"Una professione in evoluzione, con un grandissimo futuro" www

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"Una professione in evoluzione, con un grandissimo
futuro"
24/03/2012 - Intervista a Ivan Cavicchi, docente di Sociologia
dell'organizzazione sanitaria e Filosofia della medicina, al XVI
Congresso.
Come valuta l'evoluzione della professione infermieristica alla
luce dell'attuale situazione sociale ed economica?
È una professione che ha cominciato un cammino, un cammino
che non è concluso. Oggi questo cammino si trova in una
situazione davvero difficile, che per certi versi rischia di ostacolarlo.
Non si può certo rinunciare a un'evoluzione, ma allora ci si deve
attrezzare per garantirla. Le variabili economiche e finanziarie sono
molto pesanti e rischiano di cambiare, se non si interviene per
tempo, la natura pubblica del sistema, che è fondamentale a
garantire l'evolutività degli infermieri.
Quali sono gli elementi che definiscono questa situazione di possibile difficoltà?
Ci sono diverse variabili. Per esempio, c'è una forte critica all'azienda. Probabilmente questa critica ha senso.
Qualcosa va ripensato perchè l'azienda è la cornice nella quale l'evoluzione dell'infermiere deve avvenire. Non si
tratta di tornare indietro, però si tratta di ripensarla. E credo che anche gli infermieri debbano dare il loro contributo.
La mia è un'idea di azienda di servizio, quindi un'azienda orientata alla domanda, che vada oltre lo schema
manufatturiero di questi anni.
Quale direzione ritiene che debba prendere l'evoluzione di questa professione?
La legge 42 è stata il trampolino di lancio. Oggi c'è da definire un nuovo genere di operatore. Io non credo più agli
operatori che svolgono solo compiti e che scherzosamente - ma neanche tanto - definisco “i compitieri”. Credo
invece a questa nuova figura che io chiamo “autore”. Credo cioè a un operatore in grado di avere autonomia e di
dare in cambio responsabilità. E credo che questo autore debba essere il motore del futuro, il motore
dell'evoluzione.
Un cammino non privo di difficoltà, verosimilmente, come d'altronde è stato finora...
Dai segnali che ho, dalle cose che leggo – sono un osservatore del mondo della sanità per mestiere – ho paura
che i conflitti inteprofessionali che già ci sono possano accentuarsi, non attenuarsi. E che si accentuino
riposizionandosi su un terreno pericoloso, quello giuridico-contrattuale. Vedo troppa richiesta di centralità medica
ultimamente. Allora qui ci vuole saggezza, ragionevolezza, ma anche capacità di iniziativa perchè, secondo me, la
Federazione Ipasvi deve cercare le alleanze giuste proprio per garantire l'evolutività della professione.
Nel suo ultimo libro, appena uscito - I mondi possibili della programmazione sanitaria - è centrale il tema della
riorganizzazione del lavoro. Come si inserisce l'infermiere in questo contesto?
Credo, come spiego nel volume, che in sanità sia ormai necessario pensare a un'organizzazione del lavoro che io
chiamo “interconnessionale”, nella quale le principali funzioni di coordinamento sono automaticamente e
oggettivamente infermieristiche. C'è un grandissimo futuro dal punto di vista dell'organizzazione per questa figura. A
condizione di ripensare l'organizzazione stessa.
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