Istituto Suore Cappuccine di M. Rubatto Casa di Cura San Francesco Le Demenze Il manuale del caregiver Casa di Cura San Francesco INDICE Presentazionepag. 02 La demenza di Alzheimer e le altre demenze pag. 03 I numeri della demenza pag. 05 I primi segni della demenza pag. 06 La malattia di Alzheimer pag. 08 Caratteristiche della malattia di Alzheimer pag. 09 Sintomi premonitori della malattia di Alzheimer pag. 10 Gli stadi della malattia di Alzheimer pag. 11 • Fase lieve • Fase moderata • Fase severa • Disturbi del comportamento Le altre demenzepag. 15 • La demenza vascolare • La demenza a corpi di Lewy • La demenza frontotemporale – malattia di pick Le terapie pag. 17 Suggerimenti per la vita quotidiana pag. 23 I servizi per la persona affetta da Demenza pag. 31 • Unità valutazione Alzheimer (UVA) • Assistenza domiciliare integrata (ADI) • Centro diurno • Ricovero di sollievo • Residenze sanitarie assistenziali (RSA) Informazione, educazione e sostegno psicologico dei familiari pag. 34 Gli aspetti legali pag. 35 • Inabilitazione • Interdizione • Amministratore di sostegno I benefici economicipag. 36 Le agevolazioni pag. 37 1 Presentazione Le demenze ed in particolare la malattia di Alzheimer, la principale di esse, rappresentano una delle principali cause di disabilità nella popolazione anziana dei nostri paesi, tanto da diventare oltre che un problema sanitario, un problema sociale. La cura e la gestione di questi pazienti che per definizione diventano progressivamente incapaci di badare a se stessi, è quasi sempre affidata ai familiari, coniuge, figli, nipoti che vengono definiti caregivers. A parte nelle fasi iniziali in cui il paziente ha consapevolezza di malattia e potrebbe partecipare alle scelte decisionali importanti, nelle fasi successive, i pazienti sono affidati completamente ai caregivers. Questo breve opuscolo è stato pensato e realizzato a sostegno proprio di coloro i quali, spesso inconsapevoli della realtà del problema da affrontare, ma soprattutto ignari di ciò che potrebbe capitare nel corso evolutivo della malattia, dovranno comunque fare scelte, gestire bisogni e problemi dei pazienti a loro affidati, spesso non per scelta. Molte saranno le lacune che emergeranno accostando la lettura teorica dei problemi alla realtà della vita vissuta, ma ci è sembrato che anche solo un barlume di luce nell’oscurità di queste patologie possa essere d’aiuto. Dr. Massimo Moleri Responsabile U.O. Neurologia - CDC S. Francesco 2 Casa di Cura San Francesco La demenza di Alzheimer e le altre demenze Cosa sono le demenze. Con il termine di demenza si indica una sindrome, ossia un insieme di sintomi, che si manifesta con un declino progressivo delle funzioni cognitive (memoria, ragionamento, linguaggio), tale da compromettere le usuali attività (lavoro, hobby, interessi) e relazioni. La demenza rappresenta una condizione patologica determinata da varie malattie che, in modo diretto indiretto, danneggiano il cervello. Queste colpiscono più frequentemente gli anziani, la cui numerosità rispetto alla popolazione generale è sensibilmente aumentata nel corso degli ultimi decenni, rappresentando ora più del 20%. Le condizioni che possono causare una demenza sono numerose (oltre 60), aventi esordio, durata e prognosi diversa (Tabella 1). Il 50 – 60% delle demenze è provocato dalla malattia di Alzheimer, il 15% da condizioni che determinano lesioni al cervello di tipo vascolare, il 10 – 30% da patologie di tipo degenerativo. I casi di incidenza (ossia i nuovi casi di demenza all’anno) presentano una crescita esponenziale. Ecco perché le demenze sono oggi una delle principali sfide per il sistema sociale e sanitario del mondo occidentale. La prognosi di una demenza è condizionata dal tipo e dai sintomi che la caratterizzano. Nei giovani e in coloro che presentano precocemente disturbi nella comunicazione o del comportamento, l’evoluzione è più rapida. Nell’anziano l’evoluzione è correlata alla presenza di altre malattia concomitanti. Nel caso della demenza vascolare la progressione avviene “a gradini”: a rapidi peggioramenti dell’autonomia si alternano fasi di relativa stabilizzazione delle condizioni generali. Inoltre, il malato può conservare anche nelle fasi avanzate della malattia alcune capacità cognitive, cosa che non avviene nella malattia di Alzheimer e nelle altre forme di malattie neurodegenerative. Le persone con demenza raramente decedono per conseguenza diretta della malattia. Talvolta la demenza complica e aggrava il decorso di altre malattie. 3 Demenze primarie e degenerative • Malattia di Alzheimer • Parkinson – demenza • Demenza a corpi di Lewy • Demenze frontotemporali • Paralisi sopranucleare progressiva • Degenerazione corticobasale • Malattia di Huntington • Atrofia multisistemica Demenze secondarie a malattie cerebrali • Ischemie o emorragie cerebrali • Tumori cerebrali • Traumi cranici • Idrocefalo normoteso • Vasculiti Demenze secondarie a malattie extra-cerebrali • Malattie tiroidee o altre alterazioni endocrine • Pneumopatie ostruttive • Sostanze tossiche (alcol, stupefacenti, farmaci) • Deficit vitaminici (in particolare vitamina B12) • Malattie paraneoplastiche • Malattie renali ed epatiche • Malattie psichiatriche (es. depressione) 4 Casa di Cura San Francesco I numeri delle demenzeCosa sono le demenze. 5 I primi segni della demenza Il normale invecchiamento cerebrale provoca modificazioni delle attività cognitive senza alterare le capacità di svolgere una normale vita di relazione. Le difficoltà di memoria sono tra le manifestazioni più evidenti e precoci dell’invecchiamento cerebrale. Non è facile distinguere se un disturbo di memoria è una normale “dimenticanza” oppure rappresenta l’esordio di una malattia. Se il deficit di memoria è sporadico, non associato ad altri sintomi cognitivi quali orientamento, linguaggio, ragionamento, dovrebbe essere considerato come una semplice “dimenticanza”. In ogni caso, di fronte alla comparsa di un disturbo di memoria in una persona anziana, è meglio rivolgersi al proprio medico di famiglia. Inizialmente la sintomatologia correlata alla demenza può essere così lieve da passare inosservata. È solo con il progredire della malattia che la sindrome diventa evidente. I più comuni sintomi premonitori delle demenze sono: 1. Perdita di memoria: dimenticanza di nomi di persone ben conosciute, di eventi appena vissuti, di impegni; la persistenza e ripetitività devono indurre ad approfondire le cause. 2. Disorientamento spazio/tempo: perdere la strada di casa, non sapere dove ci si trova; dimenticare la data è invece evento comune. 3. Problemi di linguaggio: ridurre il numero delle parole che si usano semplificando il linguaggio, avere difficoltà a denominare gli oggetti, difficoltà nel capire ciò che gli altri dicono o chiedono. 4. Diminuzione delle capacità di giudizio: difficoltà ad affrontare problemi nuovi o a risolvere compiti. 5. Difficoltà nel pensiero astratto: difficoltà a fare calcoli o a esprimere un concetto complesso. 6. Difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane: errori nell’esecuzione di compiti usuali, utilizzo di elettrodomestici, svolgimento dihobby, assunzione di medicine. 7. Riduzione di interesse verso le occupazioni quotidiane: apatia, trascuratezza nella cura per la persona e per la casa; poca voglia di vedere familiari o amici. 6 Casa di Cura San Francesco 8. Cambiamenti di umore: modificazioni repentine dell’umore con il passaggio dalla tristezza all’euforia senza ragioni. 9. Modificazione del carattere: da interessata a vivace diviene apatica e disinteressata, da tranquilla e disponibile diviene irritabile e taciturna, da attenta all’aspetto e alla cura del corpo diviene trascurata. 10. Modificazioni del comportamento: la persona può divenire sospettosa, ossessionata da paure, può vedere cose inesistenti; può comparire irritabilità, comportamenti socialmente inopportuni. Il riconoscimento precoce di un’iniziale demenza offre maggior possibilità di inquadrarne la causa e di intervenire tempestivamente per un trattamento. 7 La malattia di Alzheimer Nel 1907, il dottor Alois Alzheimer e il dottor Gaetano Perusini ( figura 1) descrissero per la prima volta il caso di una donna, Auguste, ricoverata a Monaco presso il Centro di igiene mentale per una sindrome in cui a disturbi di tipo psichiatrico si associava un quadro di demenza. Alla morte di Auguste l’autopsia evidenziò delle particolari alterazioni nel cervello, mai osservate in precedenza (i medici le definiscono “placche amiloidi” e “gomitoli neurofibrillari”. Figura 1. Gli scopritori della malattia di Alzheimer Alois Alzheimer Gaetano Perusini Perusini morì durante la Prima guerra mondiale a soli 36 anni dopo aver descritto, insieme ad Alzheimer, altri casi simili a quello di Auguste; da allora, una malattia senza nome, ovvero inserita in generale nel novero delle demenze, cominciò a essere chiamata dapprima malattia di Alzheimer e Perusini, in seguito, più semplicemente, malattia di Alzheimer. 8 Casa di Cura San Francesco Caratteristiche della malattia di Alzheimer L’esordio e lo sviluppo della malattia di Alzheimer La malattia di Alzheimer si sviluppa a partire da una minima compromissione della cognitività che di solito si manifesta come una lieve perdita di memoria per gli eventi recenti: la memoria per gli eventi del passato, invece, resta sostanzialmente inalterata. In pratica, il paziente comincia a dimenticare gli ultimi episodi accaduti: non ricorda dove ha riposto gli oggetti, cosa ha mangiato, l’ultima strada percorsa. Il disturbo della memoria tende ad aggravarsi progressivamente e, nel giro di qualche mese-un anno, può portare a confusione e disorientamento sul tempo (in termini di durata, progressione, variazione), sulle persone e sui luoghi. A causa di ciò, la persona affetta da malattia di Alzheimer diviene estremamente insicura, all’inizio nei compiti più complicati e in seguito anche in quelli più semplici e comuni; inizia pertanto a rendersi necessaria una supervisione da parte dei familiari. Le cause della malattia di Alzheimer Alla base del processo che porta alla demenza vi è il progressivo deterioramento della corteccia cerebrale (o sostanza grigia); questa è la sede degli aspetti più caratteristici della persona umana e ne permette la piena manifestazione nelle relazioni con se stessi e gli altri. Pertanto il suo danneggiamento andrà a compromettere tutte quelle attività superiori, “intelligenti” che diversificano l’essere umano dalle altre forme di vita. Nonostante la vera causa della malattia non sia ancora nota, negli ultimi anni si sono fatti notevoli progressi conoscitivi: alla base vi sarebbe un disturbo a carico di alcuni neuroni, le cellule principali del sistema nervoso, i quali perdono la capacità di smaltire sostanze derivate dal loro metabolismo. Queste ultime, pertanto, si accumulano nel neurone e svolgono un’azione tossica. Questi accumuli sono proprio le placche amiloidi e i gomitoli neurofibrillari osservati per la prima volta da Alois Alzheimer e Gaetano Perusini all’autopsia della signora Auguste. 9 Sintomi premonitori della malattia di Alzheimer La Federazione Alzheimer Italia ha stilato un elenco di 10 sintomi premonitori la cui presenza deve indirizzare il paziente o il familiare a parlare con il proprio medico con estrema franchezza del problema. Il medico valuterà che i sintomi abbiano un certo rilievo clinico; per esempio, la perdita della memoria deve essere persistente e portare a difficoltà nello svolgimento di compiti quotidiani o del proprio lavoro. Il medico, eventualmente con l’ausilio di una visita specialistica, saprà discriminare se la sintomatologia è attribuibile alle fasi iniziali di una demenza oppure se è correlata ad altre problematiche di natura psichica (ansia, depressione, in modo particolare). Un importante indicatore della malattia di Alzheimer in fase iniziale è la scarsa consapevolezza di malattia espressa dal paziente, aspetto che emerge palesemente nel corso della visita medica. Pertanto, se ci si accorge che un familiare di età avanzata presenta sintomi simili a quelli elencati nella tabella è opportuno attivarsi, vincendo anche le resistenze del soggetto, affinché venga eseguita una valutazione medica adeguata e approfondita. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 10 Perdita della memoria Difficoltà nelle attività della vita quotidiana Problemi di linguaggio Disorientamento nel tempo e nello spazio Diminuzione nella capacità di giudizio Difficoltà nel pensiero astratto La cosa giusta al posto sbagliato Cambiamenti di umore e del comportamento Mancanza di iniziativa Difficoltà a pianificare tempi e modi di azioni complesse Casa di Cura San Francesco Gli stadi della malattia di Alzheimer Si considerano classicamente tre fasi o stadi di malattia, lieve, moderata e severa, basandosi sui risultati del test cognitivo MMSE. Questo test è basato su semplici domande strutturate e sulla richiesta di eseguire degli ordini, scrivere una frase e fare un disegno; il punteggio ottenibile al test varia da 0 a 30. Un punteggio compreso tra 24 e 30 indica un livello di cognitività normale. La malattia di Alzheimer è lieve per punteggi compresi tra 18 e 24, moderata per punteggi che vanno da 10 fino a 18 e severa per punteggi minori di 10. Si possono identificare diversi livelli di gravità della malattia di Alzheimer. Lieve Deficit di memoria Agganciare la cornetta Spegnere la luce Chiudere il rubinetto MODERATA Il paziente viene aiutato a camminare, mangiare, vestirsi, lavarsi. SEVERA Paziente allettato I pazienti in cui il MMSE è compreso tra 23 e 26 sono candidati a una diagnosi di MCI (Mild Cognitive Impairment - lieve deficit cognitivo). In questi casi il deficit cognitivo interessa esclusivamente la memoria e il paziente è pur sempre autonomo. Il MCI non può essere considerato come demenza, ma potrebbe evolvere in malattia di Alzheimer (secondo recenti studi la tendenza a evolvere riguarda circa il 60% dei pazienti affetti da MCI) oppure restare isolato come deficit di memoria. 11 Fase lieve Caratterizza la malattia all’esordio; si riscontrano fasi di normalità o comunque condizioni in cui i deficit cognitivi non riducono le autonomie del paziente. I problemi di memoria per gli eventi recenti iniziano a compromettere le attività e il paziente deve ricorrere ad accorgimenti pratici (per es., utilizzare dei promemoria per ricordare avvenimenti, appuntamenti ecc.) per supportare il deficit. I pazienti, in genere, non hanno particolari problemi motori, sono ancora parzialmente autonomi ma necessitano già delle supervisioni altrui. In questa fase è indicato iniziare la terapia con i farmaci specifici per la malattia di Alzheimer in quanto questi farmaci rallentano l’evoluzione della malattia. Fase moderata In questo stadio di malattia i pazienti iniziano ad avere seri problemi di autonomia (hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24); necessitano di aiuti per vestirsi, nutrirsi e provvedere all’igiene personale; possono iniziare ad essere rallentati dal punto di vista motorio e ad avere con maggiore frequenza disturbi comportamentali (agitazione, depressione, allucinazioni, deliri ecc.). I disturbi cognitivi, molto invalidanti, determinano problemi anche nel comprendere il linguaggio e nell’attuare ciò che viene ideato o che viene richiesto. Fase severa È lo stadio avanzato della malattia. Si passa gradualmente dalle perdite di tutte le autonomie all’incapacità di esprimersi e di comprendere; con l’aggravamento progressivo si determina l’incapacità di camminare e si rende necessario l’allettamento. La nutrizione diventa problematica per la comparsa di disfagia (incapacità a deglutire). È lo stadio in cui, se non subentrano altre complicanze o la morte per altre patologie, il paziente rimane confinato a letto, in posizione fetale, incapace di deglutire e di parlare fino al decesso. 12 Casa di Cura San Francesco I disturbi del comportamento Quasi tutti i pazienti con l’aggravarsi della malattia sviluppano disturbi del comportamento che si possono sommariamente distinguere in sindromi da iperattività e da ipoattività. Le sindromi da iperattività rendono il paziente più pericoloso verso se stesso e verso gli altri; si manifestano con agitazione psicomotoria, aggressività, vagabondaggio e allucinazioni, quasi sempre di tipo visivo. In alternativa il paziente può sviluppare caratteristiche comportamentali caratterizzate da ipoattività con chiusura in se stesso, perdita degli interessi, apatia e sindromi che ricordano la depressione. Iperattività Ipoattività • Agitazione psichica e motoria • Chiusura in se stessi • Aggressività • Perdita di interesse • Vagabondaggio • Apatia • Allucinazioni visive • Calo del tono dell’umore Sindromi da iperattività L’agitazione è uno dei disturbi comportamentali più comuni in corso di malattia di Alzheimer. Si può manifestare sotto forme diverse: aggressività fisica o verbale, irrequietezza, vocalizzazioni ecc,. Solitamente l’aggressività è rivolta verso la persona più vicina, cioè il caregiver. Si deve cercare di non reagire d’istinto all’episodio di aggressività, partendo dal presupposto che non è un evento volontario ma è causato dalla malattia; si consiglia di ricorrere a toni dolci e tranquillizzanti nei confronti del malato. Nei casi in cui vi sia indicazione, lo specialista può prescrivere dei farmaci specifici per il controllo dell’aggressività; anche la musicoterapia e le terapie comportamentali si sono dimostrate utili. 13 Il vagabondaggio è un disturbo del comportamento relativamente frequente nella malattia di Alzheimer; il paziente cammina ininterrottamente, in modo compulsivo e, poiché la malattia comporta anche una perdita dell’orientamento, il pericolo che si smarrisca in nuovi percorsi è estremamente elevato. Nelle RSA sono spesso presenti ambienti progettati in modo idoneo, in cui il malato, con la presenza di una supervisione, può vagare senza rischi. Le allucinazioni sono sensazioni uditive o visive di realtà inesistenti. Nel malato con demenza sono più frequenti quelle di tipo visivo e possono associarsi a aggressività. Il delirio è la percezione erronea della realtà alla quale la persona aderisce in modo irremovibile; può essere di persecuzione, di grandezza , di gelosia. L’interazione col malato è importante e in particolare occorre fare attenzione a non contraddirlo in maniera violenta e ad attuare invece un atteggiamento rassicurante e di ragionamento. Sindromi da ipoattività La depressione è un sintomo molto frequente. Tra i motivi per cui un malato possa avere umore depresso vi è il rendersi conto delle proprie difficoltà nello svolgimento di compiti che prima erano facili, oppure il percepire la perdita di autonomia. L’atteggiamento da tenere con il malato è quello comprensivo e disponibile ad ascoltare; è importante incoraggiare la partecipazione ad attività che lo possano coinvolgere. La depressione può essere controllata con i farmaci antidepressivi; anche la musicoterapia può essere un buon alleato. L’apatia è l’indifferenza verso il mondo circostante. È caratterizzato dalla progressiva perdita degli interessi ed è fortemente connessa alla depressione. Può manifestarsi anche come rifiuto a parlare e a interagire con gli altri. È difficile stimolare una persona apatica e a questo proposito possono essere utili ambienti coinvolgenti e favorenti una certa attività secondo le abilità del paziente. 14 Casa di Cura San Francesco Le altre demenze Demenza vascolare Rappresenta circa il 15% di tutte le forme di demenza. Le cause possono essere diverse: un infarto cerebrale, più raramente un infarcimento emorragico di aree del cervello. I disturbi delle demenze vascolari sono variabili in relazione alla sede e all’estensione delle lesioni. Si possono avere singoli infarti in aree strategiche per lo svolgimento delle attività cognitive, infarti multipli in molte zone del cervello oppure un ridotto afflusso di sangue a tutto il tessuto cerebrale. Il decorso ha andamento progressivo “a gradini” poiché i singoli peggioramenti sono dovuti a nuovi eventi ischemici. I sintomi cognitivi che si possono manifestare sono: 1.Amnesia: compromissione perlopiù della memoria recente e dell’acquisizione di nuove informazioni. 2.Anomie: incapacità a denominare gli oggetti. 3.Afasia: disturbo del linguaggio 4.Aprassia: incapacità a compiere e ripetere movimenti su comando 5.Agnosia: difficoltà al riconoscimento di stimoli visivi e tattili. A questi si possono variamente associare: • Disturbi della marcia: cammino a piccoli passi, rallentamento motorio, instabilità posturale, deficit di forza di un arto. • Disturbi della continenza. • Bradifrenia: rallentamento psicomotorio nelle performance cognitive, nella parola e nel movimento. • Labilità emotiva: disturbo depressivo resistente alla terapia farmacologica. 15 Demenza a corpi di Lewy Dopo la malattia di Alzheimer è la forma di demenza degenerativa più frequente. Caratteristiche peculiari sono: la fluttuazione delle funzioni cognitive, deficit di attenzione ed esecuzione-programmazione di compiti, mentre la memoria può inizialmente essere preservata. Fin dalle fasi iniziali sono presenti allucinazioni visive, disturbi del sonno. Le funzioni motorie sono compromesse in modo caratteristico, con marcia di tipo parkinsoniano, frequenti cadute e sincopi. La demenza a corpi di Lewy fa parte del gruppo di demenze degenerative sottocorticali, caratterizzate appunto da disturbi motori simili al morbo di Parkinson. Demenza frontotemporale – Malattia di Pick Ha generalmente inizio tra i 45 e i 65 anni, con una durata media di 6 – 8 anni. Rappresenta il 2 – 9% di tutte le forme di demenza. Anche questa forma è causata dal deposito di proteine patologiche nelle cellule cerebrali. Tali aree sono deputate al controllo del comportamento; questo tipo di demenza si caratterizza per cambiamenti di personalità: l’individuo può diventare sgarbato, irascibile e arrogante, o viceversa, avere mancanza di iniziativa. Tra gli aspetti cognitivi prevalgono i disturbi di linguaggio. 16 Casa di Cura San Francesco Le terapie L’importanza di rivolgersi quanto prima a un centro U.V.A. (Unità Valutazione Alzheimer) nasce dal fatto che i farmaci indicati nella malattia di Alzheimer a oggi disponibili hanno dimostrato un’efficacia maggiore se assunti precocemente; la loro somministrazione già all’esordio della malattia è in grado di rallentare l’aggravamento dei sintomi. (Figura 2) Declino del punteggio MMSE Evoluzione della AD non trattata con i farmaci stadio iniziale lieve moderata grave stadio iniziale compromissione delle ADL disturbi comportamentali Istituzionalizzazione 0 3 ANNI 6 sintomi cognitivi Declino del punteggio MMSE Evoluzione della AD trattata con i farmaci sintomi cognitivi 9 lieve moderata grave Inizio della terapia con farmaci per la AD compromissione delle ADL disturbi comportamentali 0 3 ANNI 6 9 Figura 2 I farmaci nella AD • vanno usati nelle fasi iniziali della malattia • riducono la velocità di progressione nel tempo dei sintomi • non bloccano l’evoluzione peggiorativa della malattia Tuttavia, è necessario considerare che i farmaci controllano solo i sintomi e non sono in grado di bloccare l’aggravamento progressivo della malattia che, inesorabilmente, progredirà nel tempo. Oltre ai farmaci specifici per la malattia di Alzheimer, si possono rendere necessarie cure mediche specifiche e mirate per altri tipi di problemi che caratterizzano la malattia, soprattutto nelle fasi avanzate (per es., i disturbi del comportamento, la depressione, l’ansia). La malattia di Alzheimer è una forma irreversibile di demenza e, al momento, non vi sono farmaci in grado di guarirla; da alcuni anni, però, sono disponibili 17 terapie specifiche che ne permettono un controllo soddisfacente. La terapia di base nella fase iniziale si fonda sull’uso di una classe di farmaci (“inibitori dell’acetilcolinesterasi” è il loro nome farmacologico) in grado di favorire l’attività dei centri nervosi che regolano i processi della memoria recente. I nomi dei principi attivi sono donepezil, rivastigmina e galantamina. Sulla base dei criteri clinici e terapeutici specifici per il singolo caso, lo specialista in demenze operante presso il centro U.V.A. stabilirà con quale farmaco iniziare la terapia. Terapie farmacologiche dei sintomi correlati alla demenza Alcuni sintomi che frequentemente si accompagnano alla demenza, i disturbi del comportamento e i quadri depressivi in primis, possono essere trattati con farmaci specifici, rispettivamente i neurolettici e gli antidepressivi. Essendo i quadri clinici differenti da paziente a paziente, il medico, sulla base della propria esperienza clinica, individuerà il farmaco o la combinazione di farmaci dai quali attendersi la miglior risposta. Gli ambiti in cui è maggiormente richiesto un ausilio farmacologico sono il controllo degli episodi acuti di agitazione psicomotoria, degli episodi allucinatori e deliranti, dell’insonnia, dell’irrequietezza, dell’ansia e della depressione. Questi farmaci, pur non esercitando alcuna azione e sulla malattia di Alzheimer o sulla sua progressione, contribuiscono al miglioramento della qualità di vita del paziente e delle persone che lo circondano. 18 Casa di Cura San Francesco Terapie non farmacologiche riabilitative Parallelamente allo sviluppo di terapie farmacologiche per le demenze, sono state sviluppate e migliorate nel tempo alcune procedure non farmacologiche applicabili nelle fasi iniziali della malattia, volte alla riattivazione cognitiva e al controllo e gestione di anomalie comportamentali. La terapia farmacologica, infatti, pur essendo necessaria, può determinare effetti collaterali che in alcuni casi appesantiscono una condizione fisica generale già difficile o compromessa da altre patologie organiche. Le terapie non farmacologiche aiutano a ridurre il ricorso continuo a crescenti sedazioni e contestualmente stimolano le abilità affettive e cognitive residue che rappresentano i pilastri che sostengono il controllo dei comportamenti patologici tipici degli stati di demenza senile. Le terapie di riattivazione cognitiva hanno l’obbiettivo di mantenere il paziente il più possibile in contatto con la realtà potenziando le funzioni cognitive residue, quindi favorendo il mantenimento dell’autonomia. Richiedono l’intervento di personale specializzato presso i centri in cui vengono erogate e la cooperazione del caregiver e dei familiari quando il paziente è al domicilio. Tra le tecniche più utili vanno ricordate la riabilitazione della memoria e la terapie di orientamento della realtà. Riabilitazione della memoria La riabilitazione della memoria si può ottenere con metodologie diverse; le più comuni sono le mnemotecniche, il memory training e la terapia di reminiscenza. • Mnemotecniche: al soggetto vengono insegnate le tecniche utili per ordinare mentalmente le cose da ricordare. • Memory training: induce il soggetto ad associare spontaneamnete la cosa da ricordare a persone, animali, episodi e momenti di vita vissuta. • Terapia di reminiscenza: si basa sul ruolo positivo che il ricordo di esperienze passate ha sull’autostima, sul mantenimento dell’identità personale e sul tono dell’umore nell’anziano. 19 Terapia di orientamento della realtà Chiamata dagli esperti ROT (Reality Orientation Therapy) si basa sull’ipotesi che la stimolazione visiva, uditiva, fisica e altre ancora, attivino, migliorandola, la funzione cerebrale compromessa dalla malattia. Si articola in sedute periodiche cui partecipano gruppi di 4 – 5 pazienti durante le quali vengono proposte stimolazioni sensoriali e fisiche; a questa fase deve seguire una stimolazione continua del paziente durante l’intero arco della giornata a opera del caregiver e dei familiari. Nelle fasi più avanzate, quando i disturbi del comportamento prendono il sopravvento sul disturbo cognitivo, vi sono altri tipi di intervento, essenzialmente psico-sociali, con i quali si pone l’attenzione sullo stato psichico del paziente e sull’ambiente in cui è inserito. In particolare vengono curati l’ambiente in cui il paziente vive, vengono addestrate le persone che si prendono cura del malato, e si pianificano le attività quotidiane. Altre terapie non farmacologiche Per ridurre le anomalie comportamentali quali agitazione, aggressività, ansia, depressione, sono indicate, parallelamente ad un ambiente protesico e ad una corretta comunicazione, terapie non farmacologiche quali la terapia della bambola e la musicoterapia. Terapia della Bambola La terapia che adotta l’uso delle bambole, chiamata anche “Doll Therapy” o “Empathy Doll” ha origine con il contributo della terapeuta Britt-Marie Egedius-Jakobsson in Svezia. È una strategia terapeutica utile a migliorare il benessere e la qualità di vita in pazienti affetti da demenza in situazioni di difficoltà: facilita il rilassamento e diminuisce gli stati di agitazione. L’impiego di questa terapia aiuta gli operatori nei loro compiti assistenziali e risulta molto utile anche per i familiari che seguono i loro cari a domicilio, poiché la terapia è applicabile sia in ambito residenziale che domiciliare. “Il ricorso ad una bambola, in persone in cui le capacità di memoria, logiche e verbali si sono ridotte e che a causa di una patologia non riescono più ad intrattenere relazioni stabili ed equilibrate, consente di attivare delle modalità di relazione pre-verbali e non verbali che permettono di canalizzare le 20 Casa di Cura San Francesco energie mentali su un’attività che riveste al contempo un ruolo di distrazione ed uno, ancora più importante, di stimolo rappresentando un contesto per manifestare emozioni e pensieri che altrimenti tenderebbero ad affollare in modo confuso il mondo interno del paziente. La Doll Therapy, perciò, riesce a dirigere l’attenzione di una persona affetta da demenza o da patologie con compromissioni simili verso un compito semplice, come quello di accudimento di una bambola, evitando la congestione del pensiero dovuta alla concentrazione su idee e stati affettivi che, non avendo un filo di unione, generano stati di confusione e di disagio che vengono manifestati spesso con disordini del comportamento.”(Cilesi, 2012) Musicoterapia Nel 2001 l’America Accademy of Neurology ha indicato la musicoterapia come una tecnica per migliorare le attività funzionali e ridurre i disturbi del comportamento nel malato di Alzheimer. Ciò è possibile perché la musica sembra rivelarsi una via di accesso privilegiata per contattare il cuore dei malati, nonostante il deterioramento cognitivo dovuto alla malattia. Gli approcci musicoterapici sono volti ad integrare funzioni cognitive, affettive, fisiche ed interpersonali, utilizzando tecniche attive e ricettive. Durante le sedute i pazienti cantano canzoni popolari, ascoltano musica dal vivo e/o registrata, danzano liberamente o vengono coinvolti in danze popolari molto semplici, accompagnano con strumenti a percussione brani musicali o canzoni. Durante le sedute il paziente non deve mai sentirsi a disagio e non gli devono mai essere fatte delle richieste superiori alle sue capacità. L’intervento musicoterapico mira a raggiungere alcuni dei seguenti obiettivi: • socializzazione; • modificazione dello stato umorale della persona e contenimento di manifestazioni d’ira e di stati di agitazione; • contenimento dell’aggressività, del Wandering (vagabondaggio afinalistico) e degli stati ansiosi-depressivi; • accrescimento dell’autostima e della considerazione di se stessi; 21 • riattivazione della memoria musicale ed emozionale: recuperare il presente attraverso la rivisitazione e la riappropriazione dei ricordi; • indurre un comportamento musicale attivo (cantare o suonare uno strumento) per favorire il mantenimento delle abilità motorie, anche attraverso movimenti semplici del corpo; L’importanza di introdurre la musicoterapia nella riabilitazione dell’Alzheimer è supportata da una serie di studi scientifici che hanno valutato attentamente le condizioni degli anziani durante e dopo ogni seduta: in generale si osserva che si riducono i sintomi più invalidanti della malattia e, pur sottolineando che i canti e le improvvisazioni strumentali non hanno alcuna pretesa di guarire, è palese che la partecipazione regolare alle sedute, soprattutto per pazienti ancora autosufficienti, aiuta a rallentare i processi degenerativi e migliora le condizioni generali, specie se il malato vive in istituto. Il musicoterapeuta, interpretando canzoni e melodie del passato, restituisce al paziente fatti, episodi e circostanze altrimenti sommersi dalla malattia e perdute per sempre. Il paziente si scopre ancora capace di cantare e di provare piacere nel condividere un’esperienza di gruppo. Il canto, infine richiede uno sforzo di concentrazione, di attenzione, di espressione, di memoria; la pratica canora distrae da una situazione aggressiva, permette un controllo della respirazione e quindi il rilassamento. Le sedute I musicoterapeuti sono concordi nel sostenere che è necessario stabilire una scansione spazio-temporale degli incontri, poiché la maggior parte dei malati perde precocemente questi due parametri di riferimento. Ecco, allora, che le sedute devono svolgersi sempre nello stesso spazio, alla stessa ora, e con stessi operatori. Anche i contenuti degli incontri devono avere una successione temporale definita e ripetitiva affinché i pazienti trovino stabilità e regolarità. Le proposte così si succedono gradualmente: l’approccio iniziale è forse la fase più delicata poiché deve attirare ed incuriosire con discrezione i malati per invitarli a partecipare alle sedute; segue una fase centrale caratterizzata da maggior coinvolgimento, quindi la chiusura e il saluto finale. 22 Casa di Cura San Francesco Suggerimenti per la vita quotidiana La demenza, come già sottolineato, è una malattia ad andamento progressivo; pertanto anche le capacità organizzative, le abilità, la comprensione e l’autonomia vengono perdute in maniera progressiva, rendendo sempre più impegnativo, mano a mano che passa il tempo, il bisogno assistenziale. Questa premessa è fondamentale per affrontare il tema della gestione delle funzioni di base in quanto indica che gli interventi andranno modulati in relazione alle capacità che il paziente, in quel determinato stadio della malattia, ha conservato; è implicito che gli stadi più gravi richiederanno un livello assistenziale maggiore. Inoltre, per le donne andranno previsti progetti di assistenza differenti da quelli degli uomini. Alimentazione e demenza Nel paziente demente, intervengono una serie di fattori a compromettere la sua capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto. In primo luogo i disturbi della memoria: può non ricordare di dover mangiare o di avere già mangiato; la difficoltà nell’eseguire gesti abituali può provocare un concreto disagio nel preparare e cucinare i cibi e anche nel nutrirsi: la persona ammalata non sa più utilizzare le posate. Ha difficoltà nel riconoscere i cibi e persino nell’individuarne la commestibilità. Possono subentrarne alterazioni del gusto e dell’olfatto e la compromissione del centro della fame e della sazietà. Il bisogno di assistenza aumenta man mano che si aggrava la perdita anche di autonomia alimentare. Il paziente con malattia di Alzheimer può assumere due diversi atteggiamenti nei confronti del cibo: • mangiare molto più del necessario • alimentarsi in modo insufficiente Nel primo caso mangia troppo, con avidità e a volte ingurgita cibo tagliato o cotto in modo incompleto rischiando anche di soffocare. La conseguenza più frequente è un aumento eccessivo di peso fino all’obesità. Può essere utile allora: • ricorrere a spuntini non troppo calorici 23 • limitare le porzioni • non tenere cibi in vista Nel secondo caso la persona non si alimenta a sufficienza, con evidente rapido dimagrimento e/o stato di malnutrizione. Può essere utile: • controllare sempre la quantità di cibo che ha effettivamente consumato • introdurre cibi con molte calorie (formaggio grana, burro, olio, miele, ecc.). L’alimentazione è una parte importante della vita di una persona che soffre di malattia di Alzheimer. È buona norma seguire una dieta equilibrata che contenga carboidrati, proteine, grassi, vitamine, Sali minerali e fibre per soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali; è fondamentale assumere una corretta quantità di liquidi. Una guida alla corretta scelta degli alimenti è rappresentata dalla piramide alimentare, simbolo di sana ed equilibrata alimentazione. Gruppo 6 Gruppo 4 Gruppo 5 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 1 Gruppo 6 Grassi: olio di oliva e di semi , burro, lardo, pancetta, margarina, strutto Dolci: zucchero, miele, torte, caramelle, marmellata Gruppo 5 Carne: ovina, suina, bovina, frattaglie, selvaggina Pesce: di mare, di lago, molluschi, crostacei Salumi Uova Legumi Gruppo 4 Latte e derivati Gruppo 3 Frutta Gruppo 2 Verdura Gruppo 1 Cereali: riso, orzo, grano, mais, frumento, segale Patate e derivati: pane, pasta, grissini, fecola di patate, polenta 24 Casa di Cura San Francesco Il primo gruppo comprende gli alimenti che sono alla base della dieta e che non devono mai mancare nell’apporto giornaliero di una persona con malattia di Alzheimer. Salendo verso il vertice della piramide, occorre gradualmente limitare l’assunzione degli alimenti compresi nei gruppi successivi. I grassi di condimento e i dolci presenti al vertice devono sicuramente essere ridotti nelle quantità. È importante ricordare che nessun alimento da solo è in grado di soddisfare tutte le esigenze nutrizionali. Le persone con malattia di Alzheimer e gli anziani in genere rischiano di andare incontro a fenomeni di disidratazione perché con il passare degli anni la sensazione della sete tende a diminuire. Si consiglia di far bere almeno un litro e mezzo di liquidi al giorno. Con il progredire della malattia, la persona affetta da malattia di Alzheimer può manifestare anche difficoltà nella masticazione e nella deglutizione (disfagia). Diventa pertanto necessario modificare gradualmente la consistenza dei cibi. Gli alimenti di consistenza sciropposa o cremosa sono utili per stimolare la deglutizione mentre sono facilmente reperibili in commercio preparati che ne migliorano la consistenza e la viscosità e acqua di consistenza gelatinosa per favorire l’idratazione. Per mantenere a lungo una relativa qualità di vita, la persona con malattia di Alzheimer deve poter usare per quanto più tempo possibile le proprie capacità fisiche e mentali e sentirsi indipendente. Per favorire il mantenimento di una corretta alimentazione è raccomandabile: • cha alla persona ammalata sia reso piacevole il momento del pasto • che siano rispettati nel limite del possibile i suoi gusti alimentari • che siano possibilmente conservate le sue abitudini d’orario e di ambiente • che le si presenti un cibo alla volta • che si conceda alla persona ammalata tutto il tempo necessario per mangiare. 25 La comunicazione col paziente Comunicare col malato è di fondamentale importanza, ma le capacità di comprensione ed espressione sono compromesse a causa della malattia e occorre quindi adeguarsi, per quanto possibile, ai deficit del malato. Durante il colloquio è opportuno ridurre il più possibile i fattori di distrazione (rumori esterni, televisione o radio ad alto volume ecc.) in modo da focalizzare l’attenzione sulla conversazione. È necessario parlare in modo chiaro e comprensibile rivolgendosi al malato in prima persona, chiamandolo per nome; nel corso della conversazione è bene assicurarsi di avere la sua attenzione. Se il paziente ha delle difficoltà, è positivo aiutarlo nell’espressione dei concetti (intuendo le sue esigenze) e stimolarlo a esprimersi (suggerendo qualche termine per lui complesso). In presenza di altre persone bisognerà evitare un colloquio dal quale il paziente si possa sentire escluso. Le visite di amici e conoscenti sono importanti (anche se a volte il paziente non ricorda chi siano) perché anche il solo contatto umano può avere dei benefici sul malato. Lavarsi I problemi relativi all’igiene personale si possono classificare in tre livelli: 1. Il paziente non ne sente alcuna esigenza. 2. Il paziente non è in grado di provvedere a queste esigenze. 3. Il paziente vive il disagio di essere aiutato, a maggior ragione se da un estraneo. In ognuno di questi casi andranno adottate delle tecniche sia di comportamento sia pratiche per facilitare l’esecuzione di questo impegnativo compito assistenziale. 26 Casa di Cura San Francesco Sul piano comportamentale, innanzitutto, si dovrà essere convincenti per ottenere la collaborazione del paziente; inoltre, la decisione e la gentilezza (spiegando e giustificando quello che si sta facendo) aiutano a essere assecondati. Poiché l’igiene personale sarà un impegno costante, si dovrà cercare di far diventare questa attività un’abitudine. Sul piano pratico è buona norma procedere al bagno o alla doccia scegliendo i momenti della giornata in cui il paziente è più tranquillo e trattabile; inoltre se questa attività viene pianificata in anticipo, la si rende più semplice sia per il caregiver sia per l’assistito. Il bagno sarà attrezzato in modo da ridurre al minimo il rischio di incidenti, con l’installazione di maniglie e appoggi nella doccia o nella vasca e con l’adozione di tappetini antisdrucciolo. È bene ricordare che il malato non va mai lasciato da solo. Vestirsi I problemi in questa occupazione riguardano la scelta dell’abbigliamento, le difficoltà nell’indossare e togliere i vestiti, il maneggiare cerniere e bottoni. Un primo aiuto, quando iniziano a presentarsi difficoltà, lo si può dare sia nella scelta generale dell’abbigliamento (vestiti comodi, facili da indossare, preferibilmente senza cerniere e bottoni, con chiusure a velcro o elastici) sia nella scelta dei vestiti da indossare quotidianamente, disponendo i capi nell’ordine in cui saranno indossati (limitare le scelte possibili del vestiario per non disorientare il paziente). Durante la vestizione (ma anche quando il malato si deve spogliare) l’incoraggiamento a vestirsi da solo, senza fretta, con tutto il tempo necessario, aiuta il malato nell’esecuzione dell’attività quotidiana. Dormire Il sonno è spesso disturbato nei pazienti con malattia di Alzheimer; talvolta è difficoltoso l’addormentarsi, altre volte il risveglio mattutino avviene troppo presto, altre volte ancora il sonno notturno è continuamente interrotto 27 da risvegli. Il perdurare di tali disturbi, a lungo andare, può portare a un’inversione del ritmo sonno-veglia. Per contribuire al mantenimento di un regolare ritmo sonno-veglia, è necessario pianificare delle attività o stabilire dei comportamenti già durante la giornata e prevedere delle condizioni di base atte a favorire il sonno o a limitare i problemi. Durante il giorno andrà incoraggiato l’esercizio fisico che stimola la propensione al sonno; andranno limitati, invece i cosiddetti “pisolini” diurni. Andrà evitata l’assunzione di bevande contenenti caffeina (caffè, tè, bevande a base di cola). Al momento di coricarsi bisognerà ricorrere a toni pacifici e tranquillizzanti per incoraggiare il paziente ad andare a dormire; farlo coricare sempre alla stessa ora, rendendo anche il sonno un’abitudine routinaria. Gli elementi strutturali cui far riferimento per facilitare il sonno sono la silenziosità della camera da letto, una temperatura né troppo fredda né troppo calda e una rassicurante luce soffusa. Se il malato necessita di alzarsi di notte (per es. per andare il bagno), usare luce notturna nei corridoi e nel bagno; in presenza di agitazione notturna può essere necessario dotare il letto di protezioni (per es. sponde) che impediscano le cadute. Incontinenza urinaria Con la progressione della malattia, il paziente affetto da demenza può andare incontro a episodi saltuari o continuativi di incontinenza urinaria. L’incontinenza urinaria rappresenta un grave problema di tipo sanitario in quanto predispone alle infezioni delle vie urinarie. Alcuni accorgimenti con finalità preventiva o gestionali possono essere di aiuto per affrontare il problema. Per prevenire le perdite di urina, particolarmente di notte, bisognerà limitare l’assunzione di liquidi nel tardo pomeriggio o la sera. Durante il giorno il paziente andrà accompagnato in bagno con una certa regolarità. Alcuni segni lasciano intuire il bisogno di andare in bagno (per es., insofferenza, irrequietezza o gestualità compulsiva); identificarli e provare ad accompagnare il malato 28 Casa di Cura San Francesco in bagno può essere di grande aiuto nel prevenire gli episodi di incontinenza urinaria. Per facilitare le operazioni in bagno, provvedere affinché il malato indossi abiti facili da togliere; inoltre, è sempre utile avere a disposizione dei vestiti di ricambio. Nelle fasi avanzate di malattia con episodi frequenti e nei casi di incontinenza notturna può essere indicato l’uso del pannolone. Sicurezza in casa Il normale ambiente domestico può di per sé essere ricco di pericoli, basti pensare a cosa può succedere quando dei bambini piccoli si aggirano per casa senza essere sorvegliati. Le stesse condizioni si ripresentano anche quando ad aggirarsi per casa sono dei soggetti adulti colpiti da demenza. Dall’ambiente, per quanto possibile, saranno rimossi gli elementi potenzialmente dannosi per il paziente (per es., tappeti, mobili con spigoli, ecc.) e saranno invece inseriti quegli elementi in grado di rilassare il paziente facendo leva, magari, sui suoi ricordi affettivi (fotografie, possibilità di ascoltare musica, oggetti personali, ecc.) Porte e finestre Se il malato tende ad allontanarsi da casa è utile installare chiusure e serrature sicure sulle finestre e sulle porte che danno verso l’esterno. Per evitare che il malato possa rinchiudersi in un stanza, occorre rimuovere le chiavi da tutte le porte interne. Sostanze e oggetti pericolosi. Usare serrature di sicurezza per gli armadi della cucina e per tutti i mobili in cui siano riposti oggetti pericolosi (coltelli, oggetti appuntiti, arnesi da lavoro) o sostanze tossiche (detergenti, solventi, vernici, ecc.). conservare tutti i medicinali in un armadietto chiuso a chiave. Andranno nascosti gli oggetti di uso comune potenzialmente pericolosi (coltelli, accendini, fiammiferi, ecc.). per prevenire incendi accidentali è bene dotare di valvole di sicurezza i fornelli a gas; utile è pure l’installazione di rilevatori antincendio. Living Gli ambienti in cui il paziente trascorre abitualmente il suo tempo dovranno essere relativamente liberi da oggetti ingombranti; inoltre, per evitare cadute accidentali è bene togliere i tappeti e tutto ciò che può far scivolare. Assicurarsi, infine, che gli ambienti siano dotati di una buona illuminazione. 29 Guida degli autoveicoli I primi indizi a supporto sull’inabilità alla guida per un paziente affetto da malattia di Alzheimer sono il perdersi in posti familiari, una guida troppo veloce o troppo lenta, l’indifferenza alla segnaletica. Per ragioni prudenziali, inoltre, anche nel dubbio è preferibile la decisione di sospendere la guida. Se la proposta di sospendere la guida dell’auto dovesse indurre nel paziente reazioni indesiderate ed eccessive, può essere di aiuto il rivolgersi al medico che, in virtù dell’autorevolezza della sua figura, potrà convincere più facilmente il paziente. Il caregiver dovrà mostrare sensibilità e vicinanza verso il malato che viene privato della possibilità di guidare, ma dovrà anche essere fermo e convincente per far capire questa necessità. Per quanto riguarda gli aspetti pratici, può essere utile il rendere inaccessibili le chiavi dell’automobile o rendere inutilizzabile il veicolo (eventualmente con l’aiuto di un meccanico). Vacanze I periodi di riposo e le variazioni della solita routine quotidiana sono molto utili sia per i caregiver sia per i malati. Se il paziente dovesse presentare importanti disturbi del comportamento è necessario valutare attentamente i rischi collegati con lo spostamento. I problemi che possono nascere dal soggiornare in un altro ambiente sono legati alla difficoltà nell’orientamento spaziale; l’incapacità di memorizzare il luogo nuovo può far sviluppare episodi confusionali acuti. Se il luogo di villeggiatura, invece, è frequentato ormai da anni, questi rischi sono ridotti. Alcuni suggerimenti per il caregiver di un paziente in vacanza. Durante la vacanza in un ambiente nuovo il paziente è particolarmente a rischio di perdersi per strada e va quindi sempre accompagnato, anche per tragitti brevi. Affinché il paziente possa essere aiutato nel caso di un accidentale smarrimento, può essere utile munirlo di un braccialetto di riconoscimento per consentire di avvisare il caregiver. 30 Casa di Cura San Francesco I servizi per le persone affette da demenza Spesso chi si dedica intensamente al caregiving non ha nemmeno il tempo per capire e conoscere l’organizzazione che si articola attorno ai problemi di ogni giorno. Per cui a difficoltà si aggiungono difficoltà, a problemi problemi…. Di seguito cercheremo di far capire come i servizi sono organizzati, per facilitarne l’uso da parte di chi ne ha bisogno, rendendo cos’ più diffusa la possibilità di cure adeguate. Le UVA In Italia esiste una rete di servizi per la diagnosi organizzata attorno alle Unità di Valutazione Alzheimer (chiamate sinteticamente UVA). Si tratta di circa 500 centri diffusi in tutte le regioni, che accolgono la persona quando il medico di medicina generale ritiene che un certo disturbo cognitivo assume una gravità tale da far sospettare una demenza. Quindi chi assiste un ammalato non deve accontentarsi di risposte, come: “è vecchio, non c’è più nulla da fare, è l’arteriosclerosi galoppante…”. Queste non sono diagnosi. Nelle UVA l’anziano viene visitato in modo accurato e sottoposto a una serie di test neuropsicologici che permettono di definire quali funzioni cerebrali siano compromesse oltre alla memoria e se il medico lo riterrà opportuno richiederà accertamenti di neuroimaging quali la TAC o la RMN. Dopo queste indagini viene formulata una diagnosi. Se il paziente è affetto da malattia di Alzheimer, il medico prescriverà i farmaci scegliendoli secondo specifiche indicazioni e la sua esperienza. Una volta iniziato il trattamento, il paziente viene invitato a ripresentarsi presso l’UVA secondo un calendario prefissato, per controllare l’efficacia del trattamento. In molti casi gli operatori dell’ UVA si impegnano a seguire il paziente e la sua famiglia, offrendo assistenza ogni qualvolta che compare un nuovo bisogno. Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) Il servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) rappresenta un’alternativa concreta a forme di ricovero improprio; se ben strutturata, garantendo 31 supporto alla famiglia, favorisce la permanenza al proprio domicilio riducendo il carico assistenziale del caregiver e la sua fatica ed angoscia derivante dall’occuparsi da solo del proprio congiunto. Se al momento dei primi sintomi e della diagnosi, il bisogno sarà principalmente di supporto psicologico, nel tempo il malato necessita di sorveglianza, di assistenza nelle attività quotidiane, fino a esigenze più tecniche con il progredire della malattia. È quindi al distretto ASL che il familiare si deve recare per chiedere un servizio adeguato. Le esigenze di risparmio talvolta limitano i servizi a casa e la stessa flessibilità viene talvolta utilizzata per ridurre drasticamente il servizio offerto. Centro Diurno Il Centro Diurno si caratterizza come luogo in grado di offrire ai malati di Alzheimer occasioni di socializzazione e programmi di trattamento terapeutico atti a stimolare e potenziare le capacità residue. Per le sue caratteristiche di flessibilità e professionalità, oltre a sollevare il familiare dalla fatica del suo compito, deve essere concepito come luogo di informazione e di educazione della famiglia con il passaggio di consigli gestionali e suggerimenti comportamentali. Destinatari del Centro saranno gli anziani affetti da demenza con elevato decadimento cognitivo, con disturbi comportamentali e con incapacità a gestire la quotidianità. Il servizio offerto avrà, dunque, le seguenti finalità: • Mantenimento della persona nel proprio contesto ambientale e prevenzione della istituzionalizzazione. • Riduzione dello stress psico-fisico della famiglia. • Stimolazione delle capacità sociali (comunicazione, relazione). • Rallentamento del declino delle capacità funzionali residue. • Riduzione dei problemi comportamentali e dell’uso di psicofarmaci. Ricovero di sollievo La famiglia può anche chiedere per periodi limitati che il proprio caro venga ospitato in una struttura residenziale; si tratta dei cosiddetti ricoveri di sollievo, 32 Casa di Cura San Francesco che mirano a permettere alle famiglie periodi di riposo, indispensabili per ridurre il carico fisico e psicologico indotto dalla “giornata di 36 ore”. Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) Il luogo privilegiato di vita della persona affetta da demenza è la propria casa. Vi sono però condizioni che rendono impossibile garantire alla persona ammalata un’assistenza adeguata. Se la malattia richiede una serie di interventi medico-infermieristici qualificati, il ricovero in RSA è la cosa più opportuna da fare. Spesso è però difficile convincere il parente della bontà di questa scelta. Il medico di famiglia o lo specialista saranno le persone più adatte per dare una risposta precisa alle incertezze della famiglia, liberandola dai sensi di colpa che spesso la affliggono in queste circostanze. Sarà sempre possibile essergli vicino attraverso visite frequenti, assistenza nel tempo vuoto delle giornata, durante i pasti. Sono istituti residenziali per anziani che hanno sviluppato una sensibilità ed un’attenzione partendo da un prototipo culturale che vedeva nell’ospedale il modello da imitare; ora sono divenuti luoghi altamente qualificati per affrontare la cura e l’assistenza della cronicità e le nuove sfide cariche di contenuto etico come le cure fine vita e la dignità del morire. Nell’ambito delle RSA sono strutturati i così detti Nuclei Alzheimer: ne sono destinatari i soggetti colpiti da decadimento cognitivo medio-grave con significativi disturbi del comportamento come aggressività, agitazione, wandering, inversione del ritmo sonno-veglia che quindi necessitano di particolare sorveglianza. La RSA fornisce assistenza per le attività quotidiane, come alzarsi, mettersi a letto, curare l’igiene personale, trattamenti riabilitativi: nei casi di dipendenza fisica le attività saranno mirate al mantenimento di alcune autonomie come la capacità di bere o di alimentarsi. 33 N.B.: Si consiglia di consultare il sito www.asl.bergamo.it alla voce strutture socio-sanitarie, per un elenco dettagliato e completo dei servizi sopra descritti. Informazione, educazione e sostegno psicologico dei familiari Le difficolta e le frustrazioni che vivono i familiari coinvolti nell’assistenza possono ottenere sollievo e aiuto da vari tipi di interventi per capire e interpretare i segni della malattia, gestirne le conseguenze, mettendo in atto le azioni e i rimedi possibili. In molte zone del nostro Paese gli interventi di formazione sulla natura della demenza, sui sintomi tipici, sulle cause e sul decorso atteso, sulle strategie di gestione e di comunicazione con il paziente sono condotti in gruppi con operatori specializzati. Questi programmi dovrebbero essere anche in grado di fornire ai caregiver indicazioni sulle risorse disponibili localmente. Talvolta i gruppi di familiari condotti da operatori hanno il ruolo non solo di fornire indicazioni, ma di essere un vero e proprio supporto per il controllo dell’ansia o dei sintomi depressivi o la gestione dei sentimenti negativi (senso di colpa, rimorso, vergogna). I bisogni dei caregiver mutano con la progressione della demenza. È necessario che le famiglie non si chiudano nel proprio dolore, ma facciano sentire la propria voce, costruendo alleanze con i medici e gli altri operatori. La civiltà di un paese si misura dall’attenzione che dedica ai propri cittadini più deboli. i 34 Casa di Cura San Francesco Gli aspetti legali La malattia di Alzheimer porta, in tempi diversi, alla perdita delle capacità decisionali, tanto da potersi configurare la condizione giuridica di “incapacità di intendere e di volere”. La capacità di “intendere” è l’idoneità del soggetto a rendersi conto del valore delle proprie azioni, mentre la capacità di “volere” è l’attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo. Il codice civile prevede che gli atti giuridici patrimoniali e non patrimoniali compiuti da una persona incapace di intendere e volere, sebbene non interdetta, possono non essere validi. L’interdizione e l’inabilitazione, costituiscono forme di tutela e di rappresentanza delle persone in condizioni di debolezza, ovvero dei soggetti giuridicamente capaci di agire perché maggiorenni, ma incapaci di intendere e volere e quindi per i quali sussiste l’esigenza di una misura protettiva che porta a situazioni di incapacità legale. L’inabilitazione è una soluzione “intermedia che postula una condizione di infermità parziale in situazioni sociali o sanitarie tali da mettere a rischio gli interessi della persona. Può essere inabilitato il maggiore di età infermo di mente, quando il suo stato non è talmente grave da farsi luogo all’interdizione. L’interdizione costituisce invece la misura più grave e estrema, e comporta la limitazione completa della capacità di agire. L’istituto dell’interdizione risulta incentrato soprattutto sulla protezione del patrimonio e non tanto sul soggetto debole da tutelare. La persona interdetta è definita totalmente incapace a provvedere ai propri interessi e perde completamente la capacità di agire; pertanto deve essere assistita da un tutore che viene nominato dal giudice con la stessa sentenza. L’amministratore di sostegno La nomina dell’ amministratore di sostegno è disciplinata dalla legge 09 Gennaio 2004 “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice 35 civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonchè relative norme di attuazione, di coordinamento e finali” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 2004. Tale legge stabilisce che: CAPO I Finalità della legge Art 1. 1. “La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.” CAPO II Modifiche al codice civile Art. 2. 1. La rubrica del titolo XII del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia». Art. 3. 1. Nel titolo XII del libro primo del codice civile, è premesso il seguente capo: “Capo I. Dell’amministratore di sostegno. Art. 404 (Amministrazione di sostegno). – “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”. Art 406 (Soggetti). - Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell’articolo 417”. Tali soggetti sono le persone che si trovano nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi. L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di tale segnalazione il giudice tutelare può designare un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta il giudice tutelare preferisce il coniuge che non sia separato legalmente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella , il parente entro il quarto grado. 36 Casa di Cura San Francesco Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario. Art. 409 (Effetti dell’amministrazione di sostegno) - “Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”. Art. 410 (Doveri dell’amministratore di sostegno) - “Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario”. Art. 413 (Revoca dell’amministratore di sostegno) - “Quando il beneficiario, l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero o taluno dei soggetti di cui all’articolo 406, ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell’amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell’amministratore, rivolgono istanza motivata al giudice tutelare”. Per maggiori informazioni si consiglia di rivolgersi all’Ufficio di Protezione Giuridica presso ASL di Bergamo che risponde ai seguenti numeri telefonici: 035/385296 - 035/385248. I benefici economici La legislazione italiana prevede vari tipi di benefici economici per i portatori i disabilità, che vanno da sostegni economici diretti, a servizi, ausili, ecc. Il primo istituto, che è la base per l’ottenimento di molti altri, è l’invalidità civile. Il primo passo da fare è la domanda per ottenere il certificato medico di riconoscimento della condizione di disabilità. Tale certificato deve essere redatto a cura di un medico abilitato alla compilazione telematica che di norma è il proprio medico curante, e trasmesso per via telematica attraverso le procedure definite dall’INPS. Successivamente, inderogabilmente entro 30 gg, è necessario fare domanda di visita all’INPS tramite 37 il sito internet dell’Istituto, la domanda può essere presentata direttamente dal cittadino in via telematica, previa richiesta di un codice di identificazione (codice PIN) oppure tramite gli Enti di patronato e delle associazioni di categoria che sono stati abilitati dall’INPS a questa procedura. Le agevolazioni Al riconoscimento dell’invalidità civile sono collegati una serie di benefici ed agevolazioni rivolti ai pazienti ed ai loro familiari: • Assegno di invalidità per invalidi parziali (74% al 99%). • Indennità di accompagnamento: è riconosciuto a coloro che hanno un’invalidità civile pari al 100% e una condizione di completa non autosufficienza. • Congedi familiari non retribuiti. • Permessi lavorativi retribuiti (L. n° 104/92). • Esenzione ticket sanitario. • Agevolazioni fiscali per spese mediche e di assistenza. • Preferenza assegnazione alloggi popolari. • Tessera libera circolazione mezzi pubblici. • Detrazione 19% per spese relative alla modifica di abitazioni finalizzate ad eliminare le barriere architettoniche. • Ausili protesici da richieder all’ASL con impegnativa del medico curante: 1. Letto articolato. 2. Carrozzina. 3. Comoda. 4. Ausili per incontinenza. 5. Girello. 6. Sollevatore. Per ottenere i suddetti vantaggi, per i pazienti ricoverati nella lettera di dimissione la diagnosi e i valori dei Test Neuropsicologici rappresentano i requisiti medici che verranno valutati dalle varie commissioni per rilasciare certificati di invalidità, amministratore di sostegno, ecc. Per i pazienti ambulatoriali oltre al referto dovranno richiedere il certificato con diagnosi e Test Neuropsicologici. 38 Istituto Suore Cappuccine di M. Rubatto Casa di Cura San Francesco Via IV Novembre, 7 • 24128 Bergamo • Telefono 035 2811111 • Fax 035 225162 www.cdcsanfrancesco.it • e-mail: [email protected]