valori nella costante di ionizzazione Ka2, si ottiene: Ka2 = [H3O+] [SO42-] - [HSO4 ] (Ca + x) x = = 0,012 Ca – x Trascurando x rispetto a Ca: [H3O+] = Ca = 0,1 M pH = - log [H3O+] = - log (0,1) = 1,00 Risolvendo invece l’equazione precedente rispetto ad x, si ha: x2 + (Ka2 + Ca) x – Ka2 Ca = 0 x= -(Ka2 + Ca) + (Ka2 + Ca)2 + 4 Ka2 Ca -(0,012 + 0,1) + (0,112)2 + 4 · 0,012 · 0,1 = 2 = 2 = 9,85 · 10-3 M, da cui: [H3O+] = Ca + x = 0,1 M + 9,85 · 10-3 M = 0,11 M pH = - log [H3O+] = -log (0,11) = 0,96 Il valore di [H3O+] calcolato operando la precedente semplificazione è circa il 9% inferiore a quello calcolato con l’equazione di secondo grado, per cui l’approssimazione effettuata non pare del tutto lecita. 22 Soluzioni tampone Premessa Nel sangue umano, il pH è 7,4 e tale valore non deve variare di ± 0,4; una variazione più ampia non permette la sopravvivenza. La stabilità del pH è dovuta a sistemi che si oppongono alle variazioni del pH, tali sistemi sono detti tamponi. Nel sangue, il sistema tampone è costituito principalmente dalla coppia acido carbonico, H2CO3, e ione idrogenocarbonato, HCO3-, cioè dall’associazione di un acido debole con il suo sale di una base forte. In generale, una soluzione tampone si basa sulla capacità che gli acidi deboli e le loro basi coniugate hanno di reagire con una base forte o con un acido forte. Una soluzione tampone molto comune è quella formata dall’acido acetico, CH3COOH, e da un suo sale, l’acetato di sodio, CH3COONa. L’acetato di sodio in acqua si dissocia completamente secondo la reazione: CH3COO-(aq) + Na+(aq) CH3COONa(s) + H2O(l) (1) L’acido acetico in acqua si ionizza generando il seguente equilibrio: CH3COO-(aq) + H3O+(aq) CH3COOH(l) + H2O(l) [CH3COO-(aq)] · [H3O+(aq)] Ka = = 1,8 · 10-5 [CH3COOH(l)] (2) l’acido acetico è poco ionizzato, la reazione è spostata a sinistra. Per il principio di Le Chatelier, gli ioni CH3COO-, provenienti dalla dissociazione ionica dell’acetato di sodio, spostano ulteriormente la reazione (2) a sinistra. Perciò, in soluzione ci sarà una concentrazione elevata di molecole indissociate di CH3COOH e una concentrazione altrettanto elevata di ioni CH3COO- (quest’ultima dovuta soprattutto alla dissociazione dell’acetato di sodio), mentre la concentrazione di ioni H3O+, provenienti dall’equilibrio (2) sarà piccola. Se si aggiungono a questa soluzione piccole quantità di HCl; in quanto acido forte, questo composto si ionizzerà completamente: H3O+(aq) + Cl-(aq) HCl(l) + H2O(l) [H3O+(aq)] · [Cl-(aq)] Ka = per cui, = 1,0 · 107 l’acido cloridrico è molto ionizzato, la reazione è spostata nettamente a destra. [HCl(l)] Gli ioni H3O+ liberati saranno “catturati” dagli ioni CH3COO-, si formerà altro acido acetico non ionizzato: CH3COO-(aq) + H3O+(aq) CH3COOH(l) + H2O(l) Pertanto, la quantità di ioni H3O+ nella soluzione varierà pochissimo e il pH rimarrà pressoché costante. 23 Se si aggiungono invece alla soluzione tampone piccole quantità di NaOH; in quanto base forte, questo composto si dissocerà completamente: OH-(aq) + Na+(aq) NaOH(s) + H2O(l) [OH-(aq)] · [Na+(aq)] = 5,0 · 100 Kb = [NaOH(s)] per cui, la base è molto dissociata, la reazione è spostata a destra. Gli ioni OH- liberati saranno “catturati” dalle molecole di CH3COOH, si formerà acqua secondo la reazione: CH3COOH(l) + OH-(aq) CH3COO-(aq) + H2O(l) Anche in questo caso il pH rimarrà pressoché invariato perché la quantità di ioni H3O+ varierà pochissimo. Dalla (2) si ricava che: [CH3COOH] [H3O ] + = Ka cioè, [CH3COO-] la concentrazione molare di H3O+ è proporzionale al rapporto tra la concentrazione molare dell’acido acetico indissociato e la concentrazione molare del suo ione acetato (apportato anche dall’acetato di sodio). Il pH di tale soluzione sarà: [CH3COOH] [CH3COOH] pH = - log Ka - log ovvero pH = pKa - log (3) [CH3COO ] [CH3COO ] [acido] Un sistema è un buon tampone se il rapporto ≅1 [base coniugata] Il pH di una soluzione tampone non varia al variare della concentrazione della soluzione stessa e dipende soltanto dal rapporto tra la concentrazione molare dell’acido debole e della sua base coniugata oppure della base debole e del suo acido coniugato. / Nel nostro caso cioè dal rapporto [CH3COOH] [CH3COO-]. Quando il valore di tale rapporto è uguale all’unità, dalla (3) risulta che pH = pKa . In definitiva, il pH di soluzioni tampone formate da un acido debole e dal suo sale con una base forte è dato da: [acido] pH = pKa – log [sale] ……quindi, pH = pKa + log [sale] [acido] 24 Esercizi: - Calcolare la variazione di pH conseguente all’aggiunta di 0,001 moli di HCl ad 1 litro di soluzione 0,01 M in acido acetico e 0,01 M in acetato di sodio. In una soluzione preparata miscelando in acqua l’acido debole CH3COOH in concentrazione Ca e la sua base coniugata in forma salina CH3COONa, in concentrazione Cs, si può trascurare senz’altro il contributo della dissociazione dell’acido alla concentrazione degli ioni CH3COO-, rispetto a quello della dissociazione completa del sale, per cui si può ragionevolmente considerare: Cs ≅ [CH3COO-] Inoltre, poiché la dissociazione di un acido debole è sempre piuttosto limitata, è lecito supporre: Ca ≅ [CH3COOH] Sostituendo entrambe queste uguaglianze nella costante di ionizzazione dell’acido, si ottiene: [CH3COOH] [H3O ] + = Ka Ca = Ka [CH3COO ] - Cs ovvero: pH = pKa + log Cs Ca Dato che la Ka dell’acido acetico è pari a 1,8 · 10-5, corrispondente ad un pKa di 4,75, prima di aggiungere HCl il pH della soluzione è dunque: pH = pKa + log(Cs/Ca) = 4,75 + log (0,01/0,01) = 4,75 Dopo l’aggiunta, essendo HCl un acido forte, tutti i protoni da esso liberati reagiscono con un equivalente numero di ioni CH3COO- facendo variare il numero di moli di queste specie secondo il seguente schema: specie CH3COOH CH3COOprima dell’aggiunta 0.01 0,01 dopo l’aggiunta 0,01 + 0,001 = 0,011 0,01 – 0,001 = 0,009 da cui: pH = pKa + log(Cs/Ca) = 4,75 + log (0,009/0,011) = 4,67 La piccola variazione di pH osservata mostra l’efficace potere tamponante di questa soluzione. - Calcolare il pH di una soluzione ottenuta mescolando 40 mL di una soluzione 0,25 M di acido formico e 10 mL di una soluzione 0,05 M di formiato di potassio. Il pKa dell’acido formico è 3,75. Determinazione della concentrazione molare delle due sostanze in 50 mL di soluzione: acido formico: 40 mL · 0,25 M = 50 mL · x M formiato di potassio: x M = 40 mL · 0,25 M /50 mL = 0,2 M (Ca) 10 mL · 0,05 M = 50 mL · x M x M = 10 mL · 0,05 M /50 mL = 0,01 M (Cs) Determinazione del pH della soluzione tampone: pH = pKa + log (Cs/Ca) = 3,75 + log (0,01 M/0,2 M) = 3,75 + log 0,05 = 3,75 – 1,3 = 2,45 25 - A 100 mL di soluzione 0,7 M di HNO2 (pKa = 4,4) vengono aggiunti 30 mL di soluzione 1 M di NaOH. Calcolare il pH di tale soluzione. Facendo reagire le due soluzioni, avviene la seguente reazione di neutralizzazione: NO2- + Na+ HNO2 + NaOH + H2O La situazione del numero di moli di ciascuna specie presente prima e dopo il mescolamento nella soluzione è la seguente: specie prima dopo HNO2 n acido=MV=(0,7) (0,1)= 0,07 n acido=0,07 – 0,03= 0,04 (Ca) NO2n sale = 0 n sale=0 + 0,03= 0,03 (Cs) OHn=MV=(1) (0,03)= 0,03 n=0,03 – 0,0 = 0 da cui: pH = pKa + log (Cs/Ca) = 4,4 + log (0,03/0,04) = 4,4 + log 0,75 = 4,4 – 0,12 = 4,28 Composti anfoteri Esistono alcuni composti che, in soluzione acquosa, si dimostrano capaci di comportarsi sia da acidi (neutralizzando una base), sia da basi (neutralizzando un acido). Questi composti vengono detti anfoteri. Esempio: se si fa reagire Al2(SO4)3 + 6 KOH 2 Al (OH)3 + 3 K2SO4 precipitato bianco …..aggiungendo un eccesso di KOH, Al (OH)3 + OHacido Al (OH)-4 …..aggiungendo invece un acido (H+) Al (OH)3 base + 3 H3O+ Al3+ + 6 H2O …………..pertanto, Al (OH)3 può neutralizzare sia le basi, sia gli acidi. 26 Idrolisi L’interazione fra sali e acqua viene detta idrolisi. • Idrolisi di sali provenienti da acidi forti e basi deboli: idrolisi acida, pH < 7. Esempio: cloruro d’ammonio NH4Cl(s) + H2O(l) NH4+(aq) + Cl-(aq) Lo ione NH4+ reagisce con l’acqua secondo la reazione d’equilibrio NH4+ + H2O NH3 + H3O+ la cui costante è Ka = 5,68 ⋅ 10-10 Per quanto riguarda invece la reazione di equilibrio Cl- + H2O HCl + OH- la costante di basicità è Kb = 1⋅ 10-21 Ka > Kb pertanto la soluzione di cloruro d’ammonio risulta acida. • Idrolisi di sali provenienti da acidi deboli e basi forti: idrolisi basica, pH > 7 Es: acetato di sodio CH3COONa(s) + H2O CH3COO-(aq) + Na+(aq) Lo ione CH3COO- reagisce con l’acqua: CH3COO- + H2O CH3COOH + OH- la cui costante di basicità Kb = 5,68 ⋅ 10-10 Per quanto riguarda la reazione di equilibrio Na+ + 2 H2O NaOH + H3O+ la costante di acidità è Ka = 2 ⋅ 10-15 Kb > di Ka pertanto la soluzione di acetato di sodio sarà basica. • Nelle soluzioni di sali da acido forte/base forte (es: NaCl) oppure da acido debole/base debole non si verificano equilibri capaci di alterare l’equilibrio di ionizzazione dell’acqua: le soluzioni hanno pH neutro. Neutralizzazione Secondo la teoria di Arrhenius, si può definire neutralizzazione la reazione tra un acido e una base, nella quale gli ioni H3O+ dell’acido reagiscono con gli ioni OH- della base dando H2O: H3O+ + OH2 H2O Quando un acido e una base reagiscono in quantità equivalenti*, si possono verificare situazioni differenti: • se un acido e una base sono di uguale forza, la soluzione sarà neutra; • se l’acido è forte e la base debole, la soluzione sarà acida; • se l’acido è debole e la base è forte, la soluzione sarà basica. 27 *Peso equivalente o grammo equivalente o massa equivalente (meq) 1) di un sale dissociato in ioni è data dal rapporto tra la massa molare (M) del sale e il numero di cariche unitarie positive che esso genera dissociandosi (valenza ionica): 2 Na+ + SO42- Na2SO4 meq Na2SO4 = M/2 = 142,05/2 = 71,02 g 2) di un acido è data dal rapporto tra la massa molare (M) dell’acido e il numero di ioni H+ che la sua molecola libera, dissociandosi in soluzione: HCl H+ + Cl- meq HCl = M/1 = 36,46 g H2SO4 2 H+ + SO42- meq H2SO4 = M/2 = 98,08/2 = 49,04 g 3) di un idrossido è pari al rapporto tra la sua massa molare (M) e il numero di ioni OH- che esso libera, dissociandosi in soluzione: Ca(OH)2 Ca2+ + 2 OH- meq Ca(OH)2 = M/2 = 74,01/2 = 37,005 g Normalità o soluzione normale La normalità (N) di una soluzione, è il numero di equivalenti contenuti in un litro di soluzione: - soluzione N di H2SO4 = 49,04 g in un litro; - soluzione N di HCl = 36,46 g in un litro; - soluzione N di NaOH = 40 g in un litro; - soluzione 2N di NaOH = 80 g in un litro. Esercizio: Calcolare il pH della soluzione ottenuta unendo 150 mL di HCl 0,1 M con 200 mL di KOH 0,2 M. a) b) HCl + KOH H+ + OH- K+ + Cl- + H+ + OHH2O Per entrambe le sostanze la molarità è uguale alla normalità (N). V = volume. numero equivalenti H+ = N HCl · V HCl = 0,1 equivalenti · 0,15 L = 0,015 equivalenti di H+ numero equivalenti OH- = N KOH · V KOH = 0,2 equivalenti · 0,2 L = 0,04 equivalenti di OHLo ione H+ essendo in difetto, viene completamente consumato nella reazione di neutralizzazione con OH- e resta in soluzione solo l’eccesso di OH-. Considerando che il volume finale è aumentato, in seguito al mescolamento, sino a 350 mL, si ha: concentrazione base (Cb) = (0,04 – 0,015) equivalenti di OH-/0,350 L = 0,0714 moli di OH-/L pH = pKw – pOH = 14 + log Cb = 14 + log (0,0714) = 14 – 1,15 = 12,85 28 Le reazioni di ossidoriduzione Nella moderna nomenclatura , al posto della valenza, si preferisce utilizzare il numero di ossidazione (n.o.) per indicare la carica che ogni atomo in una molecola o in uno ione poliatomico assumerebbe se gli elettroni di legame fossero assegnati all’atomo più elettronegativo. Esistono sei regole per assegnare il numero di ossidazione: 1. Allo stato elementare, tutti gli atomi hanno numero di ossidazione zero. Es: Zn H2 N2 P4 Cu O2 Fe S8 2. La somma dei numeri di ossidazione di tutti gli atomi di un composto deve essere uguale a zero (per le molecole neutre), uguale alla carica complessiva dello ione (nel caso di ioni poliatomici). +1 -2 +1 +6 -2 Es: H2O +6 –2 SO42- H2SO4 +5 -2 NO3- 3. Gli ioni monoatomici hanno n.o. uguale alla loro carica. -1 Es: +1 Cl- +2 Na+ +3 Ca2+ Al3+ +2 Fe2+ +3 Fe3+ 4. In un legame covalente, si attribuiscono formalmente i due elettroni di legame all’atomo più elettronegativo. +1 -1 Es: HCl +1 -1 HF -3 +1 NH3 5. In tutti i composti (tranne gli idruri metallici) l’H ha sempre n.o. +1. +1 -1 Es: NaH +2 -1 CaH2 6. In tutti i composti (tranne i perossidi e OF2) l’ossigeno ha sempre numero di ossidazione –2. +1 -1 Es: H2O2 +2 -1 OF2 Nelle reazioni di ossidazione il numero di ossidazione aumenta; nelle reazioni di riduzione il numero di ossidazione diminuisce. La reazione di ossidazione avviene quasi sempre con la perdita di uno o più elettroni, mentre la reazione di riduzione si verifica con l’acquisto di uno o più elettroni. ossidazione -5, -4, -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3, +4, +5, +6, +7 riduzione es: 0 0 2 Mg + O2 - due atomi di Mg perdono 2 e- ciascuno e si ossidano: due atomi di O acquistano 2 e- ciascuno e si riducono: +3 -2 +2 -2 Fe2O3 + 3 CO - +2 -2 2 MgO 0 - 4 e+ 4 e- +4 -2 2 Fe + 3 CO2 3 atomi di C perdono 2 e- ciascuno e si ossidano: 2 atomi di Fe acquistano 3 e- ciascuno e si riducono: 29 - 6 e+ 6 e- Bilanciamento delle reazioni redox - Scrivi la reazione bilanciata tra acido triossonitrico (V), HNO3, e solfuro di idrogeno, che produce S, monossido di azoto e H2O. a) reazione non bilanciata: +1+5-2 +1 -2 +2 -2 HNO3 + H2S 0 +1 -2 NO + S + H2O Gli elementi che variano il numero di ossidazione sono: +5 +2 -2 0 N + 3 e- N, riducendosi (red) e S - 2 e- S, ossidandosi (ox). b) poiché il numero di elettroni acquistati e perduti deve essere uguale…. HNO3 + H2S +5 NO + S + H2O +2 X2 N + 3 e- N +5 red ………………………che diviene: 2 N + 6 e- -2 X3 S -2 e- 0 S -2 ox …………….che diviene: 3 S -6 e- +2 2N 0 3S c) riporta i coefficienti così calcolati nella reazione data. 2 HNO3 + 3 H2S 2 NO + 3 S + H2O d) completa il bilanciamento per l’H2O. 2 HNO3 + 3 H2S 2 NO + 3 S + 4 H2O Elettrochimica Poniamo in becher separati una lamina di zinco, in: a) soluzione di HCl si nota che lo zinco passa in soluzione e si sviluppano bollicine di gas e calore… Zn - 2 e2 H+ + 2 ereazione complessiva: Zn + 2 H+ Zn2+ (ossidazione) H2 (riduzione) Zn2+ + H2 b) soluzione di CuSO4 si nota un deposito di rame metallico sullo zinco, mentre questo si consuma passando in soluzione; la soluzione originariamente azzurra si scolora e si osserva un lieve sviluppo di calore. 30 Zn - 2 e2+ Cu + 2 e- Zn2+ (ox) Cu (red) reazione complessiva: Zn + Cu2+ Zn2+ + Cu In questi due casi lo zinco ha dimostrato di possedere una maggiore capacità sia dell’idrogeno, sia del rame di perdere elettroni, cioè di ossidarsi. Questi esempi evidenziano che: - le rezioni redox sono spontanee, infatti sono sempre accompagnate da uno sviluppo più o meno evidente di calore. - alcuni ioni sono più abili di altri a catturare elettroni (tendenza alla riduzione). Celle elettrochimiche: le pile Lo spostamento di elettroni nelle reazioni di ossido-riduzione, è utilizzato per ottenere energia elettrica. Abbiamo visto che, se si immerge una lamina di zinco in una soluzione contenente ioni Cu2+, si verifica un trasferimento diretto di elettroni dallo zinco metallico agli ioni Cu2+, attraverso una reazione che si può considerare come la somma di due semireazioni, una di riduzione e una di ossidazione. Facendo svolgere le due semireazioni in due recipienti distinti, ma opportunamente collegati, gli elettroni liberati nel recipiente in cui avviene l’ossidazione, tenderanno a trasferirsi nel recipiente ove avviene la riduzione, generando un flusso di elettroni, cioè una corrente elettrica. I due sistemi metallo-soluzione, che corrispondono alle due semireazioni, sono chiamati semipile; il dispositivo complessivo è definito cella elettrochimica o pila. La pila Daniell Si basa sulla reazione tra zinco metallico e ioni Cu2+. Una semipila è formata da una soluzione M di ZnSO4 in cui è immersa una lamina di Zn, l’altra semipila è formata da una soluzione M di CuSO4 in cui è immersa una lamina di rame. Le due lamine metalliche (elettrodi) sono collegate da un filo conduttore. Galvanometro (amperometro) e- e- ZINCO – ANODO + 2 e- 2 e- ponte salino di KCl (aq) che chiude il circuito + Cu2+ Zn2+ Zn2+ Zn ZnSO4 M RAME CATODO Cu2+ Cu CuSO4 M In tutte le pile l’elettrodo su cui avviene la reazione di ossidazione viene denominato anodo ed è considerato l’elettrodo negativo, in quanto fornisce elettroni al circuito esterno; l’elettrodo su cui avviene la reazione di riduzione viene denominato catodo ed è considerato l’elettrodo positivo in quanto attira gli elettroni del circuito esterno. 31 I potenziali standard di riduzione L’intensità del flusso di elettroni, è tanto maggiore quanto più forte è la tendenza di una delle due semipile a catturare elettroni rispetto all’altra. Purtroppo, il valore assoluto di tale tendenza, definita potenziale di una singola pila, non è misurabile, mentre con un particolare strumento, detto potenziometro, è possibile misurare il valore relativo, cioè la differenza dei potenziali (d.d.p.) di due semipile. Come semipila di confronto, chiamata elettrodo di riferimento, è stato scelto l’elettrodo di idrogeno, al cui potenziale è stato assegnato per convenzione il valore zero. La semireazione è: 2 H+ + 2 e- H2 Il confronto di vari elettrodi con quello dell’idrogeno, viene effettuato in condizioni standard (es: 25 °C, [ ] M), si determina così per ogni semireazione, il potenziale di riduzione standard (E°). L’elemento che ha potenziale maggiore si riduce; l’elemento che ha potenziale minore si ossida. Determinazione del potenziale di riduzione: equazione di Nernst A 25 °C è: E’ = E + 60 log [ox]/[R] E’ = potenziale di riduzione E = potenziale di riduzione standard [ox] = concentrazione dell’ossidante [R] = concentrazione del riducente L’equazione di Nernst consente di calcolare il potenziale di riduzione E’ di una coppia redox in funzione del rapporto fra le concentrazioni dell’ossidante ox e del riducente R, essendo noto E. Forza elettromotrice di una pila o potenziale di una pila E° semireazione di riduzione + E° semireazione di ossidazione es: riduzione: 2 Ag+ + 2 eossidazione: Cu - 2 e- Ag E° = + 0,80 V Cu2+ E° = - 0,34 V pertanto il potenziale standard della pila è: E° pila = 0,80 + (-0,34) = 0.46 V …..la f. e. m. si misura in volt (V). 32 Elettrolisi Le pile sono dispositivi in cui si produce energia elettrica mediante reazioni redox spontanee. Le celle elettrolitiche sono invece dispositivi in cui si svolge il processo inverso, cioè dispositivi in cui si spende energia elettrica per far avvenire reazioni redox non spontanee (elettrolisi). Una cella elettrolitica è costituita da un recipiente contenente l’elettrolita allo stato fuso, o in soluzione, in cui sono immersi due elettrodi. Questi vengono collegati ad un generatore di corrente continua. Nella cella elettrolitica l’elettrodo collegato al polo negativo del generatore viene denominato catodo, quello collegato al polo positivo viene denominato anodo. Quando i due elettrodi, collegati ai poli del generatore, vengono immersi nella soluzione, in questa si verifica una doppia migrazione degli ioni presenti nell’elettrolita. Gli ioni positivi, i cationi, vengono attratti dall’elettrodo negativo, il catodo, dove catturano elettroni e si riducono, contemporaneamente, gli ioni negativi, gli anioni, vengono attratti dall’elettrodo positivo, l’anodo, dove cedono elettroni e si ossidano. eanodo e+ - catodo Se si confrontano gli schemi di funzionamento di una pila e di una cella elettrolitica, si nota che in entrambi i casi, l’anodo è l’elettrodo in cui avviene la reazione di ossidazione e il catodo è l’elettrodo in cui avviene la reazione di riduzione. Invece, il segno dei due elettrodi è opposto. Infatti l’anodo è negativo nella pila, positivo nella cella elettrolitica; il catodo è positivo nella pila, negativo nella cella elettrolitica. Alcuni processi elettrolitici - elettrolisi dello ioduro di potassio: se si fonde lo KI, si rompono i legami tra gli ioni che costituiscono il solido, K+ e I-, che sono liberi di muoversi. Se si immergono nella massa fusa due elettrodi di grafite e li si collega ai poli di una batteria da 10 V, si ha l’elettrolisi del sale. Al catodo avviene la reazione di riduzione K+ + eK mentre all’anodo avviene la reazione di ossidazione 2 I- - 2 eI2 …. reazione globale 2 K+ + 2 I- 2 K + I2 . In definitiva, si ottengono potassio al catodo e iodio all’anodo. - elettrodeposizione: cromatura, zincatura, argentatura, doratura. 33 Le leggi quantitative dell’elettrolisi • Prima legge di Faraday La massa delle sostanze che si trasformano agli elettrodi è direttamente proporzionale alle quantità di carica elettrica che fluisce nella cella elettrolitica. • Seconda legge di Faraday In una cella elettrolitica, al passaggio di 96500 C (coulomb) di carica elettrica, ad entrambi gli elettrodi, si scarica una quantità di sostanza pari alla sua massa equivalente. 1 F (faraday) = 96500 C La seconda legge si può interpretare così: ogni semireazione redox che avviene in una cella elettrolitica, coinvolge un numero di elettroni diverso nei diversi casi. Per esempio nell’elettrolisi di KCl, CuCl2, FeCl3 allo stato fuso, il numero di elettroni richiesti per la scarica dei cationi cambia. KCl K+ CuCl2 FeCl3 + Cl- K+ + 1 e- K Cu2+ + 2 Cl- Cu2+ + 2 e- Cu Fe3+ + 3 Cl- Fe3+ + 3 e- Fe al catodo: La stessa quantità di carica (1 F) necessaria perché al catodo si depositi una mole di K, consentirà il deposito di ½ mole di Cu, e di 1/3 di mole di Fe. M Massa equivalente = numero di e- scambiati ……..1 F scarica una massa equivalente. 34 APPUNTI DI CHIMICA ORGANICA Premessa La chimica dei composti del carbonio viene chiamata chimica organica e le relative sostanze vengono chiamate composti organici. Ancora all’inizio del 1800 si riteneva che le sostanze proprie degli organismi viventi non potessero essere sintetizzate in laboratorio perché, per la loro formazione, si pensava fosse necessaria una misteriosa “forza vitale” che solo gli organismi possedevano. La corrente di pensiero che sosteneva questa concezione si chiamava vitalismo e uno dei suoi massimi rappresentanti, il chimico svedese Jöns Jacob Berzelius, coniò nel 1807 il termine “composti organici” per i composti del mondo vivente, mentre definì “composti inorganici “ quelli del mondo minerale, considerato privo di forza vitale. Il superamento della teoria del vitalismo e la nascita della chimica organica moderna risale al 1828. In quell’anno, il chimico tedesco Friedrich Wöhler, allievo di Berzelius, sintetizzò in laboratorio, riscaldando una soluzione di cianato d’ammonio, l’urea, una sostanza sintetizzata dal fegato negli organismi ureotelici, che comprendono anche l’uomo, ed eliminata con l’urina. NH4+ OCN- O=C NH2 NH2 Dopo la scoperta di Wöhler, i chimici sintetizzarono, in laboratorio, altri composti costituenti degli organismi viventi. Tutti questi composti avevano come caratteristica comune la presenza del carbonio nella loro composizione elementare. Pertanto, il termine “chimica organica” si riferisce alla chimica dei composti del carbonio. Oggi, la chimica organica comprende sia i composti naturali del carbonio che fanno parte del mondo vivente, sia sostanze completamente nuove, sintetizzate in laboratorio, tanto che, si conoscono circa 5 milioni di sostanze pure che contengono carbonio. Ibridazione del carbonio: teoria di Pauling Struttura elettronica del C: 6 C = 1s2 2s2 2p2 Con quattro e-, il guscio di valenza del C è pieno a metà. Gli atomi di C non hanno una forte tendenza ne a perdere tutti i loro e- di valenza e diventare C4+ ne una forte tendenza ad acquistare 4 e- e diventare C4-, preferiscono formare 4 legami covalenti condividendo con altri atomi gli enecessari per raggiungere la stabilità rappresentata dall’ottetto di Lewis. 35 Esempi: 1) legami semplici C — C e legami sostanzialmente omopolari C — H H H | | H — C — C — H etano | | H H 2) legami semplici polarizzati δCl δ|δ+ δCl — C — Cl tetracloruro di carbonio |δCl 3) legami covalenti multipli δ- δ+ δO=C=O anidride carbonica o diossido di carbonio δ+ δH—C≡N acido cianidrico Ibridazione sp3 del C (tetraedrica) 2p2 ● ● ● ● ● ● ● ● ● sp3 2s2 ● ● ● un e- 2s è promosso su un orbitale 2p l’orbitale 2s e i 3 orbitali 2p si mescolano per formare 4 orbitali ibridi sp3 equivalenti 1s2 ● ● ● ● ● ● Energia Esempio: metano CH4 H | C H H H C tetraedrico = 4 orbitali ibridi orientati ai vertici di un tetraedro con angoli di 109,5°. Nel metano ci sono 4 legami semplici C — H (sp3 — s) di tipo σ. L’ibridazione sp3 del C è tipica degli alcani. 36 Ibridazione sp2 del C (trigonale) 2p2 ● ● ● ● ● p ● ● ● ● sp2 2s2 ● ● ● un e- 2s è promosso su un orbitale 2p l’orbitale 2s e i 2 orbitali 2p si mescolano per formare 3 orbitali ibridi sp2 equivalenti, rimane un orbitale p 1s2 ● ● ● ● ● ● Energia Esempio: etilene o etene C2H4 H H C=C H H C trigonale = 3 orbitali ibridi orientati ai vertici di un triangolo equilatero con angoli di 120° e sullo stesso piano. Nell’etene ci sono 4 legami semplici C — H (sp2 — s) di tipo σ e un doppio legame C = C (sp2 — sp2 e p — p) σ + π. La molecola dell’etene è planare. L’ibridazione sp2 del C è tipica degli alcheni. Ibridazione sp del C (lineare) 2p2 ● ● ● ● ● ● ● ● p ● sp 2s2 ● ● ● un e- 2s è promosso su un orbitale 2p l’orbitale 2s e i 1 orbitale 2p si mescolano per formare 2 orbitali ibridi sp equivalenti, rimangono 2 orbitali p 1s2 ● ● ● ● ● ● Energia Esempio: acetilene o etino C2H2 H—C≡C—H C lineare = 2 orbitali ibridi sulla stessa linea con angolo di 180°. Nell’etino ci sono 2 legami semplici C — H (sp — s) di tipo σ e un triplo legame C ≡ C (sp2 — sp2, p — p e p — p) σ + 2π. La molecola dell’etino è lineare. L’ibridazione sp del C è tipica degli alchini. 37 Isomeria Sono isomeri i composti con stessa formula molecolare o grezza, ma diversa formula di struttura: - isomeria conformazionale negli alcani e nei cicloalcani Gli isomeri conformazionali differiscono a seguito di una libera rotazione attorno al legame semplice carbonio-carbonio. In conseguenza di questa rotazione, sono possibili un numero infinito di strutture chiamate conformeri o rotameri: H H HH H H H H H H HH H H H HH H H H H H H H Nella molecola dell'etano è possibile immaginare due casi limite di sistemazione di un gruppo metilico rispetto all'altro gruppo metilico. Queste due conformazioni vengono indicate con il nome di conformazione eclissata e conformazione sfalsata. Per una questione di ingombro sterico e a causa della repulsione delle nuvole elettroniche dei legami C-H, la conformazione sfalsata è più stabile della conformazione eclissata. Nell'analisi conformazionale del cicloesano è possibile individuare il conformero più stabile detto a sedia che presenta un anello privo di tensioni torsionali in quanto tutti i legami sono sfalsati. Il conformero a barca è in rapido equilibrio con la conformazione a sedia perchè è meno stabile in quanto presenta nell’anello due legami eclissati. 38 - isomeria configurazionale o cis – trans nei cicloalcani I cicloalcani presentano un tipo di isomeria detta configurazionale o cis – trans. Con il termine configurazione di un atomo si intende la particolare posizione spaziale degli atomi o dei gruppi atomici che lo circondano. Isomeri cis – trans dell’ 1,2 – dibromociclopentano: il prefisso cis indica che i due sostituenti ( i due atomi di bromo) sono dalla stessa parte rispetto al piano dell’anello carbonioso; il prefisso trans indica che i due sostituenti sono da parti opposte rispetto al piano dell’anello carbonioso. Isomeria cis – trans dell’ 1,2 – dimetilciclopentano: - isomeria di struttura negli alcani Quando un idrocarburo ha un numero di atomi di carbonio uguale o maggiore di quattro si verifica il fenomeno dell’isomeria, cioè alla stessa formula molecolare corrispondono due o più composti che hanno struttura diversa. Isomeri di struttura del butano, C4H10: CH3 | CH3 – CH – CH3 CH3 – CH2 – CH2 – CH3 n – butano Isomeri di struttura del pentano, C5H12: CH3 – CH2 – CH2 – CH2 – CH3 2 – metilpropano o isobutano CH3 | CH3 – CH – CH2 – CH3 n – pentano 2 – metilbutano CH3 | CH3 – CH – CH3 | CH3 2,2 – dimetilpropano - isomeria di posizione: | | | | C – C – C – C – OH | | | | 1 – butanolo 39 | | | | C–C–C–C | | | | OH 2 – butanolo | C | | | C–C–C | | | OH 2 – metil – 2 – propanolo o alcool terz – butilico | | | | C – C – C – C – OH | | | | - isomeria di catena: 1- butanolo | | | | C – C – C – C – OH | | | | 1- butanolo - isomeria di gruppo funzionale: - | | | | C–C–O–C–C | | | | etere dietilico stereoisomeria geometrica cis – trans negli alcheni L’isomeria cis – trans negli alcheni dipende dalla rigidità del doppio legame che impedisce la rotazione degli atomi di carbonio coinvolti, i quali inoltre, devono legare entrambi due atomi o due gruppi diversi. Gli isomeri cis e trans sono costituiti da molecole che hanno gli stessi tipi di legami tra atomi, ma diversa disposizione nello spazio. L’isomero cis ha i gruppi simili dalla stessa parte, mentre l’isomero trans ha i gruppi dalla parte opposta rispetto all’asse del doppio legame. I due isomeri, cis e trans, hanno un diverso punto di fusione (i trans fondono sempre a temperatura più alta del cis) e di ebollizione, ma soprattutto una diversa polarità. Queste differenze consentono di separare e identificare l’isomero cis dal trans. L’isomero trans, essendo maggiormente simmetrico, è meno polare del cis o del tutto apolare. Isomeri cis e trans dell’acido butendioico: HOOC COOH H C= C H COOH C=C H acido maleico (tossico) cis – butendioico HOOC H acido fumarico (intermedio del ciclo di Krebs) trans – butendioico L’acido cis butendioico o acido maleico fonde a 130 °C; è di sapore sgradevole e tossico; molto solubile in acqua è più forte dell’acido fumarico. Non è mai stato isolato da prodotti naturali: è però facilmente preparato per idrolisi della sua anidride (a sua volta ottenuta per ossidazione del benzene). È impiegato nell’industria tessile come colorante, nell’industria delle materie plastiche e in molte sintesi organiche. L’acido trans butendioico o acido fumarico sublima a 200 °C, fonde a 287 °C ed è un composto intermedio del ciclo di Krebs o ciclo dell’acido citrico, pertanto, è essenziale nella respirazione cellulare. Industrialmente viene ottenuto per isomerizzazione dell’acido maleico oppure per fermentazione ossidativa o fumarica dei carboidrati. Trova impiego nell’industria alimentare come sostituto dell’acido tartarico o dell’acido citrico e come antiossidante. 40 Isomeria ottica o enantiomeria Osserva le tue due mani accostate. Apparentemente ti sembrano uguali, in realtà esse godono di una proprietà particolarissima. Quando provi a sovrapporle a palmi entrambi volti verso il basso o entrambi volti verso l’alto, le dita non coincidono. Prova ora a porre davanti a uno specchio la tua mano destra, col palmo rivolto allo specchio: quest’ultimo riflette esattamente l’immagine del palmo della tua mano sinistra. Ne puoi dedurre che ogni mano non è sovrapponibile alla sua immagine speculare. Tutte le strutture che godono di questa proprietà si dicono chirali. In chimica sono chirali le molecole che presentano un carbonio chinale*. Un carbonio è chirale quando è legato a quattro atomi o gruppi atomici diversi. La presenza in una molecola di un carbonio chirale le conferisce la proprietà del tutto particolare di esistere in due isomeri diversi pur avendo la stessa formula di struttura. I due isomeri differiscono per la disposizione nello spazio degli atomi o dei gruppi atomici legati all’atomo di carbonio chirale e risultano uno l’immagine speculare dell’altro. Si definiscono enantiomeri o antipodi ottici gli isomeri a immagine speculare, tali che le loro strutture spaziali non sono comunque sovrapponibili. X X | | C* C* H Y Y H Z Z H O H C H C* O C OH CH2OH D (+) gliceraldeide HO C* H CH2OH L (-) gliceraldeide Gli enantiomeri sono sostanze otticamente attive perché hanno comportamento opposto nei confronti della luce polarizzata, vengono chiamati pertanto isomeri ottici o antipodi ottici. L’isomero D (+) della gliceraldeide fa ruotare il piano di vibrazione della luce polarizzata verso destra. Esso ha potere rotatorio destrogiro, indicato col segno (+) o con la lettera D. L’isomero L (-), invece, fa ruotare il piano di vibrazione della luce polarizzata dello stesso angolo, ma verso sinistra. Esso ha quindi potere rotatorio levogiro, indicato col segno (-) o con la lettera L. Una miscela in parti uguali di due enantiomeri è otticamente inattiva e si definisce racemo. Gli enantiomeri hanno le stesse proprietà chimiche, salvo che nei confronti dei reagenti otticamente attivi, rispetto ai quali manifestano velocità di reazione diverse. 41 I composti organici Idrocarburi • Alcani Gli alcani sono idrocarburi alifatici saturi con formula generale CnH2n+2, ciascun atomo di carbonio ha quattro orbitali ibridati sp3. Il primo della serie omologa è il metano, CH4. Formula di struttura e modellino molecolare: ibridazione del C sp3, forma tetraedrica, angoli di legame di 109,5°, quattro legami semplici di tipo σ. Modo di rappresentare gli idrocarburi Esempio: propano C3H8 formula bruta o molecolare H H H | | | H–C–C–C–H | | | H H H CH3 – CH2 – CH3 CH3CH2CH3 formula di struttura formula razionale formula compatta formula minima internazionale (gli atomi di H sono sottintesi, gli atoni di C sono rappresentati dalle estremità di ogni singolo segmento) modello a spazio pieno modello a sfere e bastoncini 42 Nomenclatura degli alcani Per i primi quattro della serie si usano i nomi tradizionali, mentre dall’alcano con cinque atomi di carbonio in poi si ricorre ai nomi sistematici attribuiti dalla IUPAC, secondo cui: il nome di un alcano si ricava dal prefisso greco che indica il numero di atomi di carbonio presenti nell’idrocarburo, seguito dal suffisso –ano. CH4 metano CH3 – CH2 – CH3 propano CH3 – (CH2)3 – CH3 pentano CH3 – (CH2)5 – CH3 eptano CH3 – (CH2)7 – CH3 nonano CH3 – (CH2)9 – CH3 undecano CH3 – (CH2)11 – CH3 tridecano CH3 – (CH2)13 – CH3 pentadecano CH3 – (CH2)15 – CH3 eptadecano CH3 – (CH2)17 – CH3 nonadecano CH3 – CH3 etano CH3 – (CH2)2 – CH3 CH3 – (CH2)4 – CH3 CH3 – (CH2)6 – CH3 CH3 – (CH2)8 – CH3 CH3 – (CH2)10 – CH3 CH3 – (CH2)12 – CH3 CH3 – (CH2)14 – CH3 CH3 – (CH2)16 – CH3 CH3 – (CH2)18 – CH3 butano esano ottano decano dodecano tetradecano esadecano o cetano ottadecano eicosano Per gli isomeri di struttura più semplici si ricorre al prefisso n- (normal) e iso- per indicare rispettivamente catene lineari o ramificate. CH3 | CH3 – CH – CH3 CH3 – CH2 – CH2 – CH3 n – butano isobutano (2-metilpropano) L’uso di questi prefissi nel caso di idrocarburi con cinque o più atomi di carbonio non è però sufficiente per indicare tutte le loro possibili disposizioni, perciò la IUPAC ha fissato le regole per l’attribuzione del nome a un qualsiasi alcano, indipendentemente dalla sua complessità. I nomi e le formule dei più comuni radicali alchilici sono: metile – CH3 etile – CH2 – CH3 n-propile – CH2 – CH2 – CH3 sec-propile (isopropile) – CH – CH3 | CH3 sec-butile CH3 – CH – CH2 – CH3 | CH3 | CH3 – C – CH3 | n-butile – CH2 – CH2 – CH2 – CH3 isobutile – CH2 – CH – CH3 | CH3 isopentile – CH2 – CH – CH2 – CH3 (isoamile) | CH3 I radicali alchilici prendono il nome dall’alcano corrispondente sostituendo al suffisso –ano la desinenza –ile. terz-butile Per esempio, per determinare il nome IUPAC di un composto si procede nel modo seguente: 1. Si individua la catena principale, cioè quella costituita dal maggior numero di atomi di carbonio disposti in sequenza (può anche essere spezzata). 43 2. Si individuano i radicali alchilici legati alla catena principale. 3. Si numerano gli atomi di carbonio della catena principale in modo da attribuire a quelli cui sono legati i radicali alchilici i numeri più bassi possibile. catena principale CH2 – CH3 | CH3 – CH2 – CH2 – CH2 – CH – CH – CH2 – CH3 8 7 6 5 4 3| 2 1 CH3 radicali alchilici 4. Il nome del composto considerato si ottiene indicando il numero della posizione e il nome dei radicali alchilici e ponendo alla fine il nome dell’alcano della catena principale. 5. I radicali alchilici sono indicati per ordine alfabetico, se nella catena sono presenti più radicali alchilici uguali se ne indica il numero con un prefisso (di-, tri-, tetra-, penta- ecc.). il nome del composto considerato è 4-etil-3-metilottano. 6. Nei composti in cui sono legati alla catena principale atomi o gruppi di atomi diversi dai radicali alchilici, per esempio alogeni, si ricorre alle stesse regole di numerazione CH3 | CH3 – C – CH2 – CH2 – CH3 | Cl 2-cloro-2-metilpentano • Cicloalcani I cicloalcani sono idrocarburi alifatici saturi in forma ciclica con formula generale CnH2n, ciascun atomo di carbonio ha quattro orbitali ibridati sp3. I loro nomi si ottengono facendo precedere dal prefisso ciclo- il nome dell’alcano a catena aperta corrispondente. Modellino molecolare del ciclopentano, C5H10: forma a struttura quasi planare, angoli di legame di 108°, legami semplici di tipo σ. 44 • Alcheni Gli alcheni sono idrocarburi alifatici insaturi con formula generale CnH2n quando è presente un solo doppio legame. Ciascun atomo di carbonio coinvolto nel doppio legame è ibridato sp2. Il primo della serie omologa è l’etene o etilene, C2H4. Modellino molecolare: ibridazione del C sp2, forma trigonale-planare, angoli di legame di 120°, doppio legame C = C (σ + π) e quattro legami semplici C – H di tipo σ. I nomi degli alcheni derivano da quelli degli alcani corrispondenti per sostituzione del suffisso –ano con il suffisso –ene. Nel nome deve essere inoltre indicata la posizione nella catena del primo carbonio che forma il doppio legame assegnando a questa il numero più basso possibile: propene o propilene CH2 = CH – CH3 Radicali: dall’etene CH2=CH2 si ricava l’etenile CH2=CH― chiamato comunemente vinile; dal propene si ricava il 2-propenile CH2=CH―CH2― chiamato comunemente allile. Isomeri del butene: CH2 = CH – CH2 – CH3 1 – butene CH3 – CH = CH – CH3 2-butene Il 2-butene, inoltre, può presentarsi in due forme stereoisomere a seconda di come sono disposti i gruppi sostituenti rispetto al doppio legame: cis-2-butene trans-2-butene Gli stereoisomeri di alcheni sostituiti asimmetricamente sul doppio legame vengono in generale indicati con i prefissi E e Z, che fanno riferimento alle seguenti regole di priorità: - più alto è il numero atomico dell’atomo legato al carbonio del doppio legame, più alta è la sua priorità (Br > Cl > O > N > C > H); - se due atomi connessi al carbonio del doppio legame hanno la stessa priorità, si prosegue lungo la catena dei gruppi sostituenti fino al punto in cui la priorità dei due gruppi differisce; - quando nei gruppi sostituenti sono presenti legami multipli, i legami doppi vengono scritti come due legami singoli e i tripli come tre legami singoli per ciascuno dei due atomi coinvolti. Se i gruppi a più alta priorità si trovano dalla stessa parte rispetto al doppio legame, il nome del composto è preceduto dalla lettera Z, in caso contrario si antepone la lettera E. 45 1 H 3 4 2 1 Cl C=C H3C 4 H3C CH3 2 3 C=C H (E)-2-cloro-2-butene Cl CH3 (Z)-2-cloro-2-butene 1 H3C 5 4 H3C – H2C 3 2 C=C CH3 H3C 5 H (E)-3-metil-2-pentene H3C – H2C 3 2 C=C 4 H 1 CH3 (Z)-3-metil-2-pentene Considerando il composto di sinistra, vediamo che nel carbonio a destra del doppio legame il gruppo con maggior priorità è il –Cl, mentre nel carbonio a sinistra è il CH3: poiché si trovano in posizione opposta al doppio legame la denominazione sarà E. Nel caso di destra, invece, i due gruppi a priorità maggiore (–Cl e –CH3) si trovano dalla stessa parte rispetto al doppio legame, per cui la denominazione sarà Z. Gli isomeri cis o (Z) presentano interazioni molecolari più intense rispetto ai corrispondenti isomeri trans o (E) e hanno pertanto punti di ebollizione più alti. I dieni sono un gruppo di idrocarburi insaturi caratterizzati dalla presenza nella loro molecola di due doppi legami. I loro nomi si ottengono da quello dell’alcano corrispondente, premettendo i numeri che indicano le posizioni dei doppi legami e utilizzando il suffisso –diene. CH2 = CH – CH = CH – CH3 1,3-pentadiene 1,3-ciclopentadiene Gli alcheni contenenti più di due doppi legami vengono generalmente chiamati polieni. CH2 = CH – CH = CH – CH = CH – CH3 1,3,5-eptatriene • Alchini Gli alchini sono idrocarburi alifatici insaturi con formula generale CnH2n - 2 quando è presente un solo triplo legame. Ciascun atomo di carbonio coinvolto nel doppio legame è ibridato sp. Il primo della serie omologa è l’etino o acetilene, C2H2. Modellino molecolare dell’etino o acetilene: ibridazione del C sp, forma lineare , angoli di legame di 180°, triplo legame C ≡ C (σ + 2π) e due legami semplici C – H di tipo σ. Secondo le regole IUPAC i nomi degli alchini derivano da quelli degli alcani corrispondenti per sostituzione del suffisso –ano con il suffisso –ino. 46 CH ≡ C – CH3 propino CH ≡ C – CH2 – CH3 1-butino CH3 – C ≡ C – CH3 2-butino CH3 – C ≡ C – CH2 – CH3 2-pentino cicloottino • Aromatici Il principale esponente degli idrocarburi aromatici è il benzene, C6H6. Nel 1865 il chimico tedesco August Kekulè propose per il benzene una formula di struttura ciclica a sei atomi di carbonio uniti mediante legami singoli e doppi alternati, che si avvicendano continuamente l’uno con l’altro, secondo l’equilibrio: Benzene: forme limite di risonanza di Kekulè La struttura del benzene viene attualmente spiegata in termini di orbitali, ammettendo per ciascun carbonio un’ibridazione di tipo sp2 speciale, dove gli orbitali 2p non ibridi si sovrappongono sopra e sotto il piano dell’anello carbonioso tanto da formare una caratteristica nube elettronica a doppia ciambella (delocalizzazione). La forma esagonale della molecola e la delocalizzazione dei 6 elettroni 2p del benzene è confermata dai dati sperimentali che evidenziano la presenza di 6 legami C–C identici, di lunghezza intermedia (1,40 Å) fra quella di un legame singolo (1,54 Å) e quella di un doppio legame (1,33 Å), e l’assenza di tre doppi legami C=C. 47 Pertanto, la rappresentazione del benzene e del radicale fenile, −− C6H5, che tiene conto della delocalizzazione dei 6 elettroni 2p è la seguente: Nomenclatura degli aromatici I derivati del benzene sono gli idrocarburi aromatici o areni. Questi composti hanno nomi comuni, accettati molto spesso dalla IUPAC, in alternativa, per i benzeni monosostituiti viene indicato il nome del gruppo sostituente seguito da –benzene: Toluene o metilbenzene stirene o vinilbenzene clorobenzene fenolo nitrobenzene Per i derivati disostituiti è necessario precisare le posizioni reciproche dei gruppi legati all’anello, indicando con un numero la posizione degli atomi di carbonio, o ricorrendo ai prefissi orto- (o-), meta- (m-) e para- (p-). Se sono presenti più di due sostituenti si ricorre alla numerazione. o-xilene (1,2-dimetilbenzene) m-xilene (1,3-dimetilbenzene) 1-metil-3-nitrobenzene (m-metilnitrobenzene) p-xilene (1,4-dimetilbenzene) 1-cloro-4-nitrobenzene (p-cloronitrobenzene) 48 Gli areni costituiti da anelli che hanno un lato in comune sono detti idrocarburi aromatici policiclici, hanno nomi comuni accettati dalla IUPAC. naftalene o naftalina antracene fenantrene pirene benzo(a)pirene o 3,4-benzopirene Il 3,4-benzopirene è una sostanza cancerogena presente nel fumo di sigaretta. Gli areni, come tutti gli idrocarburi, sono insolubili in acqua e solubili in solventi apolari, come il tetracloruro di carbonio. Il benzene viene utilizzato nella preparazione dei coloranti, resine sintetiche, materie plastiche, prodotti farmaceutici, detersivi e insetticidi. È molto tossico e l’esposizione a dosi elevate dei suoi vapori può provocare anemia, leucemia e danni genetici. Per questo motivo nell’uso come solvente è sostituito dal toluene e dagli xileni, la cui tossicità è inferiore. Il benzene è presente anche nelle benzine e costituisce, pertanto, un pericoloso inquinante atmosferico. Un derivato del benzene è l’acido acetilsalicilico o aspirina (estere dell’acido salicilico con acido acetico, di formula C9H8O4). Il toluene è utilizzato per la produzione degli esplosivi come il trinitrotoluene (TNT). Gli xileni sono utilizzati per la produzione di polimeri e di fibre sintetiche. I composti aromatici attualmente non comprendono solo idrocarburi o anelli a 6 atomi, ma anche anelli a 5 o 7 atomi, di cui possono far parte atomi diversi dal carbonio. furano pirrolo 49 piridina Gruppi funzionali Un gruppo funzionale è un gruppo di atomi che conferisce alla molecola un comportamento chimico caratteristico. Composti caratterizzati dalla presenza nelle loro molecole di uno stesso gruppo funzionale formano una classe. • Alogenuri alchilici Gli alogenuri alchilici sono idrocarburi in cui uno o più atomi di idrogeno sono sostituiti da altrettanti atomi di alogeni, che ne rappresentano il gruppo funzionale. CH3Cl clorometano (cloruro di metile) CH2BrCH2CH3 CH3CHBrCH3 1-bromopropano (bromuro di propile) 2-bromopropano (bromuro di isopropile) CH2=CHCl cloruro di vinile I CFC o clorofluorocarburi, commercialmente noti come Freon, sono derivanti dal metano e dall'etano per sostituzione degli atomi di idrogeno con atomi di cloro, fluoro, bromo. Sono usati come propellenti nelle bombolette spray e come sostanze criogene per impianti frigoriferi; dal 1987 ne è stato limitato l’uso (in particolare quelli contenenti cloro) a causa della loro interazione con l’ozono atmosferico. • Alcoli Gli alcoli sono derivati dagli idrocarburi per sostituzione di un atomo di idrogeno con il gruppo ossidrile –OH. L’atomo di carbonio su cui è legato il gruppo ossidrile deve essere ibridato sp3. La nomenclatura IUPAC degli alcoli si ottiene sostituendo la lettera finale dell’idrocarburo corrispondente con il suffisso –olo e indicando la posizione numerica più bassa possibile del carbonio al quale è legato il gruppo ossidrilico. CH3OH metanolo (alcol metilico) CH3CH2OH etanolo (alcol etilico) CH3CH2CH2OH 1-propanolo (alcol n-propilico) CH3CHOHCH3 2-propanolo (alcol isopropilico) cicloesanolo Gli alcoli possono essere primari, secondari o terziari a seconda del carbonio (primario, secondario o terziario) a cui è legato l’ossidrile (con R si intende un radicale alifatico o aromatico). R R | | R – CH2 – OH R – CH – OH R – C – OH | R alcol primario CH3CH2CH2CH2OH 1-butanolo (alcol n-butilico) alcol secondario alcol terziario CH3CH2CHCH3 | OH 2-butanolo (alcol sec-butilico) 50 CH3 | CH3C – OH | CH3 2-metil-2-propanolo (alcol ter-butilico) Gli alcoli possono essere monovalenti (etanolo), bivalenti (glicol etilenico), trivalenti (glicerolo) ecc., a seconda del numero di ossidrili presenti nella catena idrocarburica. CH2 - OH | CH2 – CH2 CH – OH CH3CH2 – OH | | | OH OH CH2 – OH etanolo 1,2-etandiolo (glicol etilenico) 1,2,3-propantriolo (glicerina o glicerolo) Alcoli più comuni Il metanolo è un liquido incolore, velenoso e miscibile con l’acqua; viene utilizzato come additivo per le benzine, per la sintesi della formaldeide e del dimetiltereftalato, composto base per ottenere il polimero PET (polietilentereftalato). L’etanolo è un liquido incolore molto volatile e infiammabile; viene prodotto industrialmente per idratazione dell’etilene oppure per fermentazione alcolica degli zuccheri attuata da lieviti o funghi unicellulari. Soltanto quest’ultimo può essere avviato al consumo alimentare (vino, birra e distillati alcolici). Viene impiegato anche come solvente, combustibile e carburante. Il glicol etilenico è un diolo che si scioglie in acqua e di questa ne determina l’abbassamento crioscopico; per questa sua proprietà viene impiegato come antigelo nei circuiti di raffreddamento delle automobili. Viene impiegato anche per la sintesi di polimeri. La glicerina o glicerolo è un triolo che si ottiene a partire dal propene oppure nel processo di saponificazione dei trigliceridi. Viene utilizzata nell’industria dei cosmetici e per preparare esplosivi (nitroglicerina o trinitroglicerina). • Fenoli I fenoli sono composti che contengono un gruppo –OH legato direttamente a un anello aromatico. Sono liquidi incolori o solidi a basso punto di fusione, si scuriscono all’aria perché si ossidano facilmente. fenolo 2-metilfenolo (o-cresolo) 1,4-benzendiolo (idrochinone) Il fenolo viene prodotto per ossidazione del toluene. In natura i fenoli sono molto diffusi nelle piante. L’odore della vaniglia e dei chiodi di garofano è dovuto ai composti fenolici vanilina e eugenolo. Alcuni fenoli trovano applicazione nell’industria alimentare come antiossidanti. Il butilidrossianisolo (BHA o E 320) viene impiegato a tale scopo per le patatine fritte confezionate e nelle gomme da masticare. 51 vanilina eugenolo butilidrossianisolo (BHA) I composti analoghi agli alcoli che al posto del gruppo ossidrilico – OH hanno il gruppo solfidrilico – SH (detto anche gruppo tiolico o mercaptanico) si chiamano tioalcoli o tioli o mercaptani. Caratteristica comune a quasi tutti i mercaptani è di possedere un intenso odore sgradevole. In particolare l'etantiolo viene aggiunto, in piccole quantità, al gas naturale per rilevarne la presenza in caso di perdite accidentali. Sono sintetizzati trattando alogenuri alchilici con ioni solfidrato HS- in eccesso: R-X + HS- → R-SH + X-. Si formano anche nei vini per reazione tra acido solfidrico e alcoli originando mercaptani con classici odori di cipolla e aglio. Il metantiolo è il più semplice dei mercaptani Il legame O-H degli alcoli è più forte del legame S-H dei tioli, pertanto, i tioli presentano una acidità maggiore rispetto ai corrispondenti alcoli. Così l'etantiolo (pKa=10,5) è più acido del corrispondente etanolo (pKa=18). • Eteri La molecola di un etere è formata da un atomo di ossigeno legato a due radicali alchilici o arilici o misti. Si possono pertanto considerare derivati dall’acqua per sostituzione dei due idrogeni con radicali carboniosi: R – O – R. Il nome IUPAC degli eteri viene ottenuto assegnando alla catena idrocarburica più lunga il nome del corrispondente alcano o idrocarburo aromatico e indicando, assieme all’ossigeno, quella più corta come sostituente alcossidico. La nomenclatura tradizionale indica in ordine alfabetico i gruppi idrocarburici, premettendoli alla parola etere. CH3 – O – CH3 metossimetano (dimetil etere) CH3CH2 – O – CH3 metossietano (etil metil etere) 52 CH3CH2 – O – CH2CH3 etossietano (dietil etere) metossibenzene (fenil metil etere o anisolo) ossirano (ossido di etilene) etere terz-butilmetilico (MTBE) L'anisolo è un composto aromatico che presenta un metossido (CH3O-) unito all'anello aromatico del benzene. Possiede il tipico odore e sapore dell'anice, ed è contenuto in essa. L'ossido di etilene o ossirano è il più semplice composto eterociclico contenente ossigeno, e più specificamente è il più semplice degli epossidi (eteri ciclici in cui l'ossigeno è uno degli atomi di un anello a tre termini). L’ossirano viene utilizzato come disinfettante per strumenti chirurgici e come materia prima per la produzione di resine epossidiche. L’etere terz-butilmetilico è un composto organico di sintesi derivante dal metanolo e dal 2-metil-2propanolo o alcol t-butilico. Viene impiegato come additivo per la benzina per aumentarne il numero di ottano, in sostituzione del piombo tetraetile e del benzene. Gli eteri hanno bassi punti di ebollizione, sono fortemente infiammabili ma poco reattivi, vengono impiegati come solventi. Il dietil etere veniva usato un tempo come anestetico, attualmente, come solvente per oli e grassi. I composti analoghi agli eteri che al posto dell’atomo di ossigeno hanno un atomo di zolfo si chiamano tioeteri o solfuri organici: R – S – R. Molti tioeteri hanno un cattivo odore come molti altri composti organici contenenti zolfo. CH3CH2 – S – CH2CH3 dietiltioetere o dietilsolfuro • Aldeidi e chetoni | Il gruppo funzionale delle aldeidi e dei chetoni è il carbonile, – C = O. Come gli alcheni, i composti carbonilici sono trigonali-planari intorno al doppio legame e hanno angoli di 120° (ibridazione sp2 del C). Nelle aldeidi il gruppo carbonilico è legato da una parte sempre all’idrogeno e dall’altra a un radicale: R – CHO, fa eccezione l’aldeide formica o metanale, H – CHO. Il nome IUPAC delle aldeidi si ottiene sostituendo il suffisso –o dell’alcano da cui esse derivano con il suffisso –ale. I nomi tradizionali delle aldeidi derivano invece dagli acidi carbossilici corrispondenti. metanale (aldeide formica o formaldeide) etanale (aldeide acetica) propanale (aldeide propionica) benzaldeide La formaldeide in soluzione acquosa al 37% è commercialmente nota con il nome di formalina. L' aldeide acetica a temperatura ambiente è un liquido incolore volatile e infiammabile dall'odore pungente e irritante. È una sostanza tossica, probabilmente cancerogena. Tracce di acetaldeide sono contenute anche nel fumo di tabacco. È facilmente ossidabile ad acido acetico. 53 L’aldeide propionica è un isomero strutturale dell'acetone. A temperatura ambiente è un liquido incolore, con un odore fruttato leggermente irritante. La benzaldeide è il composto più semplice della classe delle aldeidi aromatiche nonché quello più sfruttato a livello industriale. In natura si trova nelle mandorle amare e nei semi di albicocca e di pesche. Benché la benzaldeide si trovi già in natura, si preferisce produrla industrialmente per via sintetica partendo dal toluene. A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore o giallo pallido volatile con un caratteristico odore di mandorle amare. Sebbene la benzaldeide possa essere impiegata come solvente, il suo principale utilizzo è quello di precursore per la sintesi di diversi composti organici, dai farmaci agli additivi per le plastiche. È anche un importante intermedio per la preparazione di profumi e fragranze come anche nella sintesi di coloranti anilinici. Nei chetoni il gruppo carbonilico è legato a due radicali alchilici o arilici o misti: R – CO – R. Il nome IUPAC dei chetoni si ottiene da quello dell’alcano corrispondente alla catena più lunga, per sostituzione del suffisso –o dell’alcano con il suffisso –one, e indicando con il numero più basso possibile la posizione del carbonile. Nella nomenclatura tradizionale si elencano in ordine alfabetico i nomi dei radicali presenti, facendoli seguire dalla parola chetone. 2-propanone (dimetil chetone o acetone) 2-butanone (etil metil chetone) cicloesanone acetofenone (fenil metil chetone) L'acetone è un liquido incolore e infiammabile con un odore caratteristico (fruttato); è miscibile con acqua, etanolo e etere e trova principalmente impiego come solvente. Il 2-butanone a temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall'odore di solvente. È molto infiammabile e irritante. Viene utilizzato in gascromatografia e viene aggiunto nell'alcool etilico come denaturante, in soluzione con tiofene, denatonium benzoato e colorante inorganico Reactive Red 24, in quanto la miscela etanolo-2-butanone non è separabile per distillazione. Il cicloesanone a temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall'odore pungente. È un composto infiammabile e dotato di proprietà solventi verso diverse sostanze organiche, inclusa la gomma naturale (caucciù). Insieme al toluene, al cloroformio e all'etere di petrolio, infatti, è stato usato per gli studi compiuti sull'isolamento dell'unità strutturale del caucciù (isoprene). L'acetofenone è il più semplice chetone aromatico. È un liquido viscoso incolore che fonde a 20 °C, usato principalmente per la sintesi di resine e fragranze. • Ammine Le ammine sono derivate dall’ammoniaca per sostituzione di uno, due o tre atomi di idrogeno con radicali alchilici o arilici. Il gruppo funzionale di queste molecole è il gruppo amminico. Quando i radicali sono alchilici l’ammina è alifatica, quando è presente anche un solo radicale arilico l’ammina è aromatica. Le ammine si classificano in primarie, secondarie e terziarie a seconda del numero di atomi di carbonio legati direttamente all’azoto. R | R – NH2 R – NH – R R–N–R ammina primaria ammina secondaria ammina terziaria Nella nomenclatura tradizionale si usa il suffisso –ammina, posto di seguito all’elenco dei sostituenti presenti. La nomenclatura IUPAC delle ammine è molto complessa. 54 CH3 – NH2 CH3 | CH3 – N – CH3 CH3 – NH – CH3 metilammina dimetilammina CH3 – NH – CH2 – CH2 – CH3 trimetilammina metilpropilammina La metilammina è la più semplice ammina primaria. La sua struttura chimica è quella di una molecola di ammoniaca in cui un atomo di idrogeno è stato sostituito da un gruppo metile CH3. A temperatura ambiente è un gas incolore dal tipico odore ammoniacale; con l’acqua forma soluzioni basiche. Trova impiego quale intermedio per la produzione di coloranti, insetticidi, anticrittogamici, prodotti farmaceutici. industrialmente si prepara insieme con la dimetilammina e la trimetilammina dalle quali poi si separa per distillazione frazionata a bassa temperatura, facendo reagire a 400 ºC il metanolo con ammoniaca su catalizzatori a base di ossidi di alluminio. La dimetilammina viene utilizzata nella concia delle pelli. La trimetilammina è utilizzata nella produzione di fattori di regolazione della crescita delle piante e di resine a scambio ionico. fenilammina o anilina metilanilina difenilammina trifenilammina L’anilina, detta anche fenilammina o benzenammina, è usata per la preparazione di coloranti, medicinali, resine, profumi, esplosivi, solventi per vernici; è cancerogena e velenosa. La difenilammina a temperatura ambiente si presenta come un solido giallo chiaro dall'odore tenue, è un intermedio per la preparazione di coloranti. È un composto tossico, pericoloso per l'ambiente. • Acidi carbossilici Il gruppo funzionale degli acidi carbossilici è il carbossile, – COOH, derivato dalla fusione tra il gruppo ossidrile e il gruppo carbonile. Il carbossile presenta una elevata reattività a causa dei quattro componenti, forniti di carica parziale, e dalla propria geometria, tipica degli atomi di carbonio ibridati sp2. Il gruppo carbossilico è legato a radicali alchilici o arilici R – COOH, fa eccezione l’acido metanoico o formico, H – COOH. Nella nomenclatura IUPAC il nome degli acidi carbossilici si ottiene aggiungendo il suffisso –ico al nome dell’idrocarburo corrispondente alla più lunga catena di atomi di carbonio in cui è presente il gruppo –COOH. In presenza di due gruppi carbossilici si utilizza il suffisso -dioico. CH3COOH acido etanoico (acido acetico) CH3CH2COOH acido propanoico (acido propionico) CH3(CH2)4COOH acido n-esanoico (acido capronico) CH2 = CHCOOH acido propenoico (acido acrilico) acido butanoico (acido butirrico) OH | CH3CHCOOH HOOC – COOH acido etandioico (acido ossalico) CH3(CH2)2COOH acido 2-idrossipropanoico (acido lattico) 55 CH3(CH2)3COOH acido n-pentanoico (acido valerianico) O || CH3 – C – CH2 – COOH acido 3-ossobutanoico (acido aceto acetico) L’acido acetico si presenta come un liquido incolore, di odore pungente, è caratteristico dell’aceto; allo stato puro costituisce un liquido irritante, solidifica a 16,6 °C e prende il nome di acido acetico glaciale perché ha un aspetto simile al ghiaccio; costituisce il prodotto finale del metabolismo di microrganismi del genere Acetobacter che fermentano liquidi alcolici. L’acido propionico viene prodotto dal metabolismo dei batteri del genere Propionibacterium, che vivono nelle ghiandole sudoripare umane e nello stomaco dei ruminanti; è infatti l’acido propionico che conferisce il caratteristico odore al sudore e ad alcuni formaggi; l’acido propionico e alcuni suoi sali (propionati) hanno proprietà fungicide e sono utilizzati come conservanti alimentari. L’acido acrilico viene utilizzato per la sintesi di materie plastiche come le fibre acriliche nell’industria tessile. L’acido butirrico è presente nel burro, in talune piante; è un liquido incolore, volatile, dall’odore pungente, solubile in acqua; conferisce un aroma tipico ad alcuni alimenti (latticini, formaggi, birra); la presenza di batteri anaerobi contaminanti (principalmente clostridi) dà luogo a fermentazione butirrica, processo che fa aumentare in modo eccessivo la concentrazione di tale acido, cosicché l’alimento assume uno sgradevole odore di rancido. L’acido valerianico è presente nella Valeriana officinalis; è un blando sedativo del SNC. Dei diversi isomeri dell’acido capronico il più importante è quello a catena normale: liquido oleoso, incolore o giallognolo, di odore sgradevole, che, come gliceride, è contenuto in piccole quantità nel burro di capra e nel burro di cocco; viene utilizzato per la preparazione di essenze e profumi artificiali e in campo farmaceutico. L’acido ossalico è molto diffuso nel regno vegetale allo stato di sale di calcio (nelle alghe, nei funghi, nei licheni e nelle felci) e di magnesio (nelle foglie di alcune Graminacee). Gli ossalati di ferro e di calcio si ritrovano come minerali. Negli organismi animali l’acido ossalico è presente in piccole quantità come normale costituente del sangue (dove rappresenta un prodotto del metabolismo intermedio, che entra a far parte come ossalacetato del ciclo di Krebs), delle urine, della bile, delle feci. Nell’organismo umano possono anche formarsi calcoli renali e vescicali costituiti da ossalato di calcio. L’acido lattico è noto nelle forme D-lattico, L-lattico (levogiro e destrogiro) e D-L-lattico, corrispondente al racemo; la forma L è presente in piccole quantità nel sangue, nel fluido muscolare di uomini e animali, dove tende ad aumentare a seguito di attività fisica, nel fegato; la forma racema è contenuta nel latte ed è prodotta per azione dei fermenti lattici. acido benzoico acido 2-idrossibenzoico o acido salicilico L’acido benzoico è impiegato, come la gran parte dei suoi sali (benzoati), per la conservazione di prodotti alimentari (oleomargarina, succhi di frutta, marmellate), di preparati farmaceutici, in cosmetica, nella sintesi di coloranti. L’acido salicilico è impiegato in medicina, per uso esterno, come antisettico e disinfettante, per uso interno come antipiretico, antireumatico, antinevralgico e antisettico (viene anche usato come conservante nei prodotti non alimentari perché è in grado di arrestare le fermentazioni); è impiegato per la sintesi dell’acido acetilsalicilico, comunemente detto aspirina. Nei grassi animali e vegetali sono presenti in notevole quantità ed esterificati con il glicerolo, i seguenti acidi grassi: acido palmitico: CH3(CH2)14COOH 56 L’acido palmitico o acido esadecanoico (saturo) entra nella costituzione di quasi tutti gli oli e grassi animali e vegetali in quantità variabili dal 6-7 al 60-70%; è presente anche nella cera d’api; si presenta come massa incolore insolubile in acqua, solubile in alcol ed etere. I suoi esteri con la glicerina sono chiamati palmitine. Si usa per preparare esteri nell’industria dei cosmetici e dei saponi. acido stearico: CH3(CH2)16COOH L’acido stearico o acido octadecanoico (saturo) si trova esterificato con la glicerina negli oli e nei grassi di origine animale (20-35 %) e vegetale (generalmente in minor quantità); è un solido di aspetto ceroso insolubile in acqua, solubile in alcol ed etere. I sali ed esteri dell’acido vengono detti stearati e sono sostanze solide usate nella preparazione di unguenti, di creme. acido oleico: CH3(CH2)7CH=CH(CH2)7COOH. L’acido oleico o acido 9-octadecenoico (insaturo) è l’acido grasso più diffuso in natura, trovandosi sotto forma di gliceride in tutti i grassi animali, di origine marina e terrestre, e in notevole quantità, in tutti gli oli vegetali. Allo stato puro è un liquido oleoso incolore di sapore grasso, insolubile in acqua; è impiegato nella preparazione degli oleati usati come lubrificanti per fibre tessili, nella preparazione di detergenti e come solvente in farmaceutica. • Esteri Un estere è il prodotto della reazione di esterificazione (condensazione) tra un acido carbossilico e un alcol, catalizzata dagli ioni H+. H+ R – CO OH + H OR’ acido RCOOR’ + H2O alcol estere O || CH3 – C - OH + HO – CH2 – CH3 acido acetico (acido etanoico) O || CH3 – C – O – CH2 – CH3 + H2O alcol etilico o etanolo acetato di etile o etanoato di etile (estere) L’acetato di etile si presenta come un liquido volatile, incolore e dal gradevole odore fruttato; viene utilizzato come solvente per vernici, resine e colle essendo meno tossico di altri solventi aromatici. Il profumo di molti frutti è dovuto a esteri, spesso sotto forma di miscele, e quelli prodotti artificialmente vengono utilizzati come aromatizzanti. L’esterificazione tra acidi grassi e glicerolo porta alla formazione dei trigliceridi, costituenti dei grassi naturali. La reazione di idrolisi dei trigliceridi con NaOH o KOH è detta saponificazione: con essa si ottiene sapone e glicerolo. 57 • Ammidi Le ammidi sono derivati non secondari degli acidi carbossilici e sono caratterizzate dal gruppo funzionale ammidico, – CONH2. Sono sostanze molto polari, solide a temperatura ambiente per l’azione dei legami a idrogeno. Fra le ammidi si possono ricordare la nicotinammide (vitamina PP) e i derivati dell’acido barbiturico, utilizzati come sedativi e nel controllo dell’epilessia. acetammide nicotinammide L’acetammide deriva dall’acido acetico; si presenta come polvere igroscopica irritante, solubile in alcol; viene usata in sintesi organiche, come plastificante; è una sostanza antiacida e solvente. La nicotinammide è una vitamina importante per la crescita, il buon funzionamento del sistema nervoso, la pelle, la lingua, l'apparato digerente, essenziale per il metabolismo dei carboidrati, per i grassi, le proteine. Le ammidi, a causa di strutture mesomere o di risonanza, che delocalizzano il doppietto elettronico dell’azoto, sono sostanze neutre e non basiche come le ammine. • Anidridi Le anidridi sono composti che derivano dalla condensazione con eliminazione di una molecola di acqua di due acidi carbossilici: RCOOH + HOOCR' → RCOOCOR' + H2O Hanno la seguente struttura generale: La nomenclatura IUPAC delle anidridi si basa sul nome dei gruppi acilici che la formano. Al gruppo acilico viene attribuito il suffisso -oica. Se i gruppi acilici sono diversi (in questo caso si parla di anidridi miste o asimmetriche) vengono citati, in ordine alfabetico, entrambi i gruppi acilici. Se i gruppi acilici sono identici (in questo caso si parla di anidridi simmetriche) viene citato l'unico gruppo presente. anidride metanoica o anidride formica anidride etanoica metanoica anidride etanoica o anidride acetica L'anidride acetica a temperatura ambiente è un liquido incolore dall'odore irritante, da manipolare con particolare cautela; è utilizzata per la preparazione dell'aspirina e dell'acetato di cellulosa. 58 Amminoacidi Gli amminoacidi sono i monomeri delle proteine e, quelli naturali, sono venti. La molecola di un amminoacido contiene un gruppo amminico – NH2 e un gruppo carbossilico – COOH. Il gruppo R– è caratteristico di ciascun amminoacido. Con l'eccezione della glicina, NH2CH2COOH, per la quale R– è un atomo di idrogeno, gli amminoacidi sono molecole chirali, di ciascuna delle quali esistono due enantiomeri. Come convenzionalmente avviene per le molecole di interesse biochimico, gli enantiomeri degli amminoacidi sono contrassegnati dalle lettere D (oppure R = rectus) o L (oppure S = sinister) a seconda che i sostituenti legati all'atomo di carbonio asimmetrico abbiano disposizione simile a quella della D-gliceraldeide o a quella della L-gliceraldeide. Queste strutture così denominate (D, L o R, S) non corrispondono al senso di rotazione (destro o sinistro) operato sulla luce polarizzata dalla molecola in questione. Infatti, il verso della rotazione viene indicato dai segni (+) e (–) che nella gliceraldeide, come è stato indicato precedentemente, corrispondono rispettivamente alla forma D e alla forma L. La stragrande maggioranza delle proteine sintetizzate da organismi viventi è formata da amminoacidi L. Qualche amminoacido D è stato trovato in proteine prodotte da organismi che vivono negli abissi marini, nelle pareti cellulari di alcuni batteri e nel veleno di alcuni animali. Hanno la seguente struttura generale: H | R – C – COOH | NH2 amminoacido Le proteine sono formate dagli amminoacidi naturali uniti fra loro con legame ammidico chiamato legame peptidico, – CO – NH – . R R’ | | H2N – C – COOH + H2N – C – COOH | | H H R R’ | | H2N – C – CO – NH – C – COOH + H2O | | H H 59 Reazioni di chimica organica Reattività degli alcani • Alogenazione o sostituzione luce o calore CH4 + Cl2 CH3Cl + HCl L’alogenazione del metano non si arresta con la formazione di CH3Cl, ma procede dando luogo a una miscela che contiene anche composti ulteriormente alogenati (CH2Cl2, CHCl3, CCl4). • Combustione CH4 + 2 O2 CO2 + 2 H2O Reattività degli alcheni • Addizione elettrofila La reazione caratteristica degli alcheni è l’addizione elettrofila. In essa la coppia elettronica π del doppio legame viene attratta da un elettrofilo, dando luogo alla formazione di un carbocatione: H | + …….H + C=C C – C+ elettrofilo | carbocatione al quale si attacca un nucleofilo, completando la reazione. H H | | | C – C+ + ClC–C nucleofilo | | Cl elettrofilo = reattivo in cerca di elettroni nucleofilo = reattivo capace di fornire elettroni Con questo meccanismo procedono le addizioni di: alogeni CH2 = CH2 + Br2 CH2Br – CH2Br acqua, in catalisi acida CH2 = CH2 + H2O CH3 – CH2OH acidi alogenidrici CH2 = CH2 + HCl CH3 – CH2Cl 60 Nelle addizioni sopra rappresentate, si ottiene lo stesso prodotto qualunque sia l’orientamento del reagente nei confronti del doppio legame. Quando, invece, un alchene è asimmetrico, come il propene, e anche il reagente è asimmetrico, come per esempio HCl, vale la regola di Markovnikov secondo la quale la parte elettrofila del reagente si attacca al carbonio più ricco di idrogeni. CH3 – CH = CH2 + HCl • CH3 – CHCl – CH3 Addizione di idrogeno: gli alcheni reagiscono con idrogeno molecolare, in presenza di un catalizzatore metallico (platino o palladio), per formare alcani. Pt CH2 = CH2 + H2 • CH3 – CH3 Ossidazione del propene: sintesi del propanone (dimetil chetone o acetone) 2 CH2 = CHCH3 + O2 2 CH3COCH3 Reattività degli alchini Gli alchini effettuano reazioni di addizione come gli alcheni anche se sono più lente. Le addizioni più comuni sono di alogeni, di acidi alogenidrici e di idrogeno (idrogenazione con catalizzatori). Reattività degli areni La reazione più comune dei composti aromatici è quella di sostituzione di uno o più idrogeni con altri atomi o gruppi (sostituzione elettrofila aromatica). Clorurazione + δ+ δ- + Cl – Cl ……….FeCl3 H catalizzatore Cl + FeCl4- ione benzenonio + Cl Cl + H+ H reazione complessiva H | Cl + Cl + FeCl4- + Cl2 + FeCl3 61 + HCl + FeCl3 Reattività degli alcoli • Disidratazione Formazione di alcheni o eteri per disidratazione con H2SO4: CH3CH2OH 2 CH3CH2OH • H2SO4 H2SO4 CH2 = CH2 + H2O CH3CH2OCH2CH3 + H2O Ossidazione Gli alcoli primari per ossidazione blanda danno aldeidi e per ossidazione più energica danno acidi. Ox R – CH2 – OH Ox R – CHO R - COOH Gli alcoli secondari producono chetoni. Ox R – CH – OH | R • R–C=O | R Sintesi della trinitroglicerina CH2 – OH | CH – OH + 3 HNO3 | ac. nitrico CH2 – OH H2SO4 glicerina CH2 – O – NO2 | CH – O – NO2 + 3 H2O | CH2 – O – NO2 trinitroglicerina Questo potente esplosivo, scoperto da Ascanio Sobrero (Casale Monferrato1812 – Torino 1888), è talmente instabile da esplodere per effetto di un semplice urto. Ad Alfred Bernhard Nobel (Stoccolma 1833 – Sanremo 1896) si deve l’invenzione della dinamite che può essere usata con maggior sicurezza perché costituita da nitroglicerina mescolata a farina fossile (terra di diatomee), materiale inerte che rende l’esplosivo più stabile. • Esterificazione del glicerolo con tre molecole di acidi grassi: i trigliceridi CH2 – OH + HOOC(CH2)14CH3 | CH – OH + HOOC(CH2)14CH3 | CH2 – OH + HOOC(CH2)14CH3 glicerolo CH2 – O – OC(CH2)14CH3 | CH – O – OC(CH2)14CH3 + 3 H2O | CH2 – O – OC(CH2)14CH3 acido palmitico trigliceride tripalmitina 62 Reazione di saponificazione CH2 – O – CO – (CH2)16 – CH3 | CH – O – CO – (CH2)16 – CH3 + 3 NaOH | idrossido di sodio CH2 – O – CO – (CH2)16 – CH3 CH2 – OH | CH – OH + 3 CH3 – (CH2)16 – COONa | stearato di sodio (sapone) CH2 – OH tristearato di glicerile (tristearina) glicerina Se si usa KOH si ottiene sapone “molle” da barba. • Sostituzione elettrofila nei fenoli Cl OH + 3 Cl2 Cl OH + 3 HCl Cl La clorurazione del fenolo avviene velocemente e senza la presenza di un catalizzatore. La clorurazione del benzene avviene invece con la presenza di un catalizzatore. Reattività degli eteri Gli eteri vengono impiegati come solventi perché presentano modesta reattività. La reazione più significativa è quella con l’acido iodidrico. calore CH3CH2 – O – CH2CH3 + HI CH3CH2OH + CH3CH2I dietil etere etanolo ioduro di etile Reattività di aldeidi e chetoni La reazione caratteristica del carbonile è quella di addizione nucleofila al doppio legame, in seguito al quale il carbonio assume ibridazione sp3 formando composti a struttura tetraedrica. Addizione di acqua con formazione di dioli geminali O OH + || H | R – C – R + H2O R–C–R | OH • Addizione di alcoli con formazione di emiacetali e acetali nel caso delle aldeidi o di emichetali e chetali nel caso dei chetoni O OH OR’ || H+ | R’OH, H+ | R – C – H + R’OH R – C – OR’ R – C – OR’ + H2O | | H H • emiacetale acetale 63 Addizione di ammoniaca con formazione di immine O NH || || R – C – H + NH3 R – C – H + H2O • immina Reazioni di polimerizzazione La polimerizzazione si verifica mediante reazioni di addizione o di condensazione tra le molecole semplici chiamate monomeri. • Polimeri di addizione: si ottengono per addizione di monomeri insaturi in seguito all’apertura dei loro doppi legami. L’etilene polimerizza a caldo e a pressioni elevate, in presenza di un catalizzatore, in genere costituito da un perossido organico. Dalla reazione si ottiene il polietilene, costituito da lunghissime catene risultanti dall’unione di decine di migliaia di molecole di etilene. n CH2 = CH2 ( - CH2 – CH2 - )n Polipropilene: si ricava dal propilene per poliaddizione. Una fibra commerciale che si ottiene filando per estrusione il polimero fuso è il meraklon. ............CH2 = CH + CH2 = CH……… | | CH3 CH3 …….CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH......... | | | | | CH3 CH3 CH3 CH3 CH3 Poliacrilonitrile: le fibre acriliche sono ottenute dalla polimerizzazione del nitrile acrilico o acrilonitrile (prodotto di addizione dell’acido cianidrico all’acetilene). I nomi commerciali delle fibre acriliche sono : orlon, leacril, dralon. ............CH2 = CH + CH2 = CH……… | | CN CN …….CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH......... | | | | | CN CN CN CN CN Polivinilcloruro: è un polimero del cloruro di vinile. Una tipica fibra in PVC è il movil. ............CH2 = CH + CH2 = CH……… | | Cl Cl …….CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH......... | | | | | Cl Cl Cl Cl Cl 64 • Polimeri di condensazione: derivano dalla reazione di due diverse funzioni portate da un unico monomero o da due diversi reagenti; in entrambi i casi vengono eliminate come sottoprodotto molecole di piccole dimensioni (HCl, H2O ecc.). Poliammidi: sono fibre sintetiche di condensazione, di cui la prima assai nota è il nylon 6,6, costituito dall’acido adipico e dall’esametilendiammina. Le poliammidi sono polimeri lineari caratterizzati dalla presenza del gruppo ammidico –NH–CO– . L’applicazione più studiata è la fibra. La produzione industriale di nylon 6,6 iniziò nel 1939 negli Stati Uniti, in un impianto della Du Pont (calze e derivati). Successivamente, il nylon 6,6 venne utilizzato anche come materiale plastico e resina. Durante la seconda guerra mondiale fu impiegato per la produzione di paracaduti, pneumatici da aeroplani e altri manufatti. n H2N – (CH2)6 – NH2 + esametilendiammina n Cl – CO – (CH2)4 – CO – Cl + 2n NaOH cloruro di adipoile ----- (NH – (CH2)6 – NH – CO – (CH2)4 – CO)n ----- + 2n NaCl nylon 6,6 + 2n H2O Questa reazione è caratterizzata dalla formazione di polimero all’interfaccia, cioè alla superficie di separazione di due fasi liquide immiscibili di cui generalmente una acquosa e l’altra organica. Poliestere: è una fibra sintetica di condensazione. La più importante è il polietilentereftalato (PET), polimero del glicole etilenico con l’acido tereftalico. I nomi commerciali delle fibre poliesteri sono numerosi: terital, dacron, terilene, trevira. O || n HO – CH2 – CH2 – OH + n HO – C – O || – C – OH glicole etilenico acido tereftalico --------( O || O – CH2 – CH2 – O – C – O || –C–O polietilentereftalato (PET) 65 )n--------- + n H2O