La lingua materna tra scienza e filosofia Ormai è certo. Lo dicono pure gli scienziati: il cervello è dotato di una serie di neuroni a specchio, cioè capaci di rifletere le azioni che il soggetto vede compiere. I neuroni “mirror” si attivano anche di fronte alla descrizione di una azione tramite la lettura o il racconto. La notizia viene dalle ricerche svolte nei laboratori dei ricercatori di Parma, un equipe di esperti nelle neuroscienze guidata da Iacoboni, Rizzolati e da Fogassi. Questa scoperta conduce a 3 conseguenze fondamentali: Il pensiero e l’azione sono intimamente correlati (fuori da ogni tendenza riduzionistica) L’intersoggettività è alla base dello sviluppo mentale della persona Questo sviluppo può essere scatenato dalla comunicazione verbale. Seguendo questo ragionamento, si può dimostrare che l’intersoggettività primaria, quella tra madre e figlio/a, alla base dello sviluppo mentale del bambino, è fortemente stimolata da quello che ho chiamato “intimo parlare materno”. La lingua materna quindi forma il bambino/a all’intersoggettività e ciò anche in senso biologico, non solo psicologico. Un altro aspetto mi preme sottolineare qui: il possibile connubio tra scienza , filosofia, linguistica e pedagogia. Nell’inerto della Domenica, del Sole 24 Ore (26 febbraio 2006), Gloria Origgi parla di una terza cultura, ovvero di una cultura interdisciplinare che richiama senza riduzionismi, tutte le scienze a collaborare per la costruzione di un’antropologia cognitiva. Trovo molto interessante quest’idea. Suggerirei però di trovare nella lingua materna il punto di partenza. Colgo l’occasione per lanciare questa sfida a una donna filosofa capace di dialogare con la ricerca scientifica. A mio avviso nuove e incredibili prospettive si aprirebbero nell’ambito dello studio della società, dell’arte, della religione. Alfia Milazzo