Il positivismo Il positivismo e l’idealismo sono le due grandi manifestazioni della filosofia dell’Ottocento. Se per l’idealismo lo Spirito o Ragione costituisce l’unica e infinita realtà da cui tutto deriva attraverso un movimento dialettico necessario, per il positivismo, invece, la realtà è costituita di fatti naturali necessariamente connessi tra loro da leggi ed è, dunque, conoscibile esclusivamente attraverso la scienza. Le tesi di fondo del positivismo sono: 1) non c’è altra realtà che il fatto naturale e non c’è altra possibile forma di conoscenza del fatto naturale che la scienza; 2) i fatti sono collegati da rapporti costanti, esprimibili attraverso leggi immutabili e necessarie. Anche l’uomo e il suo mondo spirituale (arte, religione, moralità) sono riconducibili a fatti scientificamente osservabili (non hanno un’autentica originalità rispetto al resto della natura). Nell’ambito di questo movimento si possono distinguere due correnti: Positivismo sociale (Comte e Mill) e positivismo evoluzionistico (Spencer e Ardigò). Caratteri generali Il positivismo è un movimento filosofico e culturale, caratterizzato dall’esaltazione della scienza, che nasce in Francia nella prima metà dell’Ottocento e si impone, a livello europeo e mondiale, nella seconda parte del secolo, fino a diventare la filosofia egemone della cultura europea. Il termine positivo assume due significati fondamentali: 1) positivo è ciò che è reale, effettivo, sperimentale, in opposizione a ciò che è astratto, chimerico, metafisico; 2) positivo è anche ciò che appare fecondo, pratico, efficace, in opposizione a ciò che è inutile e ozioso. Usato per la prima volta nel Catechismo degli industriali (1823-24) di Saint-Simon, il termine viene messo a punto da Comte, che ne consacra l’uso nella terminologia filosofica europea. Le tesi generali del positivismo sono: 1) la scienza è l’unica conoscenza possibile e il metodo della scienza è l’unico valido, pertanto il ricorso a cause o principi che non siano accessibili al metodo della scienza non dà origine ad autentica conoscenza, e quindi la metafisica è priva di valore; 2) la filosofia tende a coincidere con l’enunciazione dei principi comuni alle varie scienze, la sua funzione consiste nel riunire e coordinare i risultati delle singole scienze, in modo da realizzare un sapere unificato e generalissimo; 3) il metodo della scienza è l’unico valido, va esteso a tutti i campi di indagine, compresi quelli che riguardano l’uomo e la società: nasce in questo momento la sociologia; 3) il progresso della scienza rappresenta la base del progresso umano e lo strumento per superare la crisi del mondo moderno (riferimento alle rivoluzioni del ’48) e riorganizzare la vita sociale. Nella prima metà dell’Ottocento il positivismo vuol essere soprattutto una proposta per superare la crisi socio-politica e culturale del periodo post-illuministico e post-rivoluzionario, nella seconda metà esso si presenta come riflesso e stimolo di un progresso in atto. Mentre Comte propone di uscire dalla crisi mediante un modello organicistico e antiliberale, il positivismo posteriore, soprattutto in Inghilterra, identifica il progresso con il trionfo del liberalismo. Il decollo della scienza, della tecnica, del sistema industriale e degli scambi commerciali e l’estensione della cultura, creano un clima di fiducia nelle forze dell’uomo e nelle potenzialità della scienza e della tecnica. La figura dello scienziato (di cui Darwin è la massima incarnazione) viene esaltata accanto a quelle dell’industriale, dell’ingegnere, del medico e anche del maestro, visto come diffusore di cultura presso la povera gente. Queste figure sono rese celebri anche grazie alla letteratura (Jule Verne, Edmondo De Amicis). Non a caso il positivismo si sviluppò principalmente in quelle nazioni (come l’Inghilterra, la Francia e la Germania) che all’epoca erano all’avanguardia nel progresso industriale e tecnico-scientifico e più lentamente nei paesi che si trovavano in maggior ritardo (come l’Italia). Il positivismo si saldò infine alle istanze della borghesia liberale, con la quale condivise l’ottimismo sulla moderna società industriale e la tendenza politica riformista. Il positivismo sociale Saint-Simon (1760-1825) Saint-Simon è convinto che si stia andando verso un nuovo assetto sociale, che sia in atto una evoluzione riformatrice, in base alla quale la società sarà sempre più efficiente e funzionale, dominata da una sorta di intelligenza organizzatrice. La prima fase di questa evoluzione sarà segnata dal dominio del sapere scientifico. La società si organizzerà su basi scientifiche (non teologiche o speculative come in passato). Ciò sarà possibile grazie allo sviluppo di una scienza della società. La nuova organizzazione richiederà la ristrutturazione dei rapporti politici e sociali. Bisogna eliminare l’incongruenza che vede la parte produttiva (gli industriali) del paese in posizione subalterna e quella parassita privilegiata o addirittura al comando. Saint-Simon chiama industriali tutti i membri produttivi della società, includendovi scienziati, tecnici, poeti, artigiani, operai, imprenditori, uomini d’affari, professionisti, insomma i lavoratori in genere. Le categorie improduttive sono invece gli aristocratici, i burocrati, i militari, i politici e i governanti. Saint-Simon è convinto che gli industriali possano prendere il potere pacificamente, con la forza della ragione. Con la supremazia degli industriali la società sarà finalmente fondata sul lavoro. Ci si dedicherà a grandi opere di pubblica utilità, tese a creare benessere e a migliorare le condizioni di vita della gente (intuizione che anticipa quello che nel XX sec. sarà il welfarestate). Lo Stato nella sua forma coercitiva non avrà più ragion d’essere, sarà sufficiente un coordinamento, da affidare alle persone più esperte e di cultura, una specie di governo dei tecnici, per cui lo Stato non è il potere di alcuni su altri, ma puro strumento al servizio del sistema sociale. Comte (1798-1857) Comte fu segretario e collaboratore di Saint-Simon per 7 anni. Egli ha avuto il merito di coniare il termine «sociologia» e può quindi essere considerato il vero fondatore di tale disciplina. La sua opera principale è il Corso di filosofia positiva, pubblicata fra il 1830 e 1842. Ciascuna branca della conoscenza umana passa successivamente attraverso tre stadi teorici differenti: 1. Stadio teologico: il pensiero è basato sul riferimento a divinità e tende a spiegare i fenomeni come prodotti dall’azione diretta, arbitraria e continua di esseri soprannaturali. 2. Stadio metafisico: per spiegare i fenomeni il pensiero si appella a forze astratte, entità, essenze (è la ragione dei filosofi, come Aristotele che ricerca la causa dei fenomeni nell'essenza e nella forma: alla domanda "come cresce l'albero?", non si risponde più dicendo che c'è un Dio che provvede a ciò, ma, viceversa, si dice che vi è la forma dell'albero che ha in sé tutte le strutture che lo fanno sviluppare). Per ogni fenomeno si riconosce un’essenza che ne spiega l’essere e il divenire. Questi primi due stadi mirano a costruire una conoscenza assoluta, infinita, totale. 3. Stadio positivo o scientifico: «lo spirito rinuncia alla vana ricerca delle nozioni assolute, dell’origine e della destinazione dell’universo, delle cause intime dei fenomeni, per dedicarsi allo studio delle loro leggi, cioè alle loro relazioni invariabili di successione e di similitudine». Si tratta di una conoscenza basata su osservazioni, comparazioni, esperimenti e tesa a scoprire le leggi naturali che regolano i fenomeni. Stadio Facoltà Oggetti di indagine Metodo di spiegazione Organizzazione politico-sociale Teologico o fittizzio Immaginazione Natura degli esseri, cause prime e finali Agenti divini (animismo, politeismo e monoteismo) Monarchia teocratica e militare Metafisico o astratto Ragione speculativa Natura degli esseri, cause prime e finali Forze astratte (le essenze) Sovranità popolare Positivo o scientifico Ragione scientifica Fatti e loro relazioni Leggi invariabili Organizzazione scientifica della società industriale La sequenza dei tre stadi si ritrova 1) sia nella filogenesi, nella storia dell’umanità, in quanto gli uomini un tempo erano sotto il dominio della religione, poi l’hanno scossa con la critica (illuminismo) e ora tendono a guardare alle cose in termini scientifici; 2) sia nell’ontogenesi, cioè nello sviluppo mentale dell’individuo, perché i bambini tendono a essere devoti credenti, gli adolescenti critici e astratti, mentre nella maturità prevale il modo di pensare del filosofo naturalista, che indaga e mette alla prova le idee. In ogni campo il sapere evolve secondo i tre stadi, arrivando infine a costituirsi come disciplina scientifica, ma i tempi evolutivi delle varie branche del sapere sono diversi a seconda della complessità della materia e del grado di coinvolgimento con l’oggetto. Liberarsi dalle nozioni teologiche e metafisiche è più facile nelle discipline che trattano di cose semplici e lontane dalla nostra esperienza quotidiana. Via via che si passa a materie complesse e inerenti al nostro vissuto, realizzare una conoscenza positiva è più impegnativo. Perciò le scienze nella storia umana nascono in quest’ordine: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia, sociologia. Il fatto che lo studio della società (sociologia) diventi una conoscenza positiva ha implicazioni di grande rilievo: la vita sociale smette di essere il regno dell’opinabile, ma potrà essere conosciuta in modo certo. Ciò comporterà una regolamentazione della politica: le politiche sociali dei governanti saranno dettate dalla conoscenza scientifica del contesto storico-sociale, dei problemi e dei provvedimenti da adottare. Si giungerà quindi ad una sociocrazia, un regime fondato sulla sociologia (analogo alla teocrazia fondata sulla teologia). Il positivismo evoluzionistico L’indirizzo evoluzionistico del positivismo consiste 1) nell’assumere il concetto di evoluzione quale fondamento di una teoria generale della realtà e 2) nello scorgere nei processi evolutivi la manifestazione di una realtà infinita e ignota. Il concetto di evoluzione è desunto dalla dottrina delle trasformazioni biologiche elaborata da Lamarck e da Darwin, ma ha come presupposto la concezione romantica per cui il finito è manifestazione dell’infinito. Il positivismo evoluzionistico costituisce quindi l’estensione al mondo della natura del concetto di storia elaborato dall’idealismo romantico. Darwin (1809-1882) e la teoria dell’evoluzione Dopo un viaggio di 5 anni per mare Darwin si dedicò a riordinare l’abbondante materiale raccolto e alla stesura della sua grande opera L’origine della specie (1859). Darwin coniò una teoria scientifica delle trasformazioni biologiche compiuta e sistematica, fondata su un enorme numero di osservazioni. 1) esistono piccole variazioni organiche, che si verificano negli esseri viventi lungo il corso del tempo e sotto l’influenza di condizioni ambientali, che in parte risultano vantaggiose per gli individui che li presentano; 2) vi è una lotta per la vita tra gli esseri viventi, i quali lottano tra loro a causa della tendenza di ogni specie a moltiplicarsi secondo una progressione geometrica1: gli individui che presentano mutamenti organici vantaggiosi hanno maggiori probabilità di sopravvivere e trasmettono ai loro discendenti i caratteri acquisiti accidentalmente legge della selezione naturale (ordine progressivo degli esseri viventi e cieco procedere della natura verso il progresso). La teoria dell’evoluzione di Spencer (1820-1903) Secondo Spencer, la legge dell’evoluzione è il principio che unifica tutta la scienza. Secondo tale legge, la materia passa da uno stato di dispersione a uno stato di integrazione (o concentrazione), mentre la forza che ha operato la concentrazione si dissipa. La filosofia, alla quale spetta il compito di formulare le leggi generalissime (indistruttibilità della materia, continuità del movimento, persistenza della forza unificate nella legge dell’evoluzione) è dunque essenzialmente una teoria dell’evoluzione. Che cos’è l’evoluzione: 1 in primo luogo l’evoluzione è un passaggio da una forma meno coerente a una forma più coerente. Ogni cosa passa nel corso del suo sviluppo da uno stato di disgregazione a uno stato di maggiore coerenza e armonia. in secondo luogo, il processo evolutivo è un passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo. Ogni organismo, pianta o animale, si sviluppa attraverso la differenziazione delle sue parti, le quali da principio sono chimicamente e biologicamente indistinte, e poi si diversificano per formare i vari tessuti e organi. Ciò accade per ogni ambito di realtà (per es. anche per il linguaggio - dai suoni inarticolati alle parole - o l’arte – dalle forme elementari presso i popoli primitivi all’architettura, pittura, ecc.). infine l’evoluzione implica un passaggio dall’indefinito al definito (ciò si riscontra soprattutto nel sociale: la condizione di una tribù in cui non vi è ancora differenziazioni di compiti e funzioni è indefinita, mentre è definita quella di un popolo civile, la cui vita si fonda sulla divisione del lavoro e sulle classi sociali). Per Malthus la popolazione tende a crescere secondo una progressione geometrica – cioè raddoppiando ogni 25 anni: 2,4,8 – mentre i mezzi di sussistenza si accrescono secondo una progressione aritmetica: 1,2,3. Quindi per Malthus è necessario mettere in atto tecniche di controllo preventivo della nascite; ma a riequilibrare la proporzione ci pensa anche la miseria e il vizio L’evoluzione è un processo necessario, in quanto l’omogeneità è uno stato instabile, il quale non può durare e deve trapassare nell’eterogeneità per raggiungere l’equilibrio. Il processo evolutivo deve pertanto iniziare. Una volta iniziato, esso deve poi continuare, perché anche le parti rimaste omogenee sono instabili e tendono all’eterogeneità. Inoltre, il processo evolutivo è necessariamente migliorativo (ottimismo). Ogni fase evolutiva si alterna con una di dissoluzione, tuttavia quest’ultima è la premessa per un’evoluzione ulteriore. Dall’ottimismo alla crisi L’ottimismo di cui sembrava nutrirsi questa moderna fede, tuttavia entrò ben presto in crisi di fronte alle discrasie ed alle contraddizioni insite nella stessa “civiltà della scienza”. I conflitti interni della società industriale, generati dall’ingiustizia sociale, l’imperialismo aggressivo, che di questi conflitti era in parte frutto, il conflitto tra le grandi potenze europee, che l’ingordigia imperialista metteva l’una contro l’altra per primeggiare in Europa, il dilagare di movimenti reazionari, razzisti e nazionalisti, accompagnavano la civiltà della seconda rivoluzione industriale alle soglie della catastrofe. Un brusco risveglio, il primo del nuovo secolo, con cui questa moderna ed ottimistica società doveva presto fare i conti. Pochi avevano sentito nell’aria che il vento del tanto celebrato rinnovamento si era trasformato in un uragano. L’aria era carica di tensione, anche se la belle époque sembrava non accorgersene, e bastava una miccia per farla esplodere. La miccia ci fu. E la guerra totale seguì, spazzando via le illusioni del Positivismo. Già alla fine del XIX secolo alcuni se ne accorsero meglio di altri. All’inizio del nuovo secolo, si venne manifestando nella cultura europea un movimento di reazione a tanta cieca fiducia positivista. Partita, ancora una volta, come movimento filosofico, l’opposizione all’imperante positivismo si manifestò, come un rigurgito, una rivendicazione artistica, religiosa e spirituale. Possibile che tutto, anche i movimenti dello spirito, anche i sentimenti artistici debbano essere regolati da pure regole scientifiche? Non tutto è ragione nel mondo e l’uomo non è puro intelletto. Esistono l’interiorità e la spiritualità, che nessuna scienza è in grado di soddisfare pienamente. In alcuni pensatori ed intellettuali. Nel campo filosofico, il via al processo di ribellione al positivismo venne dato dal filosofo Friedrich Nietzsche, (1844-1900) dal francese Henri Bergson (1859-1941) e dall’italiano Benedetto Croce (18661952) i quali, anche se da punti di vista differenti promossero un’aspra critica dell’atteggiamento positivista. Ma la confutazione più eloquente ai principi del positivismo si ebbe proprio grazie agli stessi progressi della scienza .