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MariaCristinaSalvetti
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•Sportadattati
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VERSIONE MISTA
Libro Web
InDIce
BES Introduzione
BES (Bisogni Educativi Speciali)
8
8
BES Disabilità
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Disabilità Non vedenti
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Disabilità Sport speciali
25
Disabilità Sport adattati
29
Disabilità Sport inclusivi
36
BES DSA
40
DSA Proposte motorie
51
BES ADHD
58
BES Disprassia
60
BES Giochi inclusivi
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Società e disabilità
Tipologie di disabilità
Non vedenti e apprendimento motorio
Atletica: la tecnica della corsa
Gli sport speciali
Gli sport adattati
Gli sport inclusivi
DSA
Motricità e linguaggio
Sintomi secondari da osservare
I prerequisiti motori
Educazione fsica e DSA
ADHD Disturbo da defcit di attenzione e iperattività
Disprassia
Attività e giochi inclusivi
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Didattica
Anamnesi
Stili di Insegnamento
Didattica inclusiva
Promozione della salute
e del benessere (ICF)
•
•
•
•
•
Disabilità
Clima della classe
Apprendimento cooperativo
Adattamento
Metacognizione
Problem solving
DSA
Ambiti
ADHD
Disprassia
Svantaggi multipli
Risorse per educare
Apprendimento
•
•
•
•
•
Autonomia
Comunicazione
Relazione
Collaborazione
Partecipazione
• Imparare ad imparare
• Comunicazione nella madrelingua
• Competenze di base ( espressivomotorie, linguistiche, matematiche,
sociale, digitali, culturali)
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b
Introduzione
BES (Bisogni Educativi Speciali)
Il disagio indica una condizione di “mal-essere” vissuta da chi si sente non in sintonia con l’ambiente e con
la situazione socio-culturale in cui vive. Anche in ambito scolastico il disagio si presenta come un’esperienza
negativa, vissuta in questo caso dall’alunno davanti ai diversi compiti che deve afrontare e alle nuove regole
che deve accettare. la scuola, poiché presenta un’oferta educativa a cui non sempre l’alunno sa rispondere
in modo costruttivo e convincente, è spesso ritenuta responsabile di questa situazione, divenendo così luogo di un malessere che, se non individuato per tempo e afrontato con efcacia, può dare luogo a fenomeni
di abbandono. Queste esperienze, però, non devono necessariamente rivelarsi tragiche: se l’insegnante si
dimostra disponibile ad accogliere, leggere e interpretare il disagio dell’alunno ed è pronto a intervenire per
migliorare la situazione, l’esperienza può addirittura risultare terapeutica.
Che cosa propone la normativa
8
Nel corso degli ultimi anni è aumentato considerevolmente il numero di alunni che presentano diverse tipologie di difcoltà che non rientrano nei parametri delle classifcazioni dell’OMS per le disabilità (uno
dei principali sistemi di classifcazione è l’IcF, classifcazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute). con il DPcM n. 185 del 23 febbraio 2006 è cambiato il regolamento per la certifcazione
dell’handicap ai fni dell’inserimento scolastico, secondo il quale le attività di sostegno possono essere rivolte
solo agli alunni che presentano una minorazione fsica, psichica o sensoriale stabilizzata e progressiva.
Ne deriva che gli alunni con defcit non gravi né progressivi non possano avere l’aiuto costituito dalla presenza del docente di sostegno né seguire un “percorso scolastico” individualizzato.
Questi alunni spesso nascondono il proprio disagio dietro a comportamenti provocatori; in classe sono disattenti, agitati e disturbano il normale svolgimento delle lezioni. Spesso mediante una valutazione superfciale
si attribuiscono questi atteggiamenti a scarso interesse, svogliatezza o basso livello di autostima. Durante la
lezione l’alunno non riesce a manifestare la reale condizione che sta vivendo e, se gli insegnanti non individuano
per tempo le cause di tale situazione, egli si isolerà dal contesto-classe fno ad abbandonare gli studi. compito
dell’insegnante è attivare interventi mirati e personalizzati sulla base delle caratteristiche peculiari dell’alunno.
Con la Direttiva del 18 aprile 2007, il ministro Fioroni parlò di “ben-essere” dello studente ed elencò dieci aree di intervento:
1. promuovere stili di vita positivi, contrastare le patologie più comuni, prevenire le dipendenze e le patologie comportamentali ad esse correlate;
2. prevenire obesità e disturbi dell’alimentazione (anoressia e bulimia);
3. rispettare e vivere l’ambiente per una migliore qualità della vita;
4. promuovere e potenziare l’attività motoria e sportiva a scuola per essere sportivi consapevoli e non violenti;
5. promuovere il volontariato a scuola;
6. sostenere la diversità di genere come valore (sessualità, identità, comunicazione e relazione);
7. accogliere e sostenere gli studenti con famiglie straniere, adottive e afdatarie;
8. promuovere la cultura della legalità ed educare alla cittadinanza attiva in Italia e in Europa anche attraverso lo studio
della nostra costituzione. Prevenire e contrastare il bullismo e la violenza dentro e fuori la scuola;
9. prevenire gli incidenti stradali attraverso la conoscenza delle regole di guida e il potenziamento dell’educazione stradale;
10. promuovere il corretto utilizzo delle nuove tecnologie.
BES Introduzione
tali situazioni problematiche sono oggi materia di studio di esperti che defniscono gli alunni con BES (bisogni Educativi Speciali) quelli per i quali, pur in assenza di diagnosi o certifcazione clinica, possono essere
predisposti dei progetti educativi e didattici personalizzati (PDP). oltre agli alunni con disabilità e con DSA
(disturbi specifci del comportamento), sono compresi anche gli studenti con disturbi evolutivi specifci e che
hanno uno svantaggio culturale, sociale o linguistico. Si tratta di studenti che presentano situazioni di lieve
ritardo mentale o che sofrono di defcit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD) oppure della
sindrome di Asperger, ma che non sono in possesso di una certifcazione di disabilità o di DSA.
Questi studi, ripresi nelle indicazioni ministeriali, sopperiscono anche nel caso di un soggetto che sta efettuando l’iter diagnostico per DSA e non è ancora in possesso di una certifcazione, per il quale verrà comunque stilato e adottato un Piano Didattico Personalizzato con una didattica individualizzata che risponda alle
esigenze educative riscontrate. Nella circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013 è scritto che il PDP «non
può essere più inteso come mera esplicitazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con
DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, per esempio, includere progettazioni didattico-educative
calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita».
con il termine BES ci si riferisce a tutti quegli studenti che, per ragioni diferenti e non solo a causa di disabilità, mostrano delle difcoltà nei primi 18 anni della loro vita negli ambienti educativi e di apprendimento. Per
defnire la problematicità si valutano i sette ambiti della salute defniti dall’oMS, ossia:
• le condizioni fsiche difcili: ospedalizzazioni, malattie acute o croniche, lesioni, fragilità, anomalie cromosomiche;
• il contesto ambientale: famiglia problematica, pregiudizi e ostilità culturali, difcoltà socio-economiche,
ambienti devianti, scarsità di servizi, scarsità di materiali, inadeguatezza degli insegnanti;
• il contesto personale: problemi emozionali, scarsa autostima, problemi comportamentali, scarsa autoefcacia, scarsa motivazione, difcoltà nell’identità;
• le strutture corporee: mancanza di arti, anomalie strutturali, mancanza o anomalie di parti anatomiche;
• le funzioni corporee: difcoltà cognitive, difcoltà sensoriali, difcoltà motorie;
• le attività personali: apprendimento, autoregolazione, comunicazione, interazione e relazione, pianifcazione delle azioni, applicazione delle conoscenze, autonomia personale e sociale;
• la partecipazione sociale: difcoltà nel rivestire i vari ruoli nei contesti scolastici e nei contesti extrascolastici.
la necessità speciale (BES) può presentarsi in qualsiasi momento del percorso educativo, può essere temporanea
o permanente e può generarsi da ciascuno di questi ambiti singolarmente o dall’interrelazione tra più di essi.
Può rivelarsi problematica in tre modi:
• come danno se è evidente un danneggiamento provocato dalla situazione sull’alunno stesso o sugli altri;
• come ostacolo se il funzionamento problematico non danneggia oggettivamente l’alunno attualmente
ma sarà di ostacolo per apprendimenti futuri;
• come stigma sociale se l’alunno si sta creando un’immagine sociale di se stesso negativa che lo condizionerà in futuro.
l’oMS individua tre macrocategorie a cui ricondurre tutti i BES:
• categoria A: studenti che presentano disabilità o defcit per i quali la situazione di svantaggio è chiaramente dovuta a cause biologiche. Il loro bisogno educativo speciale nasce principalmente da problemi
riconducibili a queste disabilità;
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BES Introduzione
• categoria B: studenti che hanno difcoltà emotive o comportamentali e specifche difcoltà di apprendimento (DSA). Il bisogno educativo nasce da problemi di interazione tra lo studente e il contesto educativo.
tra i DSA nelle scuole italiane sono comuni la dislessia, la disgrafa, la discalculia, la disortografa e la disprassia;
• categoria C: studenti che hanno difcoltà derivanti da svantaggi sociali, conseguenti a fattori socio-economici, culturali e/o linguistici. gli interventi educativi speciali per questi ragazzi sono fnalizzati a colmare i defcit di apprendimento derivanti da background e contesti familiari problematici o semplicemente diferenti.
Verso una didattica inclusiva
Quando si parla di Bisogni Educativi Speciali non ci si riferisce a una patologia o un corpo che non funziona
ma a una situazione ambientale e familiare che compromette la soddisfazione dei bisogni dell’alunno. Si rende
quindi necessario, a livello di consiglio di classe, costruire una didattica inclusiva, cioè fondata sulla gestione
innovativa del materiale didattico, degli spazi, delle modalità di lavoro. Alcuni esempi potrebbero essere:
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• materiale didattico già strutturato e organizzato con diversi livelli di difcoltà;
• lavori e attività impegnative per i migliori e lavori più semplici per chi fa più fatica;
• modalità diverse di lavoro per esprimere le diverse competenze (scrittura, lettura, disegno, movimento,
costruzioni);
• lavorare in piccoli gruppi con alternanza dei ruoli;
• attivare ruoli di tutoraggio tra gli alunni;
• attività laboratoriali (su problemi reali, sul territorio).
Le azioni del docente inclusivo
• instaurare un clima inclusivo: accettare e rispettare
le diversità
• adattare stili di insegnamento, materiali, tempi,
tecnologie
• promuovere un approccio cooperativo
• attivare una didattica metacognitiva
• predisporre attività trasversali alle altre discipline
• variare strategie in itinere
• favorire l’attivazione di reti relazionali con famiglia,
territorio, esperti
Poiché le modalità con cui si svolgono le lezioni, gli
strumenti e gli spazi scolastici sono parte integrante della vita degli studenti e hanno un ruolo attivo nell’apprendimento, oggi si cerca di modifcarli
e ammodernarli in base alle esigenze didattiche.
Nascono così nuovi progetti che integrano la tradizionale lezione frontale – ormai inadeguata – con
le nuove tecnologie: l’introduzione della lIM, del
materiale digitale e dei tablet favorisce la creazione di un nuovo spazio virtuale destinato a facilitare
l’apprendimento dello studente.
la didattica inclusiva si compone di due aspetti: la Cultura del compito e l’Analisi del compito.
la prima indica la partecipazione di tutto il gruppo classe al processo di apprendimento-insegnamento, con
particolare attenzione agli studenti con BES. Per Analisi del compito, invece, si intende una scomposizione
dei compiti in attività più semplici e sequenziali, la presentazione di situazioni stimolanti e l’utilizzo dei risultati positivi come rinforzo e motivazione.
BES Introduzione
L’educazione fsica inclusiva
Per una scuola inclusiva nei confronti di tutti, che permetta di avere successo anche a chi presenta delle necessità
speciali, a volte occorrono degli adattamenti o delle modifche nel comportamento quotidiano. Anche l’educazione fsica deve contemperare ai BES con una didattica più sensibile, più attenta e metodologicamente più ricca.
L’APA
Nel 1973 in canada nacque l’APA, Attività Fisica Adattata, al fne di garantire a tutti – giovani, anziani, disabili – lo
sviluppo integrale della personalità attraverso il movimento. Nel corso degli anni il concetto di Attività Fisica
Adattata ha acquisito diferenti signifcati, sempre fnalizzati a trovare delle soluzioni afnché le personali
difcoltà non impediscano la pratica del movimento, dell’educazione fsica e dello sport.
Principi fondamentali dell’APA sono i concetti di:
• adattamento e individualizzazione delle attività motorie partendo dalle potenzialità dei singoli soggetti;
• inclusione e integrazione nella società e nella scuola.
L’adattamento in educazione fsica
Nell’educazione fsica l’adattamento si basa su una didattica più fessibile e semplifcata e per ottenerlo occorre modifcare il curricolo e gli obiettivi (aggiuntivi, semplifcati, alternativi), le strategie di insegnamento e
i contesti di apprendimento (spazi e tempi).
Fondamentale è comprendere che per adattamento si intende la necessità di adattare l’educazione fsica al
soggetto, ai suoi comportamenti e alla sue abilità e non, al contrario, l’adattamento degli alunni, delle loro abilità e dei loro comportamenti al contesto normalizzato. gli adattamenti sono distinti in tre diverse categorie:
• adattamenti educativi/metodologici (didattica e valutazione);
• adattamenti tecnici (regole e regolamenti);
• adattamenti strutturali (attività create appositamente per determinate categorie di alunni).
Sono le caratteristiche e le potenzialità dell’alunno con BES a determinare il tipo di adattamento necessario;
occorre quindi prendere in considerazione:
• le caratteristiche biomeccaniche del gesto motorio;
• la complessità coordinativa e le capacità cognitive e di attenzione richieste;
• la componente afettiva ed emotiva del piacere senso-motorio generato.
Si può intervenire anche sull’intensità delle modifche da attuare nell’insegnamento. Queste possono essere:
• minime se allo studente vengono dati degli aiuti, come per esempio segnali visivi e sonori, adattamenti
ambientali e temporali, ritmi di lavoro;
• moderate se riguardano le attrezzature, le regole, i ruoli;
• considerevoli se determinano un’elevata personalizzazione dell’attività.
Riuscire a individuare il corretto adattamento permetterà di raggiungere attività di educazione fsica che
siano veramente inclusive, caratterizzate cioè dalla partecipazione di tutta la classe nello stesso spazio e
nello stesso momento; si potrà quindi ottenere un apprendimento di qualità per tutti, tenendo conto che la
diversità può diventare un fattore di coesione e di arricchimento.
l’educazione fsica e sportiva così pensata incentiva la valorizzazione delle capacità più che preoccuparsi delle limitazioni, fa attenzione al processo di miglioramento più che al risultato e guarda all’importanza dell’interrelazione come fattore inclusivo e di crescita.
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s
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Disabilità
Società e disabilità
«Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fsiche, mentali,
intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena
ed efettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».
Articolo 1 della convenzione oNu sui diritti delle persone con disabilità, 2006
12
Per una defnizione del concetto di disabilità ci si deve riferire al primo articolo della Convenzione ONU sui
diritti delle persone con disabilità in quanto, sebbene da diversi decenni si stiano proponendo diferenti
defnizioni, non si è ancora giunti a quella defnitiva.
Nonostante nel tempo siano stati proposti e utilizzati termini sempre più appropriati, a partire da “handicappato” per arrivare a “disabile” e “diversamente abile”, l’evoluzione del concetto di disabilità ha avuto una storia
complessa che non sembra essersi ancora conclusa.
una delle prime classifcazioni proposte, pubblicata nel 1980 dall’oMS nel documento chiamato ICIDH (International Classifcation of Impairments Disabilities and Handicaps), riguarda i termini di menomazione,
disabilità e handicap:
• la menomazione indica qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o una funzione psicologica,
fsiologica, anatomica;
• la disabilità si riferisce a qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di
compiere un’attività nel modo e nell’ampiezza considerati normali;
• l’handicap è una condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che limita o
impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto, in relazione all’età, al sesso, ai fattori socioculturali.
A livello internazionale va citato il documento che ha determinato una netta virata delle politiche educative
nazionali verso un’ottica inclusiva: la Dichiarazione di Salamanca del 1994. Si tratta del documento conclusivo
della conferenza mondiale organizzata dall’oNu e dal governo spagnolo riguardo al tema dei Bisogni Educativi Speciali (BES). I delegati dei 92 Paesi partecipanti riconoscono il diritto di ogni bambino all’educazione,
un’educazione che sia disegnata e programmata sulle necessità e sulle particolarità di ciascuno, nessuno escluso.
con questo testo si riconosce come diritto fondamentale l’accesso degli studenti disabili alle scuole regolari,
si prende consapevolezza che solo attraverso la creazione di una scuola inclusiva si formerà una società inclusiva e si chiede a tutti i Paesi frmatari la realizzazione e l’attuazione di leggi e politiche basate sul principio
dell’inclusione.
Nel 1997, dopo diversi anni di lavoro, la stessa oMS propone una revisione al precedente documento con
l’ICIDH-2.
la novità fondamentale della nuova classifcazione è quella di basare la valutazione delle persone disabili
sulle loro possibilità di fare e non sulle loro mancanze.
Si pone l’attenzione sulle capacità di fare attività attraverso l’utilizzo di funzioni psicofsiche. Si valutano il livello
di partecipazione alla vita sociale e i fattori contestuali che ne favoriscono o impediscono l’attuazione. Si inizia
a parlare di “diversamente abili ” e non più di “disabilità”, volendo insistere appunto sulle capacità residue.
Nel 2001 l’oMS pubblica un’ultima revisione dell’ICIDH-2 che già dal titolo ci mostra la strada presa: ICF
(International Classifcation of Functioning, Disability and Health), cioè classifcazione internazionale del
funzionamento, della disabilità e della salute.
BES Disabilità
con questa nuova versione cambiano ancora i termini di riferimento; si parla di funzioni corporee, strutture
corporee, attività e partecipazione e fattori ambientali.
Funzioni corporee
1.
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4.
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6.
7.
8.
Funzioni mentali
Funzioni sensoriali e dolore
Funzioni della voce e dell’eloquio
Funzioni dei sistemi cardiovascolare,
ematologico, immunologico, respiratorio
Funzioni dell’apparato digerente e dei sistemi
metabolico ed endocrino
Funzioni riproduttive e genitourinarie
Funzioni neuro-muscolo-scheletriche correlate
al movimento
Funzioni cutanee e delle strutture correlate
Attività e partecipazione
1.
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8.
9.
Apprendimento e applicazione delle conoscenze
compiti e richieste generali
comunicazione
Mobilità
cura della propria persona
vita domestica
Interazione e relazioni personali
Aree di vita principali
vita sociale, civile e di comunità
Strutture corporee
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Sistema nervoso
visione e udito
comunicazione verbale
Sistemi cardiovascolare e immunologico,
apparato respiratorio
Apparato digerente e sistemi metabolico
ed endocrino
Sistemi genitourinario e riproduttivo
Movimento
cute e strutture correlate
Fattori ambientali
1. Prodotti e tecnologia
2. Ambiente naturale e cambiamenti efettuati
dall’uomo
3. Relazione e sostegno sociale
4. Atteggiamenti
5. Sistemi, servizi e politici
Si introduce il concetto di valori percentuali di menomazione quando ci si riferisce alle funzioni e alle strutture corporee, di restrizioni riguardo le attività, di limitazione in riferimento alla partecipazione e di barriere
per i fattori ambientali.
la disabilità è qui defnita come una situazione in evoluzione, in cui chiunque può trovarsi e dipende in parte da fattori organici e in parte da fattori ambientali. l’attenzione di questa classifcazione non è rivolta alla
defnizione della mancanza ma al funzionamento e al raggiungimento di una migliore qualità di vita per il
soggetto disabile. Si arriva a concludere che la disabilità è una situazione di salute in un ambiente sfavorevole.
un ulteriore passo in avanti per il riconoscimento dei diritti e l’integrazione sociale dei disabili avviene nel
2002 con la Dichiarazione di Madrid, che afronta il tema della disabilità rifutando una prospettiva compassionevole e pietistica, proponendo invece punti programmatici da mettere in atto tramite misure legali,
attuazione di servizi e sensibilizzazione da parte dei media, così che le persone diversamente abili possano
raggiungere una piena indipendenza, una completa integrazione e la possibilità di autorealizzazione.
ciò che tale documento vuole sottolineare è il fatto che i disabili sono persone con gli stessi diritti fondamentali degli altri cittadini. la società, con le sue istituzioni, deve cambiare per adeguarsi a ciò di cui questa
sua componente ha bisogno.
13
BES Disabilità
Si parla di educazione inclusiva anche nel documento più recente e più importante a livello internazionale
sul tema della disabilità: la già citata Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006. Si garantisce a tutti, disabili compresi, il diritto dello sviluppo del potenziale umano, della dignità e dell’autostima
attraverso la promozione dei talenti, delle abilità e del massimo potenziale individuale. Ratifcata da tutti gli
Stati membri dell’unione Europea (l’Italia ha provveduto il 3 marzo 2009) e da altri 120 Paesi, la convenzione
impegna gli Stati frmatari a «garantire e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà
fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità».
Al fne di garantire a tutti gli allievi la possibilità di successo educativo e di sviluppo sociale sono previsti accomodamenti, sostegni e supporti adeguati.
Se è vero che la prospettiva inclusiva è riconosciuta e accettata da tutti gli Stati europei, è anche vero che
nella realtà dei fatti il processo inclusivo ha ancora numerosi limiti.
14
Nel 2007 a lisbona questi limiti sono sottolineati dal lavoro di un’assemblea costituita da studenti disabili, provenienti da 29 Stati europei. Il documento nato da questo confronto è la Dichiarazione di Lisbona – Le opinioni
dei giovani sull’integrazione scolastica. Questa dichiarazione raccoglie le idee espresse dai ragazzi sui temi dei
diritti, delle necessità e delle future sfde da afrontare. chiedono il superamento delle barriere, che non sono solo
architettoniche ma anche sociali e comunicative. vedono nell’integrazione scolastica la migliore soluzione, a condizione però che ai disabili sia garantito il sostegno materiale e umano necessario e che i docenti siano preparati.
L’evoluzione storica in Italia dell’integrazione scolastica
Se gli anni Sessanta sono caratterizzati dalla massima difusione delle scuole speciali e diferenziate, nel
decennio che va dal 1970 al 1980 inizia il processo di inserimento dei bambini disabili nelle scuole ordinarie.
Fondamentale di quegli anni è la legge n. 118 del 30 marzo 1971, che disciplina l’istruzione dell’obbligo nelle
classi normali per i soggetti con minorazioni psicofsiche. «l’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi
normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano afetti da gravi defcienze intellettive o da
menomazioni fsiche di tale gravità da impedire o rendere molto difcoltoso l’apprendimento o l’inserimento
nelle predette classi normali» (articolo 28, comma 3).
Successivamente, la Relazione conclusiva della commissione Falcucci concernente i problemi scolastici degli
alunni handicappati (1975) rappresenta la base della flosofa e dei valori dell’integrazione scolastica italiana.
Per la prima volta, inoltre, si accenna all’utilità di un docente specializzato che aiuti l’insegnate curricolare con
l’alunno disabile.
I propositi della Relazione Falcucci vengono tradotti in legge nel 1977 con la legge n. 517. Si pensa a una scuola che
risponda alle esigenze di ogni singolo alunno, compresi quelli in difcoltà. In particolare, la legge del 1977 prevede:
•
•
•
•
•
l’individualizzazione educativa;
la programmazione fessibile;
l’introduzione dell’insegnante di sostegno;
il numero massimo di 20 alunni nelle classi che accolgono studenti disabili;
la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno
secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti;
• l’estensione agli alunni sordi del diritto di istruzione nelle scuole comuni.
Nonostante il diritto di accesso alle scuole secondarie per gli alunni disabili fosse riconosciuto già dal 1971,
è solo dopo la sentenza della corte costituzionale n. 215 del 3 giugno 1987 che ne è assicurata la frequenza.
BES Disabilità
la formulazione di queste leggi e i cambiamenti che ne conseguono ci portano a individuare il decennio dal
1980 al 1990 come il momento dell’integrazione.
la legge più importante in merito all’integrazione scolastica è la n. 104 del 5 febbraio 1992.
Nel dodicesimo articolo di tale legge si sancisce il diritto all’educazione e all’istruzione nelle classi comuni per
tutto il percorso scolastico, dall’asilo all’università. Il comma 3 defnisce lo scopo dell’integrazione: «l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione».
Nessuna difcoltà derivante dalla disabilità può impedire il diritto all’educazione, diritto che si attua attraverso la formulazione della diagnosi funzionale, del proflo dinamico funzionale e del Piano Educativo Individualizzato (PEI). Si incoraggia una programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socioassistenziali, culturali, ricreativi e sportivi al fne di un’integrazione tra attività scolastiche e attività integrative
extrascolastiche.
Si dispone l’utilizzo di mezzi, servizi, facilitazioni e sussidi didattici per le scuole e le università. Si garantisce
l’attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati, contitolari delle classi in cui operano e
corresponsabili della programmazione, dell’elaborazione e della verifca delle attività.
la programmazione deve essere fessibile e aperta, mentre la valutazione degli alunni disabili deve riferirsi alle
potenzialità evidenziate nel PEI e al livello di partenza.
Nel nuovo millennio e precisamente nel 2009 vengono emanate le Linee Guida per l’integrazione degli alunni con disabilità da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca. Non risultano essere
particolarmente innovative rispetto all’esistente, ma richiamano l’attenzione sulla volontà di continuare nella
direzione dell’integrazione e dell’inclusione.
Mirano, infatti, a una collaborazione tra docenti, un coinvolgimento della famiglia, la fessibilità didattica e organizzativa, la progettazione fessibile. Il tutto tenendo sempre presente che l’obiettivo fondamentale della
scuola inclusiva è lo sviluppo delle competenze dell’alunno negli apprendimenti, nella comunicazione, nella
socializzazione e nella relazione.
l’ultima pubblicazione in ordine di tempo è quella del 27 dicembre del 2012 a opera del ministro Francesco
Profumo: Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per
l’inclusione scolastica.
tale documento vuole trovare delle risposte efcaci ai problemi e alle carenze che il sistema inclusivo italiano
ha evidenziato negli ultimi anni. Il documento si articola in due parti: nella prima afronta il tema dei Bisogni
Educativi Speciali e ofre delle indicazioni sull’educazione degli alunni che li presentano; nella seconda parte,
invece, dà rilevanza al ruolo svolto dai centri territoriali di Supporto (ctS), ovvero centri specializzati nel
supporto alla disabilità che si occupano di fornire informazioni e consulenza.
Inserimento, integrazione e inclusione
A livello europeo e internazionale, gli Stati hanno afrontato il tema della disabilità e dell’educazione con
diferenti approcci, distinti in tre categorie:
• approccio per inclusione: è caratterizzato dalla volontà di inserire nel sistema scolastico ordinario tutti gli
alunni;
• approccio misto: vede la presenza di un insieme di soluzioni all’interno di un sistema scolastico in cui
coesistono scuole ordinarie e scuole speciali;
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• approccio per distinzione: presenta due sistemi scolastici paralleli che non entrano mai in contatto: le
scuole ordinarie e le scuole speciali.
A diferenza di quasi tutti gli altri Paesi europei, nei quali hanno prevalso le correnti dell’educazione mista e
per distinzione, negli ultimi quarant’anni l’Italia si è mossa verso una scuola capace di includere i disabili. la
scuola italiana può infatti vantare una fra le tradizioni più solide e consolidate a livello internazionale.
È ora necessario fare chiarezza sull’argomento mediante tre parole chiave che, comparse in sequenza nella
storia della pedagogia speciale italiana, scandiscono tre distinte fasi dell’integrazione educativa: l’inserimento,
l’integrazione e l’inclusione.
16
• Inserimento: con il termine “inserimento” ci si riferisce alla presenza degli alunni con disabilità nelle scuole
normali. tale pratica si collega al riconoscimento del diritto, avvenuto negli anni Settanta, secondo cui
tutte le persone, compresi i disabili, sono uguali alle altre, pertanto a ciascuno devono essere riconosciuti
gli stessi diritti e le stesse possibilità. conseguenza di questa visione è la chiusura delle scuole speciali.
• Integrazione: pochi anni dopo l’inizio dell’inserimento degli alunni diversamente abili nelle classi normali,
ci si rese conto che la semplice presenza fsica in aule comuni non era garanzia di un’autentica accoglienza.
Con il termine “integrazione” si indica il processo che porta alla ricerca e all’attuazione di programmazioni
didattiche e organizzative efcaci. Si chiede all’istituzione scolastica di adattarsi alle necessità di tutti gli
alunni afnché l’integrazione sia positiva.
• Inclusione: il termine “inclusione” deriva dall’ampio uso che si fa a livello internazionale dell’espressione
inclusion. Bisogna, però, fare attenzione al diferente signifcato che gli si attribuisce in Italia rispetto ad
altri Paesi: nei Paesi anglofoni, infatti, chiamano integration il processo di inserimento e defniscono inclusion ciò che per noi è l’integrazione. In Italia l’adozione del termine “inclusione” comporta un ulteriore
allargamento di signifcato: da una parte si presta sempre più attenzione ai Bisogni Educativi Speciali, ai disturbi dell’apprendimento, ai defcit di attenzione, alle disabilità, ma un’attenzione particolare viene rivolta
anche ai sempre più numerosi bambini stranieri che prendono posto tra i banchi della scuola italiana. la
scuola inclusiva è quella scuola che vuole e sa accogliere tutte le diversità, siano esse di tipo fsiologico o
di tipo sociale. l’approccio inclusivo richiede, inoltre, una più stretta collaborazione con le associazioni, le
famiglie, le organizzazioni e le istituzioni extrascolastiche. Se l’obiettivo fnale è l’inclusione nella società,
non si può prescindere dalla collaborazione con tutte le componenti della società.
Disabilità e sport
l’importanza dello sport come contenitore di valori è innegabile. Attraverso lo sport, infatti, è possibile confrontarsi con la vita, relazionarsi con gli altri, mettersi alla prova e superare gli ostacoli. Nella competizione
con se stessi e con gli altri trova spazio il confronto con le proprie capacità e con i propri limiti. Pertanto, non
si può che riconoscere il diritto allo sport anche alle persone disabili.
Si chiede quindi allo sport una risposta alle necessità di questi nuovi atleti. Fino a oggi il mondo dello sport si
è mosso nei confronti della disabilità secondo tre vie di sport per i disabili:
• lo sport adattato;
• lo sport speciale;
• lo sport inclusivo.
lo sport adattato parte da uno sport già esistente e codifcato e ne modifca in maniera più o meno signifcativa le regole e gli strumenti per rispondere alle necessità proprie del disabile.
Ricordiamo per esempio il tennis in sedia a rotelle, che prevede la possibilità di un secondo palleggio della
pallina a terra prima che il tennista la colpisca. Altri esempi possono essere il basket in carrozzina, dove i
giocatori devono efettuare un palleggio ogni due spinte della sedia; o il calcio per non vedenti, nel quale si
adatta il pallone rendendolo sonoro.
lo sport speciale nasce pensato nelle regole, nei mezzi, nello spazio e nello svolgimento appositamente per
una tipologia di disabili. tra gli sport speciali si possono nominare il goalball e la sua variante, il torball, pensati
per i soggetti non vedenti. la palla con cui si gioca contiene al suo interno delle campanelle sonore. Scopo di
tali sport è fare goal nella porta avversaria lanciando il pallone dalla propria metà campo.
lo sport inclusivo è lo sport di tutti e per tutti. Partecipano contemporaneamente atleti normodotati e
atleti disabili, è pensato nelle regole e nei mezzi in modo che ognuno contribuisca secondo le proprie possibilità. L’esempio più signifcativo di sport inclusivo è dato dal baskin. Nato nel 2001 in Italia, si tratta di una
pallacanestro integrata; giocano nella stessa squadra atleti maschi e femmine, disabili e non, ciascuno con un
ruolo specifco, pensato appositamente perché ciascuno possa esprimere al meglio le proprie capacità.
Il concetto alla base dello sport inclusivo è che solo conoscendo le diferenti possibilità e grazie alla crescita
insieme, alla condivisione di successi e sconftte, al rispetto delle qualità e dei limiti dell’altro è possibile creare
una società inclusiva. Quale miglior strumento, quindi, se non lo sport come motore per una realtà inclusiva?
Lo sport inclusivo
lo sport inclusivo rappresenta la sintesi tra il concetto di inclusione-integrazione e le attività sportive, che diventano il mezzo per il raggiungimento dell’autostima, della realizzazione e della crescita personale. È concepito
come un’attività aperta a tutti: disabili, menomati, normodotati, uomini e donne, con l’obiettivo di fare sport
insieme nel rispetto delle proprie caratteristiche e possibilità. lo sport inclusivo pone al centro la persona, e per
ogni persona è pensato un ruolo specifco in base alle proprie capacità. Anche i mezzi, gli strumenti e gli spazi
sono studiati e regolati in base all’atleta. ciascuno si trova quindi ad afrontare delle sfde adeguate alle proprie
possibilità, non per questo facili da raggiungere ma di stimolo per il miglioramento personale.
uno sport così inteso, infatti, si propone come strumento di valorizzazione e di espressione per ogni individuo, sia singolarmente sia all’interno del gruppo.
È sicuramente molto difcile che uno sport inclusivo risulti avvincente e stimolante per tutti i partecipanti,
per i quali la presenza di regole che impongono a ciascuno, a seconda delle proprie capacità, la possibilità
di eseguire determinati gesti potrebbe risultare una limitazione. D’altro canto quelle stesse regole si rivelano
uno stimolo a costruire con i compagni di squadra delle situazioni di gioco capaci di sfruttare al massimo
le possibilità dei diversi partecipanti. occorre tenere presente che l’apporto di ciascuno alla vittoria della
squadra è determinante e rende tutti i giocatori, che sono protagonisti attivi, atleti soddisfatti delle proprie
prestazioni. la lezione di educazione fsica deve diventare uno strumento di crescita personale e collettiva.
Sebbene a volte si presentino delle criticità, dovute soprattutto all’inadeguatezza degli spazi e dei mezzi, la
partecipazione degli alunni disabili alle attività fsico-sportive risulta sempre caratterizzata da reazioni positive, sviluppando la solidarietà e la collaborazione.
È compito dell’insegnante favorire la partecipazione di tutti gli studenti, instaurando un’interrelazione di qualità tra i compagni e creando un clima di lavoro e di relazione che stimoli il benessere dei ragazzi.
In questo modo la disabilità non è percepita come un limite né dal ragazzo disabile né dai compagni, e soprattutto non viene considerata un ostacolo allo svolgimento dell’attività fsica insieme.
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BES Disabilità
Tipologie di disabilità
le disabilità possono essere distinte in base al tipo di difcoltà, riduzione o carenza delle funzioni considerate, quindi in base al defcit funzionale.
Si possono classifcare in tre principali categorie: disabilità fsiche, sensoriali, mentali.
La disabilità fsica
le disabilità fsiche comprendono tutte le menomazioni funzionali degli arti superiori e/o inferiori, che causano una parziale o totale limitazione del movimento. tra queste vi sono anche le amputazioni e tutti i tipi
di paralisi dovute a danni del sistema nervoso centrale o del midollo. Queste menomazioni vengono corrette
con protesi o particolari apparecchi ortopedici oppure, nei casi più gravi, si ricorre all’uso della carrozzina.
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Monoplegia
la perdita della
mobilità riguarda
un solo arto,
che comunque
mantiene una
discreta attività
funzionale.
Paraplegia
Emiplegia
Tetraplegia
Doppia emiplegia
Il defcit motorio
è localizzato ai soli
arti inferiori ed è
sempre bilaterale.
Solitamente si
osservano anche
dei lievi difetti
motori agli arti
superiori. la
paralisi può essere
di tipo sia spastico
sia rigido.
Il difetto motorio
interessa una
metà del corpo.
le alterazioni
sono di tipo
spastico,
prevalentemente
nell’arto superiore.
le lesioni motorie
interessano tutti
e quattro gli arti,
che sono inabilitati
da un defcit
prevalentemente
di tipo rigido (con
minore frequenza
può essere di tipo
spastico).
le lesioni motorie
interessano in
particolar modo
gli arti superiori
e sono di tipo
spastico.
La disabilità sensoriale
Per disabilità sensoriale si intende la perdita parziale o completa della funzione visiva o di quella uditiva. Questa condizione non compromette le potenzialità funzionali del ragazzo, ma incide sulla qualità della sua vita,
dal momento che il ragazzo non riesce a interagire autonomamente con l’ambiente circostante. Il compito
dell’insegnante è creare un ambiente che favorisca lo sviluppo dell’autonomia personale, sociale, afettiva.
La disabilità uditiva
la sordità consiste in una riduzione o perdita totale della funzione uditiva. Può svilupparsi nel corso degli anni
(per cause infettive come un’otite, oppure traumatiche, tossiche, vascolari) e in questo caso si può intervenire con l’applicazione di una protesi acustica. In altri casi, invece, la sordità è congenita grave e bilaterale: per
non compromettere l’uso del linguaggio occorre intervenire precocemente sia mediante protesi acustica sia
tramite riabilitazione logopedica. Alcuni soggetti con limitazioni uditive imparano la lettura labiale, che permette di comprendere il linguaggio parlato attraverso la lettura dei movimenti delle labbra di chi gli parla. tra
le tipologie di perdite uditive, le principali sono l’ipoacusia di tipo trasmissivo e quella di tipo neurosensoriale.
BES Disabilità
Ipoacusia di tipo trasmissivo
l’orecchio interno funziona correttamente,
mentre l’orecchio esterno o l’orecchio medio
presentano dei disturbi che impediscono al suono
di raggiungere l’orecchio interno. Queste perdite
sono solitamente temporanee e curabili.
Ipoacusia di tipo neurosensoriale
la sordità è causata da disfunzioni della coclea
(disfunzioni sensoriali) o del nervo acustico
(disfunzioni di tipo neurale). Spesso è presente
dalla nascita, quindi si parla di sordità congenita.
È irreversibile e non può essere trattata mediante
l’uso di farmaci né chirurgicamente; si interviene
con apparecchi acustici o, nei casi più gravi, con
impianti cocleari.
La disabilità visiva
la disabilità visiva indica la ridotta capacità di compiere azioni legate alla funzione visiva, come leggere, scrivere o muoversi autonomamente. la perdita della vista può derivare da anomalie congenite a carico della
cornea, dell’iride o del cristallino, oppure può essere di tipo degenerativo ereditario della retina (retinite
pigmentosa), così come può essere conseguente a cause traumatiche, per esempio un glaucoma, il diabete,
infezioni virali. I ragazzi con limitazioni visive sviluppano problemi di impaccio e inibizione motoria, di orientamento e comunicazione. l’insegnante di educazione fsica deve quindi proporre attività motorie fnalizzate a:
•
•
•
•
afnare gli schemi motori funzionali;
sviluppare la componente acustica;
favorire la rappresentazione mentale dello spazio;
promuovere l’o&M (orientamento e mobilità).
La classifcazione delle disabilità visive
la legge n. 138 del 3 aprile 2001 defnisce le varie forme di minorazioni visive, distinguendo tra cecità (capacità
visiva nulla o molto ridotta) e ipovisione (riduzione del campo visivo).
Classifcazione e quantifcazione della menomazione visiva
ciechi totali
• coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi;
• coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto
della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore;
• coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento.
ciechi parziali
• coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
• coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 per cento.
Ipovedenti gravi
• coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
• coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30 per cento.
(continua)
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BES Disabilità
Classifcazione e quantifcazione della menomazione visiva (continua)
Ipovedenti
medio-gravi
• coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
• coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 per cento.
Ipovedenti lievi
• coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
• coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60 per cento.
La disabilità mentale
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La disabilità mentale, anche chiamata “ritardo mentale”, consiste nella compromissione di alcune funzioni
cognitive per cause genetiche e prenatali o per cause traumatiche durante il parto. la disabilità mentale, che
causa l’incapacità di afrontare e risolvere problemi nuovi, anche molto semplici, può essere lieve, gravissima
o profonda. Spesso sono associati anche disturbi del linguaggio.
Il rapporto Istat del 2012 sull’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado rivela che il ritardo mentale è il disturbo più difuso nelle scuole, in particolare interessa il 36,3% della popolazione con disabilità nella scuola primaria e il 42,9% di quella della scuola secondaria di primo grado.
tra le principali disabilità che coinvolgono la sfera intellettiva vi sono le encefalopatie infantili, la sindrome di
Down e l’autismo.
• le encefalopatie infantili sono lesioni a carico del cervello causate da fattori che possono essere di tipo
genetico, traumatico, infettivo, tossico. Possono insorgere in fase prenatale, durante il parto o nei primi
anni di vita.
• la sindrome di Down ha origine genetica: è infatti caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più
nelle cellule (vi sono tre cromosomi 21 invece di due). generalmente è associata a un ritardo nella capacità
cognitiva e nella crescita fsica; inoltre, presenta particolari caratteristiche nei tratti somatici del viso.
• l’autismo è un disturbo dello sviluppo correlato con la disabilità intellettiva: comporta difcoltà nella
comunicazione e problemi di comportamento. Sebbene non si conoscano le cause dell’autismo, sembra
essere presente una componente genetica.
Encefalopatie infantili
comportano ritardi
nell’apprendimento.
Sindrome di Down
Il livello di ritardo varia
da persona a persona. Per
ottenere uno sviluppo armonico e un buon inserimento
scolastico e sociale si ricorre alla
riabilitazione.
Autismo
Provoca l’isolamento dal mondo
esterno e il rifuto del contatto
con gli altri. Si esprime con un
forte timore verso i cambiamenti
e con l’introduzione di gesti
rituali e stereotipia. Spesso
è accompagnata da disturbi
motori.