1) L`INCONCIO E LE SUE VICISSITUDINI

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Sviluppi e cambiamenti nella concezione psicoanalitica dell’inconscio: conseguenze
metodologiche e relative ripercussioni sulla tecnica analitica.
Alle origini della psicanalisi.
L’inconscio per Freud, un ospite indesiderato.
“é più o meno come se io invitassi a uscire dal mio salotto o
dalla mia anticamera un ospite indesiderato, o se invece,
dopo averlo riconosciuto, non gli lasciassi neppure varcare la
soglia della mia casa.”1
Freud ha sempre dovuto cercare di comprendere la complessità dell’umano in termini di
meccanismi energetico-neuronali, ma è partito da ipotesi scientifiche embrionali e, alla luce delle
attuali conoscenze, decisamente fuorvianti. La conclusione, una razionalizzazione scientifica direi,
nella quale la personale visione della vita del geniale fondatore della psicanalisi penso abbia
contribuito fortemente, non poteva che essere improntata al pessimismo rispetto alle possibilità di
cura, per l’ineluttabilità della pulsione di morte che trova espressione nella coazione a ripetere,
manifestazione ultima del principio d’inerzia o ritorno allo zero, per Freud insita nel biologico, una
specie di retaggio di un caos pre-biotico, pre-creazionale al quale il fragile-io, rappresentante di una
razionalità impotente deve arrendersi, dopo aver tentato di ordinare l’inordinabile mortifero
straniero.
Ma a quali fondamenti scientifici Freud si riferisce, prendendoli così sul serio e tirandoli, alle
estreme conseguenze, peraltro talvolta contraddicendosi? Sono ancora accettabili?
Dal “Progetto” risulta evidente che Freud, per spiegare il funzionamento della mente, e con esso
tutto l’essere umano, pensa ad un sistema basato su due tipi di neuroni, un neurone permeabile, in
grado cioè di far scorrere liberamente dentro di se l’energia ( pulsione o libido), ed un neurone
impermeabile in grado di ritenere il flusso d’energia.
Da questi due concetti Freud fa derivare una serie di conseguenze ( una visione “dinamicamente
binaria”, si /no, acceso/spento, permesso/ non permesso, tutto/nulla: desiderio/negazione?)
I neuroni permeabili, permettendo il passaggio di energia, sono responsabili della percezione, ma
non potendo trattenere tracce, che ne altererebbero la risposta successiva, non possono supportare il
fenomeno della memoria, che è invece prodotto dai neuroni impermeabili.
Percezione e memoria vengono perciò separate e ritenute tra loro incompatibili.
Il passaggio tra neuroni impermeabili risponde al meccanismo dell’arco riflesso ed avviene secondo
il principio dei vasi comunicanti: il passaggio avviene lungo vie di minore resistenza (le
facilitazioni mnestiche) ed è fissato inesorabilmente dal primo passaggio. Lo scopo finale è far
uscire tanta energia quanta ne è uscita, secondo il principio d’inerzia. Ecco la futura pulsione di
morte. Lo “zoccolo duro biologico incurabile” di “Analisi terminabile ed interminabile” è già
presente ed è insito nel fatto che la pulsione, la libido, scorrendo nei neuroni permeabili, passando
però da neuroni meno-impermeabili (ecco una contraddizione) tende a ripristinare lo zero.
Freud ipotizza il processo primario in questo libero scorrere, un processo in cui l’energia è slegata e
diventerà la pulsione sessuale di morte2: tutto quanto di egoalieno e sconcertante è possibile trovare
nell’esplorazione dell’inconscio. L’ipotesi stessa di funzionamento lo configura come una
1
2
freudone. 8, p.42
<elementi per unaa tetaspci 167
“macchina” per la quale il godimento, collegato ad una scarica, è “scientificamente identificato”
alla morte: una macchina funzionante su principi impersonali.
Nel progetto, l’io, come descrive Laplanche3 “è agente di inibizione, freno, zavorra”. Freud lo
identifica nei neuroni che producendo un investimento laterale, introducono una deviazione, aprono
un’altra diga di deflusso, inserendo una possibile variabile nel scorrere dell’energia. E’ la base del
cosiddetto processo secondario, nel quale l’energia è legata (pulsione sessuale di vita, libido dell’io
e dell’oggetto, eros): i neuroni permeabili, grazie alla besetzung, investimento, o
meglio“occupazione”, operata su di loro dall’energia, regolano quello che sarebbe un defluire
pericolosamente libero, destinato all’annullamento, in un processo più “civile”, ma probabilmente
più triste, come Freud dice nel “Disagio della civiltà”
Le contraddizioni sono già evidenti,
neuroni permeabili
= energia libera
= sensibilità
= coscienza (con la sua labilità temporale):
ma anche base del processo primario che è per definizione inconscio.
Neuroni permeabili = energia legata = processo secondario e dunque conscio
ma anche la base della memoria, che Freud situa immediatamente nell’inconscio, dal quale deve
emergere per ottenere accesso alla coscienza.
Dunque, presupponendo due classi di neuroni, Freud pone su piani apparentemente inconciliabili
inconscio e conscio, memoria e percezione, e presuppone la presenza di un protobionte primitivo,
ancora vivo in noi, destinato all’allucinazione e/o alla morte, perché meccanicamente in cerca di
scarica a zero, il quale, avendo incominciato a gestire modeste cariche d’energia endogena, ed
essendo passato da un principio d’inerzia ad un principio di costanza minima, avrebbe imparato
dalle frustrazioni imposte dalla realtà ( non si sa come arrivando vivo per poterlo fare) a vivere
civilmente e coscientemente.
Conseguenze metodologiche e tecniche.
In una logica positivista, il metodo non poteva che essere una ricostruzione ritenuta oggettiva della
storia del paziente, evidenziando e, possibilmente superando le resistenze originate dal conflitto
pulsionale, dando spazio all’io dove prima c’era l’es. L’insight era offerto dallo psicanalista con la
comunicazione dell’interpretazione, la quale, citando Pontalis Lapalche “ sembra più vicino a
spiegazione, chiarimento”
C’è l’idea che l’intepretazione sia una spiegazione scientificamente neutra che esaminando le
associazioni libere riprodurrebbe a ritroso i passaggi mnesici ” obbligati “ depositati nelle
facilitazioni mnsesiche tra neuroni, caratteristici del processo primario, inconscio. Nella stessa
logica lo psicanalista è considerato uno specchio neutrale, al di fuori della relazione grazie al lavoro
dell’analisi personale (autoanalisi per Freud!) che permetterebbe l’esclusione degli effetti del
controtransfert.
La tecnica è conseguentemente espressione di neutralità, per cui diventava necessario sedersi fuori
dalla vista del paziente, fatto sdraiare sul lettino in un atteggiamento favorente invece la
regressione, e quindi la comparsa del transfert, la cui comparsa poneva all’analista solo il problema
della sua analisi e del suo dissolvimento.
3
idem 39
Teorie relazionale, infant research,
neuroscienze,
cognitivismo,
ermeneutica, costruttivismo. (altri modi di pensare su conscio, inconscio,
ed “io soggetto”)
Lo studio più recente del sistema nervoso ha consentito di comprendere che la suddivisione in
neuroni permeabili ed impermeabili a cui Freud si riferisce, é semplicemente insostenibile, e, a mio
parere, anche i concetti di processo primario e secondario, ed inconscio e conscio fondate su questa
divisione. Se mai questa esistesse, non troverebbe la sua spiegazione nella struttura biologica del
cervello. Questa divisione sancisce in maniera artificiale una separazione tra un supposto disordine
ed un supposto ordine, una supposta irrazionalità ed una supposta razionalità, motivando con residui
di strutture arcaiche la psicopatologia.
Diversamente da quanto Freud ipotizzava, tirandone le estreme conseguenze, tutti i neuroni hanno
sia proprietà di conduzione dello stimolo nervoso, sia di integrazione di stimoli provenienti da altri
neuroni, e cioè di processazione delle informazioni, e soprattutto hanno capacità di memoria.
Contro la tesi di Freud di un organismo primitivo originariamente disinteressato alla
interazione/relazione con l’esterno, le teorie dei cognitivisti sostengono che i sistemi nervosi degli
organismi più semplici della razza umana regolano, al di fuori da ogni sospetto di autocoscienza ed
anche prima della semplice mentalizzazione, comportamenti ed emozioni sofisticatissime nelle
quali è difficile identificare fasi allucinatorie solipsistico-monadiche: un uccello allontanerà un suo
simile dalla zona del proprio nido, non conoscendone il motivo perché lo fa, almeno nel modo come
noi intendiamo conoscere i motivi, ma sicuramente con uno scopo del tutto razionale.
Liotti descrive “sistemi motivazionali interpersonali” presenti già nei rettili e regolanti in maniera
totalmente istintuale (nel senso di comportamento geneticamente codificato e preordinato) il
comportamento e le interazioni tra soggetti di uguale specie. Nel procedere dell’evoluzione in
direzione dell’uomo il sorgere della coscienza, pare connessa alla regolazione di più individui
all’interno di un gruppo ed è parte di un sistema sociale altamente interattivo.
E’ esperienza comune la contagiosità dello sbadiglio, e, se ai nostri tempi può essere un problema di
“educazione”, in fasi più antiche del processo di “ominazione” della nostra specie, probabilmente
era molto funzionale che il gruppetto d’ominidi s’addormentasse insieme nello stesso posto, per vari
ordini di motivi come la regolazione della temperatura corporea e la sicurezza dall’attacco di
nemici.
Esiste dunque una parte del nostro sentire di esserci non autoriflessivo, possiamo dire inconscio, ed
in comune con specie più semplici della nostra, che è governato da logiche relazionali che
affondano nel biologico, ed al contrario, la regolazione del gruppo, l’interpersonale plasma il
biologico.
Nelle RIG Daniel Stern, sulla linea dei “modelli operativi interni” di Bowlby, descrive la natura
relazionale alla base della molteplicità degli stati mentali:
Noi, invece, ci interessiamo di bambini in età preverbale ….gli episodi importanti per noi, quindi,
sono quelli che implicano interazioni interpersonali di vario tipo. E per giunta, non ci interessano
tanto gli eventi quanto l’esperienza interattiva. Io avanzo l’ipotesi che anche questi episodi siano
riportati alla media e rappresentati in forma preverbale. Sono rappresentazioni di interazioni che
sono state generalizzate (RIG)
La mia ipotesi è che ognuna delle molte e diverse relazioni con lo stesso”altro regolatore del se”
avrà una propria RIG. E quando vengono attivate diverse RIG il bambino sperimenta di nuovo
diversi modi di essere con ”l’altro regolare del se”….in altri termini, si potrebbe affermare che la
vita del bambini è così completamente una vita sociale che la maggior parte delle cose che il
bambino sente e percepisce si verificano nell’ambito di diversi tipi di relazione. Un compagno
evocato, una rappresentazione interna, un modello operativo o un’unione fantasticata con la madre
non sono né più ne meno che la storia di specifici tipi di relazione(nella terminologia di Bowlby,
1980) o il ricordo prototipico di molti specifici modi di essere con la madre, secondo la nostra
terminologia. Una volta che abbia cominciato a funzionare la memoria di richiamo per indizi, le
esperienze soggettive diventano in larga misura esperienze sociali, indipendentemente dal fatto di
essere soli o no. In realtà, grazie alla memoria ben si rado siamo soli, anche (e soprattutto) durante
i primi mesi di vita. Il bambino s’ impegna con compagni esterni reali per un certo tempo, e con
compagni evocati per quasi tutto il resto del tempo. Lo sviluppo richiede un dialogo costante, in
genere muto
Questa concezione secondo la quale si è quasi di continuo con compagni reali o evocato, abbraccia
anche ciò che generalmente s’intende quando si dice che il bambino ha imparato a nutrire fiducia o
a sentirsi sicuro nell’esplorare il modo circostante. Che cosa può creare fiducia o sicurezza
nell’esplorazione del mondo, all’inizio, se non il ricordo di passate esperienze di esplorazione
compiute dal sé con l’altro? Il bambino, in realtà, non è solo, ma è accompagnato da compagni
evocati estratti da più RIG, che operano a vari livelli di attivazione e di consapevolezza
In sintesi: il bambino nel rapporto con le figure d’attaccamento parentali generalizza gli episodi
singoli depositati nella memoria procedurale, ne identifica delle costanti costituendo delle
“rappresentazioni di interazioni generalizzate”; si costruisce in questo modo degli specifici pattern
d’interazione che portano in sé delle previsioni sull’andamento di particolari situazioni,
generalizzazioni di relazioni io-altro; essendo basate nei primi mesi di vita su memorie implicite,
non riflessive, il cui richiamo avviene per indizi, rimangono inaccessibili a quanto chiamiamo
autocoscienza, ma costituiscono, usando la terminologia di Stern il “Se nucleare”, il nostro sentire
di esserci che continua ad essere, al di là del livello autoriflessivo, costituendo la base, più o meno
ricca, flessibile, creativa o povera, rigida e ripetitiva, oggetto di futura significazione autocosciente.
Conscio ed inconscio trovano dunque qualche spiegazione in più sia negli ambiti biologici, nella
infant research e nelle teorie relazionali, ma ritengo che il mistero della persona, come
esperimentatore di “sentirsi vivere” ed in più come produttore autoreferente di significati resta, in
ultima analisi, al di là delle spiegazione biologica, meccanica, funzionalista, computeristica, relativa
alla teoria dei sistemi complessi.
A questo proposito mi pare particolarmente eloquente questo brano di Di Francesco (La coscienza)
Lo Sviluppo della scienza moderna ci ha resi sempre più edotti sul modo in cui funziona “la
macchina del pensiero” tanto sul piano della ricerca neurobiologica quanto su quella della
psicologia, dell’intelligenza artificiale e della scienza cognitiva in genere, i meccanismi della
percezione, del ragionamento, del linguaggio, dell’emozione, dell’azione ci sono sempre più noti.
In tal senso, quindi, la domanda “come può la materia pensare?” ha trovato una risposta- sia essa
attraverso l’esame del funzionamento del cervello o l’identificazione tra attività cognitiva e
processi computazionale. D’altra parte, in una diversa prospettiva, la nostra questione di fondo
rimane inevasa: come è possibile che i processi fisici-chimici dell’attività neurale e(o l’architettura
funzionale esibita da un certo processo computazionale possono produrre quel tipo di sensazioni
qualitative in cui consiste la nostra coscienza vissuta?
…al progresso nella conoscenza delle basi neurobiologiche e allo sviluppo dei modelli cognitivi
della coscienza non corrisponde alcun progresso della questione centrale della spiegazione del
perché “faccia un certo effetto” essere coscienti”.
Per stare nell’umano, che è irriducibilmente libero, pur essendo originariamente contestualizzato in
una rete di relazioni fondanti una struttura, per quanto il meccanismo biologico possa dare
importanti contributi è necessario rimanere nei significati, nell’ermeneutica, e come tale “il solo
ermeneuta, quello preposto al dare senso, più o meno adeguato, di fatto sempre inadeguato, alla
propria esistenza esposta all’altro, non può essere se non l’individuo umano stesso”4. L’unico
ermeneuta é chi produce i significati. Vedremo successivamente perché sempre inadeguato.
Se l’inconscio non è quanto descritto da Freud, o perlomeno non funziona come il grande vecchio
della psicanalisi riteneva, che cos’è, cosa sappiamo del suo funzionamento e che implicazioni ha sul
processo e sulle tecniche psicanalitiche?
Non credo sia il luogo dell’irrazionalità o “dell’ospite indesiderato 5” (nel senso di ospite straniero,
forse nel senso di ospite, colui che ospita ed è ospitato, comunque non sconosciuto ed estraneo):
tuttavia, in questo “antropomorfismo”, come li definisce Laplanche6, Freud si lascia scappare una
concezione dell’inconscio non basata sull’apparato psichico, nella quale fa capolino un “soggetto
referente unitario” 7, originariamente relazionale. Freud dunque, parlando della rimozione, il
meccanismo che per eccellenza determinando il rimosso definisce lo status delle rappresentazioni
che costituiscono l’inconscio dinamico, lo sottrae alla meccanicità dell’apparato e lo qualifica come
una volontà personale, un soggetto che riconosce qualcosa come inaccettabile, pericoloso e decide,
in qualche modo di tenerlo fuori. Ma cosa, o meglio chi rimane fuori, o meglio viene cancellato sul
nascere, o meglio è “il significato che non fu”8? ( se in quanto autocosciente non fu mai, fu e
continua ad essere in qualchemodo?)
Nella logica relazionale di Stephen Mitchel, il rimosso con è più il conflitto tra la pulsione (energia
impersonale) e l’io che stabilisce delle difese, ma una conflitto tra diverse rappresentazioni io-altro
sviluppatesi all’interno della matrice relazionale. Cito
gli antagonisti nei conflitti psicodinamici fondamentali sono le configurazioni relazionali, le
passioni conflittuali inevitabili all’interno di ogni relazione, e le richieste opposte, necessariamente
in compatibili tra le diverse relazioni e identificazioni significative : (S. Mitchell, Gli orientamenti
relazionali in psicoanalisi. 1988 Boringhieri, p 11)
una lotta tra la fedeltà a due relazioni parimenti importanti.
Poiché i pattern di relazione preverbali, e gli stati mentali associati vengono impressi su memorie
procedurali, implicite, vanno a costituire quei dati preconcetti, quelle visioni apriori del mondo.
La variabilità, la creatività e la giocosità di questi modelli costituiscono una buona base di partenza
per le future capacità di dare significato.
Nel concetto di mentalizzazione di Fonagy penso vi sia la sintesi di come il biologico s’intersechi
nel culturale e reciprocamente s’influenzino, descrivendo un continuun tra il nostro esserci
preriflessivo ed il nostro esserci riflessivo, nel quale quanto viene prima continua ad orientare
quanto viene successivamente, rimanendo riconoscibile e rintracciabile.
Cito Fonagy:“la funzione riflessiva o “mentalizzazione” permette al bambino di “leggere”la
mente delle persone. Attribuendo stati mentali, il bambino rende significativo e prevedibile il
comportamento altrui, diventa in grado di mettere in atto flessibilmente , grazie a una
molteplicità di modelli rappresentazionali sé-altro, organizzati sulla base di
esperienze
precedenti, il comportamento più appropriato per rispondere, in modo adattivo, ai singoli scambi
interpersonali.(…..) Da un punto di vista evolutivo, ciò sembra implicare la necessità, nella
prima infanzia, di un’operazione mentale che permette di derivare lo stato del sé dalla percezione
dello stato mentale dell’altro. L’esplorazione del significato delle azioni altrui è un precursore
dell’abilità del bambino di catalogare e attribuire significato alle proprie esperienze
psicologiche”.9
Ritengo che Fonagy parli di una sorta di mappatura di aree nelle le quali è, secondo diverse
sfumature caldeggiato, consentito, sconsigliato, proibito, esplorare: questa diventa una rete di
riferimento implicita nel quale il soggetto successivamente si muove dando significati. La
4
Lapalnche J (1996) Obiettivi del processo psicanalitico trad it., Ricerca Psicanalitica, 19998, 2 ( Citato in Midolli M.
Alla ricerca di un significato che non fu. Tocerca Psicanalitica. 2000, XI,1
5
nota 1
6
Laplanche Elementi per una metapscicologia
7
Minolli
8
Alla ricerca del significato che non fu Minolli
9
ibidem
sofferenza o la patologia che mina alla base la pensabilità (perché la mente dell’adulto care-giver
conteneva angoscia o pericolosità non contattabili) in un certo senso riduce, ingessa, ma non azzera
mai la possibilità di manovra.
In questo senso, parafrasando Minolli, lasciamo al paziente l’ermeneutica e ad noi lasciamo il
decostruttivismo delle rigidità. In questo senso, come dice Laplanche “l’ermeneuta è sempre
inadeguato”. Di fatto esistono degli apriori nel modo di pensare, provare emozioni, comportarsi che
non possono essere conosciute secondo modalità autocoscienti, e la cui ricostruzione fatta dal
paziente o dall’analista non è che un “zuruckfantasieren”. Oltre la barriera della amnesia infantile
nella quale i sistemi di rievocazione mnesica esplicita sono immaturi e funziona solo la
rievocazione delle memorie implicite per indizi è possibile solo fare ipotesi. Come per la tavoletta
ittita citata da Michele Midolli, sappiamo che diceva qualcosa, ma non è possibile ricostruire cosa.
Tuttavia, devo dire che l’esempio, a mio parere, non descrive bene il passaggio tra i due ambiti della
coscienza diretta e riflessa. Forse bisognerebbe parlare di etruschi: Se trovassimo una tavoletta
etrusca( non so se avevano una scrittura) non potremmo tradurla: ma la comprensione dell’essere
etruschi passa attraverso attraverso altri canali e la cultura etrusca, per uno storico esperto, credo sia
rintracciabile chiaramente in vari tipi di tracce presenti in culture successive, che non sarebberero
tali se non fossero entrate in contatto/relazione con la cultura etrusca. Allo storico attento non credo
sfugga l’etrusco che sta in ogni italiano.
Nelle teorizzazione di Minolli le fasi di formazione del sè precedente il 18 mese, vengono
sintetizzate nel concetto di organizzazione primaria “una serie ripetuta di esperienze strutturanti
legate al corpo e all’interazione col l’altro da se” data dall’interazione con la le figure parentali:
verificandosi nella fase della coscienza diretta “dà luogo a rappresentazioni, ma non accompagnate dalla
qualità autocosciente” (dispense M)
Coll’emergere della struttura secondaria emerge anche l’autoscoscienza “che coglie riflessivamente
l’immagine nello specchio come propria…... Solo in questo senso si può parlare, a proposito
dell’immagine di “oggettivazione dell’autocoscienza”.
In questa concezione l’inconscio “l’es, ma preferisco parlare di “rimosso”, è risultato di
rimozione ossia di non traduzione o di non significazione. Il rimosso è quindi “non psichico”
riflessivo. Come funziona l’io davanti al proprio rimosso o non psichico? Se motivazione ultima
dell’io e “essere”, davanti al non essere psichico, l’io si salva difendendosi con l’adozione di
costruzioni di copertura: significati racconti, romanzi inventati o presi a prestito a copertura del
rimosso. E’ questo il significato che do a questa affermazione di Laplanche “quando il sistema
psichico, con la sostituzione dell’io come istanza, si chiude su se stesso, l’alterità si sposta
all’interno: e l’es che diventa das Andere, l’altro per eccellenza, un altro interno”
(alla ricerca di un significato che non fu)
Ricompare lo “straniero” di freudiana memoria?
Personalmente rimango perplesso di fronte ad una concezione nella quale la coscienza riflessiva sembra
qualcosa di sovrapposto, nuovamente estranea alla coscienza diretta, (uno spreco di precursori, basata su
cosa, se sganciata strutturalmente?) La coscienza riflessa si occuperebbe di significare la struttura data, che
“Tolemaicamente”, impegnata nella ricerca di rispecchiamento con l’altro significativo, s’aliena nel
proclamare propri significati dati dall’altro, che è parte di noi, interiorizzato, noi in certo senso , ma non noi
perché i significati non originano dalla propria autoriflessività. Trovando vuoti del “essere psichico”
verremo colmati con strutture di copertura. Ma in che senso trova dei buchi? Se prima non c’era ed al 18
mese compare, se non c’è una qualche continuità tra le due proprietà della coscienza (e dei sistemi mnesico
implicito ed esplicito), se non esiste una “traduzione intersemiotica” , se non proprio “interlingistica”, per
citare La planche, non può che trovare vuoto, oppure può significare solo una struttura da guardare con
stupore, perchè emergente dal nulla. Perché dovrebbe coprire difensivamente qualcosa d’estraneo a se per
così dire razionalizzandolo, tutto quanto viene prima, se non esiste un sovrapporsi di senso del sé percepiti
dallo stesso soggetto sempre come se stesso? Cosa ne è di quello che c’e prima, se non è psichico?
Personalmente ritengo che la mentalizzazione sia il precursore e l’elemento unificante. Non credo, come
Fonagy che ci sia una interiorizzazione dell’altro che ci pensa pensanti10, (relazioni oggettuali invadenti!)
10
Attaccamento e f rigl p 84
mi pare più convincente Stern, che ipotizza che gli eventi singoli (interazione bambino-adulto) vengano
memorizzati e generalizzate in funzione delle costanti rilevate.
In queste interazioni precoci succederà anche che madri depresse verranno rianimate da bambini attivi: non
esistono bambini tabule rase dove i caratteri dei genitori scrivono: anche a livello preriflessivo nulla è deciso
meccanicisticamente. Infatti Fonagy negli studi sull’evoluzione transgenerazionale degli stili d’attaccamento
evidenzia una predittività di un quarto del comportamento del bambino nella Strange Situation in base allo
stile d’attaccamnento misurato nei genitori con l’adult attachment interview. I rapporti non sono
statisticamente significativi.11
Fonagy sostiene che l’attaccamento sicuro produce più “narrazioni coerenti”
Da questa osservazione ritengo derivi l’aspetto terapeutico del concetto insito nel co-costruttivismo.
Se la costruzione coerente avviene in un clima di giocosa sperimentazione, ( dove nessuno ritiene di avere in
mano “la verità”) ove c’è disponibilità dell’adulto a lasciar esplorare gli stati mentali, possiamo ritenere che
una posizione “elastica e giocosa” non sia solo preventiva, nell’istaurarsi di future significazioni rigide, ma
anche favorente il ripristino di una significazione più autocentrata, nel senso originante da se stessi e non
difensivamente identificata in strutture necessarie a, mantenere “patti scellerati”.
Credo che una delle peculiarità delle teorie relazionali, in comune alle teorie delle relazioni oggettuali, sia
che “l’impedimento” a diventare cosciente è una modalità d’interazione funzionale al mantenimento con una
figura di accadimento primaria, e non una questione di “impermeabilità neuronale”. In una fase preriflessiva
queste tracce di “non luogo a procedere” sono implicite.
Un concetto simile mi pare vi sia anche nel cognitivismo. Cito Liotti:
L’aspetto terapeutico non verrà più teorizzato nell’asettica ed oggettiva ricostruzione dei fatti, ma
nell’esperienza della ri-contrattabilità di strutture depositate nelle memorie esplicite ed implicite, e
non mentalizzabili in modo autocosciente per insufficiente “accesso all’esperienza di
un’intersoggettività rassicurante e paritetica”12
Dall’analisi del trasfert, supposto mera proiezione in uno schermo vuoto, ad esperienza di
comprensione di comune umanità, attraverso lo scioglimento di stalli relazionali, decostruendo
ripetizioni e rigidità sospette di difensive fedeltà parentali non riconosciute. Una restituzione del
libero fluire dell’autotocoscienza ridivenuta sovrana, precedentemente destituita e auto-destituita.
11
12
p 63 Attaccamento e
La dimensione interpersonale della coscienza. G Liotti. P. 177
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