Comunicazione ,empatia e neuroni a specchio Verso la fine degli anni '80 il gruppo di ricerca dell’Università di Parma coordinato dal professor Rizzolati neurofisiologo, scoprì quasi per caso, mentre conduceva degli esperimenti sul sistema motorio delle scimmie, macachi per l’esattezza, l’esistenza dei cosiddetti neuroni a specchio, o mirror neurons. L’implicazione di questa scoperta, che almeno al grande pubblico è giunta con notevole ritardo, è di un'importanza a mio avviso straordinaria. La notizia comincia a filtrare, al di fuori del ristretto cenacolo delle neuroscienze intorno al 2000, grazie ad un articolo del New York Times che pubblicò alcune dichiarazioni del professor Ramachandran, famoso professore di neuroscienze dell’Università di San Diego in California. La dichiarazione del neurologo americano in sintesi suona così: «Prevedo che i neuroni a specchio faranno per la psicologia, quello che il DNA ha fatto per la biologia». Questa dichiarazione, anche se appare altisonante e a prima vista esagerata, in realtà è del tutto consona, poiché la scoperta che nel nostro cervello esiste questo tipo di neuroni di fatto ci porta a rivoluzionare le nostre idee riguardo ad alcuni aspetti fondamentali del comportamento umano: l’apprendimento, la comunicazione verbale e non verbale, la conoscenza del linguaggio, la psicologia della percezione, così come la psicologia relazionale. Inoltre questa innovazione ha dei risvolti importantissimi per la comunicazione affettiva e costituisce quindi una svolta sia per le relazioni umane che per l’evoluzione stessa dell’uomo. Corre l’obbligo di dire qualche parola su cosa sono e come funzionano i neuroni a specchio. Secondo le ricerche di Rizzolati e collaboratori, sarebbe presente nell’uomo, come del resto nei primati superiori come la scimmia ed in alcuni uccelli, la capacità di riconoscere un'azione che viene compiuta attraverso il contatto visivo, grazie all'attivazione degli stessi neuroni che sarebbero impiegati se fossimo noi personalmente a compiere la stessa azione!