Paola Gario - Dipartimento di Matematica

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Un invito alla lettura degli “Elementi” di Euclide
Paola Gario
INTRODUZIONE
1. Perché leggere gli Elementi di Euclide?
Gli Elementi sono stati per 2000 anni il modello del pensiero matematico, il testo su cui si sono
formate intere generazioni di studiosi. E questo è già un primo valido motivo per accostarsi alla
lettura del testo di Euclide. Dagli Elementi di Euclide hanno anche attinto le varie riduzioni ad
uso scolastico. Nel 1867 un decreto legge del nuovo stato unitario introduceva l’insegnamento
degli Elementi nella scuola secondaria italiana:
“La Matematica nelle scuole secondarie classiche non è da riguardarsi solo come
complesso di proposizioni o di teorie utili in sé, delle quali i giovanetti debbano
acquistare conoscenza per applicarle poi ai bisogni della vita; ma principalmente come
un mezzo di coltura intellettuale, come una ginnastica del pensiero, diretta a svolgere le
facoltà del raziocinio, e ad aiutare quel giusto e sano criterio che serve di lume per
distinguere il vero da ciò che ne ha soltanto l’apparenza. […]
Nella geometria, per dare all’insegnamento la massima efficacia educativa, e per
ridurre ad un tempo la materia entro modesti confini, basta applicare alle nostre
l’esempio delle scuole inglesi, facendo ritorno agli Elementi di Euclide, che per
consenso universale sono il più perfetto esempio di rigore geometrico.
Il metodo di insegnamento non può essere che uno, cioè che tutte le singole parti sieno
strettamente collegate fra loro e svolte con ordine razionale e con processo
rigorosamente scientifico. Di questo metodo è appunto Euclide insuperabile
maestro.”(citato da L. Besana - M. Galuzzi, Geometria e latino: due discussioni per
due leggi, in, Storia d’Italia, Annali 3, Scienza e Tecnica, Einaudi, Torino 1980, pp.
1291-1292).
E conseguentemente, nello stesso anno veniva pubblicata, a cura di E. Betti e di F.
Brioschi, un’edizione degli Elementi con Note aggiunte ed Esercizi ad uso de’ ginnasi e
de’ licei (Le Monnier, Firenze 1867), nella cui introduzione si legge:
“...dobbiamo lamentare che quell’inimitabile modello di logica e di chiarezza lasciatoci
dai Greci negli Elementi di Euclide sia stato pressoché abbandonato dalle nostre
scuole, e siansi invece introdotti e raccomandati libri, nei quali esagerandosi il metodo
di Legendre, al rigore del ragionamento si è sostituito il meccanismo del processo
aritmetico.”
Ma non tutta la comunità matematica dell’epoca condivise questa scelta. L’anno seguente, G.
Battaglini ospitò nel suo Giornale di Matematiche una traduzione italiana dell’articolo di J. M.
Wilson, Euclide come testo di geometria elementare, in cui il testo di Euclide è considerato
“antiquato, artifizioso, illogico e inadatto come libro di istruzione” (citato da U. Bottazzini,
Francesco Brioschi e
la cultura scientifica ..., La Matematica nella Società e nella Cultura,
Boll. U.M.I., (8) 1-A (1998)) , e ciò dunque in aperta polemica con chi, primo tra tutti L.
Cremona, si era fatto promotore della sua introduzione nella nostra scuola.
Nel 1900 sono emanati i nuovi programmi di insegnamento in cui “per la prima volta non si fa
più esplicito riferimento agli Elementi di Euclide” (citato dalla conferenza di C. Mammana,
L’insegnamento della geometria in Italia: alcune riflessioni, Congresso Nazionale della
Mathesis, 1999, disponibile anche sul sito internet della Mathesis di Catania). Così, anche a
causa delle puntuali revisioni fondazionali di cui erano stati oggetto gli Elementi, e che portarono
nel 1899 alla pubblicazione dei Grundlagen der Geometrie di D. Hilbert, la prescrizione del testo
di Euclide è ormai interpretata in senso lato ovvero, non del testo ma dei limiti entro i quali
deve svolgersi l’insegnamento dei corsi ed il metodo di tale insegnamento, pur riconoscendo alla
battaglia di Brioschi, di Betti e di Cremona il merito di aver eliminato “ le perfide abitudini
introdotte da certi libri” (citato da G. Loria, Sur l’enseignement des mathématiques en Italie,
dagli Atti del III Congresso internazionale dei matematici, Lipsia 1904).
2. Dal meno evidente al più evidente?
“Tutto il metodo consiste nell’ordine e disposizione di quelle cose a cui deve essere
rivolta la forza della mente, affinché si scopra qualche verità. E tale metodo
osserveremo con esattezza, se ridurremo gradatamente le proposizioni più involute e
oscure ad altre più semplici, e poi dall’intuito di tutte le più semplici tenteremo di salire
per i medesimi gradi alla conoscenza di tutte le altre.”(R. Descartes, Regulae ad
directionem ingenii, Regola V)
Gli Elementi presentano la geometria come sistema ipotetico-deduttivo: l’ordine deduttivo
corrisponde all’ordine secondo il criterio di “evidenza”?
Nei Fondamenti della Geometria Hilbert ha cercato di conciliare il punto di vista della critica
moderna e quello degli Elementi con una trattazione della Geometria elementare non troppo
distante dalla linea euclidea. Possiamo dire che Hilbert riscrive gli Elementi per colmarne le
lacune, completandoli di tutti quei postulati che nel testo di Euclide non vengono espressi
esplicitamente. Non troveremo dunque nel suo testo commenti sulle origini dei postulati e
neppure tentativi di giustificare l’ordine deduttivo secondo un non ben precisato criterio di
evidenza. L’unico criterio, cui si fa cenno, è quello della semplicità o della economia con cui
esprimere l’analisi logica della nostra intuizione dello spazio:
“La geometria richiede - come l’aritmetica- per venire fondata in modo coerente, solo
poche, semplici proposizioni fondamentali. Queste proposizioni fondamentali si
chiamano gli assiomi della geometria. L’esposizione degli assiomi della geometria e
l’indagine dei mutui rapporti costituiscono un problema che è stato discusso sin dai
tempi di Euclide, in numerosi ottimi trattati della letteratura matematica. Il problema
indicato porta all’analisi logica della nostra intuizione dello spazio.
La presente ricerca è un tentativo di stabilire per la geometria un sistema di assiomi
completo e il più semplice possibile e dedurre dai medesimi le proposizioni geometriche
più importanti, in modo tale da mettere chiaramente in luce il significato dei diversi
gruppi di assiomi e la portata delle conseguenze da trarre dai singoli assiomi.”
Diversamente per Enriques che, nel testo ad uso scolastico scritto con Amaldi e che avrà a partire
dalla prima edizione del 1903 innumerevoli versioni ed edizioni, scriveva:
“Nello studio della Geometria si procede nel modo seguente. Si comincia col rilevare
direttamente sulle figure più semplici quelle prime proprietà che l’intuizione e
l’esperienza riconoscono evidenti per se stesse; e gli enunciati di queste proprietà
elementari e fondamentali si chiamano postulati. Poi si costruiscono e si definiscono
figure man mano più complesse, e dai postulati si deducono per via di puro
ragionamento (o come si suol dire, si dimostrano) quelle proprietà delle figure, che non
hanno più lo stesso carattere di evidenza, ma che non sono meno certe dei postulati, in
quanto ne derivano come conseguenze necessarie. Gli enunciati di queste proprietà, man
mano dedotte dai postulati, si chiamano teoremi.” (F. Enriques- U. Amaldi, Geometra
elementare con esercizi, ad uso dei ginnasi superiori e del corso inferiore degli istituti
tecnici, Zanichelli, Bologna, 1937, pp.1-2)
3. Cosa garantisce l’esistenza di un oggetto geometrico?
Il testo di Euclide insegna a organizzare la geometria intorno all’idea fondamentale della
costruzione. Tutti gli oggetti geometrici, esclusi quelli primitivi, devono essere costruiti secondo
le regole date dai postulati. Per la matematica greca un ente geometrico esiste se lo si può
costruire: gli strumenti ammessi nelle costruzioni sono definiti dai postulati.
Attraverso la giustificazione dei vari passi costruttivi il disegno, impreciso per sua natura, viene a
rappresentare una figura esatta.
Le proprietà degli enti geometrici vengono trattate quando si hanno i mezzi per dimostrarle. Si
stabilisce una gerarchia
che va dal semplice al
complesso, cioè dalle proposizioni che
richiedono poche nozioni acquisite a quelle che ne richiedono molte.
PERCORSI di LETTURA
Suggerisco alcuni percorsi di lettura attraverso i primi quattro libri degli Elementi di Euclide.
Quello che segue è tratto dal programma dei Corsi di Geometria che ho tenuto in questi anni per
la Scuola di specializzazione per i futuri insegnanti (SILSIS-MI).

Introduzione agli Elementi di Euclide (Libro I)
I fondamenti della Geometria piana.
La critica ai fondamenti della geometria: i fondamenti della geometria secondo Hilbert.

1° percorso di lettura – “Le costruzioni geometriche”
Propp.: I.1 (costruzione del triangolo equilatero), I.2 (trasporto del
segmento), I.3 (trasporto del segmento secondo una data direzione),
I.9 (costruzione della bisettrice), I.10 (costruzione del punto medio di
un segmento), I.11 (costruzione della retta perpendicolare ad una retta
data per un suo punto), I.12 (costruzione della retta perpendicolare ad
una retta data da un punto esterno ad essa), I.22 (costruzione del
triangolo di dati lati), I. 23 (trasporto dell’angolo).
Gli strumenti ammessi nelle costruzioni di Euclide.
Riflessione sul valore didattico delle costruzioni geometriche: la costruzione come avvio
alla dimostrazione.

2° percorso di lettura - “La teoria delle parallele”
Propp: I.27 – 28 (inversa del 5° postulato), I.29 (contronominale del 5°
postulato), I.30 (transitività del parallelismo), I.31 (costruzione della
retta parallela ad una retta data e per un punto dato), I.32 (proprietà
sulla somma degli angoli interni di un triangolo).
Enunciati equivalenti del 5° postulato e loro contenuto intuitivo.
Enunciati di esistenza e di unicità.
Proprietà indipendenti dal 5° postulato.
Quadrilateri e parallelogrammi.

3° percorso di lettura – “La teoria dell'equivalenza”
“Parallelogrammi
e
teoria
dell'equivalenza”.
Propp:
I.33-34
(proprietà dei parallelogrammi), I.35 (equivalenza dei parallelogrammi
compresi tra due rette parallele e che insistono sulla stessa base), I.36
(equivalenza dei parallelogrammi compresi tra due rette parallele e
che hanno basi congruenti), I.37-38 (analoghe delle precedenti per i
triangoli), I.41 (dati un parallelogramma e un triangolo compresi tra
due rette parallele e che
insistono sulla stessa base, il
parallelogramma è il doppio del triangolo), I.46 (costruzione del
quadrato), I.47 (teorema di Pitagora), I.48 (inverso del teorema di
Pitagora)
“La quadratura di un poligono”. Propp: I.42 (costruzione di un
rettangolo equivalente ad un triangolo dato), I.43-44 (gnomone e
costruzione del rettangolo di dato lato ed equivalente ad un triangolo
dato), I.45 (conclusione: costruzione di un rettangolo equivalente ad
un poligono dato), II.5 (costruzione di due quadrati la cui differenza
sia equivalente ad un rettangolo dato), II.14 (conclusione: costruzione
del quadrato equivalente ad un poligono dato).
L'algebra geometrica e sue potenzialità didattiche.
L'equivalenza in Euclide: equiscomponibilità ed equiampliabilità.
 4° percorso di lettura - “La costruzione dei poligoni regolari”
Proprietà della circonferenza (Libro III).
Costruzione della circonferenza inscritta o circoscritta ad un poligono
regolare dato. Propp IV 13-14 (per il pentagono regolare).
Costruzione del pentagono regolare. Propp: II.11 (costruzione della
sezione aurea di un segmento), IV.10 (costruzione di un triangolo
isoscele in cui ciascuno degli angoli alla base sia il doppio dell’angolo
restante), IV.11-12 (costruzione del pentagono regolare inscritto e
circoscritto ad una circonferenza data).
Costruzione dell’esagono regolare. Prop. IV.15.
Costruzione del pentadecagono regolare. Prop. IV.16.
Poligoni regolari costruibili con riga e compasso.
ALCUNE OSSERVAZIONI
1. Sui postulati che consentono le costruzioni
Quali sono le costruzioni ammesse negli Elementi di Euclide?
Postulato I - Risulti postulato: che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi
punto ad ogni altro punto.
Postulato II - E che una retta terminata si possa prolungare continuamente in linea
retta.
Postulato III - E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro ed ogni
distanza [= raggio].
Gli strumenti per le costruzioni sono definiti dai precedenti postulati. Quando si applicano i
Postulati I - II diremo che usiamo la riga e quando si applica il postulato III, diremo che usiamo
il compasso: d’ora in poi ci occuperemo delle costruzioni con riga e compasso.
Nella prima proposizione degli Elementi viene data la ben nota costruzione del triangolo
equilatero, primo mattone per le costruzioni successive (con linguaggio informatico si direbbe
che Euclide si costruisce una macro).
Quale postulato garantisce che le due circonferenze si intersechino? Quando una parte di una
circonferenza è interna a un’altra
circonferenza e l’altra è esterna, cosa garantisce che
l’intersezione esista?
Se nel piano cartesiano su Q consideriamo il quadrato di vertici O(0,0), A(1,0), B(1, 1) e C(0,1),
la circonferenza di centro O (0, 0) e raggio la diagonale OB del quadrato non ha punti di
intersezione con la retta dell’asse delle ascisse.
Abbiamo così individuato una prima lacuna del testo euclideo che potrebbe essere colmata
passando alla geometria analitica (al piano cartesiano su R) e ricorrendo alla continuità. Ma ciò
sarebbe
estraneo allo spirito degli Elementi, che della geometria danno una trattazione
puramente sintetica. Dovremo dunque aggiungere un postulato che garantisca l’esistenza
dell’intersezione di due circonferenze quando siano in posizione opportuna l’una rispetto
all’altra, enunciandolo ad esempio nel modo seguente:
POSTULATO (dell’intersezione di due circonferenze)
Se la circonferenza C ha un punto all’interno di C’ e un altro all’esterno di C’, allora C
e C’ si intersecano.
Il Postulato III di Euclide autorizza a tracciare una circonferenza di dato centro e dato raggio,
solamente quando il punto che dà il centro è uno degli estremi del segmento che dà il raggio, cioè
il postulato non permette di usare il compasso per trasportare i segmenti: l’apertura del compasso
non viene mantenuta quando lo si stacca dal foglio. È una limitazione che sarebbe piuttosto grave
se non fosse superata da Euclide con una costruzione (propp. I.2 - 3), elegantissima nella sua
semplicità.
Con riferimento alla figura seguente, si vuole trasportare il segmento BC nel punto A. Dopo aver
condotto la retta per i punti A e B (Post. I), si costruisce sul segmento AB il triangolo equilatero
ABD (Prop. I.1). Si prolungano i segmenti AD e DB (Post. II) e si considerano le semirette a e b
di origine D e passanti per A e B, rispettivamente. Si conduce la circonferenza di centro B e
raggio BC (Post. III) e dalla sua intersezione con la semiretta a si ottiene il punto E. Si conduce la
circonferenza di centro D e raggio DE (Post. III) e dalla sua intersezione con la semiretta b si
ottiene il punto F. Il segmento AF è congruente al segmento dato BC (per la Nozione comune 3,
di cui diremo tra poco): il segmento BC è stato trasportato in A.
Possiamo dunque trasportare i segmenti
senza utilizzare i movimenti del piano. Ma per
dimostrare la proposizione successiva (I.4), nota come primo criterio di congruenza dei triangoli,
Euclide vi fa ricorso. Dati i due triangoli ABC e DEF tali che AB = DE, AC = DF e  BAC
=  EDF,
se il triangolo ABC è sovrapposto al triangolo DEF ed il punto A viene a coincidere con
il punto D e la retta [segmento] AB con la retta [segmento] DE, anche il punto B verrà
a coincidere col punto E essendo AB uguale a DE; coincidendo dunque AB con DE,
anche la retta [segmento] AC coinciderà con la retta [segmento] DF essendo l’angolo
BAC uguale all’angolo EDF, cosicché pure il punto C coinciderà col punto F essendo,
nuovamente, uguale AC a DF. Tuttavia anche B ha coinciso con E, cosicché la base BC
verrà a coincidere con la base EF.
Su quali postulati si fonda il metodo della sovrapposizione qui utilizzato da Euclide? Nelle
nozioni comuni, che negli Elementi
seguono i postulati, Euclide introduce l’uguaglianza
enunciandone le proprietà, per prima la transitività:
Noz. Comune 1- Cose che sono uguali ad una stessa sono uguali anche fra loro.
Noz. Comune 2 - E se cose uguali sono addizionate a cose uguali, le totalità sono
uguali.
Noz. Comune 3 - E se da cose uguali sono sottratte cose uguali, i resti sono uguali.
Noz. Comune 4 - E cose che coincidono fra loro sono fra loro uguali.
Noz. Comune 5 - E il tutto sia maggiore della parte.
Quale significato attribuire alla parola cose? Cose, cioè segmenti? Con la Noz. comune 2 si
postulerebbe dunque l’addizionabilità dei segmenti. Ma le cose saranno anche angoli, triangoli,
poligoni,…
Quale significato attribuire alla parola uguale? Uguale, cioè congruente? Ma i due triangoli
congruenti in cui una diagonale divide un quadrato possono essere addizionati unendoli lungo i
cateti, ottenendo un triangolo che è equivalente (uguale in estensione) al quadrato, ma certo non
congruente. In effetti come vedremo, negli Elementi la parola uguale è utilizzata
indifferentemente sia nel senso della congruenza che dell’equivalenza, e quindi nella lettura del
testo occorrerà darne ogni volta l’interpretazione corretta.
Infine, quale significato attribuire all’espressione cose che coincidono della Noz. comune 4?
Potremmo forse intendere che, figure che portate l’una sull’altra vengono a coincidere, sono
uguali. E così facendo ricorreremo ad un’idea intuitiva di movimento rigido, esattamente come
nella dimostrazione della prop. I.4 che abbiamo citato. Euclide non definisce dunque il
movimento rigido e farà tutto il possibile per evitarlo, ma non potrà evitarlo, dovendo farvi
ricorso sia nella prop. I.4 che nella I.8 (3° criterio di congruenza dei triangoli), ma riuscirà invece
ad evitarlo nella dimostrazione del 2° criterio (Prop. I.24).
In effetti non c’è modo di dimostrare la prop. I.4 con gli assiomi visti. Per colmare questa
lacuna abbiamo due possibilità:
1.
Si definisce in maniera assiomatica la congruenza e, seguendo questa strada, il primo
criterio diventa sostanzialmente un assioma: ed è ciò che fa Hilbert nei suoi Fondamenti
(Si vedano gli assiomi di congruenza di Hilbert riportati in APPENDICE, ed in particolare
l’assioma III.5).
2.
Si postula l’esistenza di certi “movimenti rigidi”. Più precisamente si postula
l’esistenza di un gruppo di movimenti
che agisce sul piano e che soddisfa a certe
condizioni. In questo modo si segue la scuola di pensiero che fu esemplificata da Felix
Klein nel suo celebre Programma di Erlangen (1872) che fonda lo studio della geometria
su quello del gruppo di trasformazioni che possono agire in quella geometria.
2. Accuratezza ed esattezza di una costruzione
Nelle costruzioni con riga e compasso si può cercare di essere più accurati possibili, ciò
nonostante qualche imprecisione per quanto piccola è inevitabile (anche usando software
dinamici quali CABRI …).
Ma come riferiva Platone (La Repubblica),
Sebbene essi [i geometri] ragionino su forme visibili, essi non pensano a queste, ma
all’idea di queste; non alle figure che essi hanno disegnato, ma all’idea di quadrato, di
diametro, e così via […]”
Le circonferenze e i segmenti disegnati sul foglio sono solo una rappresentazione degli enti
geometrici corrispondenti. L’oggetto di una costruzione geometrica non è il segno tracciato sul
foglio, ma l’oggetto ideale che esso rappresenta e questo processo di astrazione, insieme al fatto
che le operazioni eseguite sono determinate dai postulati, può essere indicato come il passaggio
dal disegno alla figura. In questo senso la costruzione è matematicamente esatta.
Le costruzioni geometriche mi pare che siano ormai relegate nei Corsi di disegno tecnico: è
quindi interessante un confronto con le costruzioni che vengono li proposte e si noterà
innanzitutto, che i testi sono di tipo prescrittivo, ovvero sono date le istruzioni ma non si spiega
perché queste conducano al risultato. Riporto, a titolo esemplificativo, il testo di due costruzioni
proposte nel libro di L. Malagutti “Disegno e linguaggio tecnico” (Edito da De Agostini, Novara)
“Costruire un angolo uguale ad un altro angolo dato.
Centra in V e con raggio arbitrario taglia i lati dell’angolo dato in 1 e 2. Centra ora
nell’origine V’ di una semiretta r e descrivi, con il raggio usato in precedenza, un arco
che taglia r in 1’. Riporta su questo arco la misura 1-2 in 2’ e congiungi V ‘ a 2’: avrai
l’angolo cercato.”
Nelle costruzioni con riga e compasso non è consentito misurare! (si confronti con la costruzione
di Euclide I.23): come abbiamo già sottolineato gli Elementi di Euclide sono un trattato di
geometria sintetica! Osserviamo comunque che la costruzione vista può essere facilmente
ricondotta ad una costruzione con riga e compasso.
“Dividere un angolo in un numero n di parti uguali.
Centra in V e con raggio arbitrario traccia l’arco AB. Centra in A e con apertura AB
taglia il lato VA in C.
Dividi il segmento AC nel numero desiderato di parti e ribalta le misure ottenute
sull’arco AB puntando sempre in A. La costruzione è approssimativa.”
Per n = 2 (costruzione della bisettrice) si può confrontare con la costruzione di Euclide I. 9. Per
n = 3 non è difficile dimostrare (anche con mezzi elementari) che le semirette condotte da V per i
punti che trisecano il segmento AB, non trisecano l’angolo! La costruzione proposta è dunque
una costruzione approssimata.
Come è noto, per n = 3 non è possibile trovare una costruzione con riga e compasso: la trisezione
dell’angolo è uno dei problemi classici non risolubili con riga e compasso.
3. Fidarsi del disegno?
Alcuni dei postulati di Hilbert hanno lo scopo di definire la relazione che esprimiamo nel
linguaggio comune “essere fra” (Si veda l’APPENDICE, assiomi II.1-3).
Relazioni di questo tipo non sono indagate esplicitamente da Euclide: è il disegno che fa vedere
la posizione reciproca dei vari elementi che compongono la figura. Ci fidiamo del disegno! Il
passaggio dal disegno alla figura avviene attraverso la formalizzazione di queste relazioni.
Ma fidarsi del disegno può condurre a conclusioni paradossali. Il disegno seguente, fatto da una
mano non molto accurata, porta a dimostrare che tutti i triangoli sono isosceli!
Dato ∆ ABC, sia b la bisettrice di  BAC e sia a l’asse del lato BC. Se a || b, risulta che b è
perpendicolare a BC da cui (per il 2° criterio di congruenza dei triangoli), segue che  ABC =
 BCA e dunque il triangolo dato è isoscele.
Se a non è || b, sia O il punto di intersezione
di a con b, sia OF perpendicolare ad AB e
OE perpendicolare ad AC, come da disegno
qui a fianco riportato.
Allora abbiamo che: ∆ AFO =
∆ AEO
(2° criterio di congruenza), da cui OF = OE.
Inoltre
∆ BDO =
∆ DCO (per il 1°
criterio), da cui OB = OC.
Infine ∆ BOF = ∆ COE , da cui FB = EC
Possiamo quindi concludere che AB = AC, essendo AF = AE e FB = EC, cioè il triangolo dato è
isoscele.
Qual è la posizione corretta di O ? O dovrà essere all’esterno del triangolo dato: ma anche il
disegno qui sotto riportato conduce alla stessa conclusione paradossale!
L’errore consiste nel fatto che i due punti E e F non possono cadere entrambi all’interno o
all’esterno dei rispettivi lati AB e AC. Prima di iniziare una dimostrazione occorre stabilire la
posizione reciproca dei vari elementi che compongono il disegno (dal disegno alla figura).
4. Interpretazione costruttiva dei postulati di Hilbert
Gli Elementi di Euclide fanno della costruzione l’elemento fondante della geometria. I postulati
sono enunciati in termini costruttivi e non in termini esistenziali:
Si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto
è l’enunciato di Euclide del I postulato, che nel testo di Hilbert diventa
Per due punti A, B c’è sempre una retta a che appartiene ad ognuno dei due punti.
L’aspetto costruttivo nel testo di Hilbert è molto più sfumato, ma ciò non esclude la possibilità di
recuperare le costruzioni con riga e compasso anche nella trattazione moderna della geometria.
Sono i postulati che determinano gli “strumenti”: vogliamo dunque stabilire quali sono gli
strumenti che possono esser utilizzati sulla base del sistema di assiomi dati da Hilbert.
L’assioma (Hilbert I. 1):
Per due punti A, B c’è sempre una retta a che appartiene ad ognuno dei due punti
corrisponde all’uso della riga.
L’assioma (Hilbert III. 1):
Se A, B sono due punti di una retta a ed inoltre A’ è un punto sulla stessa retta ovvero
su un’altra retta a’, si può sempre trovare un punto B’, da una data parte della retta a’
rispetto ad A’, tale che il segmento AB sia congruente, ovvero uguale, al segmento
A’B’, in simboli: AB  A’B’.
afferma la possibilità del trasporto di un segmento (l’unicità del trasporto viene da Hilbert
dimostrata) e ciò corrisponde ad esempio all’uso di un compasso per trasportare i segmenti:
trasportatore di segmenti.
Infine l’assioma (Hilbert III. 4):
Siano dati un angolo  (h,k) in un piano  ed una retta a’ in un piano ’, come pure
un determinato lato di a’ in ’. Si indichi con h’ una semiretta della retta a’, che abbia
origine nel punto O’: c’è allora nel piano ’ una ed una sola semiretta k’, tale che
l’angolo  (h,k) è congruente, ovvero uguale, all’angolo  (h’,k’) ed allo stesso tempo
tutti i punti interni all’angolo  (h’,k’) stanno dalla data parte di a’; in simboli: 
(h,k)  (h’,k’). Ogni angolo è congruente a se stesso, cioè si ha sempre  (h,k) 
(h,k).
afferma che ogni angolo può essere trasportato su una data semiretta e in uno dei due semipiani
in modo unico, e ciò corrisponde all’uso di un trasportatore di angoli.
Non è difficile verificare che tutte le costruzioni che precedono la proposizione 29 del libro I di
Euclide (ricordo che le propp. I. 1-28 sono indipendenti dal 5° postulato) possono essere eseguite
nel piano in cui valgano gli assiomi di Hilbert del I, II, III gruppo (piano di Hilbert) e il
postulato sull’intersezione di due circonferenze (enunciato nel § 1 della presente sezione).
5. Equiscomponibilità ed equiampliabilità
Prop. I.35 “Parallelogrammi che siano posti sulla stessa base e fra le stesse rette
parallele sono uguali fra loro”.
Negli Elementi di Euclide la nozione di equivalenza (equiestensione) è indefinita. Euclide fonda
la teoria sintetica dell’equivalenza considerando la relazione di equivalenza tra i poligoni piani
come una relazione che soddisfa alle cinque “nozioni comuni” (enunciate nel § 1 della presente
sezione) e alla proprietà (sottintesa) che poligoni congruenti siano equivalenti. La figura qui sotto
riportata, illustra la dimostrazione di Euclide della nota proprietà espressa nella Prop. I.35:
I triangoli ABE e DCF sono congruenti (per il 2° criterio) e quindi equivalenti. Si sottrae da
ciascun di questi triangoli il triangolo DGE. Per la Noz. comune 3 i “resti”, ovvero i trapezi
ABGD e GCFE, risulteranno equivalenti. A ciascuno dei trapezi ABGD e GCFE si somma il
triangolo BCG: per la Noz. comune 2, le “totalità”, ovvero i parallelogrammi ABCD e EBCF
risulteranno equivalenti.
Per evitare di appesantire i fondamenti della geometria con nozioni non definite e allo stesso
tempo per restare fedele al carattere sintetico della trattazione euclidea, Hilbert riconduce
l’equivalenza alla congruenza, nozione che come abbiamo già osservato risulta definita dai
postulati del III gruppo. A tale scopo si introduce la nozione di equiscomponibilità:
DEFINIZIONE.
Due poligoni convessi si dicono equiscomponibili se si possono decomporre in unioni di
uno stesso numero finito di poligoni convessi (in particolare triangoli), due a due senza
punti interni comuni rispettivamente congruenti.
D’ora in avanti userò la parola somma per indicare l’unione di poligoni così fatta (non
sovrapposta). L’equiscomponibilità è una relazione tra i poligoni che gode delle proprietà
riflessiva, simmetrica e transitiva (è dunque una relazione di equivalenza). Inoltre le somme di
poligoni equiscomponibili sono poligoni equiscomponibili.
Ritornando al procedimento dimostrativo della prop. I.35, notiamo che Euclide non dimostra
l’equiscomponibilità dei due parallelogrammi dati, perché i “pezzi” con cui scompone le figure
non sono sempre a due a due congruenti (ma solo equivalenti).
Il ragionamento di Euclide permette tuttavia di dimostrare l’equiscomponibilità dei due
parallelogrammi, quando questi si trovino in posizione “particolare”:
Caso a) I due lati superiori si
Caso b) I due lati superiori
sovrappongono solo in un vertice
hanno un segmento comune
Resta allora da dimostrare l’equiscomponibilità dei due parallelogrammi nel caso della figura
data da Euclide.
Innanzitutto, si considerano sulla retta per EF i multipli del lato EF (dalla parte di F): esisterà un
multiplo del segmento EF che risulti maggiore del segmento EC (ciò è garantito dal Postulato
di Archimede, che negli Elementi viene introdotto nel libro V e in Hilbert è l’assioma V.1): siano
F, L1, …, Lr i loro estremi. Si considerano i parallelogrammi che insistono su AB e che hanno,
rispettivamente, lati EF, FL1, L1L2, …, Lr-1Lr, CD: il primo è equiscomponibile al secondo(caso
a)), il secondo al terzo (caso a)),…, il penultimo all’ultimo (caso b)) e quindi per la transitività
della relazione di equiscomponibilità, il primo risulterà equiscomponibile all’ultimo.
Questa dimostrazione formalmente ineccepibile, non è di tipo costruttivo, perché non vediamo i
“pezzi” che danno l’equiscomposizione: una costruzione darebbe una soddisfazione intellettuale
più intensa! La dimostrazione ha però il pregio di suggerire la via per la costruzione del “puzzle”:
Ritornando ad Euclide la sua dimostrazione consiste in questo (si veda la figura relativa alla
Prop. I.35). Siano P e P’’ i due parallelogrammi dati e sia Q il triangolo DGE . Si ha che
P + Q = ∆ ABE + ∆ GBC
P’’ + Q = ∆ DCF + ∆ GBC
E poiché ∆ ABE = ∆ DCF, P + Q e P’’ + Q sono equiscomponibili.
Alla luce della seguente definizione
DEFINIZIONE
Due poligoni P e P’’ sono equiampliabili se esistono due poligoni Q e Q ’
equiscomponibili tali che P + Q e P’’ + Q’ siano equiscomponibili (Hilbert, p. 72)
possiamo concludere che Euclide nella prop. I.35 dimostra l’equiampliabilità dei due
parallelogrammi dati.
L’equiscomponibilità
implica
l’equiampliabilità.
L’equiampliabilità
implica
l’equiscomponibilità? La risposta è affermativa, ma occorre che nella nostra geometria valga il
postulato di Archimede: l’implicazione equiampliabilità 
equiscomponibilità fallisce nelle
geometrie non-archimedee (vedi Hilbert, p. 74).
La prop. I.35 ha una parte importante nella teoria dell’equivalenza. Tramite questa proprietà
Euclide dimostra il Teorema di Pitagora (Prop. I.47) che insieme al suo reciproco (prop. I.48)
chiudono il I libro degli Elementi. L’enunciato del teorema di Pitagora è espresso in termini di
equivalenza di poligoni piani ed Euclide propone una dimostrazione che è fedele a questo spirito.
Così, anche quello che oggi è noto come 1° Teorema di Euclide ha in questo contesto una
formulazione in termini di equivalenza, cioè il quadrato costruito su un cateto è equivalente al
rettangolo costruito sull’ipotenusa e sulla proiezione sull’ipotenusa del cateto: da ciò Euclide
deduce il teorema di Pitagora.
6. Quali sono i problemi risolubili con la riga ed il compasso?
La matematica greca non ha una risposta generale a questo problema. Il libro I della “Géométrie”
di Cartesio (pubblicata in appendice al “Discours de la Méthode” nel 1637), che si intitola “Des
problèmes qu’on peut construire sans employer que des cercles et des lignes droites”, inizia
proprio da questo problema. In termini di oggi il risultato di Cartesio può essere così espresso:
TEOREMA di Cartesio
Nel piano cartesiano reale, dove sono stati fissati i punti O (0,0) e X (1,0), siano dati i
punti P1 (a1, b1), P2 (a2, b2), …, Pn (an, bn). Allora è possibile costruire il punto Q (α, β )
con la riga ed il compasso se e solo se α e β possono essere ottenuti da a1, a2, …, an e
da b1, b2, …, bn con un numero finito di operazioni di somma, sottrazione, prodotto e
divisione e con la risoluzione di un numero finito di equazioni lineari e di equazioni
quadratiche che richiedano l’estrazione di radici quadratiche di numeri reali positivi.
In forma concisa la risposta è dunque:
“ I problemi risolubili con la riga ed il compasso sono i problemi di primo grado e di
secondo grado, ed inoltre i problemi di grado superiore, la cui risoluzione si può far
dipendere dalla risoluzione di una successione di problemi di grado ≤ 2 ”. (Citato
dall’articolo di G. Castelnuovo, “Sulla risolubilità dei problemi geometrici …”
pubblicato nelle “Questioni riguardanti le Matematiche elementari” di F. Enriques)
Mascheroni nel volume “La Geometria del compasso” (Pavia, 1797) affronta il problema di quali
siano le costruzioni eseguibili con il solo compasso. L’opera di Mascheroni ebbe in Francia
immediata risonanza. Il 10 dicembre 1797 Napoleone è a Parigi per celebrare la pace di Campo
Formio ( Cessione di Venezia all’Austria). Il giorno seguente Napoleone incontrò Lagrange e
Laplace ai quali raccontò di aver letto durante la campagna d’Italia il libro di Masceroni,
tessendone le lodi:
“Generale! Ci aspettavamo tutto da voi, ma non delle lezioni di Geometria! ”
sembra sia stato il commento di Laplace (citato dalle “Leçons sur les constructions
géométriques, professées au Collège de France en 1940-41” di H. Lebesgue).
TEOREMA di Mascheroni
Ogni costruzione effettuabile con la riga ed il compasso può anche essere fatta con il
solo compasso.
Per concludere possiamo allora chiederci quali siano i problemi risolubili con la sola riga? La
risposta in forma concisa è la seguente:
Sono risolubili con la sola riga i problemi geometrici di primo grado e questi soltanto
citato dall’articolo di G. Castelnuovo “Sulla risolubilità…”, al quale rinviamo.
APPENDICE
Per comodità del lettore si riportano qui di seguito i postulati di Hilbert.
Nella trattazione moderna della Geometria si parte da alcuni concetti primitivi, di cui non viene
data nessuna esplicita definizione perché se definire significa costruire un nuovo concetto
partendo da concetti precedenti già definiti, bisogna cominciare da qualcosa che non deve essere
definito, ma accettato appunto come concetto primitivo; questi concetti verranno poi
implicitamente definiti attraverso i postulati che li collegano. Sul problema della definizione
degli enti fondamentali leggiamo dal testo di Hilbert:
Consideriamo tre diversi sistemi di oggetti: chiamiamo punti gli oggetti del primo
sistema e li indichiamo con A,B,C, …; chiamiamo rette gli oggetti del secondo sistema e
li indichiamo con a,b,c, …; chiamiamo piani gli oggetti del terzo sistema e li indichiamo
con α, β, γ, …; i punti si chiamano anche elementi della geometria della rette, i punti e le
rette gli elementi della geometria piana, i punti, le rette ed i piani gli elementi della
geometria solida o dello spazio.
Per definire le relazioni fra gli oggetti fondamentali (relazioni di appartenenza, di ordine, di
uguaglianza,…) Hilbert divide i propri assiomi in cinque gruppi:
 assiomi di collegamento. Gli otto assiomi di questo gruppo definiscono la relazione di
appartenenza di punti, rette e piani nello spazio tridimensionale.
 assiomi di ordinamento. I quattro assiomi di questo gruppo definiscono la relazione “essere
fra”; permettono l’ordinamento dei punti della retta e permettono di dimostrare che su una
retta ci sono infiniti punti.
 assiomi di congruenza. I cinque assiomi di questo gruppo definiscono la congruenza fra
coppie di segmenti (i primi tre: assiomi lineari), poi la congruenza tra coppie di angoli
(quarto assioma); infine viene presentato un assioma che collega la congruenza fra segmenti e
quella fra angoli.
 assioma delle parallele.
 assiomi di continuità.
Assiomi di collegamento
I.1- Per due punti A, B c’è sempre una retta a che appartiene ad ognuno dei due punti A, B.
I.2- Per due punti A, B c’è al massimo una retta che appartiene ad ognuno dei due punti A, B.
I.3- Su una retta ci sono sempre almeno due punti. Ci sono almeno tre punti che non giacciono su
una retta.
I.4- Per tre punti qualsiasi A, B, C, che non giacciono su una stessa retta, c’è sempre un piano α
che appartiene ad ognuno dei tre punti A, B, C. Per ogni piano c’è sempre un punto che gli
appartiene.
I.5- Per tre punti qualsiasi A, B, C che non giacciono su una medesima retta, c’è al massimo un
piano che appartiene a ciascuno dei tre punti A, B, C.
I.6- Se due punti A, B di una retta a giacciono in un piano α, allora ogni punto di a è nel piano α.
I.7- Se due piani α, β hanno in comune un punto A, allora hanno in comune almeno un altro punto
B.
I.8- Ci sono almeno quattro punti che non stanno in un piano.
Assiomi di ordinamento
II.1- Se un punto B giace fra un punto A ed un punto C, allora A, B, C sono tre punti distinti di
una retta e B giace pure fra C ed A.
II.2- Per ogni due punti A e C, c’è sempre almeno un punto B, sulla retta AC, tale che C giace fra
A e B.
II.3- Di tre punti qualsiasi di una retta ce n’è al massimo uno che giace fra gli altri due.
II.4- Siano A, B, C tre punti non allineati ed a una retta del piano ABC che non passi per alcuno
dei punti A, B, C: allora, se la retta a passa per un punto del segmento AB, essa passa certamente
anche per un punto del segmento AC ovvero per un punto del segmento BC. (intuitivamente: se
una retta entra all’interno di un triangolo, essa ne esce pure)
Assiomi di congruenza
III.1- Se A, B sono due punti di una retta a ed inoltre A’ è un punto sulla stessa retta ovvero su
un’altra retta a’, si può sempre trovare un punto B’, da una data parte della retta a’ rispetto ad
A’, tale che il segmento AB sia congruente, ovvero uguale, al segmento A’B’, in simboli: AB 
A’B’.
III.2- Se un segmento A’B’ ed un segmento A’’B’’ sono congruenti ad uno stesso segmento AB,
allora anche il segmento A’B’ è congruente al segmento A’’B’’; ovvero, brevemente: se due
segmenti sono congruenti ad un terzo essi sono congruenti fra loro.
III.3- Siano AB e BC due segmenti senza punti in comune su una retta a ed A’B’ e B’C’ due
segmenti sulla stessa retta o su un’altra retta a’, sempre senza punti in comune; allora se è AB 
A’B’ e BC  B’C’ è pure: AC  A’C’.
III.4- Siano dati un angolo  (h,k) in un piano  ed una retta a’ in un piano ’, come pure un
determinato lato di a’ in ’. Si indichi con h’ una semiretta della retta a’, che abbia origine nel
punto O’: c’è allora nel piano ’ una ed una sola semiretta k’, tale che l’angolo  (h,k) è
congruente, ovvero uguale, all’angolo  (h’,k’) ed allo stesso tempo tutti i punti interni all’angolo
 (h’,k’) stanno dalla data parte di a’; in simboli:  (h,k)   (h’,k’).
Ogni angolo è congruente a se stesso, cioè si ha sempre  (h,k)  (h,k).
III.5- Se per due triangoli ABC ed A’B’C’ valgono le congruenze: AB  A’B’, AC  A’C’, BAC 
 B’A’C’, allora è sempre valida anche la congruenza  ABC   A’B’C’.
Assioma delle parallele
IV.1- Siano a una qualsiasi retta ed A un punto fuori di a: allora c’è, nel piano definito da A e da
a, al massimo una retta che passa per A e che non interseca la a. (Assioma delle parallele)
Assiomi di continuità
V.1- Se AB e CD sono due segmenti qualsiasi, c’è un numero n tale che il trasporto del segmento
CD reiterato n volte da A sulla semiretta passante per B, porta al di là del punto B. (Assioma di
Archimede).
V.2- Il sistema dei punti di una retta con le sue relazioni di ordinamento e congruenza non è
suscettibile di un ampliamento per il quale rimangono inalterate le relazioni sussistenti tra gli
elementi precedenti come pure le proprietà fondamentali di ordinamento lineare e congruenza che
seguono dagli assiomi I-III ed anche V.1.(Assioma di completezza lineare)
Letture suggerite

I classici
Euclide, Gli Elementi, a cura di A. Frajese e L. Maccioni, UTET, 1970.
D. Hilbert, Fondamenti della geometria, Feltrinelli, 1970.

Approfondimenti
R. Hartshorne, Geometry: Euclid and beyond, Springer, 2000.
Benno Artmann, Euclid. The Creation of Mathematics, Springer, 1999.
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