Imparare a vivere con la paura della paura

LA S VO LTA
Informazioni sulla depressione e sui disturbi d’ansia I Edizione 9
PA GINA 3 I DISTURBI DI PANICO
PA GI NA 4 I DI STURBI DI PANICO
PAGINA 8 I TERAPIA COMPORTAMENTALE
Imparare a vivere con
la paura della paura
Gli attacchi di panico possono
limitare fortemente la vita
Racconto di un’esperienza
personale
Intervista con il Prof. Dr. med. Gregor Hasler
Modificare gli schemi mentali
disfunzionali con la terapia
comportamentale
Colloquio con la Dr. med. Christine Poppe
Lundbeck (Schweiz) AG
Dokument letztmals geprüft:
27.12.2012
E D I TO R I A L E
INDICE
E D I TO R I A L E
2
D I S T U R B I D I PA N I C O
3
«Ho imparato a convivere
3
con la malattia»
Un racconto in prima persona sulla
realtà degli attacchi di panico
La Sua opinione ci interessa
Partecipi e vinca!
4
Quando paura e panico
schiacciano la vita
Intervista con il
Prof. Dr. Gregor Hasler
4
Libro:
L’ansia – Come affrontarla
come curarla
6
Trattamento farmacologico:
compresse, gocce o infusione?
7
TERAPIA COMPORTAMENTALE 8
Terapia comportamentale –
Aiuto all’autoaiuto
Intervista con la
Dr. med. Christine Poppe
8
Passo dopo passo,
riprendere le fila della vita
10
IN BREVE
12
Centri di riferimento e link
12
Colophon
12
Gentili lettrici,
Cari lettori,
C
hi non conosce queste sensazioni? Nervosismo
prima di un esame, eccitazione in vista di un bel
viaggio, paura della morte sono tutte emozioni
naturali. Ma cosa succede quando la paura diventa
panico, e all’improvviso sono gli attacchi di panico a
dominare la quotidianità? Simonetta M.*, 25 anni,
sa bene cosa significa vivere costantemente nella
«paura della paura». Il suo primo attacco di panico è
avvenuto quando aveva 16 anni. Ancora non immaginava che ne sarebbero seguiti altri. Nel 2006, durante una partita dei Mondiali di
calcio in Germania, ha subito un attacco talmente violento che ha dovuto essere
ricoverata d’urgenza in ospedale, da dove è stata poi indirizzata ad uno psichiatra.
Leggete nell’intervista a pag. 3 come ha superato questo brutto momento ed ha
imparato a convivere con la malattia.
Al Prof. Dr. med. Gregor Hasler, Professore di programmazione ed organizzazione dei
servizi sanitari in campo psichiatrico e di sociopsichiatria presso l’università di Berna,
abbiamo chiesto che cosa si nasconde esattamente dietro l’espressione disturbi di
panico. Nell’intervista a pag. 4 ci spiega quando viene superato il confine fra ansia
normale e ansia patologica, come si manifesta la malattia e quali sono le cause e i
fattori scatenanti dei disturbi di panico. Il Prof. Dr. med. Gregor Hasler illustra poi
varie possibilità di trattamento in grado di aiutare i malati a riprendere una vita normale.
La terapia comportamentale è una possibilità di trattare i disturbi d’ansia e di panico.
È di questo che si occupa a fondo ogni giorno nel proprio studio la Dr. med. Christine
Poppe, psichiatra FMH. Il colloquio di pag. 8 spiega le ragioni dei benefici che una
terapia comportamentale può portare ai pazienti e perché viene considerata una
forma di autogestione, e infine quali sono le differenti tecniche. Tre esempi illustrano
inoltre come altrettante persone hanno potuto, grazie ad una terapia comportamentale, riprendere passo dopo passo le fila della propria vita. Maggiori informazioni a
pag. 10 e 11.
Ci auguriamo che anche il nuovo numero testimoni il nostro impegno per trasmettere informazioni valide e utili sulla depressione e i disturbi d’ansia. Vi auguriamo
perciò una lettura informativa.
PD Dr. Rico Nil
Medical Director
Lundbeck (Schweiz) AG
* Nome cambiato
2
«Ho
imparato
convivere
a
S I M O N E T TA M.*
D I S T U R B I D I PA N I C O
con la malattia»
R I C O R DA P E R F E T TA M E N T E Q UA N D O H A AV U TO I L P R I M O AT TAC C O D I PA N I C O : A
16
ANNI,
M E N T R E F U M AVA M A R I J UA N A I N S I E M E A D A M I C I , È I N I Z I ATO I L B AT T I C U O R E , C H E È D U R ATO Q UA S I D U E O R E
P R I M A D I PA S S A R E .
UNA
S E N S A Z I O N E T E R R I B I L E C H E I M P U T Ò A L L A D RO G A , G I U R A N D O S I D I N O N R I C A S C A R C I
MAI PIÙ.
A
llora la studentessa, ora venticinquenne, non sapeva che sarebbero
seguiti altri attacchi. Non provocati da
droghe o da altri eventi esterni, bensì –
come ormai le è noto – «dalla paura
della paura.» Il secondo attacco di panico assalì Simonetta M. durante le vacanze, mentre era in viaggio verso la Spagna con due compagne di studi. Dopo
una festa avvertì di nuovo il batticuore.
Non riuscì più a dormire e soffriva di
inappetenza. Deve essere stato l’alcool,
pensò, e al suo ritorno si rivolse ad un
medico per un ECG che avrebbe dovuto
determinare se aveva in cuore in ordine.
Dall’esame non risultò nulla ed anche
l’otorino la tranquillizzò. Per i quattro
anni successivi non bevve più alcool.
Poi Simonetta M. lasciò la casa dei genitori, cercò un alloggio nei pressi dell’università ed iniziò il corso di studi. Dopo
un anno, all’avvicinarsi dei primi esami,
si accorse di aver iniziato a studiare con
ritardo. Il viaggio in Germania con i
genitori per assistere ai mondiali di calcio peggiorò la paura degli esami. Quando si verificò il successivo attacco di
panico, i suoi genitori rimasero perplessi.
Dopo la permanenza al pronto soccorso
Simonetta M. passò «il momento peggiore» della sua vita. «Avevo un’enorme
angoscia, piangevo in continuazione.»
Soffriva di difficoltà respiratorie e non
voleva più vivere. Simonetta M. mancò
gli esami.
La dottoressa del pronto soccorso la
inviò ad uno psichiatra. Finalmente gli
accessi di cui soffriva ebbero un nome:
attacchi di panico, una forma di disturbo
d’ansia. Simonetta M. iniziò una terapia
comportamentale, abbinata all’assunzione di medicamenti, recandosi dal proprio medico una volta a settimana.
All’inizio della terapia non aveva più il
coraggio di stare fra la gente, evitava gli
assembramenti. Dopo due settimane iniziò a stare meglio. All’inizio del semestre
successivo riprese gli studi. Il suo ragaz-
zo di allora, e soprattutto la mamma, la
aiutarono a ritrovare una vita quotidiana
libera dalla paura. Poco a poco si rese
conto che gli attacchi di panico si presentavano sempre nell’imminenza di
eventi particolari: un viaggio a New
York, un soggiorno linguistico in Spagna.
Prima dell’inizio di qualsiasi viaggio
prova paura:
«Non volevo
più
vivere»
«Che succede se mi prende il panico in
un luogo sconosciuto, all’estero, dove
non conosco nessuno, senza l’aiuto delle
persone a me vicine?»
3
aura
anico
ano
D I S T U R B I D I PA N I C O
la vita
LA
PAU R A C I AC C O M PA G N A P E R T U T TO I L C O R S O D E L L A V I TA : PAU R A D I E S A M I , M A L AT T I E , D I P E N D E N Z A , PAU R A D I
F RO N T E A I P E R I C O L I A M B I E N TA L I E A L L A M O RT E .
ED
È NORMALE.
Q UA N D O
P E R Ò L A PAU R A D I V E N TA PA N I C O E
D O M I N A L A V I TA Q U OT I D I A N A S OT TO F O R M A D I AT TAC C H I , A L L O R A D I V E N TA U N A M A L AT T I A .
GLI
AT TAC C H I D I
PA N I C O I N S O R G O N O DA L N U L L A , A P PA R E N T E M E N T E S E N Z A C AU S A , E R A P P R E S E N TA N O U N E N O R M E L I M I T E P E R C H I
N E È C O L P I TO , M I N AC C I A N D O D I S C H I AC C I A R N E L A V I TA .
pazzamente, inizio a tremare e sudo
freddo, ho le vertigini e a volte anche la
nausea. Quello che mi circonda sembra
allontanarsi sempre più. Tutto ciò
aumenta ancora la paura, penso che sto
per perdere del tutto il controllo, che sto
impazzendo o che potrei morire di collasso cardiaco. Dopo circa 10 minuti
questo stato raggiunge il culmine, e poi,
senza che io faccia niente, migliora.
Quando subisco questi attacchi penso
spesso di dover scappare in qualche
modo.» Con un disturbo di panico tuttavia non si soffre solo per gli attacchi di
panico ma anche per la costante paura
che ne possa insorgere uno in qualsiasi
momento. Alcuni pazienti considerano
questa paura della paura persino peggiore e più limitante degli attacchi stessi.
Qual è il confine fra paura normale e
paura patologica?
La paura, ed anche il panico, sono sentimenti umani normali. La paura diventa
patologica quando sottopone ad un
NE
PA R L I A M O C O N I L
forte carico di sofferenza e/o quando
limita considerevolmente la vita di chi ne
soffre.
Quante persone ne sono colpite? Si
tratta più di donne o di uomini?
Fino ad un terzo della popolazione ha già
vissuto un attacco di panico. Circa il 4
P RO F . D R .
M E D.
GREGOR HASLER.
percento della popolazione subisce
almeno una volta nella vita un disturbo
di panico con attacchi ripetuti, che
porta con sé una grande sofferenza. Le
donne soffrono di disturbi di panico con
una frequenza doppia rispetto agli
uomini.
P RO F I L O P E R S O N A L E
Dal 1° gennaio 2010 Il Prof. Dr. med. Gregor Hasler è professore straordinario
di programmazione ed organizzazione dei servizi sanitari in campo psichiatrico
e di sociopsichiatria presso l’Università di Berna. Gregor Hasler (41) è cresciuto
a Lucerna ed ha studiato medicina all’Università di Zurigo, specializzandosi poi
come psichiatra e psicoterapeuta FMH presso la Clinica Hohenegg a Meilen, il
policlinico psichiatrico dell’Ospedale universitario di Zurigo e il National
Institute of Mental Health a Bethesda, USA. Le sue pubblicazioni scientifiche
hanno conseguito premi nazionali ed internazionali, come nel 2008 il premio di
promozione del Lundbeck Institute per l’eccezionale lavoro di ricerca nel
campo della psichiatria clinica.
5
D I S T U R B I D I PA N I C O
L I B RO :
L’ansia – Come affrontarla come curarla
Un lavoro straordinario, capace di catturare chiunque. Tachicardia, vertigini, senso
d’instabilità, angoscia giorno e notte, paura del futuro e una valanga di preoccupazioni per ogni problema: quante sfaccettature possiede l’ansia! Ipocondria,
ossessioni, panico, timori di fronte alla folla e terrore di esporsi al pubblico sono
all’ordine del giorno ma, da oggi, saranno più chiari e faranno meno paura. Il
volume spiega cos’è l’ansia, come si presenta, come si affronta e, soprattutto,
come si cura.
Da uno psichiatra esperto di psicoterapia e medicine naturali, un manuale ben
congegnato che consente al lettore d’appassionarsi come un bambino di fronte a
un giocattolo. Il libro presenta domande e risposte, cruciverba da risolvere e test
psicologici, pratiche ricette omeopatiche e naturali tratte dall’esperienza pluriennale dell’Autore a fianco del malato; un pratico programma terapeutico per sostituire i farmaci chimici con rimedi naturali e disintossicarsi dagli psicofarmaci, e
ancora tanti consigli su omeopatia, sali di Schüssler, fiori di Bach, fito e gemmoterapia, per affrontare con sicurezza ogni tipo di disturbo. In più una serie di
esperienze di training mentale per guidare la mente fuori dall’incubo dell’ansia.
Con un solo scopo: poter dire «Ce l’ho fatta, finalmente, sono guarito!»
L’ansia – Come affrontarla come curarla di Roberto Pagnanelli, Armando Editore,
brossura 224 pagine, ISBN: 978-88-6081-543-9
6
Che ruolo hanno i fattori genetici?
Con quale frequenza la causa è costituita da eventi traumatici?
Circa il 30 percento dei fattori di rischio
di un disturbo di panico sono di tipo
genetico. Circa un terzo dei pazienti
dichiara che eventi traumatici hanno
avuto un ruolo determinate nell’insorgenza del disturbo di panico. Asma,
fumo, consumo di caffeina e stress psicologico sono altri fattori importanti per
lo sviluppo e il persistere dei disturbi di
panico.
I disturbi di panico sono conseguenza
o parte integrante di altre malattie
come depressione, disturbi ossessivocompulsivi ecc, oppure insorgono
anche isolatamente?
Circa il 70 percento delle persone che
soffre di disturbi di panico presenta
anche un’ulteriore malattia psichica, in
prevalenza depressione o altro disturbo
ossessivo-compulsivo. Se il disturbo di
panico sia poi conseguenza od origine
dell’altra patologia non è chiaro: presumibilmente i vari disturbi hanno cause
comuni e perciò insorgono in maniera
concomitante. Nella depressione l’insorgenza di attacchi di panico è in genere
un segno di risposta inadeguata del soggetto alla terapia standard. In questo
caso è indispensabile rivolgersi ad uno
specialista di psichiatria.
terzo
popolazione
attacco di
«Fino ad un
della
ha già vissuto un
panico»
Quali sintomi si manifestano in un
attacco di panico? Sono sempre gli
stessi oppure variano da caso a caso?
I sintomi variano da un caso all’altro. In
alcuni pazienti predominano i sintomi
fisici, come affanno, batticuore, sudorazione etc. Per altri invece sono in primo
piano i sintomi psicologici, come paura
di impazzire o di morire. I sintomi pos-
D I S T U R B I D I PA N I C O
sono inoltre variare anche fra un attacco
e l’altro. Dal punto di vista terapeutico
l’importante è sapere se il paziente va in
iperventilazione, cioè se respira troppo
velocemente e troppo a fondo. I pazienti
di solito non ne sono consapevoli. In
caso di iperventilazione, gli esercizi di
respirazione hanno dimostrato di costituire misure psicoterapeutiche efficaci.
«La fuga
reazione
paura ed
pericolo»
è una
atavica alla
al
La fuga è una delle reazioni ad un
attacco di panico. Altre sono l’evitare
i luoghi o le situazioni dove potrebbero insorgere tali disturbi di panico. I
diretti interessati possono reagire da
soli? Quando è necessaria un’assistenza medica?
La fuga è una reazione atavica alla paura
ed al pericolo. Negli attacchi di panico
tuttavia questa reazione non ha alcun
senso, perché mancano i fattori scatenanti esterni. I pazienti in effetti non
evitano i luoghi dove potrebbero subire
attacchi di panico − che possono insorgere ovunque − ma evitano invece i
luoghi dai quali non possono fuggire,
oppure dove si vergognano dell’attacco
di panico, e cioè i luoghi pubblici. Per
certi pazienti è importante trovarsi nelle
vicinanze di un pronto soccorso o di uno
studio medico.
Qual è la cura e quanto dura?
La durata delle terapie varia, da un paio
di settimane fino ad alcuni anni. La terapia si conclude di solito quando il
paziente può affrontare meglio la paura
ed abbandona i comportamenti di autolimitazione o di evitamento. La completa scomparsa della paura non è un
obiettivo terapeutico realistico.
Quando è opportuno un trattamento
farmacologico e quando una terapia
comportamentale, oppure una combinazione di entrambi?
Questo dipende in modo determinante
dal desiderio del paziente. Entrambi i
metodi hanno dato buona prova e
dimostrano un’efficacia analoga. Per il
trattamento psicoterapeutico il paziente
deve essere motivato e collaborare attivamente alla soluzione del proprio problema, in compenso i risultati sono
spesso durevoli. Se qualcuno non mostra
una risposta sufficiente all'uno o all'altro
metodo, sarà opportuno abbinare alla
psicoterapia un trattamento farmacologico. Il trattamento farmacologico consiste di antidepressivi. Gli ansiolitici (tranquillanti) sono indicati solo per la terapia di fase acuta e di regola non vanno
assunti per più di due settimane.
Quale contributo possono dare familiari, amici e conoscenti a chi soffre di
disturbi di panico?
Dovrebbero incoraggiare il paziente a
ricorrere ad un trattamento. In caso di
comportamenti di evitamento possono
aiutare il paziente a riconquistare la
T R AT TA M E N T O
FA R M A C O L O G I C O :
Compresse, gocce o infusione?
Gli antidepressivi sono prescritti prevalentemente sotto forma di compresse, ma sono disponibili anche in
gocce o infusioni. Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi?
Compresse: la forma più comune.
Più sono piccole, più è facile ingoiarle. Compresse e capsule si inghiottono normalmente con acqua. Per chi
ha difficoltà di deglutizione questa
forma di somministrazione presenta
svantaggi. Una soluzione è fornita
dalle cosiddette compresse orodispersibili, che si sciolgono sulla lingua e vengono poi mandate giù con
la saliva.
Gocce: in forma liquida gli antidepressivi sono più gradevoli da ingerire, e la dose può essere adattata al
paziente con precisione.
Infusioni: gli antidepressivi in infusione sono disponibili solo in casi
isolati. Il loro uso è assai specifico.
«Per il trattamento
psicoterapeutico
paziente
motivato»
il
deve
essere
libertà di movimento perduta, per esempio ad andare al cinema, in autobus o in
treno, a trattenersi in luoghi pubblici.
Dato che stress, fumo e consumo di caffeina sono fattori di rischio, i familiari
possono inoltre aiutare il paziente a
abbassare il livello di stress, a smettere
di fumare e a ridurre il consumo di
caffè.
7
Terapia
A
autoaiu
T E R A P I A C O M P O RTA M E N TA L E
co
all’
SI
PUÒ IMPARARE COME GESTIRE EMOZIONI OPPRIMENTI , COME SPEZZARE SCHEMI DI COMPORTAMENTO E DI PENSIERO
PROBLEMATICI E NEGATIVI .
P OPPE ,
«L A
TERAPIA COMPORTAMENTALE È UNA FORMA DI AUTOGESTIONE », OSSERVA
PRIMARIO DEL DAY HOSPITAL DELLA CASA DI CURA
Che cos’è la terapia comportamentale?
La terapia comportamentale è un procedimento psicoterapeutico volto a spiegare,
attingendo ai fondamenti scientifici e teorici della psicologia e delle neuroscienze,
l’insorgenza e la persistenza dei disturbi
psichici per derivarne adeguati approcci
terapeutici. Il procedimento è finalizzato
al superamento degli attuali problemi del
paziente, tenendo conto dell’evoluzione
della sua biografia e delle circostanze che
lo hanno plasmato. Il paziente viene esortato alla collaborazione attiva, ad esempio
provando nuovi schemi di comportamento o eseguendo compiti a casa. La terapia
comportamentale deve essere un aiuto
all’autoaiuto.
Esistono varie forme di terapia comportamentale?
La terapia comportamentale comprende
varie tecniche, che possono essere opportunamente abbinate caso per caso. Per i
pazienti depressi si tratta di metodi
imperniati su esercizi, ad esempio integra-
8
C HRISTINE
S ANATORIUM K ILCHBERG .
re in modo mirato attività piacevoli nel
corso della giornata, mentre per i pazienti
con disturbi di ansia e panico si applicano
le tecniche di esposizione, che prevedono il
confronto mirato con le situazioni scatenanti e l’apprendimento di nuove capacità
di affrontarle. Sono importanti anche le
tecniche cognitive, volte ad analizzare e
modificare gli schemi mentali e i principi di
vita svantaggiosi, ad esempio vedere tutto
in bianco e nero oppure voler fare tutto
alla perfezione. Infine vi sono complessi
programmi di training per migliorare la
gestione dei sentimenti spiacevoli e degli
stati di tensione, nonché per rafforzare la
sicurezza di sé e le capacità comunicative.
In questo contesto si ricorre anche a giochi
di ruolo.
insieme a lui la comprensione dei suoi
problemi. Sulla base degli obiettivi perseguiti dal paziente si elabora poi insieme a
lui un programma terapeutico che mira a
sviluppare una nuova prospettiva verso la
vita, sfruttando le sue risorse ed i suoi
punti di forza. Alcuni obiettivi possono
essere ad esempio gestire meglio i propri
problemi psichici e le circostanze difficili e
superarli, chiarire i conflitti irrisolti ed elaborare una prevenzione delle ricadute.
Per quali disturbi psichici trova impiego?
In linea di massima le tecniche della terapia comportamentale possono essere
usate in una molteplicità di disturbi psichici. Per i disturbi di ansia e i disturbi ossessivo-compulsivi, la depressione e i disturbi
alimentari già esistono programmi teraQual è l’obiettivo di una terapia compeutici mirati e ben collaudati. Nei singoli
portamentale?
casi il procedimento viene adattato alle
All’inizio di una terapia comportamentale
esigenze del paziente, ed eventualmente
si tratta innanzitutto di stabilire una relazione di fiducia con il paziente, di potenzia- integrato con altri approcci terapeutici.
re i suoi pilastri di salute e di sviluppare
Passo p
riprende
fila
T E R A P I A C O M P O RTA M E N TA L E
dopo
le
S TRESS DA PRESTAZIONE , SOVRACCARICO , SVENTURE – INNUMEREVOLI SONO LE CAUSE DEI DISTURBI DI PANICO E
ANSIA , CHE COMPORTANO ENORMI RESTRIZIONI ALLA VITA QUOTIDIANA . Q UESTI TRE ESEMPI ILLUSTRANO IN CHE
MODO UNA TERAPIA COMPORTAMENTALE POSSA AIUTARE I COLPITI A RIPRENDERE PIEDE NELLA VITA .
Quando lo stress da prestazione scatena il panico
Andrea M.* è un manager quarantenne
di successo, sportivo e in buona salute.
Eppure lotta da anni contro attacchi di
ansia e panico, che lo assalgono in
ascensori e gallerie, o durante lunghi
voli.
Finora queste sue paure non lo hanno
limitato molto perché ha sempre cercato di evitare i fattori scatenanti, ad
esempio usando le scale invece di prendere l’ascensore. Ora però, un cambiamento di lavoro lo costringe a fare lunghi viaggi in aereo. In volo verso l’Asia è
assalito da un massiccio attacco di ansia, accompagnato da nervosismo, affanno, tachicardia, tremiti, sudorazione, disturbi gastrici e da una sensazione di irrealtà sfociante nell’angoscia di morte. Per
la prima volta fa ricorso ai tranquillanti.
Dopo questa esperienza gli sembra che
la sua libertà di azione nella vita quoti-
10
diana si sia notevolmente ristretta, e ciò
porta anche a conflitti all’interno della
coppia.
Desiderando riprendere una vita normale,
si rivolge ad un ambulatorio per malattie
psichiche. Diagnosi: agorafobia. La dottoressa gli spiega che in condizioni di stress
possono insorgere attacchi di ansia con
fantasie di terrore. Per tenere sotto controllo l’agorafobia gli consiglia perciò una
terapia comportamentale.
In svariati colloqui viene analizzato il
comportamento seguito fino a quel
momento. Così Andrea M. si accorge di
essersi assoggettato nel corso della vita
ad uno stress da prestazione sempre
maggiore. Voleva riuscire in tutto perfettamente, essere apprezzato, trascurando
in questo modo le proprie esigenze. Con
l’aiuto di esercizi di rilassamento impara
ora a prestare più ascolto ai segnali del
proprio corpo ed a calmarsi con una
respirazione controllata.
della
DI
Tiene anche un protocollo particolareggiato delle proprie paure. Ciò permette
alla terapeuta di dimostrargli in che
modo alleviarle, spiegandogli ad esempio la differenza fra i prodromi di un
infarto e la tachicardia che segue ad un
intenso sforzo fisico. In seguito sono
previsti esercizi di esposizione, nei quali
si visitano i luoghi finora evitati e si
impara un nuovo modo di affrontare le
paure. Andrea M. si accorge di essere in
grado di sopportare queste situazioni
malgrado le spiacevoli sensazioni fisiche,
e che le reazioni di stress si calmano da
sole senza che si verifichi la catastrofe
temuta. All’inizio la paura è ancora grande, ma con il passare del tempo riesce
ad usare gli ascensori senza terrore e
perfino a pregustare il volo che lo porterà in vacanza. Nelle successive sedute di
terapia cerca infine di capire perché si è
esposto ad una pressione prestazionale
sempre maggiore, e in che modo potrà
avere più cura di sé stesso in futuro. Ora
è fiero di godere di grande stima sul
asso,
re
vita
nuovo posto di lavoro senza doversi
spingere fino ai propri limiti.
Le disgrazie come fattori scatenanti
Marisa B.*, cinquantenne, impiegata,
viene inviata dal proprio medico di base
in un day hospital psichiatrico a causa di
ansia crescente ed umore depresso.
L’anno passato l’ha messa a dura prova:
ha subito un intervento, si è incaricata
dell'assistenza al padre ammalato ed ha
perso il posto di lavoro. Dal suo partner
non ha ricevuto praticamente alcun aiuto.
Da sei mesi soffre di attacchi di panico
con vampate di calore, accessi di sudorazione, nausea, affanno, tremiti, irrigidimento interno e la sensazione di non
saper più padroneggiare la vita quotidiana. Teme di svenire o di morire per un
infarto improvviso. Si è isolata dalla propria cerchia di amici, non ha quasi più il
coraggio di uscire di casa. Si preoccupa
per il futuro, le mancano energia e gioia,
ha un sonno irrequieto e perciò si sente
stanca anche di giorno.
Nel day hospital a Marisa B. viene diagnosticata un’agorafobia con disturbo di
T E R A P I A C O M P O RTA M E N TA L E
panico, insieme ad una leggera depressione. Per migliorare l’umore più rapidamente possibile ed aiutarla ad affrontare
le sue paure riceve un antidepressivo,
che già dopo tre settimane le rasserena
l’umore. Nei colloqui con gli psicologi
impara ad affrontare meglio le paure
causate dalla malattia. Inizia a considerare la tachicardia e il tremito come
normali reazioni del corpo allo stress,
che si calmano da sole e non le precludono la partecipazione alla vita sociale.
Ora, quando viene assalita dall’ansia,
porta la concentrazione sul pavimento e
controlla la propria respirazione. Questo
la aiuta a sopportare la situazione di
stress.
incontrare grandi difficoltà ad avvicinare
altre persone, temendo che lo potessero
considerare strano e noioso, criticarlo o
persino respingerlo. Gli riusciva anche
molto spiacevole essere il centro dell’attenzione, ad esempio arrivando in ritardo
o entrando da solo in un bar. Da un lato
si sforzava di lottare contro queste ansie,
ma dall’altro cercava anche di evitare le
situazioni che potessero provocarle. Per
farsi coraggio, prima di qualche incontro
beveva alcool. Nei colloqui con lo psicologo confessò di essere stato insicuro già
da bambino, ma che ormai queste ansie
erano arrivate ad ostacolare anche i suoi
studi, impedendogli perfino di costruirsi
una relazione di coppia.
Durante i colloqui terapeutici emerge
chiaramente che finora Marisa B. ha
condotto una vita imperniata sul dovere,
cedendo sempre il passo agli altri ma
sentendosi per questo sempre relegata
in secondo piano. Inizia a riflettere su
come sviluppare maggiore autonomia
ed affermarsi nei confronti degli altri. In
un corso per migliorare l’autostima
impara ad esprimere desideri, bisogni e
sentimenti. Il terapeuta la incoraggia a
riprendere i passati hobby, come la raccolta dei funghi e le gite in bicicletta,
nonché a coltivare le amicizie. Nel corso
dei colloqui di coppia riesce così a
richiedere al proprio partner un maggiore sostegno ed a riflettere insieme a lui
quale forma intendono dare al proprio
futuro. Al termine del trattamento,
insieme al terapeuta, getta infine le basi
per la ricerca di un nuovo lavoro.
Dalla diagnosi risultò che Heinz D. soffriva di fobia sociale. Decise di seguire una
terapia ambulatoriale, singola e di gruppo. Come spiegare la sua malattia? Heinz
D. è cresciuto in una famiglia con alti
principi morali. Quando il padre si ammalò ed il nonno morì precocemente, gli
venne a mancare il necessario supporto
emotivo. Durante gli studi Heinz D. pretese moltissimo da sé stesso. Quando la
sua ragazza lo lasciò ciò aumentò la sua
insicurezza. Durante la terapia si rese
conto che le frasi negative come «Sono
un tipo strano» avevano un’influenza
sfavorevole sul suo comportamento, ed
imparò invece che poteva ottenere maggiori risultati migliorando la propria
motivazione con un atteggiamento positivo («Intanto ci provo»). Nel gruppo di
terapia si rese conto di essere apprezzato
dagli altri partecipanti, cosa che ha rinforzato la sua autostima. A poco a poco
si è riavvicinato sempre di più agli altri:
le sue ansie si placavano se si concentrava sul dialogo e sull’interlocutore invece
che sulle manifestazioni fisiche dell’ansia. Ha iniziato un semestre di studi
all’estero. Facile non è di sicuro, ha
raccontato, ma si sente bene.
Dopo tre mesi Marisa B. può lasciare il
day hospital. Per consolidare i buoni
risultati raggiunti ed essere ancora assistita nella ricerca di un’attività, prosegue la terapia per alcuni mesi presso lo
studio di uno psicologo.
Alcool contro l’ansia
* Tutti i nomi sono modificati
Heinz D.*, un giovane in buona salute
fisica, venne mandato in clinica dal proprio medico di base. Una terapia farmacologica aveva avuto un certo successo,
senza però eliminare completamente le
sue ansie. Lo studente raccontò di
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