L’ERA DEL WEBMARKETING E LA FINE DELLE 4 P Simone Brancozzi “Nulla è più normale, tutto cambia velocemente attorno alle nuove regole di mercato scandite dal web marketing” Autore Simone Brancozzi Edito da Brancozzi & Partners Consulting www.simonebrancozzi.it SOMMARIO INTRODUZIONE 1. ERA DIGITALE? SÌ, GRAZIE. 2. GLI STRAMBI, OVVERO LA NUOVA MASSA 3. DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI MARKETING 4. DIFFERENZA TRA VECCHIO E NUOVO MARKETING 5. COME SARA’ IL FUTURO? 6. IL FUTURO E’ GIA’ INIZIATO 7. LA RETE, LE TRIBÙ E IL WEB MARKETING CONCLUSIONE BIBLIOGRAFIA INTRODUZIONE Il concetto di Web Marketing è abbastanza recente poiché il mezzo che questa disciplina utilizza per “piazzare sul mercato” prodotti e servizi è anch’esso relativamente giovane, almeno rispetto ai mezzi tradizionali: carta stampata, televisione, radio, posta. Il Web o la Rete o, se preferite, Internet nasce agli inizi degli anni ’90, ma è soltanto negli anni 2000 che diviene un mezzo di comunicazione di massa grazie all’avvento della tecnologia DSL, che lo rende più veloce e accessibile a tutti grazie a modalità di navigazione sempre più semplici. L’idea chiave del Web Marketing è esattamente questa: se (quasi) chiunque può accedere alla Rete, allora Internet rappresenta contemporaneamente un mercato potenziale senza confini e un mezzo formidabile che consente alle aziende di raggiungere chiunque, dovunque si trovi. Fin qui tutto bene, allora perché, ci si chiederà, continuare a fare pubblicità sui media tradizionali? Facciamo un sito Internet e il gioco è fatto! Non proprio. Ecco il punto: il Web Marketing non è il sito Internet, ma un sistema o, se preferite, un mondo di cui il sito è solo un elemento. L’idea alla base di tutto ciò che leggerete da qui in avanti è che il Web Marketing è uno strumento e che, come ogni strumento, deve essere utilizzato conoscendone tutti gli aspetti e le possibilità per poter ottenere i risultati voluti. Quindi, sia che pensiate di sapere che cos’è il Web Marketing, sia che non ne abbiate idea, continuate a leggere e scoprirete come può aiutare la vostra azienda a ottenere risultati insperati, anche in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. A questo proposito mi preme puntualizzare un fatto: questa crisi, come tutte quelle che l’hanno preceduta e tutte quelle che inevitabilmente la seguiranno hanno di buono che prima o poi finiscono e lasciano il passo a periodi di crescita che sono però appannaggio di chi durante la crisi ha saputo “tenere duro”. Perché uscire dalla crisi attuale in condizioni tali da poter ripartire più forte si può e si deve, ma solo se si sa come farlo. Ecco, il Web Marketing vi dà l’opportunità di sfruttare la crisi a vostro vantaggio: con i giusti investimenti e soprattutto con la giusta mentalità, potrete ottenere un vantaggio competitivo sulle aziende che non hanno saputo o voluto utilizzare questo strumento fondamentale. Questo E‐book è il primo di una serie di undici pubblicazioni, che hanno lo scopo di trattare tutte assieme, in maniera approfondita, ma allo stesso tempo in modo semplice e facilmente comprensibile a tutti, ogni aspetto dell’attività di Web Marketing. Il Web Marketing è una innovativa forma di marketing che può essere riassunta in 5 attività distinte e complementari: 1. Leading 2. Databasing 3. Follow Up 4. Customer Relationship Management (CRM) 5. Analisi dei risultati Tutte queste attività compongono un sistema organizzato al fine di ottenere lo stesso risultato a cui mira il marketing tradizionale: aumentare le quote di mercato dell’azienda consentendole di espandersi e prosperare. La differenza fra marketing tradizionale e web marketing quindi non sta negli scopi, ma nelle modalità utilizzate per sviluppare le tecniche di marketing e nella specificità del mezzo utilizzato per veicolare il messaggio dell’azienda, che rimane il punto centrale dell’attività di marketing. Il web marketing, come si evince dal nome, ha come mezzo di elezione la rete internet, piuttosto che i mezzi tradizionali: televisioni, radio, giornali, cartellonistica, telemarketing, ecc. Come detto, la specificità del mezzo è alla base delle attività di web marketing ed è anche la ragione per cui il web marketing è uno strumento innovativo. In sostanza, poiché la rete è un mezzo strutturato in maniera completamente diversa e nuova rispetto ai mezzi di comunicazione di massa tradizionali, utilizzare le tecniche tradizionali di marketing in questo contesto è un controsenso: sarebbe come far viaggiare un treno a vapore su una rotaia ad alta velocità. Pensate a Internet come ad una rete di strade, una rete intricatissima e capillare. Se decidete di sfruttare le potenzialità di questa rete, diventerete automaticamente un punto nodale della rete e potrete essere raggiunti da chiunque, da qualunque punto del globo terrestre nel tempo di un click. Quindi non siete voi che andate verso il mondo, ma dovete fare in modo che il mondo venga da voi. Ed è qui che entra in gioco il web marketing che è strutturato scientificamente per veicolare i vostri messaggi in modo efficace nella rete per indurre gli internauti in cerca di informazioni ad “atterrare” (landing) sul vostro sito. La costruzione del sito però non è l’attività fondamentale del sistema di web marketing e non bisogna commettere l’errore di considerare l’approdo del potenziale cliente al sito aziendale come il punto d’arrivo delle strategie di web marketing. Per la verità il LANDING è solo una piccola parte delle attività di web marketing. Questo manuale ha due scopi: far comprendere a tutti coloro che sono alla ricerca di tecniche di marketing efficaci quali sono i vantaggi del web marketing rispetto al marketing tradizionale; spiegare a coloro che vogliono sviluppare una strategia di web marketing per ottenere un vantaggio competitivo nell’era digitale, cosa fare e come farlo. 1. ERA DIGITALE? SÌ, GRAZIE. 1.1 Perché un giorno qualunque andate a pescare per hobby? La pesca ha rappresentato per millenni una risorsa importante, quando non l’unica fonte di sostentamento per intere popolazioni che anche grazie ad essa hanno potuto crescere, prosperare, viaggiare, conquistare territori, colonizzare altri continenti. La pesca è tutt’ora un’attività economica importante soprattutto per quei paesi che, come l’Italia, hanno migliaia di kilometri di costa. La pesca però è anche uno sport (tant’è vero che si parla di pesca sportiva) praticato da molti e sotto varie forme: tra pesca di superficie, pesca subacquea e pesca dalla barca si contano circa 50 specialità (http://it.wikipedia.org/wiki/Pesca_sportiva). Allora la domanda è: che cosa aveva in mente il primo che ha deciso di andare a pescare per hobby? Risponderemo alla domanda più avanti. Intanto prova a dare una risposta. 1.2 Era digitale: LA DOMINANZA DELLA RETE Si scrive era digitale, si legge era di Internet. Sì perché l’aggettivo digitale in questo caso ha poco a che vedere con la tecnologia digitale, su cui la rivoluzione digitale si basa, ma il cui funzionamento è sconosciuto ai più; e molto a che vedere con il mezzo di comunicazione digitale per eccellenza: la Rete. Vivere nell’era digitale significa vivere in uno stato di costante mutamento, di cambiamento continuo: ciò che era vero ieri non è più vero oggi e domani è già un’altra storia. Oggi l’80% delle madri usa Google per gli scopi più svariati: trovare la ricetta del cheesecake, aiutare i figli a fare la ricerca di scienze, trovare un centro estetico dove fanno il massaggio con le pietre e via di questo passo. Non si tratta solo delle mamme: il 90% dei giovani tra i 20 e i 35 anni ha un suo profilo su Facebook e, più in generale, il 72% di coloro che possiedono un’istruzione superiore dispone di una connessione internet e la utilizzano. E questo è ancora niente se si pensa che si tratta cifre destinate a crescere poiché i media tramite i quali è possibile accedere alla Rete si moltiplicano: telefonini di ultima generazione, tablets e chi sa cos’altro ci aspetta ancora. Viene da chiedersi che cos’è che cercano tutte queste persone che navigano in Internet. Ecco, chiedetelo a voi stessi: che cosa cercate quando aprite la magica pagina iniziale del vostro browser? Se siete come me, probabilmente la vostra pagina iniziale è Google, cioè un motore di ricerca: digitate nell’apposita finestrella la parola chiave e immediatamente compaiono decine di pagine con centinaia di link a pagine web che hanno quella parola nel nome, avete solo l’imbarazzo della scelta: libri, film, prodotti di ogni tipo, servizi; voi chiedete e Google trova. E che cosa trova Google? Trova le informazioni che state cercando. Ecco: voi, io, tutti utilizziamo Internet per cercare qualcosa, per informarci su qualcosa che ci interessa e mai, almeno inizialmente, per acquistare qualcosa. L’acquisto è l’atto eventuale (perché non sempre chi ha cercato e trovato alla fine decide di compare) e finale di un processo che inizia con la ricerca di informazioni, che è un momento imprescindibile: non esiste acquisto on‐line senza una preventiva ricerca di informazioni. 1.3 Il passaparola digitale Già una decina di anni fa Seth Godin, guru del marketing digitale, aveva predetto che nel 2015 il 90% delle vendite di prodotti e servizi negli Stati Uniti sarà generato dal passaparola digitale. La profezia si sta avverando e coloro che una decade addietro commentavano con un tono tra lo scettico e il sarcastico le affermazioni di Godin, ora sono costretti a ricredersi. Tutto merito di Internet 2.0 o, se preferite, della popolarità di cui gode la rete soprattutto grazie ai social network: se anche il presidente degli Stati Uniti ha la sua pagina Facebook e il suo account Twitter e preferisce trasmettere i suoi discorsi tramite piattaforme digitali piuttosto che per mezzo dei canali televisivi, qualcosa vorrà pur dire. La rete, e su questo non ci sono dubbi, è un potente moltiplicatore di popolarità e, per chi sa come usarlo, è un mezzo di promozione formidabile e a costi decisamente più contenuti rispetto ai canali tradizionali: il passaparola non costa niente, si tratta solo di fare bene il proprio lavoro e lasciare che siano i clienti soddisfatti a spargere la voce: la migliore pubblicità è un lavoro ben fatto. Attenzione però, perché se questo è vero, è vero anche l’opposto: non c’è peggior pubblicità di quella di un cliente insoddisfatto; e se nell’era ante‐internet si poteva sperare che i commenti negativi restassero confinati ad una certa cerchia di persone o area geografica e che prima o poi sarebbero stati dimenticati, ora questo non è più vero perché un solo commento negativo può essere letto da chiunque e resta nella rete per sempre. Quindi curate con particolare attenzione i vostri prodotti e servizi e assicuratevi che i commenti positivi dei clienti soddisfatti circolino su tutti i social media e, soprattutto, fate in modo che un cliente insoddisfatto non rovini la vostra immagine con un unico commento negativo: a tutti può capitare di sbagliare, chi lavora; soprattutto chi lavora molto, sa che gli errori e i contrattempi, per quanto si cerchi di essere scrupolosi, possono sempre capitare. L’importante è rimediare subito per evitare una cattiva pubblicità, soprattutto sotto forma di passaparola digitale negativo: meglio rinunciare al compenso, con tanto di scuse e rassicurazioni che la cosa non si ripeterà; piuttosto che rischiare un passaparola negativo in rete. Non sottovalutate mai il fatto che le persone sono molto motivate a commentare negativamente un acquisto che non risponde alle aspettative e poco inclini a commentare positivamente gli acquisti o le esperienze positive. È il solito meccanismo per cui un’intera foresta che cresce non fa nessun rumore, mentre un solo albero che cade fa un casino d’inferno. 2. GLI STRAMBI, OVVERO LA NUOVA MASSA 2.1 Il XX secolo e i prodotti di massa Non c’è dubbio che il Novecento sia stato per il mondo occidentale il secolo della diffusione del benessere. In Italia, ad esempio, il boom economico degli anni ’60 ha consentito ad ampi strati di popolazione di vivere con stipendi o salari che per la prima volta andavano ben oltre la soglia della semplice sussistenza. Il benessere raggiunto durante quella decade è ben testimoniato dall’incremento demografico verificatosi nello stesso periodo, il cosiddetto ‘baby boom’. Ed è proprio in quegli anni che gli italiani, grazie alle migliorate condizioni economiche, cominciano ad acquistare in massa oggetti considerati un lusso fino a pochi anni prima: dagli asciugacapelli ai frigoriferi, dalle lavatrici alle prime utilitarie. Il mercato di massa, nato negli Stati Uniti già da alcuni decenni, diventa una realtà anche in Italia. Si può dire quindi, e a ragion veduta, che il secolo appena trascorso è stato il secolo del mercato di massa, nel senso che le aziende producevano per la massa che invariabilmente correva a comprare i prodotti pubblicizzati sui cartelloni pubblicitari, sulle riviste e i giornali, alla radio e in televisione. Il mercato di massa rispondeva perfettamente alle esigenze della produzione industriale poiché garantiva efficienza produttiva grazie alla commercializzazione di prodotti medi pensati per incontrare il gusto del maggior numero di persone e, di conseguenza, assicurava il profitto. Sono gli anni d’oro delle agenzie pubblicitarie, la cui unica preoccupazione era quella di trovare slogan accattivanti e volti attraenti per invogliare il pubblico ad acquistare il proprio prodotto piuttosto che quello dei concorrenti. Inizialmente fare una distinzione tra massa e persone con gusti ricercati era alquanto difficile. Questo sia perché la massa era numericamente in prevalenza e di conseguenza appetibile da un punto di vista remunerativo e sia perché la gente “particolare”, era in numero esiguo. Con il passare del tempo, la situazione è mutata. Ad oggi la massa si è notevolmente ridotta facendo spazio sempre più a quella parte di persone esigenti. Segnando cosi la “fine” della massa. Tale passaggio, se cosi lo si vuol chiamare, è stato graduale nel tempo, provocando uno spostamento della domanda. Ora, la maggior parte delle persone che prima si rispecchiavano nella caratteristiche della massa, ora si ritrovano a far parte di quella con gusti ricercati. 2.2 La massa degli strambi Abbiamo detto che il mercato di massa nasce in seguito all’aumento e alla diffusione del benessere nella società occidentale nella prima metà del Novecento. A questo punto vi ripropongo la domanda che ho formulato all’inizio: perché qualcuno che non ha più problemi di sussistenza e non fa il pescatore di professione dovrebbe prendersi la briga di andare a pescare? Se vuole mangiare del pesce se lo può ben comprare! Chi glielo fa fare di caricare canne da pesca, retini, esche e via dicendo, e spostarsi anche per lunghi tratti solo per gettare l’esca in acqua? La risposta è una e una sola, ed è semplice: la possibilità di scegliere. Il benessere ha fatto aumentare la possibilità di scegliere e quindi l’esigenza di scegliere; la pesca quindi non è più una necessità, ma un passatempo, cioè qualcosa che si sceglie di fare piuttosto che qualcosa che si è costretti a fare. Il benessere raggiunto durante il secolo scorso è stato tale che per la prima volta nella storia la maggior parte delle persone che vivevano nel cosiddetto mondo occidentale hanno avuto due cose in abbondanza: tempo e denaro. Il denaro non ha solo alimentato il mercato di massa, ma ha anche permesso ad ampi strati di popolazione di ottenere un’istruzione superiore grazie alla quale essi hanno avuto accesso alla cultura, intesa come strumento che genera una nuova consapevolezza di sé e del mondo, che consente di sviluppare preferenze ed esigenze particolari e peculiari che l’offerta di massa non è più in grado di soddisfare. Se l’aumentato benessere e quindi il denaro hanno alimentato il mercato di massa, il tempo libero ne ha decretato la fine. Il tempo libero (dal lavoro) è cresciuto in importanza tanto da essere considerato un bene primario e imprescindibile nella società attuale in cui, soprattutto a causa dei mezzi telematici, la tendenza è alla progressiva contrazione. Il tempo libero, cioè non occupato dal lavoro o da incombenze di qualsiasi genere è per definizione il momento in cui si esercita la facoltà di scegliere, e quando si può scegliere di fare qualsiasi cosa non si sceglierà mai di fare quello che fanno tutti gli altri. La possibilità di scegliere porta con sé l’esigenza di scegliere, decretando così la fine della massa. I cosiddetti normali, ovvero la massa, sono sempre meno, mentre gli strambi sono sempre di più. Ciò significa che la massa tende a scomparire soppiantata da un numero sempre crescente di strambi, la cui percentuale invece tende ad aumentare. 2.3 Sfruttare le nuove necessità La rivoluzione digitale ha agevolato il cambiamento delle abitudini di consumo e continua a farlo soprattutto grazie al passaparola digitale. Inoltre, la possibilità di scegliere unita alla cultura ha generato nuove necessità poiché potendo scegliere si sceglie di fare o avere ciò che gli altri non fanno o non hanno. A noi qui interessano due necessità in particolare: la necessità di informazione e quella di condivisione. Da un lato la scomparsa della massa ha determinato l’esigenza per gli strambi di trovare altri strambi con i quali condividere lo stesso interesse, le stesse passioni. Dall’altro le persone il cui interesse si concentra intorno ad un argomento tendono a cercare quante più informazioni sul quel determinato argomento, informazioni che si trovano in grande quantità e gratuitamente soltanto nella rete globale. E nella rete si trovano gli strumenti in grado di soddisfare entrambe queste necessità: Google e gli altri motori di ricerca per la ricerca di informazioni e i social network per la condivisione. Sì perché la rete, almeno nella sua versione più recente, la cosiddetta 2.0 è fatta apposta per soddisfare queste due esigenze. Tutto ciò che avviene in rete origina dalla necessità di informarsi e/o condividere: nessuno naviga in internet per comprare, l’acquisto è la conclusione di un percorso che inizia sempre con la ricerca di informazioni o con la necessità di condividere le informazioni e scambiare opinioni. E che cos’è il passaparola digitale se non uno scambio di opinioni su scala globale? Quindi non si naviga in internet per comprare; ma allora, vi chiederete, perché utilizzare la rete per vendere i propri prodotti? Perché la rete non è un mercato, ma un’opportunità di business che può essere sfruttata giocando proprio sulle nuove necessità di cui abbiamo parlato: informazione e condivisione. 3. DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI MARKETING In merito alla portata del concetto, mi preme innanzitutto precisare che marketing non è sinonimo di pubblicità. La pubblicità, sotto qualsiasi forma, è un metodo per promuovere un prodotto o un servizio in modo tale da suscitare nei consumatori l'idea che potranno trarre beneficio dall'acquisto di quel tale prodotto o servizio. In questo senso la pubblicità è una strategia di marketing, ma non coincide con esso. Market significa 'mercato', e marketing altro non è che una parola derivata da market e che ha il significato approssimativo di 'mettere sul mercato', cioè mettere a disposizione dei consumatori il prodotto, bene o servizio che sia, in modo che gli stessi siano informati della sua esistenza e abbiano la possibilità di acquistarlo. Lo scopo finale è quello di collocare opportunamente il prodotto nel tempo, nel luogo e nel modo più adatti e al prezzo più basso per i consumatori e al tempo stesso più remunerativo per l'impresa. 4. DIFFERENZA TRA VECCHIO E NUOVO MARKETING Il marketing fino ad oggi è stato considerato una funzione dell'azienda, alla stregua di tutte le altre funzioni aziendali: produzione, amministrazione, finanza; ciascuna delle quali assolve ad un solo compito. Qualche tempo fa ho avuto l'opportunità di visitare il quartier generale del Milan, sebbene io sia juventino ... come dicono gli anglosassoni: business is business... Comunque, durante la visita ho constatato che non solo, come mi aspettavo, la società possiede un ufficio marketing, ma che l'ufficio in questione occupa un intero piano del palazzo che ospita l'intera struttura aziendale. Questo fatto, da una parte conferma l'importanza che il marketing assume all'interno della struttura aziendale, dall'altra ribadisce che la funzione da esso svolta viene vista come qualcosa di indipendente rispetto alle altre funzioni. Questa visione del marketing è ormai obsoleta perché oggi esso assume una forma 'trasversale'. Il marketing cioè attraversa ogni ramo della vita aziendale e pertanto tutti i rami dell'azienda: indipendentemente dalla funzione principale assolta, tutti devono fare marketing, dal centralinista che risponde in modo cortese e privo di inflessioni dialettali agli impiegati amministrativi al direttore dell'ufficio vendite. Negli anni '60 il successo dell'impresa era garantito dalla circostanza che il prodotto o il servizio offerto fosse in grado di soddisfare una necessità avvertita dalla maggioranza dei consumatori. La congiuntura economica favorevole riusciva da sola a garantire il successo dell'impresa. In tali condizioni, l'unica funzione del marketing era quella di raggiungere il maggior numero di persone possibile. Per fare ciò, ci si serviva della pubblicità. Spot alla radio e in televisione, pubblicità su giornali e riviste. Si tratta del cosiddetto 'marketing di interruzione', basato cioè su comunicati commerciali inseriti in diversi generi di intrattenimento: dalla partita di calcio al film al programma di varietà o di approfondimento politico. L'evoluzione più recente e fastidiosa di questo tipo di marketing la sperimentiamo tutti i giorni quando, nel bel mezzo di una qualsiasi attività, rispondiamo al telefono e ci ritroviamo a parlare con un operatore che ci riempie le orecchie di cifre e promozioni per questo o quel contratto con il gestore telefonico X a suon di “Pensi signore, solo per lei 6 mesi di abbonamento gratis e chiamate illimitate...” e via sproloquiando. La qual cosa, oltre ad essere estremamente irritante e a farci perdere un sacco di tempo, pone anche dei seri problemi in relazione al diritto di privacy di cui tanto si parla ma di cui poi, di fatto, nessuno si occupa un gran che. Questo tipo di marketing, sebbene datato, tuttavia può funzionare per i beni e i servizi massificati, quelli cioè che vengono offerti ad un vasto pubblico indifferenziato in quanto hanno le potenzialità per attrarre un vasto numero di acquirenti. Esso si basa essenzialmente sull'idea di indurre le masse all'acquisto di un determinato prodotto tramite due semplici passi: PRODUZIONE (fare il prodotto) e PUBBLICITA’ del medesimo (vendere il prodotto). Il nuovo marketing, invece, quello a cui sono interessato, piuttosto che basarsi sull'idea di 'interruzione' si basa sul concetto di permission, ossia sul permesso concesso dal possibile cliente/acquirente del prodotto a ricevere informazioni circa il prodotto stesso. E’ il concetto alla base dei social network. Chi è pratico di Facebook non avrà problemi a comprendere che cosa si intende per permissione. Di fatto, tutti i contatti che avvengono tramite questi mezzi sono regolati dalla libera volontà delle persone di decidere liberamente con chi condividere le informazioni riguardanti la propria vita e la propria persona. L'adesione o accettazione crea un rapporto di fiducia tra le persone e questo rapporto di fiducia si traduce nella possibilità di farsi conoscere da un vasto numero di persone con il consenso delle stesse. Va da sè che questo tipo di contatti, creando un rapporto diretto con il cliente, è particolarmente interessante per le aziende che, come la vostra, si occupano di offrire un prodotto fatto 'su misura' per il cliente, che risponda perfettamente alle sue esigenze. Mentre il vecchio marketing operava mediante la sistematica e programmata interruzione delle attività di massa mediante lo strumento principale dello spot pubblicitario con lo scopo di promuovere prodotti medi su vasta scala; il nuovo marketing cerca di promuovere prodotti e servizi creando interazioni e comunità legate dai medesimi interessi. Il moderno uomo di marketing deve quindi essere in grado di:  diffondere nuove idee  raccontare storie che la gente vuole ascoltare e alle quali vuole credere  utilizzare il miglior medium disponibile per raggiungere le persone giuste al momento giusto  produrre cose che la gente VUOLE acquistare in modo da poter incrementare le vendite  tradurre tutto questo in un incremento delle vendite Quanto detto ci conduce ad un altro aspetto molto importante: non è il marketing che deve sostenere l'organizzazione, ma, al contrario, è l'organizzazione che deve adeguarsi al marketing, in altre parole, occorre ridisegnare l'azienda in funzione del nuovo marketing. 5. COME SARA’ IL FUTURO? Partendo dall’analisi che abbiamo fatto finora, vorrei provare a ipotizzare quali saranno i futuri sviluppi del marketing, in particolare del web marketing, per aiutarvi a capire quali sono le opportunità che dovete essere pronti a cogliere per non rimanere esclusi dai benefici della rivoluzione digitale in atto. Volendo riassumere il nuovo marketing in due concetti, potremmo sintetizzarlo nei seguenti punti: 1. il focus di tutta l’attività di marketing deve essere sul consumatore come individuo e non sulla massa dei consumatori: l'azienda deve innanzitutto conoscere le esigenze del proprio cliente (effettivo e potenziale) e saperne identificare, e possibilmente anticipare, le richieste per poter creare e offrire un prodotto che lo soddisfi pienamente; 2. Internet e i social network rappresentano il mezzo di comunicazione per eccellenza. Attraverso il web e sfruttando tutti i canali che esso mette a disposizione di degli utenti, le aziende possono realizzare un’attività di marketing completa che va dalla promozione del prodotto, alla realizzazione della vendita, alla espansione dell’influenza e alla fidelizzazione verso il marchio e/o il prodotto. 5.1 Pesci rossi nel mare di Internet Internet sta già sostituendosi ai media classici come canale preferenziale dell’attività di marketing poiché, a differenza della promozione sui canali tradizionali, che mira a convincere la massa a comperare prodotti di massa; consente alle aziende che non hanno la disponibilità di budget stratosferici da investire in pubblicità, di raggiungere le persone interessate ai propri prodotti (e solo quelle), piuttosto che perdere tempo e soprattutto denaro (che spesso non hanno) a convincere tutti quanti a compare prodotti di cui non conoscono l’esistenza e di cui non hanno neanche bisogno. Internet infatti ha largamente contribuito a cambiare le abitudini di consumo con i motori di ricerca, grazie ai quali sono i consumatori che cercano i produttori e non viceversa. In questo scenario non ha senso applicare le strategie di marketing tanto care ai media tradizionali poiché Internet, come oramai abbiamo imparato, funziona secondo logiche completamente diverse da quelle che guidano i vecchi mezzi di comunicazione. In particolare non ha senso utilizzare il marketing di interruzione (spot pubblicitari, telefonate, campagne pubblicitarie su riviste, etc.), quando il tempo medio di permanenza in una pagina internet non supera pochi secondi: nel tempo che ci impiega il messaggio a comparire, l’utente sarà già passato ad un’altra pagina. Altro che zapping! Questo non ha impedito al marketing tradizionale di infestare ogni centimetro libero delle pagine web con pubblicità che si ostinano a comparire sullo schermo del computer sotto forma di banner o finestre che si sovrappongono alla pagina che l’utente ha appena aperto. Sfortunatamente (per chi si ostina a utilizzare le logiche proprie del vecchio marketing sui nuovi media), il consumatore, ormai avvezzo ai meccanismi del web, sa che può ignorare tutti i messaggi che non lo interessano semplicemente chiudendo una finestra, bloccando un pop‐up, interrompendo la riproduzione di un video, o addirittura uscendo dalla pagina; vanificando così gli sforzi di chi ha pagato profumatamente per mostrare i suoi spot. Questi signori infatti non hanno compreso che gli internauti si stanno trasformando tutti in pesci rossi. Pesci rossi? Direte voi. Sì, pesci rossi, dico io. A quanto pare, infatti, la durata dell’attenzione di un pesce rosso è la più breve esistente in natura. Questione di qualche secondo. Internet è un mare magnum in cui si trova di tutto, e se è vero che l’uso dei motori di ricerca ha limitato e ordinato la mole smisurata di informazioni che ci investe ad ogni ricerca, è altresì vero che i risultati di ricerca sono sempre molti e verificarli uno per uno richiederebbe una quantità tempo considerevole. Tempo che non abbiamo. Ragion per cui, la permanenza media di un visitatore di una qualsiasi pagina non supera i 10 secondi. Dieci secondi bastano all’utente per rendersi conto della rilevanza delle informazioni contenute in un sito ai fini della propria ricerca. Quindi dieci secondi è esattamente l’intervallo di tempo che gli strateghi del web marketing hanno a disposizione per catturare l’attenzione degli internauti e convincerli a concedere loro altri dieci secondi di attenzione. Attenzione che non si ottiene certo tappezzando di pubblicità indesiderate in ogni spazio disponibile delle pagine web, a mo’ di cartelloni, che oltretutto seguono gli internauti nel loro peregrinare attraverso la rete; oppure oscurando la pagina appena aperta con video non richiesti. Tutto questo appartiene alla logica del vecchio marketing poiché riproduce sul web il meccanismo di interruzione proprio di altri mezzi, ignorando la specificità della rete, e cioè che ciò che appare sullo schermo non dipende da quanto denaro le aziende investono per “farsi vedere”, ma dai desideri degli utenti: se non me ne importa un fico secco delle auto sportive, navigando in Internet non incapperò mai nello spot dell’ultimo modello di Porsche Carrera, e Porsche non può farci niente. Dirò di più: a Porsche non gliene importa che a me non me ne importa perché io comunque la Porsche Carrera non la comprerei nemmeno se la potessi permettere, quindi a che scopo mostrare a me, che non sono interessato, la sua pubblicità? 5.2 Prendete il retino: Google AdWords Quello che deve fare l’azienda, quindi è semplicemente farsi trovare dagli interessati. Per fare ciò la rete mette a disposizione delle aziende strumenti di ricerca come Google AdWords, in cui gli annunci commerciali che compaiono all’inizio dei risultati di ricerca sono correlati alla ricerca stessa. In questo modo gli annunci sono visibili solo alle persone interessate e il pagamento scatta solo quando qualcuno ci clicca su per vederne il contenuto, (e state per certi che solo chi è davvero interessato lo farà). Inoltre, più persone guardano l’annuncio, maggiore sarà l’evidenza che AdWords gli darà. L’idea vincente alla base di questo meccanismo è che essendo mutate le abitudini di consumo e i canali attraverso il quali le persone ricevono informazioni sui prodotti, non conviene più rivolgersi alla massa dei consumatori con compagne costose che hanno lo scopo di raggiungere quante più persone possibile per convincerle a preferire un determinato prodotto a quello di un concorrente. Ora sono i clienti che vanno a cercare i prodotti a cui sono interessati, perché hanno esigenze particolari che non tutti possono soddisfare, perché a loro non interessa il prodotto che hanno tutti, ma quello che fa per loro, perché loro sono unici e hanno bisogno di trovare un’azienda che riconosca la loro unicità e la assecondi. Se si comprende questo, risulta chiaro che non vale la pena sforzarsi di attirare l’attenzione della massa che, come abbiamo visto, va assottigliandosi sempre di più a favore della moltiplicazione degli strambi, ma conviene rivolgersi alle persone già interessate al prodotto o al servizio cercando di catturare la loro attenzione con messaggi mirati a quella data tipologia di consumatore. Utilizzando una metafora, e sperando di non apparire blasfemi, potremmo dire che mentre il vecchio marketing portava la montagna (il prodotto) a Maometto (il consumatore); il nuovo marketing porta Maometto alla montagna. È di tutta evidenza come la strategia del vecchio marketing sia dispendiosa oltreché poco efficace (soprattutto nell’ambito dei nuovi media), mentre quella proposta dal nuovo marketing è sicuramente più conveniente e capace di produrre i risultati attesi. 5.3 Comunicazione diretta con il consumatore AdWords quindi può portare il consumatore all’interno del sito aziendale dove, grazie ad un incentivo, si invoglia l’utente a compilare un modulo con i propri dati e l’indirizzo e‐mail. In tal modo l’azienda ottiene gli indirizzi e‐mail delle persone interessate al suo prodotto e li può sfruttare per stabilire un contatto e promuovere i propri prodotti direttamente presso gli interessati servendosi degli strumenti propri del nuovo marketing (newsletter, e‐mail personalizzate). La comunicazione diretta con il consumatore attraverso l’invio di messaggi di posta elettronica rappresenta un costo per l’azienda poiché non tutti apprezzano di ricevere newsletter e comunicazioni commerciali tuttavia, se opportunamente sfruttata, essa rappresenta anche un’opportunità unica per le aziende che in questo modo possono promuovere i propri prodotti presso coloro che hanno dato la propria disponibilità a ricevere informazioni, e che quindi si suppone siano più propensi a leggere le comunicazioni che a cestinarle. In questo modo l'azienda potrà concentrarsi sul soddisfacimento delle esigenze di coloro che sono interessati al suo prodotto (permission marketing), piuttosto che 'sparare' spot pubblicitari a caso con la speranza di raggiungere tutti, interessati e non (marketing di interruzione). 5.4 Prodotti per i clienti, non clienti per i prodotti A questo proposito, va anche detto che vale la pena modificare l’approccio alla produzione provando a creare prodotti per il cliente, invece che cercare clienti per i prodotti. Mi spiego meglio con un esempio. Pensate al latte di mucca: la maggior parte delle persone che consumano latte vaccino acquistano il latte intero, supponiamo ad esempio che il 60% di chi beve latte consumi abitualmente latte intero, che è quindi il latte di mucca più venduto. Ora questo 60% del mercato viene conteso da diversi produttori; ammettiamo che la vostra azienda sia una delle dieci aziende che producono latte intero: la vostra fetta di mercato sarà intorno al 6%. Con una buona campagna di marketing potrete arrivare a conquistarvi il 10% del mercato. Non male, ma … il restante 40% del mercato del latte? Che latte compra chi non compra il latte intero? È presto detto: chi non consuma latte intero acquista latte parzialmente scremato, latte scremato, latte al cacao, latte ad alta digeribilità, latte con aggiunta di fibre, latte con probiotici, latte alta qualità, latte crudo. Prese singolarmente, le fette di mercato di questi prodotti posso sembrare esigue, perché in quel 40% sono compresi almeno una decina di prodotti simili, ma diversi. Il punto però è che sommando tutte le varianti otteniamo una fetta di mercato piuttosto ampia che sarebbe un peccato non sfruttare. Un produttore accorto allora continuerebbe a produrre latte intero e contemporaneamente inizierebbe a produrre anche gli altri tipi di latte, creando una gamma di prodotti più ampia, in modo da intercettare i gusti dei consumatori che non si accontentano del latte intero. Il punto è proprio la possibilità di scelta. Oggi esistono sul mercato una decina di tipi di latte, non perché i produttori si divertono ad inventarne di nuovi, ma perché i consumatori vogliono poter scegliere, perché chi sceglie cosa si vende non è più chi produce, ma chi acquista. Viviamo in un mondo in cui la tecnologia ha allargato la gamma delle possibilità, quindi perché non approfittarne? Perché dovrei rinunciare al cappuccino se non digerisco il latte? Il latte Alta Digeribilità non è nato dal capriccio di un produttore, ma dal fatto che un numero sempre maggiore persone ha scoperto di essere intollerante al latte. I produttori quindi hanno utilizzato una tecnologia che consente di scindere la proteina indigesta in due zuccheri semplici che possono essere assimilati anche da chi non tollera il latte normale. Ma il bello della storia è che il latte HD non lo compra solo chi è intollerante al latte, ma anche chi vuole consumare un latte più digeribile. Perché? Ma perché può scegliere! Quindi chi offre un’ampia scelta di prodotti aumenterà sicuramente il proprio fatturato senza dover stravolgere la produzione, in definitiva si tratta sempre di variazioni su un tema, che quindi richiedono degli adattamenti dei metodi di produzione, più che di cambiamenti radicali. La cosa importante è sapere cosa cercano le persone che si rivolgono a Internet, intercettando i desideri degli internauti e proponendo loro prodotti che soddisfino questi desideri. I più audaci potrebbero anche decidere di creare prodotti personalizzati su richiesta dei singoli clienti, ci sono infatti casi in cui la personalizzazione può essere fatta senza un eccessivo aggravio di costi, semplicemente partendo da un prodotto base che può essere facilmente modificato, come le t‐shirt, ad esempio; o a prodotti che possono essere assemblati in modo diverso per rispondere alle esigenze dei clienti, pensiamo ai computer. 5.5 Tessere mancanti Recentemente mi è capitato di ritrovare in soffitta la scatola di vecchio puzzle di quelli da cinquemila pezzi, quelli che ci impieghi una vita per completarli, per intenderci. A me i puzzle non piacciono gran che, ma a mia figlia sì, così mi ha fatto promettere che l’avrei aiutata a completarlo. La realizzazione è andata avanti per diverse settimane e alla fine mi sono appassionato pure io, senonché, arrivati alla fine ci siamo accorti con enorme disappunto che mancavano delle tessere. Conclusione: il puzzle incompleto è ritornato in soffitta. A ripensarci forse stava lì proprio perché mancavano delle tessere. E che c’entra questa storia con il web marketing? Direte voi. C’entra perché la delusione della bambina (e anche la mia per la verità) è stata tale che avendone la possibilità avrei ricomprato le tessere mancanti anche ad un prezzo superiore al loro valore effettivo, ma pur sempre inferiore al costo di una scatola dello stesso puzzle nuova di zecca. Applicando questo discorso al web marketing, dobbiamo prendere in considerazione il ruolo sempre più importante che stanno assumendo il commercio e lo scambio tra consumatori e come questo sta influenzando il commercio B2C. E‐bay ne è l’esempio più lampante, sfruttando un canale già esistente chiunque può mettere in vendita qualsiasi cosa, con la certezza che ci sarà sempre qualcuno, in qualche parte del mondo, che sta cercando proprio quella cosa: i capitelli delle colonne in giardino si sono rovinati, ma non volete ricompare tutte le colonne? Su e‐bay trovate quanti capitelli volete, di diversi diametri e fogge. Dovete sostituire i pistoncini del cofano posteriore della Smart? Su e‐bay ve li portare a casa per 10 euro. Il concetto è che tutto ciò che si può smontare, e ricomporre o assemblare può essere venduto separatamente: non occorre ricompare la colonna se posso sostituire il capitello, e non è necessario sostituire il portello posteriore dell’auto se i pistoni non funzionano più. Perché se i produttori fino a poco tempo fa vi costringevano ad acquistare tutto il cofano, ora c’è chi vi offre il pezzo che vi serve e solo quello. Loro ci guadagnano lo stesso perché vi vendono due pezzetti di plastica per 10 euro, ma ci guadagnate pure voi perché comprate solo quello che vi serve e non tutto il pacchetto. Come produttori dovete rendervi conto di questa realtà e del fatto che vendendo i singoli pezzi piuttosto che i pacchetti guadagnerete di più perché il mancato introito del pacchetto sarà ampiamente compensato dal numero maggiore di vendite delle singole componenti. 5.6 Le idee sono il vero valore aggiunto Trent’anni fa per vendere di più dei vostri concorrenti avevate due strade: fare più pubblicità oppure vendere a prezzi stracciati. Trent’anni fa avevate qualche decina di concorrenti. Al giorno d’oggi con la globalizzazione i vostri concorrenti sono diventati qualche centinaio e probabilmente la metà di loro fa prezzi così stracciati che volendo competere sul quel fronte sareste immediatamente fuori dal mercato; mentre l’altra metà investe ogni mese in pubblicità quello che voi spendete in un anno per mandare avanti la baracca. Mettetevi nei panni del consumatore: quando avete la necessità di comprare un oggetto, poniamo un paio di scarpe, avete due alternative: o decidete di risparmiare, e allora comprerete l’oggetto al prezzo più basso sul mercato; oppure volete un oggetto esclusivo, e allora vi indirizzerete verso i marchi e le grandi firme. Tutto ciò che sta nel mezzo tra questi due estremi: prezzo stracciato e scarsa qualità da una parte; prezzo alto e alta gamma dall’altro, verrà ignorato dalla maggior parte dei consumatori. Perché? Perché il fatto di voler credere che le decisioni di acquisto sono decisioni razionali non le rende tali. Un consumatore razionale sceglierebbe senz’altro il prodotto con il miglior rapporto qualità‐
prezzo, quindi il vostro prodotto, ma i consumatori razionali non esistono. La razionalità entra in gioco a cose fatte: quando l’acquisto è avvenuto la mente si inventa motivazioni a non finire per giustificarlo, tipo: “ho speso un po’ di più del previsto, ma ho comprato un prodotto di marca che sicuramente è di qualità superiore e durerà di più” e via di questo passo. E chi lo dice che il prodotto di marca è di qualità superiore? Spesso, soprattutto nel campo alimentare, gli stessi produttori sono fornitori del marchio famoso e pubblicizzato e di quello sconosciuto: stesso prodotto, stessa qualità. Quello che cambia è il nome sulla scatola e il prezzo (che a volte arriva anche al doppio). Ma la maggior parte dei consumatori preferirà il prodotto di marca, perché la spinta all’acquisto dipende da meccanismi inconsci sui quali la razionalità non ha influenza. Quindi se producete scarpe di buona qualità ad un prezzo ragionevole, state per certi che sarete presto in crisi. E allora che si fa? Chiudiamo baracca e burattini? No, almeno non ancora, perché avete un’altra carta da giocare: un’idea. Se volete che i consumatori preferiscano il vostro prodotto a quello a prezzo stracciato e alla grande marca dovete offrire loro qualcosa che gli altri non hanno, qualcosa che percepiscano come un valore aggiunto che solo il vostro prodotto può offrire. In definitiva, vi serve un’idea. Le idee che a mio parere si stanno dimostrando vincenti in questo momento sono fondamentalmente tre:  strutturare la vendita intorno al concetto di “servizio al cliente”;  offrire prodotti ecosostenibili;  sfruttare la scarsità. Avete presente quando acquistate un prodotto tecnologico, sia hardware o software, e per qualche motivo non riuscite a farlo funzionare? L’hi‐tech ha cambiato la nostra vita in meglio, su questo non c’è dubbio, ma questo solo finché tutto funziona come dovrebbe, perché quando il palmare non vuole accendersi o il programma si inceppa, allora cominciano i dolori, perché magari ne avete bisogno per lavorare. Quando l’intervento di un tecnico o di un esperto diventa necessario diventa contemporaneamente imprescindibile che esso sia tempestivo perché questi apparecchi sono diventati parte integrante della nostra vita e spesso del nostro lavoro e senza il loro supporto siamo bloccati. Per chi vende o realizza questi prodotti è essenziale offrire un servizio di assistenza efficiente e tempestivo sia tramite call center, per risolvere i problemi che non richiedono un intervento diretto, sia per mezzo di una rete di tecnici riparatori che possano sostituire il pezzo rotto o aggiustare il meccanismo che non funziona. Un paio di anni fa ad esempio, dopo una brutta esperienza con un portatile che ho dovuto buttare dopo due anni e svariate riparazioni a mio carico (dato che ha cominciato a rompersi ripetutamente appena un mese dopo la scadenza della garanzia), ho deciso di acquistare un computer con una garanzia a tre anni che dà diritto ad un portatile in sostituzione quando si renda necessaria una riparazione. Inoltre la macchina data in sostituzione viene consegnata nello stesso momento in cui il portatile da riparare viene preso in consegna da un incaricato presso il mio domicilio, ovunque mi trovi in Italia o all’estero. Ovviamente la consegna del portatile riparato avverrà con le stesse modalità. Io dovrò solo fare la segnalazione, al resto penseranno loro. Naturalmente questo servizio non è gratuito, nel senso che il prezzo del computer comprende questa copertura, e sicuramente il mio portatile costa un po’ di più rispetto ad altri portatili con le stesse caratteristiche, e magari non è neanche una gran bellezza dal punto di vista estetico, né è di una marca conosciuta (un mio amico mi ha detto che non l’aveva mai sentito nominare), ma di sicuro è affidabile (nessuna riparazione si è resa necessaria finora) e, cosa ancora più importante, io ho la sicurezza che se anche ci fosse bisogno di intervenire per ripararlo, io sarei comunque coperto, che per me è la cosa più importante, dal momento che io con il computer ci lavoro, mica ci gioco. Altra idea vincente è quella di impiegare materiali ecosostenibili o, meglio ancora, riciclati per la fabbricazione dei prodotti. Ho un’amica che pratica yoga da parecchi anni e che un po’ di tempo fa mi ha raccontato che il suo gruppo di yoga ha deciso di acquistare uno stock di tappetini su internet da un produttore che utilizza solo materiali riciclati al 100%. Ora, un tappetino normale può costare fino a venti euro, se lo volete di marca, ma se vi accontentate lo potete portare a casa per 10‐15 euro. L’azienda in questione invece proponeva tappetini da 30 euro (prezzo pieno) da scontare per ordini di un numero consistente di pezzi. Il prezzo è giustificato non solo dalla qualità dal prodotto (io non me ne intendo, ma la mia amica dice che “non scivolano neanche se ci versi sopra dell’acqua”), ma anche dal valore aggiunto, dato dal fatto che sono fatti interamente con materiali riciclati e con metodi di produzione non inquinanti, cioè sono “ecosostenibili”, che per i praticanti di yoga (e oggi sempre di più anche per tutti gli altri) è molto importante. Tanto importante che sono disposti a sborsare in media 15 euro in più che per un normale tappetino. Infatti, se è vero che grazie alla consistenza dell’ordine hanno ottenuto uno sconto del 20%, è anche vero che la maggior parte di quelli che lo hanno acquistato ha dichiarato di essere così soddisfatto che lo avrebbe acquistato anche a prezzo pieno. Devo aggiungere altro? Ultima idea vincente è quella di offrire un prodotto che non esiste sul mercato, insomma inventarsi un prodotto nuovo sfruttando il concetto di scarsità. In sostanza si tratta di individuare quali sono i beni materiali o immateriali di cui i consumatori sentono la necessità, ma che il mercato ancora non offre. Mi vengono in mente i prodotti di quarta gamma, cioè la frutta e la verdura che trovate nel banco frigo accanto a quella fresca e venduta sfusa. L’insalata di quarta gamma, a differenza di quella fresca, è già lavata, imbustata e pronta per essere consumata. Alcuni tipi hanno anche il condimento e la forchetta inclusi nel pacchetto. Accanto all’insalata trovate la frutta, sia fresca che disidratata. Ultimamente la frutta fresca così trattata viene anche venduta nei distributori automatici e sembra che vada alla grande, nonostante non sia propriamente economica. I prodotti di quarta gamma sono un’invenzione recente: fino a dieci anni fa non esistevano. Fino a qualche anno fa erano una rarità. Ora ce ne sono a decine. Domandatevi perché. Semplice, perché ora quasi tutti ne hanno bisogno. Al giorno d’oggi solo pochi fortunati possono permettersi un vero pasto all’ora di pranzo. La maggior parte si accontenta di un panino. I più fortunati di un primo o di un secondo precotto e riscaldato. Ma la frutta e la verdura? Alzi la mano chi mangia l’insalata al bar sotto l’ufficio. Eppure oggi più che mai siamo consapevoli che mangiare in modo sano ed equilibrato è una necessità, perché ne va della nostra salute e la salute è ancora il bene più prezioso che abbiamo. I prodotti di quarta gamma sfruttano la scarsità di tempo, nel caso specifico di tempo per consumare un pasto casalingo e salutare, proponendo prodotti sani che possono essere consumati alla stregua di un panino ma che, a differenza del tramezzino pieno di maionese o del piatto di pasta nel contenitore di plastica, fanno bene alla salute. Insomma, se non avete tempo per preparavi un’insalata, non per questo dovete rinunciare a mangiarla. 5.7 Social media: alleati o nemici? Internet non rappresenta soltanto un’opportunità di business per l’azienda, ma anche un rischio; come tutti i mezzi, infatti, non è uno strumento buono né cattivo, ma è l’uso che se fa che può produrre effetti positivi o negativi per chi se ne serve. L’ultima novità in questo campo (anche se oramai non si può più parlare di novità) sono i social media, cioè tutti quei canali in cui la comunicazione è gestita dagli stessi utenti, piuttosto che da un’entità, sia essa pubblica o privata. Sto parlando naturalmente dell’immancabile Facebook, ma anche di Twitter e, in generale, di tutte le reti sociali che consentono la comunicazione diretta fra gli utenti e, quindi il “passaparola”. Il passaparola è un efficace mezzo di promozione che esiste da quando esiste il mercato, il fatto che ora sia digitale, non cambia il meccanismo. La differenza, semmai, sta nel fatto che i commenti, a meno che non vengano rimossi dall’autore (e non sempre è possibile farlo), rimangono nella rete per sempre. Ora, se si tratta di commenti positivi va tutto bene, ma che succede se i commenti sono negativi? A questo proposito mi preme farvi notare che fra tutti i vostri clienti soddisfatti solo l’1% si prenderà il disturbo di commentare positivamente l’acquisto di un prodotto o le buone pratiche aziendali, mentre molti di più saranno quelli che posteranno commenti negativi sui prodotti che non li hanno soddisfatti o sull’inefficienza del servizio clienti, solo per fare un esempio. Particolarmente temibili sono i commenti dei blogger, veri opinion leader della rete, soprattutto di quelli che si sono guadagnati un nutrito seguito di lettori. L’idea alla base del passaparola positivo è fare tutto il possibile perché i clienti siano soddisfatti del prodotto e quindi lo consiglino ad altri, quindi non solo offrire prodotti o servizi all’altezza delle aspettative dei consumatori, ma anche offrire tutta una serie di servizi che facciano sentire il consumatore al sicuro, ad esempio offrendo dei servizi post vendita, una linea dedicata per eventuali richieste di assistenza, ecc. Il problema è che anche così, non tutti coloro che sono soddisfatti di un certo prodotto, saranno anche disposti a postare un commento su un social network per consigliarlo ai propri amici o follower, o quello che è. Quindi bisogna incentivare queste persone a innescare un meccanismo di passaparola positivo anche attraverso l’offerta di sconti, prodotti, omaggi. Servirsi dei clienti soddisfatti come di una cassa di risonanza ha molteplici vantaggi:  il feedback di un consumatore è sempre molto apprezzato dagli altri consumatori, perché, a differenza della comunicazione commerciale dell’azienda, il consiglio proviene da qualcuno che sta dalla loro parte;  incoraggiare il passaparola è sicuramente meno costoso di una campagna pubblicitaria e nel lungo termine favorisce la fidelizzazione dei consumatori;  può innescare l’effetto palla di neve: partendo da pochi commenti positivi, il seguito può crescere in modo graduale, ma anche notevole, fino a raggiungere una grande visibilità. Non sono pochi gli esempi di prodotti di successo che sono diventati tali grazie a un video su youtube che è diventato virale grazie al passaparola. Nel prossimo capitolo vi illustrerò alcuni casi concreti da cui potrete (spero) trarre ispirazione nella vostra pratica aziendale, e lo farò aiutandomi con dei video che ho realizzato durante un mio recente viaggio in quello che alcuni secoli fa era chiamato il Nuovo Mondo, ma che per quanto mi riguarda lo è ancora per quanto riguarda le tendenze in fatto di marketing. 6. IL FUTURO E’ GIA’ INIZIATO Introduzione 6.1 Starbucks e Greyhound 6.2 Max Brenner 6.3 Apple 6.4 Stazione South Station a Boston 6.5 Aziende a misura d’uomo 6.6 Sonos e la fine degli intermediari Introduzione Negli ultimi anni abbiamo assistito a delle rivoluzioni epocali, sia a livello di tecnologia, che a livello di società. Quando ci poniamo a riflettere su quello che potrebbe essere il futuro del nostro Mondo è davvero difficile fare un quadro chiaro, alla luce del ritmo forsennato al quale il mondo sta cambiando. Proprio perché il ritmo di cambiamento del mondo è molto veloce, molte aziende sono in difficoltà nel percepire questo mutamento globale e si trovano quindi in crisi nel programmare l’attività aziendale del futuro. Da consulente aziendale, quando entro nelle aziende e “tocco con mano” la realtà aziendale, riscontro quasi sempre un senso di disagio e di tensione nell’aria: nessuno sa effettivamente cosa sta succedendo e perché i vecchi modi di agire, i vecchi modi di fare business non funzionano più! La questione del cambiamento ovviamente si riflette non solo in ambito aziendale, ma anche in ambito familiare, per cui di fronte agli stravolgimenti del mondo ci troviamo pressoché tutti in uno stato di difficoltà. Questo quadro che emerge con tinte fosche e toni in chiaro scuro, mi si è però rasserenato nell’ultimo mio viaggio di aggiornamento che ho fatto negli Stati Uniti ed in Canada. Con questo video‐capitolo voglio quindi condividere con Te tutto quello che ho appreso nel mio viaggio e che può realmente aiutare anche la tua Azienda a capire meglio cosa la attende nel nuovo mondo che verrà nel prossimo futuro. Non sono qui a tediarti con lunghe e noiose nozioni sul marketing o sulla gestione aziendale: nelle prossime righe leggerai e vedrai (attraverso video che ho pubblicato su Youtube) tutti casi pratici aziendali. I video li vedrai tu in anteprima: non sono aperti a tutti ma solo a chi ha scelto questo video‐
capitolo. Questo video‐capitolo sarà quindi un concentrato di mini‐lezioni per la tua Azienda, che in questo modo si avvarrà di tutte le novità, idee, che sono già insite nei paesi più avanzati come gli Stati Uniti, e che inesorabilmente dovranno essere adottate anche nel nostro paese dalle Aziende che vorranno sopravvivere. Ti preannuncio che la stragrande maggioranza delle Aziende italiane non solo ha molto da imparare da queste lezioni, ma dovrà riorganizzarsi se vuole sopravvivere nel mercato del nuovo mondo… Il consiglio che ti do per usufruire al meglio di questo video‐capitolo è di aprire la mente al cambiamento e prendere tutto quello che di buono c’è da prendere dagli altri. Imparare ad osservare e riadattare le tecniche altrui è un lavoro che sarà preziosissimo per la tua Azienda. Ecco il primo video di questo video‐capitolo (clicca sull’immagine per vederlo su Youtube): 6.1 Starbucks e Greyhound Starbucks è una semplice caffetteria, vedendola dall’esterno è questo che si percepisce. Il passante ignaro potrebbe pensare di poter prendere un caffè ovunque, quindi di fare tranquillamente a meno di entrare in Starbucks e magari prendere un caffè in uno dei qualsiasi milioni di bar sparsi in giro per gli Usa. Ma Starbucks ha una caratteristica che lo rende unico nel suo genere: si mette nel senso letterale del termine a disposizione del cliente e fa tutto il possibile per farlo stare comodo, e soprattutto per farlo rimanere all’interno dei suoi locali! Innanzitutto da Starbucks tu puoi entrare tranquillamente e metterti seduto a leggere il giornale, senza che un barista ti soffi sul collo o ti guardi di traverso (scene classiche in molte parti del nostro bel paese…) se non consumi. Già non è una meraviglia? Poi da Starbucks puoi usufruire di collegamento wi‐fi senza doverti registrare… praticamente puoi anche lavorare col tuo pc dentro Starbucks per ore senza pagare un centesimo e nessuno ha niente da ridirti: sembra un sogno vero? Come se non bastasse, senti questa chicca… Sono andato al bancone per ordinare, e mentre stavo facendo l’ordinazione mi suona il telefono. Qualsiasi barista avrebbe fatto passare avanti un cliente, poi alla fine della telefonata avrebbe servito me. Invece da Starbucks no! La barista è stata ad aspettare tutto il tempo della telefonata senza battere ciglio, incredibile!!! Questo a riprova che nel nuovo mondo si può essere straordinari anche solo facendo un caffè. Puoi vedere il video girato da me su questo caso su Youtube al seguente link: (clicca sull’immagine per vederlo su Youtube): STARBUCKS A riprova di quanto appena detto ho anche un’altra storia da raccontarti. Durante il mio viaggio di formazione negli States mi sono dovuto trasferire da Boston a Montreal in Canada. Ho fatto il viaggio con la compagnia Greyhound, la più grande compagnia di bus degli Stati Uniti (per intenderci è quella che si vede anche nei film, col levriero come logo aziendale). Sono quindi arrivato a Montreal in un tripudio candore, con neve che cadeva giù fittissima ed una coltre di 50 cm! E’ incredibile constatare che nonostante ci sia così tanta neve, in Canada tutti continuino a fare il loro lavoro senza alcun problema: gli autobus fanno i loro trasferimenti normalmente e le auto sfrecciano come se attraversassero una comune provinciale asfaltata… Ma la cosa che mi ha sorpreso ancora di più nel mio viaggio è stato il servizio assolutamente impeccabile di cui ho usufruito all’interno del bus: sono sempre stato collegato ad Internet in wi‐fi ed ho avuto anche la possibilità di attaccare il mio portatile allo spinotto! In questo modo chiunque viaggia può sempre lavorare in tranquillità, perché oltre al collegamento gratuito può ricaricare il proprio dispositivo (laptop, tablet….) Se a questo aggiungiamo i comodissimi sedili in pelle del bus, capiamo tutti i motivi per cui negli States fare un viaggio in autobus è prassi e capiamo anche come nelle 6 ore di viaggio che mi sono fatto da Boston a Montreal sono stato assolutamente bene! Per chiudere il quadro della fisolofia “giusta” che la tua Azienda dovrà avere nel nuovo mercato ti racconto quanto è accaduto nella mattina successiva al mio arriva a Montreal in Canada. Nella mattinata ho fatto colazione con uova e bacon e ho pagato con dollari usa. Tra il dollaro usa e il dollaro canadese c’era un differenza del 10% circa: la cassiera canadese non solo ha accettato le banconote usa, ma mi ha anche rimborsato la differenza! Nella stessa mattinata mi è arrivata la telefonata di un mio cliente in Italia che era in banca con un assegno. Questo signore non riusciva a farsi cambiare un assegno dalla stessa banca che lo aveva emesso… La banca, ligia alle sue norme, si opponeva perché il signore non era censito; allorchè il mio cliente ha detto :‐Beh, allora censitemi‐. Lui ha prodotto il documento ma non aveva dietro la targhetta del codice fiscale… Alla fine la banca non ha potuto cambiargli l’assegno che un cliente della stessa filiale aveva emesso! Questo è uno dei tanti gravi handicap che ci fa capire come freni del genere in Italia ci allontanino sempre di più dal colmare i gap che abbiamo, soprattutto a livello di business, con i paesi più avanzati del nostro. Puoi vedere il video relativo su Youtube al seguente link: (clicca sull’immagine per vederlo su Youtube): GREYHOUND 6.2 Max Brenner Durante il mio viaggio mi sono fermato davanti alla vetrina dell’agenzia di assunzioni di Max Brenner. Max Brenner fa cioccolate, praline… e fin nulla di nuovo. Il bello è che da Max Brenner una semplice cioccolata costa la bellezza di 10$! Il loro prodotto è un vero e proprio inno alla cioccolata, servita in tutte le sue forme e in tutte le sue salse. Chi è il cliente tipico di Max Brenner? Chiunque immaginerebbe che il locale sia frequentato solo da ragazzini e genitori; in realtà, invece, Max Brenner è frequentato da chiunque e per di più è sempre affollato. Ma come fa una cioccolateria di lusso, con prezzi assolutamente fuori dall’ordinario, ad essere così affollata, specie in un periodo economico non certo florido? E’ semplice, è così affollata perché tutti al giorno d’oggi vogliono concedersi almeno 1 volta ogni tanto il lusso di sentirsi ricchi. Tutti vogliono almeno qualche volta all’anno andare a cena in un ristorante di lusso, farsi un viaggio all’estero…o magari se si è un cittadino Usa, andare da Max Brenner! Uno dei trend del nuovo mercato è appunto il “lusso accessibile”, cioè il fatto che la ricchezza oggi è a portata di tutti quanti: magari oggi si rinuncia ad un abito, si rinuncia ad un bene primario, ma una vacanza di lusso, una cena in un ristorante d’alta classe… beh a questo non vogliamo proprio rinunciare! Puoi vedere il video relativo su Youtube al seguente link: (clicca sull’immagine per vederlo su Youtube): MAX BRENNER 6.3 Apple Apple è un must. Tutti quanti almeno una volta nella vita ne hanno sentito parlare, soprattutto per il successo planetario dei suoi prodotti (iPhone e iPad tra tutti). A Boston sono entrato in un loro negozio ed è saltato lampante uno dei motivi del loro successo. Nel negozio della Apple tutti vengono tratti allo stesso modo. Si può entrare ed accomodarsi su una delle tante postazioni ed il commesso di turno verrà da voi per assistervi, sia che abbiate giacca e cravatte ed un Rolex da 10.000€ al polso, sia che siate vestiti con bermuda e maniche corte. Tutti da Apple sono uguali, e tutti da Apple possono stare tranquillamente nel negozio senza dover per forza essere interessati ad acquistare qualcosa. La vera forza di Apple è il passaparola: trattando bene i suoi clienti, anche i più piccoli ed insignificanti, sa che avrà come ritorno commenti solo positivi sull’azienda, che quindi potranno tramutarsi in vendite. Nel video emerge lampante come io, nonostante sia lì nel bel mezzo del negozio a fare il video, non sono assolutamente mal visto dai commessi; tutto continua tranquillo come se niente fosse. Il monito di questo caso è il seguente: ricordiamoci che nel nuovo mondo dovremo ristrutturare le Aziende affinchè anche il cliente più piccolo sia trattato come quello grande. Anche perché le apparenze inganno e non sai chi potrebbe essere, e cosa potrebbe fare, quel clienti che tu oggi giudichi e tratti da “Piccolo”. Puoi vedere i video relativi su Youtube ai seguenti link: (clicca sulle immagini per vederli su Youtube): APPLE 1 APPLE 2 6.4 Stazione South Station a Boston Alla stazione South Station di Boston, importante crocevia del traffico di Boston e cruciale per arrivare in Canada, regna l’informalità più assoluta. Se ti mettessi ad osservare tutti i passanti vedresti chi è vestito in modo, diremmo noi, “trasandato”, chi è impeccabile nel suo tight e chi è sportivo al 100%. Il bello è che tutti se ne infischiano degli abiti dell’altro e tutto fila liscio alla perfezione: gli spazzini fanno il loro dovere, i chioschi vendono cibi buoni (perché sanno che il cliente se è servito bene tornerà) e soprattutto nessuno si permette di guardare l’altro dall’alto in basso solo perché magari è vestito meglio. La grande lezione che la stazione South Station ci insegna è che nel nuovo mercato conterà la sostanza e non la forma. Anche le apparecchiature in questo luogo sono rivestite di questa filosofia: i computer o altro, se sono funzionanti vengono mantenuti, non vengono sostituiti solo perché vecchi esteticamente! Nel nuovo mondo scompariranno quindi le Aziende che sono tutta formalità e poca sostanza, mentre avrà più successo che farà davvero le cose in modo concreto. Puoi vedere il video relativo su Youtube al seguente link: (clicca sull’immagine per vederlo su Youtube): SOUTH STATION 6.5 Aziende a misura d’uomo Nel mio viaggio di aggiornamento negli States e in Canada non poteva mancare un giro al centro commerciale. Gli Usa sono la patria dei centri commerciali, i famosi “Mall”, che hanno aperto una vera e propria epoca di centri commerciali, che si sono diffusi a macchia d’olio in tutto il mondo. Ad un primo impatto un centro commerciale Usa potrebbe sembrare uguale ad un altro in tutto il mondo; la realtà è che nei centri commerciali, così come nelle attività commerciali made in Usa, il locale è disegnato a misura d’uomo. Configurare un’attività commerciale a misura d’uomo significa fare in modo che il tuo potenziale cliente sia sempre il benvenuto, sia comodo, e possa usufruire gratuitamente di una gamma di servizi che lo fa “stare bene”. Oltre al discorso wi‐fi già affrontato prima ( in tutti i centri commerciali statunitensi si può lavorare tranquillamente col proprio pc ad esempio senza dover avere una connessione propria), voglio metterti in evidenza un’altra peculiarità fondamentale di questo trend: le Aziende non chiudono praticamente mai! Nel secondo video allegato a questo caso vedrai che gli orari della banca Td sono davvero off‐limits se paragonati a quelli di una banca italiana; nel terzo video troverai gli strabilianti orari dei magazzini Simons. Troppo spesso noi pretendiamo di applicare le NOSTRE regole aziendali a quelle del consumatore, e questo sarà un grave errore. Bisognerà quindi adeguare la struttura aziendale alle esigenze del cliente e non alle nostre esigenze o a quelle dei nostri dipendenti: il trend delle Aziende a misura del CLIENTE come vedi nei paesi più avanzati del nostro è già in essere. Puoi vedere i video relativi su Youtube ai seguenti link: (clicca sulle immagini per vederli su Youtube): CENTRO COMMERCIALE TD BANK MAGAZZINI SIMONS 6.6 Sonos e la fine degli intermediari Durante il mio viaggio sono entrato in un negozio di musica e, a ulteriore riprova di uno dei trend del nuovo mondo, i commessi si sono messi a mia completa disposizione. Mi hanno fatto provare tutti gli strumenti possibili, ho potuto collegare il mio iPhone ai loro diffusi ed ho ascoltato per oltre mezz’ora la mia musica preferita con i loro device. Tra tutti gli strumenti a disposizione nel negozio non ho potuto fare a meno di notare il marchio Sonos. Sonos è un caso essenziale per capire come sarà nel nuovo mondo il rapporto Produttore – Intermediario ‐ Consumatore. Ebbene, non me ne vogliano tutti gli intermediari di questo mondo, ma la tendenza del nuovo mercato è quella di un rapporto diretto azienda‐consumatore, senza l’ausilio degli intermediari. La Sonos è un caso eclatante di come questa tendenza sia stata spinta al limite. Sonos ha fatto successo sviluppando un sistema di audio diffusione che ti consente di ascoltare musica diversa in diverse stanze della tua casa: praticamente se tu sei in bagno puoi ascoltare gli U2 mentre ad esempio tua moglie in camera potrebbe ascoltare la Pausini. Il tutto è condito da un’acustica eccezionale e da un sistema che si basa su un’unica fonte (non devi quindi installare diversi impianti stereo nelle diverse stanze della casa!). Che c’entra allora Sonos con il negozio dove sono entrato? Nel negozio dove sono entrato, nonostante ci fosse tutto, ma veramente tutto in fatto di musica, e nonostante ci fosse anche una targhetta col marchio Sonos: non c’erano apparecchiature della Sonos!!! Quelli della Sonos hanno infatti deciso di vendere autonomamente i loro prodotti, senza bisogno di intermediari. Per fare questo si sono concentrati nel realizzare un sistema di montaggio semplicissimo e ci sono riusciti alla perfezione: se acquisti il loro prodotto non avrai bisogno di alcun installatore perché montare il tutto è davvero facile. In questo modo Sonos ha eliminato completamente qualsiasi intermediario e ha abbassato i costi per il consumatore. Impariamo da Sonos e ristrutturiamo le nostre attività affinchè possiamo comunicare direttamente con i nostri clienti, senza affidarci agli intermediari. SONOS 7. LA RETE, LE TRIBÙ E IL WEB MARKETING 7.1 Le tribù e il concetto di viralità Ritorniamo al concetto di condivisione: la necessità di condividere è insita nel comportamento umano. Gli esseri umani sono animali sociali, cioè tendono naturalemente ad aggregarsi fra di loro (con poche eccezioni). Si tratta di un comportamento che ha origini e ragioni ataviche del tutto palesi: in gruppo i singoli si difendono più efficacemente dai predatori e sono in grado di procacciarsi il cibo necessario alla sopravvivenza. L’unione fa la forza, insomma. Sebbene la vita moderna sia molto diversa da quella degli uomini delle caverne, gli uomini del XXI secolo tendono ancora naturalmente ad aggregarsi con i propri simili; non certo perché devono proteggersi da giganteschi predatori, o perché devono cacciare in gruppo per assicurarsi una scorta di cibo (per quello ci sono i supermercati!). Le persone si aggregano intorno ad interessi comuni perché vogliono condividere tali interessi con altre persone che essi riconoscono come propri simili. Ora come allora si formano delle tribù. Le nuove tribù sono delle tribù digitali, che si formano e prosperano nella rete grazie all’uso dei cosiddetti canali informali o social network, come Facebook o Twitter. Le tribù digitali funzionano poi secondo il concetto di viralità, cioè in base ad un meccanismo, tipico delle comunità virtuali, in cui ogni membro di una certa tribù è portato a condividere le informazioni con tutti i membri della sua tribù. Avviene così che un messaggio, un’informazione o un video postati su una pagina Facebook e condivisi inizialmente con qualche decina di persone possano arrivare a raggiungere attraverso l’effetto moltiplicatore proprio del meccanismo di condivisione centinaia, migliaia, a volte decine di migliaia di persone: è allora che si dice che un’informazione o un video sono diventati virali, perché proprio come i virus si espandono in modo incontrollato e pervasivo. Ed è proprio qui che interviene il web marketing che intercetta l’interesse delle tribù e sfrutta la necessità di condivisione per diffondere il proprio messaggio utilizzando gli stessi canali informali utilizzati dalle tribù. 7.2 Il sito internet non deve essere bello ma deve informare Se la massa non esiste più, allora bisogna rivolgere la propria attenzione alle tribù, perché questi gruppi possono veicolare il vostro messaggio attraverso i canali informali servendosi del passaparola digitale. Le tribù digitali sono contemporaneamente il vostro mercato, e il mezzo di promozione della vostra azienda. Tutto ciò di cui avete bisogno è sapere come fare per sfruttare il loro potenziale. Più avanti vedremo passo passo quali sono le fasi per creare una efficace strategia di web marketing; per ora vi anticipo gli step iniziali: 1. creare un sito internet di semplice utilizzo e con contenuti chiari, “a prova di scemo”; 2. creare dei contenuti capaci di catturare l’attenzione di coloro che utilizzano la rete fornendo loro le informazioni di cui hanno bisogno in modo da rassicurarli; 3. sfruttare il passaparola digitale invogliando coloro che si sono informati a parlarne con i propri contatti creando così un effetto a catena; 4. creare un contatto (tramite email, newsletter, sms) con coloro che cercano informazioni. A questo punto mi preme che sia chiaro un concetto fondamentale: un sito ben fatto, ai fini del web marketing, non è un sito bello, ma un sito che consenta a chiunque con un minimo di conoscenza del mezzo di navigare con tranquillità. Quando progettate il sito web preoccupatevi di questo e dei contenuti piuttosto che della bellezza. L’opzione ad una sola pagina che scorre premendo il “tasto giù”, per quanto mi riguarda è la migliore perché è intuitiva e non richiede la conoscenza del funzionamento dei collegamenti ipertestuali che non è altrettanto intuitivo, soprattutto per chi non è avvezzo alla navigazione. 7.3 Cavalcare la rivoluzione digitale Un bell’esempio di come si possano sfruttare le possibilità offerte dalla rete ci viene da una azienda leader mondiale nella produzione di frullatori: la Blendtec. Questa azienda ha ottenuto un successo commerciale planetario grazie ad un video postato su youtube. Il video in breve tempo è diventato virale e la popolarità dell’idea è stata tale che l’azienda ha realizzato e postato decine di video simili. L’idea è tanto semplice quanto brillante (ed è una riprova del fatto che efficacia e semplicità vanno sempre a braccetto): un tizio dall’aspetto ordinario, diciamo pure l’uomo della strada, se ne sta in piedi accanto ad un frullatore e si domanda se il suddetto elettrodomestico riuscirà a frullare un oggetto che normalmente nessuno penserebbe di frullare: dai pennarelli al telefono cellulare. La domanda è: “Will it blend?”, ovvero “Lo frullerà?”. A questo punto il tizio si mette un paio di occhiali protettivi, introduce l’oggetto nel frullatore, chiude il coperchio e avvia l’apparecchio. La camera inquadra il frullatore mentre fa a pezzi tutto quello che contiene. Alla fine l’uomo estrae ciò che rimane dell’oggetto, ormai irriconoscibile. L’operazione è riuscita: l’ha frullato. Semplice, geniale. Costo dell’operazione? 600 dollari. Risultato: successo mondiale. Esistono decine di video simili nati dalla curiosità degli utenti che avevano guardato il primo video e che sono stati invitati a proporre oggetti da frullare. L’ultimo oggetto che mi è capitato di veder frullare è un ipad e, anche se sembra incredibile, l’ha frullato. http://www.youtube.com/watch?v=qg1ckCkm8YI L’idea alla base di questa trovata assolutamente geniale è la curiosità: l’azienda ha sfruttato la curiosità per attrarre l’attenzione degli utenti di Internet, perché ha capito che la rete è il maggiore mercato mondiale poiché solo attraverso il computer si può raggiungere chiunque dovunque nel mondo. Qui sotto potrete trovare un mio video molto interessante su Ratei e Riscontri: http://www.youtube.com/watch?v=3n4VflcFwRA 7.4 Web marketing vs. pubblicità Come abbiamo appena visto, realizzare un video promozionale e postarlo su youtube richiede un modesto investimento, soprattutto se lo si paragona a quello necessario per acquistare spazi pubblicitari su riviste o in televisione, e la sua diffusione, a differenza dei mezzi di comunicazione tradizionali, è planetaria. Ma qui non si tratta solo di costi e di diffusione; si tratta di strategia. Solo 10 anni fa la pubblicità tradizionale generava l’85% degli introiti delle aziende, mentre oggi ben il 50% proviene da canali extra televisivi e tra questi non si può dire che la carta stampata faccia la parte del leone come succedeva solo fino a pochi anni fa. Tutt’altro: il 24 febbraio del 2012 il quotidiano Free Press City che si finanziava solo con la raccolta pubblicitaria ha chiuso perché i ricavi non riuscivano neanche a coprire i costi. Perché? Semplice: la pubblicità, sia sulla carta stampata come su tutti i mezzi tradizionali, è fatta per colpire la massa. Con una immagine metaforica si potrebbe dire che “spara nel mucchio” sperando di colpire quante più persone possibile. È una questione di grandi numeri e probabilità: più persone vengono raggiunte dal messaggio pubblicitario, maggiore è la possibilità che tra queste persone ce ne siano alcune interessate al prodotto. Questo metodo ha funzionato per decenni, ma ora si sta rivelando sempre meno efficace. E la ragione di ciò sta nel fatto che la massa non esiste più. Ora esistono le tribù e le tribù funzionano secondo un principio diverso da quello della massa: le tribù funzionano in base al principio della condivisione di interessi precisi, quindi è inutile cercare di colpirle con la vecchia pubblicità. Per attirare l’attenzione delle tribù bisogna usare una strategia nuova, e questa strategia è il web marketing, che è pensato e strutturato per colpire le tribù digitali. Ma il web marketing non è una riproposizione su un mezzo nuovo (la rete) di uno schema vecchio (lo spot). Un mezzo nuovo richiede un nuovo approccio, ed è proprio questo che fa il web marketing: offre un nuovo approccio adatto al nuovo mezzo e al nuovo target: le tribù digitali. 7.5 Un’occasione da non perdere I cambiamenti di cui abbiamo parlato: la scomparsa della massa, il conseguente declino dell’efficacia del marketing tradizionale e la necessità di trovare nuove strategie di marketing adatte ai canali digitali sono destinate a durare nel tempo perché l’era digitale è appena iniziata e si evolve ad un ritmo forsennato. In questa corsa costante chi si ferma rimane al palo. Continua ad utilizzare i canali promozionali tradizionali e puntare sulle vecchie forme di pubblicità significa spendere una barca di soldi per ritrovarsi con un pugno di mosche. Bisogna avere il coraggio di cambiare e abbracciare strategie nuove. In un certo senso si tratta di cambiare il modo pensare. Può essere difficile, ma è necessario perché i consumatori l’hanno già fatto e se non lo fate anche voi, li perderete. Rinunciare al web marketing vi porterà fuori dal mercato due volte più velocemente perché rinunciate ad un vantaggio competitivo e contemporaneamente vi troverete in svantaggio rispetto a quelle aziende che avranno voluto e saputo sviluppare un efficace strategia web marketing Se deciderete, come spero, di adottare questa nuova e innovativa tecnica di marketing, comunque, dovete sapere cosa vi aspetta, perché, come ho già detto, si tratta di cambiare il modo di pensare, prima ancora che il modo di promuovere il vostri prodotti. Una strategia di marketing per essere efficace richiede un triplice impegno. Innanzitutto, un’organizzazione scientifica di tutta l’azienda intorno al concetto di marketing. Il Marketing non è una funzione dell’azienda: tutti, a cominciare dai dirigenti fino agli impiegati sono coinvolti nel marketing perché tutto ciò che l’azienda o un suo rappresentante fa o dice ricade sull’azienda stessa: anche la centralinista che risponde cortesemente al telefono o l’impiegato che si occupa con solerzia di una richiesta del cliente stanno facendo marketing. Secondo punto, dovrete investire in modo strutturato nella realizzazione di una strategia di web marketing che, se richiede il coinvolgimento di tutta l’azienda, richiede altresì l’impiego di risorse economiche che sono la base imprescindibile di tutte le innovazioni. Terzo, e più importante, dovrete mettere in gioco voi stessi e la passione per i vostri prodotti e il vostro lavoro perché nessuna strategia di marketing per quanto innovativa ed efficace può funzionare se non poggia sull’entusiasmo. Ricordate che il web marketing si fonda sui contenuti e il contenuto non esiste senza il prodotto. Il prodotto non è solo un oggetto che si vende, il prodotto è anche la sintesi delle conoscenze e delle competenze che voi possedete, quindi non c’è miglior modo per comunicare il vostro prodotto che quello di essere disposti a donare la vostra conoscenza e la vostra competenza perché, così facendo, dimostrerete quanto credete nel vostro lavoro e indurrete il pubblico a fidarsi. Il concetto di fiducia è alla base del web marketing. 7.6 Strategia di web marketing Lo scopo di questo e‐book non è insegnare come si progetta una strategia di web marketing, ma quello di darvi un’idea di quanti e quali passi essa richieda. Vediamoli in breve. 1. Identificare le tribù che possano veicolare il vostro messaggio nella rete attraverso i canali informali (social network). Per fare ciò dovete innanzitutto identificare l’interesse che unisce queste tribù e che la vostra azienda e i vostri prodotti sono in grado di soddisfare. 2. Realizzare un sito semplice e con contenuti tali da riuscire a soddisfare in 7 secondi (tempo medio che gli internauti impiegano per decidere se continuare a navigare nel vostro sito o passare ad un altro) i bisogni inconsci, ossia potere, bellezza, riconoscimento e tempo libero. In questo modo otterrete altri 7 secondi di attenzione. Secondo lo psicologo Maslow, infatti, tutte le scelte, e quindi anche le scelte di acquisto, non sono determinate dalla razionalità, ma dall’inconscio. La razionalità entra in gioco quando la scelta è già stata compiuta e il suo ruolo è unicamente quello di giustificare razionalmente la scelta. 3. Convincere gli internauti a visitare il vostro sito utilizzando tutti i canali informali a disposizione: Facebook, Linkedin, Youtube, Twitter, Google, Google maps, Google adwords, etc. 4. Informare in modo esauriente il visitatore perché non resti con delle domande senza risposta e rassicurarlo in modo da convincerlo definitivamente che il vostro sito è quello giusto. Per fare ciò non c’è niente di meglio che le testimonianze dirette di clienti soddisfatti. 5. Indurre il visitatore a compilare un form contenente i contatti personali. Questi contatti (indirizzo mail soprattutto) vi serviranno per creare un rapporto permanente attraverso l’invio di mail personalizzate o newsletter. 6. Utilizzare i social network e le comunità virtuali per raccogliere il maggior numero di contatti e sfruttare tutte le funzionalità offerte per creare una rete che consenta di moltiplicare i contatti in misura esponenziale. 7. Riempire il sito di contenuti. Sì perché il sito non è altro che un contenitore, quella che fa la differenza non è il colore o la forma, ma quello che ci mettete dentro. Il genere di contenuti più efficace ai fine del web marketing è quello autoprodotto: testimonianze di clienti, racconti di esperienze di vita o di momenti curiosi e divertenti, meglio se in versione video perché il video diventa più facilmente virale. Anche fare dono della propria conoscenza è un bel modo di creare contenuti, ad esempio spiegando aspetti del vostro lavoro che sono sconosciuti ai più. 8. Diventare leader della tribù. Lo scopo finale della strategia di web marketing è quello di raccogliere intorno alla propria azienda l’interesse di quante più persone possibile legate da interessi comuni e diventare un punto di riferimento per la tribù, creando un rapporto di fiducia e condivisione. CONCLUSIONE Questo e‐book non ha la pretesa di esaurire l’argomento web marketing. Al contrario, quanto avete letto non è che una introduzione ad un concetto molto più ampio, una sorta di “infarinatura” che vi presenta gli aspetti principali di questa nuova strategia senza scendere troppo nei particolari. …..Con queste prossime pubblicazioni:  Le attività di web marketing;  Facebook per web marketing;  Linkedin per il web marketing;  Twitter per il web marketing;  Youtube per il web marketing;  Google Adwords e I pay per click per il web marketing;  I contenuti per il web marketing;  Il databasing per il web marketing;  Landing killer minisite per il web marketing;  Il controllo e il reporting per il web marketing. è mia intenzione completare in maniera esaustiva ogni argomento riguardante il web marketing. L’intento principale di questo e‐book è spiegare nel modo più chiaro possibile che cosa può fare il web marketing per voi e per la vostra azienda, non certo quello di invitarvi a mettere in pratica una strategia di web marketing, poiché è chiaro che un’attività di questo genere non si può improvvisare sulla base di quello che avete appreso. Il secondo scopo che mi sono proposto è quello di interessarvi all’argomento e, sperando di esserci riuscito, vi invito ad approfondirlo attraverso le letture delle prossime pubblicazioni. Se vuoi approfondire vai su: WWW.CORSIWEBINAR.IT WWW.CONSULENTIAZIENDALIDITALIA.IT WWW.WEBMARKETINGITALIANO.IT BIBLIOGRAFIA  Godin S. [1] (2008), Che pasticcio di marketing!, Sperling &
Kupfer.
 Godin S. (2011), Siamo tutti strambi, Sperling & Kupfer.
 Clochiatti G. (2008), Creatività per l'innovazione. Come
produrre idee vincenti per migliorare la competitività, Franco
Angeli, Milano.
 Devoto G. - Oli G. C. (2004), Dizionario Devoto Oli della
lingua italiana, Le Monnier, Firenze.