Interazioni farmacologiche e tossicologiche - Digilander

Tossicologia forense (prof. Furnari)
ore 11 – 13
Barbara Favaloro
03/05/04
Nel corso di medicina legale, una parte è dedicata alla tossicologia forense.
Quest’oggi, per due settimane, parleremo di tossicologia forense. La tossicologia
forense entra come parte integrante della medicina legale, anche se per anni è stata
considerata un po’ la parente povera, oggi la tossicologia forense è una disciplina
applicativa, con la sua autonomia e che ha una certa importanza. Vedremo poi quali
sono gli argomenti di cui si occuperà. Per quanto riguarda gli argomenti, alcuni di
questi li avrete sicuramente visti in qualche telefilm o in qualche serial televisivo (CSI
in particolare), l’unica differenza è che loro scoprono sempre tutto semplicemente
guardando un cadavere! Oltre a questa parte, l’ultima parte del corso parleremo di un
altro argomento che è diventato proprio della tossicologia forense, anche se potrebbe
non esserlo perché scivola anche in altri campi e in altri settori, che è quello delle
droghe da abuso. In quanto tossicologi forensi, noi facciamo una parte importante che
è quella dell’identificazione del materiale che viene sequestrato per conto dell’autorità
giudiziaria, del magistrato, e quindi ci siamo ritagliati questo spazio nel campo delle
droghe d’abuso e quindi parleremo anche di questo e delle implicazioni che riguardano
sia la parte di medicina legale, sia la parte di tossicologia.
La tossicologia è etimologicamente la scienza che si occupa dei tossici e studia gli
effetti avversi delle sostanze. Nel corso di studio, avete sentito parlare spesso di
tossicologia clinica, di settori in cui la tossicologia scivola nel campo della
farmacologia, il tutto avente come finalità poi quello di trovare, come nel caso di
avvelenamenti o di intossicazioni e quindi di reazioni avverse delle sostanze, degli
antidoti alle reazioni avverse delle sostanze stesse.
La tossicologia forense è la scienza che studia gli agenti tossici in relazione al loro
danno sull’uomo quando il fatto assume rilevanza giudiziaria.
Le competenze giudiziarie compaiono quando meno ve l’aspettate e in tutti i campi, che
possono andare da sostanze cosmetiche, tutte le sostanze usate nell’industria, la
tossicologia industriale che studia le sostanze utilizzate nei processi produttivi, molto
spesso, in relazione al danno sull’uomo, può avere un’implicazione di tipo giudiziario e
allora diventa anche di competenza della tossicologia forense. Questo che cosa
comporta? Comporta che i dati che devono essere forniti, i risultati che devono
essere forniti all’indagine, devono avere una loro peculiarità, una loro caratteristica,
cioè devono avere un’elevata probabilità di essere reali.
Tale peculiarità impone una metodologia vincolata al conseguimento di dati “certi”
imitando in tal senso il rigorismo obiettivo proprio della medicina legale.
Vediamo un po’ gli effetti avversi di queste sostanze: nella prima parte faremo un po’
di tossicologia generale per ricordare qualche concetto.
“All substances are poisons; there is none which is not a poison. The right dose
differentiates a poison and a remedy”.
(“Tutte le sostanze sono veleni; non ne esiste nessuna che non sia veleno. La giusta
dose distingue un veleno da un farmaco”).
Paracelso 1493 – 1541
In questa sua affermazione Paracelso, a cavallo tra il 1400 e il 1500, ha dimostrato
una grande modernità. Quando qualcuno cercava di capire che cosa fosse un veleno e
che cosa non lo fosse, tutti quanti si sono lanciati in grandi disquisizioni, finché
Paracelso non ha detto che è solo la giusta dose che distingue un veleno da un farmaco
e questo è vero, perché se io adesso vi chiedo quali possono essere i veleni, voi
pensate tutti a cose stranissime, io invece vi posso dimostrare tranquillamente che
esistono delle sostanze che tutti considerano innocue e che invece sono state
utilizzate come veleni.
Vi racconto di un fatto pubblicato su una rivista scientifica, pubblicato nel 2002, un
articolo in cui si diceva che una ragazza di 18 anni, in seguito ad un intervento
chirurgico, aveva sviluppato una serie di problemi, che non avevano nulla a che vedere
né con l’intervento chirurgico, né con altre strane malattie, aveva solamente un
problema di natura psicologica ed invece i genitori erano molto preoccupati. L’articolo
è scritto da autori di lingua francese, da come è organizzato e da come è scritto,
dovrebbe essere un fatto accaduto o in Francia o in paesi nord africani di lingua
francese, la famiglia era molto preoccupata per questa ragazza che diceva di stare
male e siccome i medici non riuscivano a trovare una cura, i familiari decisero di
portarla da un imanda musulmano, che ha pensato bene di fare un esorcismo, questo
signore gli ha somministrato, in diverse riprese, 5 litri di acqua salata e l’ha uccisa,
perché quando l’hanno portata in ospedale era ormai troppo tardi in quanto tutto il
sistema idroelettrolitico era saltato e quindi questa ragazza, in seguito a
somministrazione di acqua salata, è morta. A questo punto vi chiedo: l’acqua salata è un
veleno o non lo è? Vedete la modernità di Paracelso che nel 1500 diceva che solamente
la dose distingue un veleno da un farmaco. Di questi casi se ne possono citare
tantissimi. Il cloruro di sodio, se prendiamo la storia dei veleni e degli avvelenamenti,
lo troviamo frequentemente; si dice nei testi che in Cina, non oggi ma qualche secolo
fa, il cloruro di sodio veniva utilizzato come mezzo per suicidarsi.
Voglio farvi vedere una cosa per scoraggiare tutte le persone che vogliono
intraprendere una carriera come la mia:
“…anyone can become a forensic toxicologist in two easy lessons, each of wich takes
ten years”
“…chiunque può diventare tossicologo forense in due facili lezioni, ciascuna delle quali
dura dieci anni”
che cosa vuol dire? Che al di là di quello che può essere appreso studiando, c’è la
componente fondamentale nella nostra attività che è l’esperienza, che si forma giorno
per giorno, perché non ci sono mai due casi uguali tra di loro, vedremo poi nel corso di
questa nostra chiacchierata, come ci sono dei punti di contatto tra un caso ed un
altro, ma ci sono delle componenti che non possono mai rendere due casi
completamente uguali, la componente individuale del soggetto è sempre diversa e
quindi ciascun caso ha una connotazione diversa volta per volta.
Ci sono state grandi difficoltà nella definizione di veleno, proprio per quello che vi ho
appena detto, per cui poi alla fine si è cercato di trovare una definizione che in
qualche modo comprendesse un po’ tutti quanti i vari aspetti.
Veleno: qualsiasi sostanza, organica od inorganica, vegetale od animale, estrattiva o di
sintesi, che introdotta nell’organismo è responsabile di un’azione lesiva di varia natura
ed entità.
“Non esistono sostanze che abbiano di per se stesse ab occulta proprietate la
capacità di nuocere”
Zacchia 1584 – 1659
Perché mi preme la questione di sostanze estrattive o di sintesi? Perché oggi c’è un
concetto diffusissimo, che io vorrei subito smitizzare, che è quello che tutte le
sostanze naturali o estrattive, siano tutte sostanze buonissime, mentre tutto quello
che viene dalla sintesi chimica è nocivo. Questo non è assolutamente vero: esistono
sostanze naturali che sono pericolosissime e che noi spesso utilizziamo senza renderci
conto di quello che stiamo maneggiando, ed esiste tutta una categoria di prodotti
preparati in laboratorio che sono assolutamente necessari e fondamentali ad esempio
nel nostro campo, i farmaci. Un prodotto ottenuto in laboratorio e un prodotto
estratto da una sostanza naturale sono assolutamente la stessa cosa. La morfina
estratta dall’oppio e la morfina preparata in laboratorio sono la stessa identica
sostanza, non c’è nessuna differenza. Tutti noi usiamo il prezzemolo, che contiene un
principio attivo di nome apiolo che, a certe concentrazioni, è considerato un tossico
abbastanza potente, forse qualcuno di voi sa che le pratiche clandestine abortive
venivano fatte col prezzemolo. Tutta un’altra serie di prodotti assolutamente
commestibili, di piante, come ad esempio le patate. Della pianta della patata si usa solo
il tubero, se voi provate a mangiare le foglie o i fiori, passate qualche guaio, lo stesso
vale per i pomodori: la parte commestibile dei pomodori è solo il frutto, le foglie, il
fusto, i fiori sono tutti velenosi. Se usate qualche seme della frutta, alcuni semi di
alcuni frutti, ad esempio le pesche, quella mandorlina all’interno del nocciolo che è
amara perché contiene cianuro, che non è proprio una sostanza consigliabile! Questo
vale anche per tutta un’altra serie di semi, ad esempio è descritto in letteratura un
caso di un signore a cui piacevano i semini delle mele. Questo signore li ha raccolti e ne
ha riempito una bustina, poi una sera si è messo davanti alla televisione e se ne è
mangiati un sacchettino ed è morto avvelenato perché anche nei semini della mela ci
sono cianuri e altre cose del genere! Le proprietà di molte piante vengono taciute e, in
molti casi, l’uso di queste tisane e di queste piante non è consigliabile per tutti. Molti
dei prodotti che vengono venduti in erboristeria per dimagrire sono in realtà dei
diuretici ed il diuretico non fa bene a tutti, quindi bisogna stare molto attenti.
Qualche tempo fa è venuto da me un anziano anestesista con un barattolo di un
prodotto comprato in erboristeria, perché una paziente su cui erano stati costretti ad
intervenire chirurgicamente aveva una serie di ulcerazioni gastriche molto
probabilmente dovute proprio all’uso di queste tisane e cercava proprio di scoprire,
proprio attraverso me, quale di queste sostanze avesse provocato queste ulcerazioni.
Vediamo ora quali sono i fattori che, collegati a quella sostanza, possono sviluppare
l’azione lesiva:
 La natura chimica della sostanza, la sostanza ha una sua struttura
chimica e questa struttura interferisce con l’organismo umano e queste
interferenze sono ovviamente legate a com’è fatta quella molecola.
Parleremo abbastanza di chimica, ma non vi chiederò formule che sono
solo nostre elucubrazioni mentali.
 Le sostanze chimiche hanno una loro disposizione nello spazio, una loro
forma, sono delle sostanze tridimensionali. Questa forma delle diverse
sostanze interferisce nell’organismo in diverso modo. Per forma intendo in
quale stato si presenta, se sotto forma liquida, solida oppure gassosa o
aeriforme in genere.
 L’altra questione che è molto importante, ma che nessuno ricorda mai
all’esame, è la solubilità. Se una sostanza non si scioglie, non esplica la sua
azione lesiva. Quest’aspetto è quello ricercato in qualche settore, per
esempio voi sapete che per una radiografia del tratto digerente, viene
utilizzato un sale particolare, questo è il sale di bario. Voi sapete quale
sale di bario si utilizza? Si utilizza il solfato di bario. E sapete perché si
utilizza il solfato di bario? Perché è insolubile, perché non si scioglie, ma
se sbagliate flacone ed invece del solfato di bario prendete il cloruro di
bario, che chimicamente è una cosa completamente diversa, il cloruro di
bario è solubile e tutti i sali di bario sono estremamente tossici. Per cui,
se invece del solfato di bario usiamo il cloruro di bario, uccidiamo il
paziente. Il solfato di bario, essendo assolutamente insolubile, può essere
utilizzato come mezzo opaco per la radiografia ma solo perché non si
scioglie.
 L’altra cosa importante è la dose perché una sostanza esplichi la sua
azione lesiva, deve essere presente in una certa quantità. Anche qui oggi
c’è un concetto abbastanza strano: tutti pensano, quando si nomina una
certa sostanza, che questa sostanza sia comunque assolutamente tossica,
ad esempio se io parlo di stricnina, anche questa diventa tossica solo ad
una certa concentrazione, al di sotto di quella concentrazione non è
tossica, anzi viene utilizzata anche in farmacologia, certo non bisogna
superare certe quantità.
 Un’altra cosa importante è la via di introduzione del tossico. Le sostanze,
quando vengono introdotte nell’organismo, possono venire introdotte
attraverso diverse vie e, a seconda della via con cui vengono introdotte,
hanno una loro tossicità più o meno marcata. L’esempio che di solito faccio
è quello che poi riprenderemo con le sostanze stupefacenti. Molti di voi
hanno sentito parlare di cocaina ed altri di crack e pochi sanno qual è la
differenza fra le due sostanze. Le due sostanze sono la stessa cosa:
cocaina è l’una e cocaina è l’altra. Quella che comunemente viene chiamata
cocaina è la cocaina cloridrato, quindi ha delle caratteristiche chimicofisiche, quello che si chiama crack è la cocaina base. Le caratteristiche
chimico-fisiche sono completamente diverse. Normalmente la cocaina
viene utilizzata allo stato solido attraverso l’assorbimento della mucosa
nasale, tutte le mucose si prestano, non solo quella nasale, infatti in
letteratura sono descritti casi di persone che utilizzano altre mucose, ce
n’è una citata in testo che parla di clisteri riferito a dei soggetti che il
libro definisce rectal enthusiast. La sostanza solida che si deposita su una
mucosa, deve innanzitutto sciogliersi sullo strato della mucosa, deve
superare la barriera costituita dalla mucosa che si oppone in qualche modo
alla presenza di questa sostanza cercando di eliminarla, c’è un’irritazione
a livello locale, irritazione significa richiamo di sangue in quella zona e c’è
quindi il passaggio attraverso la mucosa del flusso ematico, tutto questo
richiede un certo tempo e quindi i sintomi di questa sostanza non saranno
immediati, richiederanno un certo tempo, l’assorbimento sarà graduale nel
tempo e quindi questi sintomi raggiungeranno il loro apice dopo un certo
tempo e poi man mano, finito l’assorbimento, c’è la fase di eliminazione. Se
la stessa sostanza la utilizzate per via endovenosa, cioè la introducete
direttamente nel flusso ematico, ovviamente questo ritardo nel tempo non
ci sarà, ci sarà quindi un assorbimento molto rapido, la sostanza
raggiungerà immediatamente l’organo bersaglio, il recettore deputato a
questa sostanza, i sintomi saranno molto intensi e poi in modo anche
abbastanza breve ci sarà la fase dell’eliminazione. La stessa sostanza
utilizzata per due diverse vie di introduzione, ha gli stessi effetti ma la
pericolosità è diversa perché nel primo caso, quindi attraverso la mucosa
nasale, non si raggiungeranno mai degli effetti molto intensi e si manterrà
su livelli molto moderati poi ci sarà l’eliminazione. Tutto questo può essere
descritto mediante una curva (che non ci fa vedere!). Nel secondo caso,
cioè nel caso di introduzione attraverso il flusso ematico, il picco può
essere molto elevato, dipende dalla quantità utilizzata, c’è poi una breve
durata degli effetti e poi l’eliminazione. Prima vi parlavo di un’altra via di
introduzione, possono essere prodotti dei fumi dal riscaldamento della
cocaina, il crack, la base libera, si presta a questa produzione di fumi
perché la temperatura di ebollizione è molto più bassa, siamo nell’ordine
di 98 – 99 °C, la cocaina cloridrato ha un punto di ebollizione molto più
elevato, siamo oltre i 300 °C, addirittura si degrada prima ancora di
raggiungere il punto di ebollizione, quindi possono essere prodotti dei
fumi di riscaldamento, forse molti di voi non sanno che il termine crack è
un termine leggero, gergale, ed è dovuta al fatto che storicamente questi
cristalli venivano messi su un fogliettino di carta stagnola con sotto del
fuoco per farla scaldare e si producevano dei fumi e questi cristalli messi
sulla carta stagnola scoppiettavano e facevano “crack, carck”…da qui il
nome! Questi fumi possono essere inalati e che succede quando una
sostanza aeriforme viene inalata? Questa sostanza raggiunge la
superficie polmonare, che è una superficie estremamente estesa ( se voi
provate ad aprire un polmone e lo estendete scoprite che c’è una
superficie molto ampia e molto grande), in ciascun punto della superficie
polmonare c’è un piccolo capillare dove avviene lo scambio fra ossigeno e
anidride carbonica, in questo capillare arrivano le sostanze che vengono
assunte attraverso il fumo. Ora, se la superficie è molto estesa, la
quantità di sostanza che finisce nel flusso ematico è molto elevata e
quindi, tutto quello che assumete attraverso il fumo, finisce nel sangue e
ce ne finisce tanto, molto di più di quello che assumeremmo se la stessa
sostanza penetrasse attraverso altre vie. Ecco perché questo tipo di via
di introduzione è considerata molto pericolosa. La via di assunzione
attraverso l’aria inspirata attraverso la superficie polmonare è
considerata pericolosa come l’introduzione per via endovenosa, gli effetti
sono paragonabili, è come se la sostanza venisse introdotta direttamente
nel flusso ematico.
La dose letale media è quella quantità che somministrata a un gruppo di cavie, tutte
uguali, produce la morte di circa il 50% degli animali da esperimento. Oltre alla dose
letale media, c’è la dose letale 100, che è quella che produce la morte di tutte le
specie animali. È chiaro che i risultati degli esperimenti fatti sugli animali non possono
essere trasferiti sull’uomo, perché l’uomo è diverso dall’animale, poi dipende da quale
animale da esperimento viene preso in considerazione, però, in linea di massima,la dose
letale media ci fornisce una certa indicazione sulla tossicità di una certa sostanza e
qui ne ho riportate alcune che trovate dappertutto:
Dose Letale Acuta (LD50) di alcune sostanza chimiche
Sostanza
LD50 (mg/kg)
Alcool etilico
10.000
Cloruro di sodio
4.000
Morfina solfato
900
Fenobarbital sodico
150
DDT
100
Stricnina solfato
2
Nicotina
1
D – tubocurarina
0.5
Diossina (TCDD)
0.001
Tossina botulinica
0.00001
Vedete che, la prima cosa che salta agli occhi, è che per esempio la nicotina ha una
tossicità circa doppia di quella della stricnina, cioè la nicotina è due volte più tossica
della stricnina. Chiaramente, quando parliamo di nicotina non parliamo dei fumatori,
dove ci sono una serie di condizioni dove la nicotina viene degradata dalla combustione
e quindi la quantità di nicotina che viene poi assunta dall’organismo non raggiunge
un’elevata concentrazione. Se volete pensare di uccidere qualcuno, questa è una delle
sostanze da inserire nella lista perché è un buon tossico. Il metabolita della nicotina è
la cotinina e la nicotina e la cotinina la troviamo in quasi tutti i soggetti tra fumo e
fumo passivo. Una delle sostanze che è stata demonizzata nel tempo, è il DDT (di
cloro difenil tricloetano), un potente antiparassitario, è un prodotto che è stato
largamente utilizzato in passato, poi è stato abbandonato per la tossicità della
sostanza, però rispetto a tante altre non è che sia così pericoloso. Io dico che, se
utilizzato in un certo modo, poteva tranquillamente ancora essere utilizzato. L’effetto
complessivo attuale è che adesso i bambini tornano a casa con i pidocchi, mentre prima
non ci tornava nessuno. Certo, ci sono stati piccoli inconvenienti, dovuti al fatto che
veniva utilizzato a sproposito: se nel camion in cui viene trasportato il DDT, la volta
dopo ci si mette il latte senza un’adeguata pulizia, allora è chiaro che ci possa essere
qualche problema!
Cosa succede quando, anziché usare una sola sostanza, vengono utilizzate più sostanze,
come e cosa fanno queste sostanze quando interagiscono fra di loro?
Interazioni farmacologiche e tossicologiche
Effetto Additivo (2 + 3 = 5)
L’effetto combinato delle due sostanze è uguale alla somma algebrica degli effetti di
ciascuna, considerata singolarmente. (Io ho trovato su alcuni testi vecchi di
tossicologia alcuni esempi e li ho riportati così come sono: due insetticidi
organofosforati producono una inibizione della colinesterasi di tipo additivo, questi
hanno nomi del tipo pration, quando un contadino ne usa più di uno, l’effetto
complessivo è questo).
Effetto Sinergico (2 + 2 = 20)
L’effetto combinato delle sostanze è molto maggiore della semplice somma degli
effetti di ciascuna, cioè le due sostanze interagiscono fra di loro, entrambe sono
tossiche, entrambe producono degli effetti, ma la somma degli effetti combinati è
molto più alta. (Ad esempio: il tetracloruro di carbonio e l’etanolo, che è una brutta
sostanza, perché interferisce con moltissime sostanze, soprattutto con moltissimi
farmaci, con tutti i farmaci che hanno un effetto depressivo, l’etanolo ha un effetto
sinergico con questi farmaci, tant’è che è consigliabile non utilizzare farmaci alla fine
della cena con l’amaro, perché l’amaro nella maggior parte dei casi ha una
concentrazione alcolica che supera il 40%. Il tetracloruro di carbonio è un solvente,
però mi piace citarlo perché vi voglio mettere in guardia su quando sentite tri-, tetra-,
pentacloruro di carbonio, state molto attenti perché sono tutte sostanze che vanno
trattate “con le molle”, chi di voi si è occupato un po’ di tossicologia industriale sa che
a Seveso, alcuni anni fa, c’è stato un brutto episodio di un’industria che produceva
diserbante a base di cloro e, da questa reazione chimica, si è sviluppato un prodotto
intermedio che nessuno voleva si sviluppasse, la reazione ha preso una piega strana,
una valvolina, che doveva consentire l’uscita dei vapori attraverso il sistema di
captazione e quindi di controllo dei vapori, non funzionava bene, anzi è esplosa, è
saltata con tutto il tappo, per cui tutti i vapori di quello che c’era nel reattore sono
finiti nell’aria, in questa zona che è vicinissima a Milano e ancora oggi molti pagano le
conseguenze, a distanza di 20 anni o anche più, di quello che è successo e cioè
l’immissione nell’aria di questo prodotto contenente diossina, che è un tetraclorodibenzo-para-diossina, il che vuol dire che essendo due anelli aromatici ha quattro
cloro su un anello e altri quattro sull’altro. La trielina di cloro ne ha 3 e non è una cosa
così innocua. Il tetracloruro di carbonio è un solvente che veniva utilizzato tantissimo
per esempio per pulire a livello industriale grossi pezzi, come ad esempio i motori delle
navi ed è una cosa puzzolente e molto epatotossica, l’etanolo aumenta l’epatotossicità
all’interno del tetracloruro di carbonio, che oggi fortunatamente non usa quasi più
nessuno).
Effetto di potenziamento (0 + 2 = 10)
Questo può sembrare simile all’effetto sinergico, ma qui stiamo parlando di una
sostanza che utilizzata di per se stessa non sarebbe tossica, mentre nell’altro caso, il
tetracloruro di carbonio è comunque una sostanza epatotossica, la cui tossicità viene
potenziata dall’etanolo, qui l’isopropanolo è un altro alcool (tutti quelli che finiscono
per –olo sono alcoli) ed è abbastanza innocuo, ma se somministrato insieme al
tetracloruro di carbonio rende quest’ultimo molto più tossico, molto probabilmente
l’interferenza è proprio sul gruppo alcolico e quindi qualsiasi alcool ne potrebbe
potenziare l’effetto.
Queste sono le interazioni in negativo, adesso vediamo invece quelle in positivo.
Queste interazioni sono quelle che vengono comunemente ricercate per le sostanze,
ad esempio nei centri di primo soccorso, perché trovato un effetto antagonista è
trovato l’antidoto a quella sostanza e quindi è quello che oggi viene molto ricercato.
Effetto antagonista
Due sostanze interagiscono tra loro oppure una interferisce con l’azione dell’altra. Gli
effetti antagonisti sono spesso desiderabili in tossicologia e sono la base di molti
antidoti.
Esistono 4 tipi principali di antagonismo:
 Funzionale: due sostanze si bilanciano producendo effetti opposti sulla
stessa funzione fisiologica (per esempio qualsiasi tossico che produca un
crollo pressorio come nell’intossicazione di barbiturici, se voi somministrate
una sostanza che risolleva la pressione, avete ottenuto un effetto
antagonista e questo è quello che succede in pronto soccorso.
L’intossicazione
da
tossici
che
possono
produrre
convulsioni,
somministrando le benzodiazepine, si può sfruttare l’effetto
anticonvulsivante delle benzodiazepine per controbilanciare questo tipo di
effetto);
 Chimico: si cerca di far reagire una sostanza, un tossico, con un’altra
sostanza chimica, in modo da ridurre l’effetto tossico della prima sostanza.
È quello che succede spesso o quasi sempre con i metalli tossici, tra cui
l’arsenico. Oggi l’arsenico è quasi del tutto scomparso perché, per esempio
quelli che tutti pensano contengano dei veleni di tipo metallico sono i
topicidi, non contengono arsenico… per cui non tentate di avvelenare
qualcuno con un topicida perché non ci riuscite! Sono molto tossici per il
topo e per gli animali ma non per l’uomo. Una volta l’arsenico era
diffusissimo e allora, quando qualcuno, anche a scopo suicidario, beveva un
prodotto contenente arsenico, la prima cosa che facevano al pronto
soccorso era somministrargli il dimercaprolo o BAL, che è una sorta di
chelante, cioè una sostanza chimica che riesce a legarsi chimicamente
all’arsenico, lo ingloba all’interno della molecola e quindi non lo rende
disponibile per raggiungere l’organo bersaglio e per esplicare la sua
funzione tossica. Chiaramente deve essere tempestivo, perché se l’arsenico
fa in tempo a diffondersi…! Lo stesso vale per altri metalli tossici, come
mercurio, piombo e così via. L’effetto chelante è un effetto di tipo chimico
– fisico, non è una reazione chimica, perché questo chelante va bene un po’
per tutti i metalli tossici.
 Disposizionale: l’assorbimento, la biotrasformazione, la distribuzione,
l’escrezione di una sostanza vengono alterati in modo da diminuire la
concentrazione o la durata dell’organo bersaglio. Ad esempio, il carbone
attivo, che viene somministrato in qualche caso, cerca di assorbire lui la
sostanza invece di lasciarla disponibile all’organismo. Lo stesso vale, ad
esempio, aumentando l’eliminazione della sostanza attraverso la
somministrazione di un diuretico, l’aumento dell’eliminazione può essere
favorito da un cambiamento del pH delle urine, quindi si può somministrare
qualche sostanza che altera il pH delle urine e rende più facile
l’eliminazione dei tossici.
 Recettoriale: si cerca di trovare una sostanza che agisca sullo stesso
recettore del tossico, in modo che sia più reattiva della sostanza stessa e
quindi più facilmente utilizzabile dal recettore e che quindi scalzi via dal
recettore l’altra sostanza e ci si sostituisca (N.B. Sul lucido c’era scritto:
quando due sostanze che si legano allo stesso recettore producono un
effetto minore a quello della somma degli effetti delle singole sostanze,
oppure quando una sostanza antagonizza gli effetti dell’altra). Quella più
comune è quella che si cerca di fare con l’eroina o morfina come metabolita
dell’eroina, oggi quando un soggetto va in coma da sovradosaggio di eroina,
si somministra un farmaco che è il naloxone (narcan il nome commerciale)
che è un antagonista recettoriale della morfina, ha un’affinità per il
recettore molto maggiore di quella della morfina, per cui la
somministrazione di questo farmaco scalza la morfina dal recettore della
morfina e vi si sostituisce. La sostanza non ha altri effetti collaterali, non
ha nessun effetto collaterale e contribuisce a ridurre e poi ad eliminare
l’effetto dell’eroina. Questo è quello che oggi consente di ridurre
grandemente il numero dei decessi dei morti per sovradosaggio, per
overdose, con gli oppiacei, proprio per questo motivo, perché è un
antagonista di tipo recettoriale. Lo stesso succede con l’ossigeno nei casi di
intossicazione da monossido di carbonio in cui, se si somministra ossigeno,
si stacca in certe condizioni (perché la semplice somministrazione di
ossigeno non basta in quanto il legame tra monossido di carbonio ed
emoglobina è molto forte) come l’uso delle camere iperbariche perché
somministrando ossigeno a pressione si riesce a togliere il monossido di
carbonio dall’emoglobina.
Perché noi ci occupiamo di veleni e di avvelenamenti? Perché queste sostanze vengono
citate in alcuni articoli del codice penale.
Norme del codice penale relative all’avvelenamento
Art. 439 (Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari)
Chiunque avvelena acque o sostanze destinate all’alimentazione prima che siano attinte
o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a 15 anni. Se dal
fatto deriva la morte di alcuno, si applica la pena dell’ergastolo.
Già questo vi dice quanto il codice penale consideri grave questo reato e vi dico,
quando qualche anno fa in Italia non era stata ancora abolita la pena di morte, questo
era uno degli articoli per cui era prevista la pena di morte. Che cosa vuole dire il
codice penale? Vuole dire che chiunque avvelena non la bottiglia dell’acqua minerale
che sta al supermercato, ma chi avvelena un pozzo, una falda acquifera, un acquedotto,
quindi un reato che riguarda la società, questo reato deve essere considerato
gravissimo (non che l’altro sia meno grave!). (La questione dell’acqua minerale è una
questione sciocca, perché se voi volete avvelenare qualcuno, dovete farlo sul serio, ma
se voi mettete con una siringa un pochino di ipoclorito di sodio (varechina) dentro una
bottiglia d’acqua minerale, non ammazzate nessuno! L’ipoclorito di sodio è una
bellissima sostanza puzzolente che viene usata dappertutto per sterilizzare. La
sostanza che viene usata per disinfettare il biberon in acqua produce ipoclorito di
sodio, che è un buon battericida. Le tazzine del bar nella lavastoviglie vengono lavate
con soluzioni di ipoclorito di sodio perché glielo impone una norma di igiene. Tutta la
potabilizzazione dell’acqua viene fatta attraverso il cloro, che aggiunto in acqua,
forma ipoclorito di sodio. Chi fa l’escursionista e va in posti dove non è sicuro di
trovare acqua potabile, si porta delle pasticche di euclorina (che, come dice il nome,
contengono cloro, il quale messo nell’acqua, sviluppa cloro nascente e ipoclorito di
sodio) che serve per rendere l’acqua potabile dal punto di vista batteriologico, poi dal
punto di vista chimico è tutto un altro discorso).
Il veleno è poi citato nell’art. 577 dove si parla di omicidio.
Art. 577 (Altre circostanze aggravanti. Ergastolo)
Si applica la pena dell’ergastolo se il fatto (omicidio) previsto dall’art. 575 è
commesso:
1. … omissis;
2. col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con altro mezzo insidioso (perché se
volete avvelenare qualcuno dovete farlo con una sostanza che non renda
facilmente identificabile il veleno!) e quindi non facilmente identificabile.
Di questi fatti ce ne sono tantissimi. Io tanti anni fa mi sono occupato di una lite fra
due vicini di casa in campagna. C’era un tale che aveva una casa e per andare a casa sua
doveva attraversare il campo del vicino e aveva una servitù di passaggio, nella servitù
di passaggio c’era anche l’acqua, una conduttura dell’acqua che attraversava il campo
sotto terra e arrivava fino a casa, finché le questioni sono rimaste legate alla
coltivazione con la zappa non ci sono stati problemi, quando però è intervenuto il
trattore, sono cominciati i problemi perché il trattore passava e tagliava la tubatura
dell’acqua ed il vicino rimaneva senz’acqua…e così scoppiavano le liti! Allora hanno
cercato di fare un accordo: il proprietario del terreno ha detto al proprietario della
casa che se quest’ultimo avesse comprato la tubatura, lui avrebbe fatto fare un’opera
di scavo lungo tutto il perimetro del campo, gli avrebbe fatto portare l’acqua a casa, in
modo che la tubatura non attraversasse il campo in maniera diagonale. Il proprietario
della casa però ha ragionato in maniera diversa, pensando che se fino a quel momento
era andato avanti così, per quale motivo avrebbe dovuto spendere i soldi per comprare
il tubo? E così ha rifiutato la proposta del proprietario del terreno che, indignato, ha
rifiutato di ripagare la conduttura dell’acqua. Il proprietario della casa, a quel punto,
rimasto senz’acqua ha avvelenato il pozzo del proprietario del terreno! Come ha
avvelenato il pozzo? Scaricandoci tutto quello che lui usava in campagna
(antiparassitari, diserbanti, insetticidi, ecc.). Fortunatamente, il proprietario del
terreno e quindi del pozzo, quando è andato a prendere l’acqua, l’ha visto di un colore
molto strano e di odore nauseabondo e prima ancora di bere l’acqua è andato dai
carabinieri e fortunatamente non è successo niente! In questo caso non è stato usato
un mezzo insidioso e non c’erano neanche le prove che l’avvelenamento fosse stato
causato dal vicino, perché nessuno l’aveva visto. C’è stato anche un altro caso di un
tizio che allevava maiali, che non sapeva dove mettere il liquame prodotto dai maiali,
allora ha letto da qualche parte che c’era una norma che gli permetteva di spargerlo
nel campo come concime naturale, però la legge diceva anche che doveva essere
proporzionale all’ampiezza del terreno. Invece, in questo caso è successo che dai
rubinetti di tutte le case che avevano il pozzo collegato a quel terreno, invece
dell’acqua usciva una strana soluzione di colore marroncino e particolarmente
puzzolente! Questo è un altro caso gravissimo di avvelenamento, perché in questo caso
era proprio un avvelenamento di tipo batterico, perché abbiamo trovato anche uno
Stafilococco aureo che non vedevamo da chissà quanto tempo nell’acqua!
Art. 585 (Circostanze aggravanti)
Nei casi previsti dagli art. 582 (lesioni personali) (studiate bene il delitto di lesioni
personali perché all’esame è una delle domande più frequenti che fa il prof. Giusti,
studiate questa questione delle lesioni gravi-gravissime, lievi-lievissime, imparate a
memoria questi tre articoli del codice, quello delle lesioni personali), 583 (circostanze
aggravanti) e 584 (omicidio preterintenzionale), è aumentata da un terzo alla metà, se
concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’art. 577 ovvero se il fatto è
commesso con armi o con sostanze corrosive.
Le armi non ci interessano perché non esiste l’intossicazione da piombo legato all’uso
delle armi. C’è un caso strano descritto in letteratura in cui un tizio aveva messo in un
proiettile dell’arsenico, aveva fatto in modo che il proiettile, la parte della capsula in
cui c’era dentro il veleno, si sciogliesse nel momento in cui colpiva qualcuno. Il
proiettile era piccolo e non produceva la morte, però poi c’era un avvelenamento. Ci
interessa la storia delle sostanze corrosive. Cosa c’entra col veleno l’uso delle
sostanze corrosive? Perché l’articolo vi fa riferimento? Questo è in qualche modo
legato all’abitudine che c’era in qualche zona d’Italia, di punire qualche sgarbo
tirandogli in faccia un acido o comunque una sostanza corrosiva che producesse uno
sfregio permanente.
Quest’altro articolo è molto importante:
Art. 586 (altre circostanze aggravanti. Ergastolo)
Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non
voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni
dell’art. 83 ma le pene stabilite negli art. 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni
personali colpose) sono aumentate.
Per quale strano motivo, secondo voi, nei casi di morte da abuso di sostanze
stupefacenti, perché se ne occupa la procura della repubblica? Qual è il reato che c’è
dietro alla morte dovuta all’uso di sostanze stupefacenti? L’uso di sostanze
stupefacenti in Italia non è un reato penale, è un reato punibile con una sanzione di
tipo amministrativo, non c’è un reato penale nell’uso della sostanza, allora se io uso una
sostanza e questa sostanza mi uccide, qual è il tipo di reato? D’altra parte in tutti i
casi di morte da sostanza stupefacente interviene la Procura della Repubblica,
interviene la medicina legale ed interviene la tossicologia forense ed interviene
proprio perché esiste questo articolo del codice penale, il 586. Qual è quindi il reato
che c’è dietro la morte da uso di sostanze stupefacenti? La cessione della sostanza
stupefacente, quindi la Procura interviene solo per cercare di identificare chi ha
ceduto la sostanza stupefacente al soggetto che è morto e interviene solo nei suoi
confronti. L’omicidio colposo ad esempio è quello dell’incidente stradale, però in questo
caso le pene sono aumentate perché c’è il reato della cessione di sostanze
stupefacenti.
Come si fa la diagnosi di avvelenamento? La diagnosi è un aspetto estremamente
fondamentale, mentre nella tossicologia clinica si fa una diagnosi per cercare di
arrivare ad un antidoto all’avvelenamento, la funzione dei tossicologi forensi è quella di
formulare una diagnosi e lì ci fermiamo. Anche perché in molti casi interveniamo
quando è già tutto successo, per cui c’è ben poco da fare. La nostra diagnosi serve a
capire come si sono svolti i fatti e se c’è una responsabilità da parte di qualcuno, ecco
quindi che la diagnosi deve essere basata su elementi certi o su elementi
estremamente probabili. Molte volte questo non succede!
Criteri per la diagnosi di avvelenamento
 criterio anamnestico – clinico. Qualcuno di voi potrebbe obiettare il
fatto che se il soggetto fosse un cadavere, questo criterio verrebbe
meno. C’è una parte circostanziale compresa in questo criterio, cioè della
descrizione di come si possono essere svolti i fatti, dov’è stato
riscontrato il cadavere e così via. Con questo criterio intendo indicare
tutte le informazioni possibili sull’evento. È chiaro che queste
informazioni possono essere più ampie nei casi in cui ci sia stato un
ricovero ospedaliero, cose di questo genere, e ci possono essere dei casi
in cui questi elementi sono molto carenti, sono molto scarsi, come nel caso
in cui un soggetto venga ritrovato sotto l’unico albero di un prato enorme
e nessuno ha visto quello che è successo. Ma se il sopralluogo da parte
delle forze dell’ordine, è fatto in un certo modo, ci possono essere degli
elementi molto importanti. Bisogna stare molto attenti quando si
raccolgono le informazioni perché talvolta possono essere fuorvianti, ci
può essere qualcuno che fornisce delle informazioni diverse per non
consentirci di scoprire quello che è successo, questo non è solamente nei
casi in cui c’è una possibile ipotesi di omicidio, ci sono anche molti casi
inspiegabili o che sono comunque insiti nella natura umana: un soggetto
trovato cadavere in una casa, ad esempio, che possono essere suicidari o
tossicodipendenti, in molti casi, non si sa bene perché, i familiari possono
non essere contenti che si sappiano queste cose e quindi le informazioni
che forniscono possono essere non corrette e quindi vanno valutate tutte
le ipotesi. Può essere molto utile, ad esempio nel caso di un
tossicodipendente, sapere se il soggetto era in cura presso qualche
struttura e di che tipo, il rinvenimento di tutta una serie di oggetti in
vicinanza del cadavere. Nel caso di via Poma a Roma, ad esempio, i vestiti
non sono mai stati trovati e allora è stata fatta l’indagine e, ad un certo
punto, è venuto fuori il sospetto che potessero essere stati portati in
cantina, allora sono scesi tutti giù ed hanno visto su uno dei gradini una
traccia di sangue, poi è venuto fuori che uno degli investigatori aveva
calpestato una macchia di sangue ed aveva lasciato la traccia giù in
cantina e quindi non era quella dell’eventuale omicida! Se queste cose non
succedessero, avremmo tutta una serie di informazioni fondamentali che
appartengono al criterio clinico – anamnestico, clinico ovviamente nei casi
in cui c’è un ricovero ospedaliero e che quindi ci possa essere una cartella
clinica (quindi state molto attenti quando compilate una cartella clinica!).
Perché una diagnosi di avvelenamento sia corretta, devono essere valutati
contemporaneamente tutti e 3 i criteri, è chiaro che qualcuno dei criteri
potrebbe mancare, ma vanno valutati tutti e se 2 criteri sono tra loro in
contrasto, è molto difficile che le cose si siano svolte in un certo modo.
Tutti e 3 i criteri devono essere valutati e rispettati
contemporaneamente. Per quanto riguarda il primo: più informazioni ci
sono e meglio è!
 Criterio anatomo – patologico. È quello che, nel caso in cui venga
disposta l’autopsia, il medico legale vede e ricava dal cadavere all’esame
autoptico. In qualche caso l’autopsia non viene disposta: voi sapete che
l’unico che può disporre l’autopsia è l’autorità giudiziaria, sempre parlando
di autopsia giudiziaria, cioè per l’accertamento di cause di morte nel caso
in cui sia ipotizzabile un reato. C’è anche un altro tipo di autopsia, che è
quella che viene effettuata con il riscontro diagnostico tra gli specialisti
di anatomia patologica, che è una cosa completamente diversa
dall’autopsia giudiziaria, perché quest’ultima viene condotta nel caso in cui
ci sia un’ipotesi di reato e nessuno può opporsi a questo tipo di autopsia.
Nei casi di avvelenamento ed intossicazione, che quadro appare all’esame
autoptico, laddove venga condotto? Sostanzialmente, il quadro che si
presenta all’avvelenamento o all’intossicazione è un quadro piuttosto
aspecifico, non ci sono grandi elementi che possano apparire al di là di
cose abbastanza comuni a molte patologie per cui difficilmente
riconducibili all’avvelenamento. Esistono, invece, alcune sostanze che
possono far sospettare molto bene l’avvelenamento ma esistono delle
altre sostanze che non vi danno alcuna informazione. Una delle sostanze
che vi può dare delle informazioni è l’avvelenamento da monossido di
carbonio, in cui ci può essere un quadro che mi fa sospettare che possa
esserci stato un avvelenamento da monossido di carbonio, le epostasi sono
di un colore rosso – ciliegia, il sangue è molto fluido e colorato rosso –
ciliegia e questi sono tutti segnali che possono essere d’aiuto
all’identificazione. Lo stesso vale per l’uso di sostanze di tipo acido o di
tipo basico. Chi beve acido muriatico o acido solforico ha un quadro,
all’autopsia, che riguarda tutto il tratto digerente molto caratteristico,
che rende praticamente inutile far qualsiasi tipo di indagine successiva,
facilmente identificabile. Lo stesso per quello che riguarda
l’avvelenamento con la soda, con una base forte, in cui c’è tutta una
saponificazione nel tratto digerente in cui c’è un quadro facilmente
identificabile. Per esempio, negli avvelenamenti da farmaci, cioè il
soggetto che prende 100 compresse se trita tutto e prende tutto quanto
insieme non avete alcuna informazione, se comincia a prendere una
compressa dopo l’altra, dopo quella che produce la morte, le altre
rimangono indisciolte nello stomaco, per cui all’autopsia, all’interno dello
stomaco, possono essere ricavate 2 compresse più o meno integre e
possono essere recuperate e darci un’ottima indicazione su come
condurre l’indagine. Per esempio, negli avvelenamenti da cianuri, è molto
facile se la quantità di cianuro è abbastanza elevata, che all’apertura
dello stomaco ci sia un forte odore di mandorla amara, che vi può far
sorgere il sospetto di avvelenamento da cianuri.
 Criterio chimico – tossicologico. Sono tutte le indagini volte
all’accertamento e all’identificazione del tossico nei vari fluidi biologici,
che ci vengono forniti e consegnati dal medico legale che effettua l’esame
autoptico. La cosa fondamentale è che il semplice rinvenimento di un
tossico in un fluido biologico, non vi dà alcuna informazione sul fatto che
c’è stato un avvelenamento o un’intossicazione, perché se voi trovate una
traccia di fenobarbital nel sangue, non è detto che quel signore sia morto
per intossicazione da fenobarbital, può darsi che si trattasse di un
soggetto epilettico, che prendeva il Luminal e quindi è normale il
rinvenimento di fenobarbital in quel campione di sangue. Oltre all’esame
qualitativo, è necessario effettuare un’analisi di tipo quantitativo, in cui
abbiamo fatto passi da gigante. Gli avvelenamenti, nel secolo scorso, si
risolvevano in maniera molto semplice: quando ancora la tossicologia e la
medicina legale non erano molto sviluppate, si prendeva un pezzetto di
visceri del soggetto morto, si somministrava ad una rana e se la rana
moriva, il soggetto era stato avvelenato e con questo sistema molte
persone sono finite al rogo come avvelenatori! Poi qualcuno ha detto: ma
dalla decomposizione del cadavere cosa si produce? E si è scoperto che si
producevano un sacco di sostanze tossiche, veleni di tipo endogeno e
allora si è cambiato il giudizio e oggi si è cercato di distinguere queste
sostanze, tant’è che quando ci chiedono di intervenire, ci chiedono di
intervenire sulle sostanze esogene e non su quelle endogene e che sono
facilmente rilevabili. Gli antichi dicevano che la diagnosi di avvelenamento
si faceva in questo modo: recuperando il veleno dal cadavere e portandolo
al giudice per farglielo vedere. Alcuni tossici agiscono anche a
concentrazioni molto piccole e quindi andare a recuperare questa
sostanza non è agevole. Come si ragiona dal punto di vista quantitativo? Io
ottengo un certo dato quantitativo di una certa sostanza nei fluidi
biologici che ho analizzato e poi con questi numeri che ci faccio?
L’interpretazione del dato è di stretta competenza del tossicologo, questi
dati vengono confrontati e pubblicati in letteratura nei casi da
intossicazione. Voi sapete che tutti i farmaci per essere messi in
commercio, devono aver superato tutta una serie di test e noi sappiamo
esattamente, dopo la somministrazione di una compressa da 10 mg di un
farmaco, qual è il picco plasmatico cioè la quantità di sostanza massima
identificabile nel sangue dopo un certo periodo, quali sono le sostanze che
sono prodotte dal metabolismo di questa sostanza, quali e quante se ne
incontrano nelle urine e nei fluidi di eliminazione della sostanza e così via.
Questo ci consente di capire se quella sostanza che noi abbiamo
identificato è contenuta nel fluido biologico in concentrazioni
terapeutiche o in concentrazioni eccedenti alle concentrazioni
terapeutiche, di quanto eccedenti le concentrazioni terapeutiche e così
via. In letteratura sono anche riportati tutti i casi in cui sono stati
riscontrati casi di avvelenamento letale da alcune sostanze e ci sono tutti
i livelli, quindi i risultati ottenuti vengono confrontati. Questa non è una
vera e propria indagine statistica e non è neanche un’indagine
epidemiologica, è solo un confronto tra i dati ottenuti in casi analoghi da
avvelenamento e da intossicazione di queste sostanze e il caso che stiamo
studiando. Questi risultati vengono valutati, i risultati dell’indagine
tossicologica vengono discussi con gli altri responsabili degli altri 2
criteri, in particolare dal medico legale che ha fatto l’autopsia, e
congiuntamente, seguendo correttamente tutti e 3 i criteri, viene
formulata o meno la diagnosi di avvelenamento.
Due cose molto banali e molto semplici. Cosa succede quando all’analisi tossicologica
non si trova un veleno, cioè avete un risultato negativo? Potete subito concludere che
non c’è stato avvelenamento? Ci sono diverse possibilità:
 Assenza del tossico;
 Non rilevabilità tecnica del tossico.
Assenza del tossico
Per quanto riguarda la prima ci possono essere 3 possibilità:
 Il tossico non è stato assunto, se arrivate a questa conclusione, dovete
dire a chi vi ha incaricato di fare l’indagine, che non c’è stato
avvelenamento  esclusione dell’avvelenamento.
 Il tossico è stato assunto ma è stato anche completamente eliminato.
Questo è possibile perché pensate ad un soggetto che, in seguito ad
un’intossicazione viene ricoverato in ospedale e vi rimane 40 giorni, se
fate le indagini tossicologiche trovate tutti i farmaci che gli hanno
somministrato in ospedale, ma quello per cui è stato ricoverato 40 giorni
prima, sicuramente non lo trovate. Potete dire che non c’è stato
avvelenamento? Rimane
il dubbio:
potrebbe
esserci stato
l’avvelenamento ma non trovate il veleno  può esserci stato
avvelenamento.
 L’assenza è dovuta a degradazioni putrefattive del cadavere, quella
sostanza è stata trasformata per contatto con queste sostanze e quindi
non siete più in grado di identificarla  dato nullo. Questo capita molto
più spesso di quello che potete immaginare, perché qualcuno ogni tanto
si inventa di riesumare un cadavere dopo un anno e mezzo – due dalla sua
morte e sfido a trovare qualcosa in quel poco che si riesce a recuperare.
In questo caso, se non riuscite ad identificare, dovete dire al
magistrato che vi ha incaricato delle indagini: “Non posso rispondere a
questo quesito, le mie indagini non sono in grado di dimostrare se c’è
stato o non c’è stato un avvelenamento”.
Non rilevabilità tecnica del tossico
 Il tossico agisce a dosi molto basse, che con i nostri metodi non siamo
in grado di identificarlo. Esiste tutta una serie di sostanze per cui
l’azione è espletata a concentrazioni bassissime e non ci sono metodi
sufficientemente sensibili per l’identificazione di queste sostanze.
 Il tossico è o si trasforma in una sostanza normalmente presente nel
materiale biologico. Se cercate di uccidere qualcuno con l’insulina, io
devo essere in grado di riconoscere l’insulina che è stata
somministrata dall’insulina normalmente presente nell’organismo e se
non conosco in anticipo i livelli di base di quel soggetto, che è diverso
per ciascun individuo, non riesco a capire quanta gliene è stata data.
Avrete sicuramente letto in tutti i libri gialli che il delitto perfetto si
fa con il cloruro di potassio. Se voi iniettate in vena del cloruro di
potassio a qualcuno, lo ammazzate. Se io vado a fare l’indagine
tossicologica, al di là del buco rimasto sul braccio o da qualsiasi altra
parte, cosa posso trovare? Il cloruro di potassio nell’organismo viene
scisso in ioni potassio e ioni cloro, il nostro organismo è fatto di ioni
potassio e di ioni cloro, come faccio a distinguere quello che è stato
aggiunto? Quindi se una sostanza o è o si trasforma in una sostanza
normalmente presente nel materiale biologico, questo non mi consente
di individuare se c’è stato o no un avvelenamento.