CONVEGNO
Ferrara, venerdì 24 ottobre 2008
Neuroni Specchio:
la relazione empatica tra Scienza, Filosofia, Arte e Cura
Scheda introduttiva a cura di
Luisa Garofani, psicologo, Direttore Ser.T Ferrara
Nel tempo della comunicazione, con la necessità di comprendere l’altro per una
convivenza possibile, con la relazione umana sempre più fonte dei massimi
dolori e piaceri dell’anima, con l’ infinita possibilità di contatto virtuale, il gruppo
di scienziati italiani di cui il Prof. Gallese è l’esponente più qualificato, ci offre,
con la scoperta dei neuroni–specchio la conoscenza di un’ “organizzazione di
base” del nostro cervello sociale, in grado di spiegare aspetti diversi delle
relazioni interpersonali: l’imitazione, l’empatia, l’intersoggettività come mezzo
per la comprensione delle intenzioni altrui.
E’ evidente l’interesse per questa scoperta con le sue implicazioni di studio e
approfondimento in campo filosofico e psicologico; come questo si ripercuote su
tutti noi, nella difficile e indispensabile esperienza di conoscere e farci
conoscere.
Sono invitati ad approfondire questi temi tutte le persone, particolarmente quelle
che svolgono la loro attività utilizzando la relazione con l’altro come strumento
di lavoro, di cura, di comunicazione sociale.
Il convegno Neuroni Specchio: la relazione empatica tra Scienza, Filosofia,
Arte e Cura offre l’occasione di respirare l’aria nuova di un’apertura culturale
che permette di aprire un confronto tra pensiero scientifico e filosofico sulla
natura dei processi di apprendimento e di condizionamento reciproco, sulle
possibilità di scelta e di realizzazione personale.
L’intersoggettività è il tema centrale per discipline diverse come le
neuroscienze, la psicologia cognitiva e dello sviluppo, la filosofia della mente, la
psichiatria; ciascuna negli anni ha portato contributi fondamentali per migliorare
la nostra capacità di relazioni significative, studiando le diverse modalità sia
nella “normalità” che nella psicopatologia descrivendo le difficoltà e le
conseguenze delle forme mancate o interrotte di comunicazione.
L’interpretazione e lo studio di questa scoperta, ci illumina su come sia evoluto
il carattere sociale della mente umana e come sia organizzata la mente
individuale.
Nella psicologia dello sviluppo, si è visto, nell’imitazione precoce nel neonato,
come i legami e le relazioni interpersonali, siano stabiliti all’esordio della vita,
prima che si costituisca il soggetto cosciente, quella che Stern (1985) chiama
consonanza affettiva.
Nel tempo, una forma più matura di comportamento imitativo implica una
sempre maggiore comprensione di ciò che viene imitato, molto prima della
presenza di sofisticate facoltà cognitive come il linguaggio o la capacità di
riconoscere l’altro come altro.
Questo atteggiamento comportamentale con ogni probabilità e da mettere in
relazione con i neuroni-specchio: le azioni del dimostratore e dell’imitatore
condividono lo stesso “formato neuronale” che ha la capacità di tradurre in uno
spazio condiviso multi-modale, la prospettiva corporea del dimostratore in
quella dell’imitatore.
Fin dall’inizio della vita noi abitiamo e condividiamo uno spazio interpersonale a
più dimensioni che occupa anche nell’età adulta una porzione importante del
nostro spazio semantico sociale.
La nostra esperienza quotidiana dimostra che siamo perfettamente in grado di
decodificare la qualità delle sensazioni ed emozioni contenute ed espresse dal
comportamento altrui, senza complesse mediazioni cognitive; ma cosa rende
possibile questo?
Il comportamento osservato è il (?) punto di partenza per stabilire la nostra
conoscenza; è però l’oggetto del comprendere (della nostra attenzione), che ne
definisce la qualità e la struttura.
“Quando cerchiamo di comprendere il significato del comportamento altrui, il
nostro cervello crea dei modelli del comportamento altrui, allo stesso modo in
cui crea modelli del nostro comportamento.
Il risultato finale di questo processo di modellizzazione ci consente di
comprendere e di predire le conseguenze dell’agire altrui, così come ci
consente di comprendere e di predire il nostro comportamento.” (Gallese)
Tutti i possibili livelli di interazione tra le persone, quale che sia il grado di
complessità e di specificità, riposano sullo stesso meccanismo funzionale: la
simulazione incarnata (embodied simulation), cioè una simulazione legata
imprescindibilmente a come siamo fatti e come funzioniamo nel mondo, che ci
consente di costruire un bagaglio comune di certezze implicite su noi stessi e
sugli altri.
E comunque necessario sottolineare come, nonostante i progressi ottenuti nel
campo delle ricerca applicata dalle neuroscienze, sia ancora del tutto
misterioso perché e attraverso quali processi, ciascuno, nello spazio
dell’intersoggettività, sia impegnato a costruire il proprio destino in termini di
originalità e unicità. Un vuoto affascinante forse non svelabile e che
inconsciamente non vogliamo conoscere.