BREVIARIO STRUMENTALE
di Nicola Marras
da Mostrare di Sergio Polano
Separare l’oggetto della mostra dall’allestimento fa smarrire il senso reciproco delle parti: l’oggetto
mostrato rimanda a modi di riflessione, a luoghi del fare, ad eventi o cose diversi dalla mostra
stessa; anche le varie componenti dell’allestimento, decontestualizzate, non formano una traccia
della mostra, ma rappresentano solo se stesse, quali forme di tecniche che, isolandosi, ripropongono
l’autonomia della propria disciplina. L’uno e le altre, sottoposte ad analisi esclusive, divengono
materia per metodologie o storiografie settoriali. Così non è concepibile una tassonomia delle
mostre secondo gli oggetti o i mezzi espositivi; resta, in astratto, il mostrare, il far vedere, atto
deliberato nel quale visione e conoscenza sono coniugate in un insegnamento. E l’atto del mostrare
non è chiuso in se stesso, perché implica un destinatario a cui deve adattarsi, penetrando le sue
abitudini e le sue esigenze, per seguirle o per guidarle. Il mostrare implica perciò una vis comica, o
mimica o ludica, secondo il caso, fatta di sapienza ma anche di avvenenza.
Il mostrare è esporre, per trasmetterla, una conoscenza; l’ars maieutica del mostrare comporta una
forma di educazione visiva: l’insegnare a vedere cose, oggetti. Nel dotarli di senso, nel produrne
una logica, porta a percepire quanto di essi è visibile attraverso l’intelletto.
La mostra è rappresentazione di cose ed eventi che diventano ambiguamente: documento cioè
strumento di conoscenza, e monumento cioè oggetto della conoscenza. Il senso del mostrare è
quindi anche trasformazione della conoscenza. Con la sua costruzione di contesti, relazioni e
prospettive la mostra disegna nuove costellazioni del sapere, da’ forma al passato, orienta il
presente (essendo in ciò pienamente progetto di architettura della modificazione).
I “mezzi” che utilizza la mostra:
BASAMENTO
è il piedistallo di un oggetto, fa di questo un punto nello spazio; isolato propone un centro dello
spazio, moltiplicato crea una costellazione che il desiderio di ordine della nostra visione compone in
qualche geometria (vedi gestalt). Implica la soluzione di un problema statico, deve reggere un peso;
ma il peso paradossalmente può essere sospeso dall’alto, e anziché un grosso tronco può diventare
un esile ramo.
Nei confronti dell’osservatore la sua collocazione determina la conformazione dello spazio,
stabilisce la quota dell’orizzonte visivo, orienta le prospettive, misura le profondità e disegna un
percorso.
PANNELLO
è sfondo per cose, porzione di superficie di cui esibisce le proprietà bidimensionali; può essere
trasparente, opaca, liscia, ruvida, avere diritto e rovescio, può dividere lo spazio e interrompere gli
sguardi. Se una superficie divide lo spazio, più superfici lo articolano, anche chiudendo dei volumi.
Come superficie in realtà non è mai pura, perché ha sempre uno spessore, che dipende dalla materia
usata, e se non basta per ottenere la rigidità necessaria, si possono irrobustire i bordi, creare una
cornice.
Per farlo dobbiamo incrociare saperi che provengono dalla grafica, dall’architettura e dal calcolo.
BACHECA (o teca)
Se basamento e pannello possono richiamare l’idea di punto e di superficie, la bacheca (una scatola,
nella sostanza) definisce un volume.
Sembra il supporto ideale per mostrare oggetti: in realtà essa li difende da contatti potenzialmente
pericolosi. Il suo disegno definisce la forma di una separazione tra pubblico ed oggetto esposto.
VEDI TIPI DI TECHE
ILLUMINARE
È mettere in luce, decidere circa direzione e intensità di un flusso luminoso, ma anche produrre
ombre e penombre: si mette in luce da una parte, mettendo in ombra l’altra. Ed è proprio l’ombra a
definire i contorni di un oggetto, la consistenza delle superfici, la profondità degli spazi. Alla luce la
materia risponde assorbendo frazioni dello spettro luminoso e restituendone altre che l’occhio
registra come colori. Agendo sullo spettro luminoso per sottrazione o addizione la luce diventa
pennello che colora superficie spazi.
Illuminare lo spazio che ospita cose ed eventi esalta quello rispetto a questi; illuminare direttamente
cose ed eventi inverte la gerarchia ed importanti diventano questi rispetto allo spazio. E così nelle
infinite sfumature tra i due estremi.
Ma se illuminare è necessario per vedere, paradossalmente è anche sempre dannoso.
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