La poverta - Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale

La povertà
Morlicchio
Sociologia della povertà
Le origini della povertà
• La povertà è sempre esistita, era considerata una condizione
naturale per gran parte della popolazione mondiale.
• Fino al XVIII secolo larga parte della popolazione europea viveva
costantemente sotto la minaccia di un improvviso crollo delle
condizioni di vita.
• Ancora nel XIX secolo la stessa sopravvivenza era
costantemente minacciata da epidemie, carestie, eventi
naturali, guerre: nel 1845-49 una malattia delle patate - la peronospora –
determinò la “grande carestia irlandese”, che causò circa un milione di morti
per denutrizione o malattie ad essa collegate, e spinse ad emigrare un altro
milione di persone: complessivamente in 5 anni la popolazione irlandese si
ridusse del 20-25% [Woodham-Smith 1962].
Le origini della povertà
• La concezione medievale della povertà
(Mollat, Geremek) distingueva tra povertà
involontaria (bambini, anziani, invalidi),
meritevole di beneficenza, e povertà
volontaria (vagabondi, criminali, mendicanti)
percepita come una minaccia e oggetto di
repressione  è un difetto dell’individuo, e
come tale va trattato come un delinquente.
Le origini della povertà
All’alba della modernità, si continuava a
distinguere tra il poor – in grado di mantenersi
– e il pauper – dipendente dalla carità e
dall’assistenza pubblica.
La Old Poor Law del 1601 (fino 1834), in
qualche modo ispirata ai principi dell’economia
morale di Thompson, costituiva una sorta di
rudimentale welfare state per i poveri della
comunità.
Le origini della povertà
La Old Poor Law definiva un sistema
pubblico di assistenza ai poveri finanziato
per via fiscale e basato sue 3 capisaldi:
1) Outdoor relief
2) Indoor relief (almshouses, workhouses,
poorhouses)
3) Leggi sulla residenza
Era amministrata dalle parrocchie.
Le origini della povertà
Solo con la rivoluzione industriale la povertà comincia
ad essere avvertita come una condizione sociale,
soprattutto nei centri industriali inglesi (Manchester,
Liverpool, Sheffield, Birmingham):
‘enclosures’  distruzione della società rurale 
proletarizzazione  distruzione dei legami famigliari e
comunitari  pauperizzazione
La creazione di una moderna classe operaia richiedeva
una distruzione radicale della società pre-industriale: è
la ‘liberazione’ dei contadini dai vincoli di natura
feudale.
Le origini della povertà
Dopo il fallimentare tentativo di impedire la
completa proletarizzazione della classe operaia
con Speenhamland nel 1975, nel 1834 il Poor
Law Reform Act, che cancella la Old Poor Law,
sancisce il pieno trionfo della nuova società
industriale e capitalistica, nel quale non c’è
spazio per la solidarietà verso i poveri.
Contribuiscono anche considerazioni di carattere
morale e scientifico, in particolare il principio di
popolazione di Malthus.
Le origini della povertà
Il Poor Law Reform Act:
1) Restrizione dell’outdoor relief (deserving poor)
2) Indoor relief punitivo e stigmatizzante
(workhouses come carceri)
3) Undeserving poor
4) Less eligibility
Il povero poteva essere assistito solo se incolpevole
per la propria condizione, altrimenti andava trattato
come un delinquente.
La povertà nella società salariale
Alla fine del XIX secolo lo sviluppo dei sistemi di
protezione sociale allenta le percezione di
precarietà esistenziale connaturata alla
condizione di proletario.
La creazione della condizione salariale (Castel p.
48) costituisce la premessa per l’accesso alla
cittadinanza sociale (T.H. Marshall).
La povertà nella società salariale
Alla fine del XIX° secolo Charles Booth realizza la prima
ricerca sociologica ‘scientifica’ sulla povertà.
Analizza la distribuzione della povertà a Londra
distinguendo 8 classi in base all’occupazione e alla
Pericolosi
regolarità dei guadagni:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
h)
Lavoratori occasionali, perdigiorno, criminali
Lavoratori saltuari
Lavoratori con guadagni discontinui
Lavoratori stabili con paghe basse
Lavoratori stabili con paghe adeguate
Lavoratori qualificati con paghe elevate
Negozianti, impiegati e commessi
Classe media superiore, servant keeping class
Sotto
proletariato
Poveri
Classe
operaia
Classe
media
La povertà nella società salariale
Grazie (anche) a Booth, la povertà cessa di essere
una colpa individuale o un difetto del carattere e
diventa una questione sociale: è l’effetto delle
trasformazioni sociali generate
dall’industrializzazione.
È legittimato l’intervento dello Stato nella
regolazione delle dinamiche economiche (del
capitalismo).
La povertà nella società salariale
La figura di povero che si impone è quella del
disoccupato industriale: non si tratta più (solo) di
vagabondi, orfani, vedove, vecchi o malati, ma
sempre più spesso di lavoratori senza salario.
Rimane il principio della less eligibility!
[I disoccupati di Marienthal  si descrive il degrado
psicologico che la mancanza di salario produce nei
lavoratori e nelle loro famiglie.
Vedi anche molta letteratura anglosassone.]
La povertà nella società salariale
Dopo la II guerra mondiale la povertà scompare
dall’attenzione pubblica: l’impetuoso sviluppo
economico e sociale promette di risolvere una volta
per tutte la questione  piena occupazione, male
breadwinner regime, sistemi pensionistici, sistemi
sanitari (keynesian welfare state).
Purtroppo è andata diversamente!
Prima negli USA (anni ‘60) e poi in Europa (anni ‘80),
la povertà torna ad essere una questione sociale.
La povertà postfordista
La società salariale viene sostituita dalla società
frammentata (Mingione).
Società salariale
Società frammentata
Reciprocità
(famiglia)
Stabilità famigliare
Protezione delle reti parentali
Eterogeneità e instabilità famigliare
«Disaffiliazione»
Scambio
(mercato)
Rapporti di lavoro standard
per maschi capifamiglia
Consumo di massa
Rapporti di lavoro non standard
Donne nel MDL
Polarizzazione
Scelte di consumo
Redistribuzione
(Stato)
Protezioni collettive
Welfare universalistico
Keynesismo
Individualizzazione protezione
Politiche di welfare restrittive
Stato meno regolatore
Regime di genere
Male breadwinner forte
Male breadwinner debole o double
income
Parità di genere nella cura
Ciclo di regolazione Intensivo
Frammentato o flessibile
La povertà postfordista
Questi processi di mutamento segnano una
progressiva individualizzazione che ha due corollari:
1) Si allenta la dipendenza individuale dalle grandi
istituzioni fordiste (famiglia, fabbrica e welfare
bismarckiano)
2) Di conseguenza, vengono meno le protezioni che
ne derivavano, aumenta la precarietà
 si generano nuovi rischi sociali.
La povertà postfordista
Povertà tradizionale
Povertà salariale
Povertà postfordista
Vedove-bambini
Immigrati (interni)
Immigrati (esterni)
Vecchi-invalidi
Marginali
Atipici
Vagabondi-sradicati
Esclusi
Tutti?
La povertà postfordista
R. Castel parla di insicurezza sociale e
desaffiliation dai contesti collettivi: la
fragilizzazione delle reti di supporto famigliari
e la marginalizzazione nel mercato del lavoro
escludono sempre più individui dai circuiti
sociali
Integrazione  vulnerabilità 
precarietà dipendenza  disaffiliazione
La povertà postfordista
W.J. Wilson osserva gli stessi fenomeni, ma nella
prospettiva peculiare dei quartieri centrali delle città
americane, caratterizzati da forte segregazione
sociale e razziale ghetto poor
Effetti di concentrazione: la segregazione è causa di
intensificazione della povertà
L. Wacquant parla di ‘hyperghetto’
La povertà postfordista
Secondo Wilson la povertà urbana del(l’hyper)ghetto
è prodotta dalla mancanza di risorse – familiari e
comunitarie, economiche e del MDL, istituzionali e
del welfare – che producono specifici modelli di
comportamento.
Secondo la scuola della «cultura della povertà»
invece sono i valori e gli atteggiamenti che
producono la povertà materiale.
La povertà postfordista
Nei diversi regimi di welfare si consolidano anche
diversi modelli di povertà.
Liberale:
Isolamento
Giovani appartenenti a minoranze in quartieri segregati;
immigrati recenti; madri sole a basso reddito; operai espulsi;
persone senza dimora
Conservatore:
transizione
Disoccupati di lungo periodo e giovani in cerca di prima
occupazione; lavoratori marginali; madri sole
multiproblematiche; giovani precari a lungo
Socialdemocratico: Giovani in transizione; disagio giovanile; immigrati recenti
individualismo
Mediterraneo:
Famiglia
Coppie precarie; immigrati; famiglie numerose con minori;
anziani isolati
La povertà postfordista
Povertà per classi d’età in alcuni paesi europei (2011)
30
25
Tutti
20
0-17
18-25
26-40
15
41-50
51-65
66-75
10
76+
5
0
DK
F
D
I
E
S
UK
USA
La povertà postfordista
Rischio relativo di povertà per classi d’età in alcuni paesi europei (2011)
400,0
350,0
300,0
0-17
250,0
18-25
26-40
200,0
41-50
51-65
150,0
66-75
76+
100,0
50,0
0,0
DK
F
D
I
E
S
UK
USA
La povertà postfordista
La povertà negli USA
La concentrazione della povertà negli USA
La povertà postfordista
La concentrazione della povertà negli USA
La povertà postfordista
La povertà in Italia
La distribuzione della povertà in Italia
La povertà postfordista
La povertà postfordista è l’effetto di un processo di
fratturazione sociale tra chi ‘ce la fa’ e chi invece fallisce
nel processo di costruzione dell’autonomia: sono le
vittime dell’individualismo.
Proprio questa natura delle ‘nuove povertà’ facilita un
atteggiamento di ostilità nei confronti dei poveri.
Le politiche per i poveri diventano politiche di controllo e
repressione dei poveri  vedi la pedagogia
dell’attivazione come lotta contro la dipendenza dal
welfare.
Il modello di povertà italiano
Alla fine della seconda guerra mondiale la povertà è
ampiamente diffusa in Italia:
1) Figure sociali rurali ‘premoderne’
2) Povertà urbana tradizionale (piccolo commercio,
artigianato, manovalanza)
3) Sottoproletariato urbano
http://www.youtube.com/watch?v=u3D1zrWn6yw
http://www.youtube.com/watch?v=XaKZv_tCG50
http://www.youtube.com/watch?v=4kRbO12-YyM
Il modello di povertà italiano
All’inizio degli anni ‘50 indagine parlamentare Inchiesta
sulla miseria e sui mezzi per combatterla.
Tre indicatori:
i) Abitazione
ii) Alimentazione
iii) Calzature
Erano misere le famiglie che vivevano in abitazioni
sovraffollate (2+ pax per stanza), che non consumavano
mai carne, zucchero, vino, che non possedevano scarpe
decenti.
La famiglie disagiate stavano leggermente meglio.
Il modello di povertà italiano
2 M di nuclei in abitazioni sovraffollate
 870mila 4+ per stanza
4,4M mai carne
3,2M carne 1 volta a settimana
 ¼ della popolazione era denutrita
11,8% famiglie misere
11,6% famiglie disagiate
Concentrazione nel Mezzogiorno
Il modello di povertà italiano
Solo pochi anni dopo l’indagine, le condizioni di vita
degli italiani migliorano enormemente.
Flussi migratori interni  milioni di operai
meridionali nel triangolo industriale  rimesse
Nelle città meridionali economia irregolare, redditi
precari.
Il modello di povertà italiano
Negli anni ‘80 anche in Italia si riscopre il tema della
povertà (esclusione sociale).
Viene istituita la Commissione d’indagine sulla
povertà, che da inizio alla pubblicazione sistematica
di dati e ricerche sulla povertà. Diventa evidente il
dualismo Nord-Sud: già nel primo rapporto (Gorrieri,
1985) la povertà al Sud è il triplo di quella al Nord.
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano è contrassegnato dalla persistente
frattura Nord-Sud, come conseguenza delle differenze di reddito.
http://www.istat.it/it/archivio/108637
http://noi-italia.istat.it/index.php?id=3&L=0
Malgrado i differenti ordini di grandezza, è possibile rintracciare un
modello di povertà nazionale:
-Famiglie numerose  povertà riprodotta all’interno
del nucleo famigliare.
-Residenti nel Mezzogiorno
-A bassa intensità occupazionale
(-Immigrati)
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano
Il modello di povertà italiano