Ragazzi tristi

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Ragazzi tristi
Per la prima volta i pediatri italiani dedicano il loro Congresso ai disturbi dell’umore nei più giovani. Segnalando in
questo modo quella che –dicono- è una vera emergenza.
( Servizio di Maurizio Tucci estratto da Corriere Salute di Domenica 3 Ottobre 2004)
Molti in passato, compresi gli esperti erano soliti minimizzare i cambiamenti d’umore e del
comportamento degli adolescenti, giudicandoli manifestazioni normali dell’età; una “fase” da
superare per crescere. Oggi sappiamo che tali problemi non sono sempre un aspetto normale del
processo di crescita, ma possono essere indice di un disturbo d’umore. In pratica, quella che viene
chiamata comunemente “depressione”, non è una malattia “da grandi”, ma una condizione che può
riguardare anche bambini e adolescenti, che deve essere sempre presa molto sul serio, perché causa
grande sofferenza e può interferire significativamente con la vita di ogni giorno, con i rapporti
sociali, il benessere generale.
Tra le cause che più frequentemente conducono un adolescente alla depressione ci sono certamente
i problemi familiari che compromettono la sua autostima facendolo sentire incompreso e non amato,
ma ci sono tante altre “pressioni” che possono contribuire fortemente a compromettere il suo
equilibrio emotivo e lo stato mentale. Mi riferisco, in particolare, ad esperienze di fallimento,
discriminazione o esclusione da parte dei pari; qualunque tipo di abuso; malattie fisiche; l’eccessiva
attesa di successo. Un grave lutto familiare,i così come la perdita di un amico oppure la fine di una
storia d’amore, possono configurarsi come ulteriori fattori di rischio aggiuntivo.
Va detto, comunque, che molti giovani vivono eventi stressanti nella vita senza, tuttavia, sviluppare
depressione. Come mai alcuni soggetti ne vengono invece colpiti?
Purtroppo non vi sono ancora risposte certe sul perché possa insorge la depressione, anche se si
tende ormai a ritenere che derivi dalla combinazione di più fattori. Addirittura molti studi
dimostrano che i fattori genetici e la familiarità con i disturbi dell’umore giocano un ruolo
fondamentale nello sviluppo della malattia; così come nuove e interessanti aree di ricerca si
focalizzano sempre più sulla “biochimica” della depressione, che ha evidenziato come la
depressione possa essere causata da un funzionamento alterato di alcuni “neurotrasmettitori”.
Oggi, per fortuna, la depressione adolescenziale può efficacemente essere affrontata con interventi
terapeutici, ma spesso il problema maggiore è proprio “riconoscere la malattia”
È raro, infatti, che un adolescente ammetta, anche con se stesso, di essere depresso, perché spesso i
giovani sono riluttanti a comunicare ad altri le loro sensazioni di tristezza e le loro emozioni,
soprattutto quando il senso di colpa e di vergogna che accompagnano la depressione accentuano
l’isolamento e la tendenza a chiudersi in sé stessi.
E’ di fondamentale importanza, quindi, che tutti coloro che vivono a stretto contatto con un
adolescente prestino la massima attenzione a quei “segnali deboli” che possono essere campanelli
d’allarme di uno stato di disagio, terreno di cultura ideale per lo svilupparsi di una sindrome
depressiva.
In particolare, genitori ed insegnanti non devono commettere l’errore, vuoi per disattenzione, ma
più spesso per “non voler vedere”, di trascurare o minimizzare atteggiamenti dei loro figli o dei loro
alunni che evidenzino cambiamenti repentini e apparentemente non giustificati non solo di umore,
ma anche di abitudini, comportamenti, amicizie.
In questi casi il pediatra è certamente un interlocutore affidabile e competente, in grado di prendersi
in carico il problema e di aiutare l’adolescente e la sua famiglia a risolverlo.
GIUSEPPE SAGGESE
Presidente Società Italiana di Pediatria
I SINTOMI
Cambiamenti da non trascurare
I segni dello stato depressivo a volte sono mascherati da altre condizioni che in apparenza non riguardano il “sentirsi giù”.
I sintomi della depressione adolescenziale possono essere simili a quelli dagli adulti depressi,
benché alcuni di essi compaiono con maggior probabilità tra i giovani e possono essere nascosti o
mascherati de altre condizioni che apparentemente non hanno a che fare con il “sentirsi giù”.
Questo può rendere la depressione ancor più difficile da riconoscere. Tipicamente la depressione
altera l’umore, il pensiero, le funzioni cognitive, il comportamento, ma più spesso provoca un
insieme di cambiamenti. Un giovane depresso può visibilmente triste, malinconico, preoccupato,
ma anche particolarmente irritabile. E’ anche frequente la perdita di interesse o piacere per quelle
attività, cose o persone una volta ritenute gradevoli e il cosiddetto “ritiro sociale”. La bassa
autostima è un sintomo molto comune, così come i pensieri negativi per se stessi e sul futuro. Un
giovane colpito da depressione può sentirsi confuso ed avere difficoltà nel prendere decisioni; in lui
possono mancare l’energia e la motivazione per i compiti quotidiani, così da condurre spesso ad un
calo nelle prestazioni scolastiche.
Altro sintomo della depressione è l’insorgere di stati d’ansia, ovvero la sensazione che qualcosa di
terribile e ignoto stia per succedere, così come si possono sviluppare fobie, paure associate a
specifiche situazioni come, ad esempio, l’andare a scuola. Ma man mano che la depressione si fa
più acuta, si hanno sentimenti di svalutazione e disperazione e si può arrivare persino
all’autolesionismo o al suicidio.
Ma la depressione nell’adolescenza può spesso manifestarsi con sintomi meno tipici o mascherati.
Ad esempio, attraverso l’abuso di alcol e droghe (che oltretutto ne peggiorano l’esito), o
atteggiamenti antisociali come ostilità, aggressività, comportamenti spericolati, sfida alle regole e
all’autorità. Oppure, la depressine può presentarsi “mascherata” da problemi fisici o da altre
condizioni in apparenza non attinenti. Tra questi, i disordini alimentari come l’anoressia nervosa
(grave rifiuto del cibo) e/o bulimia (abbuffate seguite talvolta da vomito procurato).
Alcuni soggetti depressi possono sentirsi molto affaticati e desiderare di dormire continuamente,
pur senza ristoro; altri possono soffrire d’insonnia o di dolori cronici in particolare cefalee e disturbi
gastro-intestinali. Possono evidenziarsi problemi di concentrazione, irrequietezza ed iperattività.
Inoltre, circa il 20% di tutti gli adolescenti con depressione presenta un particolare tipo di patologia
dell’umore noto come disturbo bipolare, caratterizzato da umore ampiamente altalenante. Una
persona che soffre di questo disturbo, può sembrare triste ed abbattuta in un certo periodo
(depressione) e in un altro periodo invece mostrarsi eccitata ed addirittura esaltata (mania).
ETÀ DIFFICILE
Il disagio, compagno dell’adolescenza.
Dov’ è finito il “garzonocello scherzoso” che, a detta di Leopardi, doveva godersi la spensieratezza
della giovane età? Sbagliava il poeta, con gli assertori dell’adolescenza età felice, o noi adulti siamo
stati tanto bravi da creare le condizioni ambientali perché l’adolescenza diventasse uno dei periodi
più critici della vita? Forse entrambe le cose.
Certamente oggi si è più attenti a non ridurre a “cose da bambini” i problemi, in gran parte
psicologici, che da sempre interessano un’età di transizione e oggettivamente “difficile”, ma è
innegabile che la trasformazione della società e del modo di vivere ha creato, proprio negli
adolescenti, un diffuso stato di disagio. Al Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria
che si sta svolgendo in questi giorni a Napoli, ai problemi dell’adolescenza è dedicato un importante
spazio di approfondimento e di dibattito, segno di quanto il tema sia sentito e considerato cruciale
dai pediatri italiani.
Quali sono i “mali” dell’adolescenza?
«Sono - dice Giuseppe Saggese, Presidente della Società Italiana di pediatria, SIP - quelli che
l’Accademia Americana di Pediatria definisce come le ‘nuove patologie” e che oggi rappresentano,
anche qui da noi, le principali cause di morbilità e mortalità dell’adolescente: incidenti (molti
derivanti da comportamenti rischiosi volontari), suicidio, abuso di sostanze (fumo, alcol, droghe),
gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmesse, abusi fisici, disturbi collegati
all’eccessiva utilizzazione dei media (Tv, videogiochi, internet), disturbi della condotta alimentare
(anoressia, bulimia) e obesità».
Un ulteriore elemento che contribuisce a creare disagio negli adolescenti è la solitudine che,
paradossalmente, li avvolge proprio nell’attuale “società della comunicazione”. Le “amicizie
virtuali erodono spazi alle amicizie reali (secondo un’indagine SIP il 35% degli adolescenti chatta
assiduamente); troppe sono le ore passate da soli davanti alla Tv (passatempo preferito per Il 75%
degli adolescenti - fonte SIP). «Proprio nell’età in cui massima è la mole di risorse biologiche e di
potenziale sviluppo emotivo e intellettuale - afferma Annido Rubino, Ordinario di Pediatria e
Preside della facoltà di Medicina Federico II di Napoli - molti adolescenti restano isolati in un vuoto
nel quale la famiglia non svolge più alcuna funzione e la società esercita richiami deboli».
Ma qual è il ruolo del pediatra in questo ambito a forte componente psicologica?
«Il pediatra - dice il professor Francesco Tancredi, Presidente del Congresso della SIP - è l’unico
specialista che è a stretto contatto con il bambino - e la sua famiglia - fin dalla nascita e a modo di
accorgersi tempestivamente dell’insorgere di disturbi non solo fisici ma anche comportamentali.
Inoltre, proprio la frequentazione con la famiglia e l’ambiente in cui il bambino o l’adolescente
vive, può fare individuare al pediatria eventuali situazioni a rischio, consentendogli di intervenire in
modo preventivo».
«Questo non significa - precisa Tancredi - che il pediatra possa risolvere da solo ogni problema,
ma deve essere il primo punto di riferimento del ragazzo e della sua famiglia e deve collaborare
strettamente con altre figure specialistiche che,caso per caso, può essere opportuno coinvolgere».
“SOLITUDINE Paradossalmente, proprio nell’attuale “società della comunicazione” i giovani
provano spesso un profondo senso d’isolamento dalla famiglia e dai coetanei.
Cambiamenti da non trascurare
Il profilo di coloro che sono davvero più a rischio.
Oggi il suicidio è la seconda causa di morte tra I giovani nella fascia di età 15-19 anni la
percentuale è triplicata negli ultimi trent’anni. Alcuni sondaggi mostrano che circa il 40 per cento
degli studenti di scuole secondarie hanno preso in considerazione il suicidio in qualche occasione,
più o meno seriamente. Uno degli aspetti più importanti per la prevenzione dei suicidi negli
adolescenti è evidenziare la situazione a rischio. «Innanzi tutto - ci segnala il dottor Silvano
Bertelloni, segretario della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza – se un giovane ti confida
di avere avuto idee di morte o fantasie di suicidio la cosa più importante che si può fare è
“prenderla sul serio”. Vi sono evidenti prove che chiunque parli di suicidio, lo stia pensando
veramente, ed è rilevato che la maggioranza dei giovani che tentano di suicidarsi ne hanno parlato
in precedenza».
La depressione e il tentato suicidio sono più comuni tra le femmine; tuttavia, tra i giovani che
tentano il suicidio, i maschi portano a termine il tentativo più delle ragazze.
Gli esperti hanno individuato tre gruppi d’adolescenti particolarmente sensibili al problema del
suicidio.
• Il primo di questi gruppi è formato dei soggetti che presentano i sintomi “classici” della
depressione, quali tristezza e perdita di ogni speranza. Si tratta, in prevalenza, di ragazze.
• Il secondo gruppo è composto da perfezionisti che s’impongono livelli di riuscita molto alti.
Questi adolescenti, per lo più maschi, sono spesso ansiosi, isolati e socialmente ritirati.
• Il terzo gruppo è formato principalmente da maschi che esprimono la loro depressione con
comportamenti aggressivi come l’uso di droghe, sfida con l’autorità e atteggiamenti rischiosi.
La cura da decidere insieme
Il pediatra, che conosce il ragazzo sia la sua famiglia, può essere il primo referente.
La depressione può essere affrontata e curata e, in molti casi, risolta.
• Il primo passo è parlarne con uno specialista per avere eventualmente la conferma di un dubbio e
per trovare sostegno ed aiuto.
Il pediatra è certamente la migliore figura di riferimento, perché è già a conoscenza della storia
della salute dei suoi giovani pazienti fin dalla nascita.
Assieme all’adolescente, la famiglia e il pediatra possono arrivare a decidere quale tipo di percorso,
anche dal punto di vista del trattamento, sia più idoneo.
• Colloqui di sostegno
Per alcuni adolescenti potrà bastare soltanto una serie di colloqui di sostegno, in cui talvolta sarà
opportuno coinvolger la famiglia.
• Psicoterapia
la psicoterapia, in particolare quella cognitivo-comportamentale, eseguita da professionisti esperti in
questa fascia di età, può aiutare ad imparare strategie per conoscere e affrontare la depressione, così
come ad identificare situazioni conflittuali e problematiche della propria vita che possono essere
connesse con l’insorgenza della depressine. Per molti adolescenti avere una persona di supporto, in
un periodo di difficoltà, con la quale parlare ed esprimere i propri pensieri e i propri sentimenti può
essere di grande aiuto, tanto che alcuni di loro stanno meglio al solo sapere di non essere “da soli”
nella depressione.
• Terapia farmacologica
nei casi più complessi può essere necessario ricorrere alla terapia farmacologica. Sarà il pediatra (o
il medico di famiglia), in coordinamento con un neuropsichiatria dell’età evolutiva, a confermare
una diagnosi dubbia e definire un adeguato programma di cura. Sono ormai molti i farmaci che
hanno dimostrato una notevole efficacia nel curare la depressione con sempre minori effetti
collaterali. Per alcuni soggetti i farmaci sono sufficienti per curare i sintomi della depressione,
mentre per altri risulta preferibile associare i farmaci alla psicoterapia per raggiungere una migliore
comprensione dei sintomi, e quindi accettarli e superarli.
“TROPPE PRESCRIZIONI? L’uso di farmaci antidepressivi per bambini e adolescenti è in
aumento, tuttavia mancano studi specifici sugli effetti delle sostanze in queste fasce di età”.
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