Le Demenze - Casa di Cura San Francesco

annuncio pubblicitario
Istituto Suore Cappuccine di M. Rubatto
Casa di Cura San Francesco
Le Demenze
Il manuale del caregiver
Casa di Cura San Francesco
INDICE
Presentazionepag. 02
La demenza di Alzheimer e le altre demenze
pag. 03
I numeri della demenza pag. 05
I primi segni della demenza pag. 06
La malattia di Alzheimer pag. 08
Caratteristiche della malattia di Alzheimer pag. 09
Sintomi premonitori della malattia di Alzheimer pag. 10
Gli stadi della malattia di Alzheimer pag. 11
• Fase lieve
• Fase moderata
• Fase severa
• Disturbi del comportamento
Le altre demenzepag. 15
• La demenza vascolare
• La demenza a corpi di Lewy
• La demenza frontotemporale – malattia di pick
Le terapie pag. 17
Suggerimenti per la vita quotidiana pag. 23
I servizi per la persona affetta da Demenza
pag. 31
• Unità valutazione Alzheimer (UVA)
• Assistenza domiciliare integrata (ADI)
• Centro diurno
• Ricovero di sollievo
• Residenze sanitarie assistenziali (RSA)
Informazione, educazione e sostegno psicologico dei familiari pag. 34
Gli aspetti legali pag. 35
• Inabilitazione
• Interdizione
• Amministratore di sostegno
I benefici economicipag. 36
Le agevolazioni pag. 37
1
Presentazione
Le demenze ed in particolare la malattia di Alzheimer, la principale di esse,
rappresentano una delle principali cause di disabilità nella popolazione
anziana dei nostri paesi, tanto da diventare oltre che un problema sanitario,
un problema sociale.
La cura e la gestione di questi pazienti che per definizione diventano
progressivamente incapaci di badare a se stessi, è quasi sempre affidata ai
familiari, coniuge, figli, nipoti che vengono definiti caregivers.
A parte nelle fasi iniziali in cui il paziente ha consapevolezza di malattia e
potrebbe partecipare alle scelte decisionali importanti, nelle fasi successive,
i pazienti sono affidati completamente ai caregivers.
Questo breve opuscolo è stato pensato e realizzato a sostegno proprio di
coloro i quali, spesso inconsapevoli della realtà del problema da affrontare,
ma soprattutto ignari di ciò che potrebbe capitare nel corso evolutivo della
malattia, dovranno comunque fare scelte, gestire bisogni e problemi dei
pazienti a loro affidati, spesso non per scelta.
Molte saranno le lacune che emergeranno accostando la lettura teorica dei
problemi alla realtà della vita vissuta, ma ci è sembrato che anche solo un
barlume di luce nell’oscurità di queste patologie possa essere d’aiuto.
Dr. Massimo Moleri
Responsabile U.O. Neurologia - CDC S. Francesco
2
Casa di Cura San Francesco
La demenza di Alzheimer e le altre demenze
Cosa sono le demenze.
Con il termine di demenza si indica una sindrome, ossia un insieme di sintomi,
che si manifesta con un declino progressivo delle funzioni cognitive
(memoria, ragionamento, linguaggio), tale da compromettere le usuali attività
(lavoro, hobby, interessi) e relazioni.
La demenza rappresenta una condizione patologica determinata da varie
malattie che, in modo diretto indiretto, danneggiano il cervello. Queste
colpiscono più frequentemente gli anziani, la cui numerosità rispetto alla
popolazione generale è sensibilmente aumentata nel corso degli ultimi
decenni, rappresentando ora più del 20%.
Le condizioni che possono causare una demenza sono numerose (oltre 60),
aventi esordio, durata e prognosi diversa (Tabella 1).
Il 50 – 60% delle demenze è provocato dalla malattia di Alzheimer, il 15% da
condizioni che determinano lesioni al cervello di tipo vascolare, il 10 – 30%
da patologie di tipo degenerativo.
I casi di incidenza (ossia i nuovi casi di demenza all’anno) presentano una
crescita esponenziale.
Ecco perché le demenze sono oggi una delle principali sfide per il
sistema sociale e sanitario del mondo occidentale.
La prognosi di una demenza è condizionata dal tipo e dai sintomi che la
caratterizzano.
Nei giovani e in coloro che presentano precocemente disturbi nella
comunicazione o del comportamento, l’evoluzione è più rapida. Nell’anziano
l’evoluzione è correlata alla presenza di altre malattia concomitanti.
Nel caso della demenza vascolare la progressione avviene “a gradini”: a rapidi
peggioramenti dell’autonomia si alternano fasi di relativa stabilizzazione delle
condizioni generali. Inoltre, il malato può conservare anche nelle fasi avanzate
della malattia alcune capacità cognitive, cosa che non avviene nella malattia
di Alzheimer e nelle altre forme di malattie neurodegenerative.
Le persone con demenza raramente decedono per conseguenza diretta
della malattia. Talvolta la demenza complica e aggrava il decorso di
altre malattie.
3
Demenze primarie e degenerative
• Malattia di Alzheimer
• Parkinson – demenza
• Demenza a corpi di Lewy
• Demenze frontotemporali
• Paralisi sopranucleare progressiva
• Degenerazione corticobasale
• Malattia di Huntington
• Atrofia multisistemica
Demenze secondarie a malattie cerebrali
• Ischemie o emorragie cerebrali
• Tumori cerebrali
• Traumi cranici
• Idrocefalo normoteso
• Vasculiti
Demenze secondarie a malattie
extra-cerebrali
• Malattie tiroidee o altre alterazioni endocrine
• Pneumopatie ostruttive
• Sostanze tossiche (alcol, stupefacenti, farmaci)
• Deficit vitaminici (in particolare vitamina B12)
• Malattie paraneoplastiche
• Malattie renali ed epatiche
• Malattie psichiatriche (es. depressione)
4
Casa di Cura San Francesco
I numeri delle demenzeCosa sono le demenze.
5
I primi segni della demenza
Il normale invecchiamento cerebrale provoca modificazioni delle attività
cognitive senza alterare le capacità di svolgere una normale vita di relazione.
Le difficoltà di memoria sono tra le manifestazioni più evidenti e precoci
dell’invecchiamento cerebrale.
Non è facile distinguere se un disturbo di memoria è una normale
“dimenticanza” oppure rappresenta l’esordio di una malattia.
Se il deficit di memoria è sporadico, non associato ad altri sintomi cognitivi
quali orientamento, linguaggio, ragionamento, dovrebbe essere considerato
come una semplice “dimenticanza”.
In ogni caso, di fronte alla comparsa di un disturbo di memoria in una
persona anziana, è meglio rivolgersi al proprio medico di famiglia.
Inizialmente la sintomatologia correlata alla demenza può essere così lieve da
passare inosservata. È solo con il progredire della malattia che la sindrome
diventa evidente.
I più comuni sintomi premonitori delle demenze sono:
1. Perdita di memoria: dimenticanza di nomi di persone ben conosciute,
di eventi appena vissuti, di impegni; la persistenza e ripetitività devono indurre
ad approfondire le cause.
2. Disorientamento spazio/tempo: perdere la strada di casa, non
sapere dove ci si trova; dimenticare la data è invece evento comune.
3. Problemi di linguaggio: ridurre il numero delle parole che si usano
semplificando il linguaggio, avere difficoltà a denominare gli oggetti, difficoltà
nel capire ciò che gli altri dicono o chiedono.
4. Diminuzione delle capacità di giudizio: difficoltà ad affrontare
problemi nuovi o a risolvere compiti.
5. Difficoltà nel pensiero astratto: difficoltà a fare calcoli o a esprimere
un concetto complesso.
6. Difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane: errori
nell’esecuzione di compiti usuali, utilizzo di elettrodomestici, svolgimento
dihobby, assunzione di medicine.
7. Riduzione di interesse verso le occupazioni quotidiane: apatia,
trascuratezza nella cura per la persona e per la casa; poca voglia di vedere
familiari o amici.
6
Casa di Cura San Francesco
8. Cambiamenti di umore: modificazioni repentine dell’umore con il
passaggio dalla tristezza all’euforia senza ragioni.
9. Modificazione del carattere: da interessata a vivace diviene apatica
e disinteressata, da tranquilla e disponibile diviene irritabile e taciturna, da
attenta all’aspetto e alla cura del corpo diviene trascurata.
10. Modificazioni del comportamento: la persona può divenire
sospettosa, ossessionata da paure, può vedere cose inesistenti; può
comparire irritabilità, comportamenti socialmente inopportuni.
Il riconoscimento precoce di un’iniziale demenza offre maggior possibilità di
inquadrarne la causa e di intervenire tempestivamente per un trattamento.
7
La malattia di Alzheimer
Nel 1907, il dottor Alois Alzheimer e il dottor Gaetano Perusini ( figura 1)
descrissero per la prima volta il caso di una donna, Auguste, ricoverata a
Monaco presso il Centro di igiene mentale per una sindrome in cui a disturbi
di tipo psichiatrico si associava un quadro di demenza.
Alla morte di Auguste l’autopsia evidenziò delle particolari alterazioni nel
cervello, mai osservate in precedenza (i medici le definiscono “placche
amiloidi” e “gomitoli neurofibrillari”.
Figura 1. Gli scopritori della malattia di Alzheimer
Alois Alzheimer
Gaetano Perusini
Perusini morì durante la Prima guerra mondiale a soli 36 anni dopo aver
descritto, insieme ad Alzheimer, altri casi simili a quello di Auguste; da
allora, una malattia senza nome, ovvero inserita in generale nel novero delle
demenze, cominciò a essere chiamata dapprima malattia di Alzheimer e
Perusini, in seguito, più semplicemente, malattia di Alzheimer.
8
Casa di Cura San Francesco
Caratteristiche della malattia di Alzheimer
L’esordio e lo sviluppo della malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer si sviluppa a partire da una minima compromissione
della cognitività che di solito si manifesta come una lieve perdita di memoria
per gli eventi recenti: la memoria per gli eventi del passato, invece, resta
sostanzialmente inalterata.
In pratica, il paziente comincia a dimenticare gli ultimi episodi accaduti:
non ricorda dove ha riposto gli oggetti, cosa ha mangiato, l’ultima strada
percorsa.
Il disturbo della memoria tende ad aggravarsi progressivamente e, nel giro
di qualche mese-un anno, può portare a confusione e disorientamento sul
tempo (in termini di durata, progressione, variazione), sulle persone e sui
luoghi.
A causa di ciò, la persona affetta da malattia di Alzheimer diviene estremamente
insicura, all’inizio nei compiti più complicati e in seguito anche in quelli più
semplici e comuni; inizia pertanto a rendersi necessaria una supervisione da
parte dei familiari.
Le cause della malattia di Alzheimer
Alla base del processo che porta alla demenza vi è il progressivo deterioramento
della corteccia cerebrale (o sostanza grigia); questa è la sede degli aspetti
più caratteristici della persona umana e ne permette la piena manifestazione
nelle relazioni con se stessi e gli altri. Pertanto il suo danneggiamento andrà
a compromettere tutte quelle attività superiori, “intelligenti” che diversificano
l’essere umano dalle altre forme di vita.
Nonostante la vera causa della malattia non sia ancora nota, negli ultimi anni
si sono fatti notevoli progressi conoscitivi: alla base vi sarebbe un disturbo a
carico di alcuni neuroni, le cellule principali del sistema nervoso, i quali perdono
la capacità di smaltire sostanze derivate dal loro metabolismo. Queste ultime,
pertanto, si accumulano nel neurone e svolgono un’azione tossica. Questi
accumuli sono proprio le placche amiloidi e i gomitoli neurofibrillari osservati
per la prima volta da Alois Alzheimer e Gaetano Perusini all’autopsia della
signora Auguste.
9
Sintomi premonitori della malattia di Alzheimer
La Federazione Alzheimer Italia ha stilato un elenco di 10 sintomi
premonitori la cui presenza deve indirizzare il paziente o il familiare a parlare
con il proprio medico con estrema franchezza del problema.
Il medico valuterà che i sintomi abbiano un certo rilievo clinico; per esempio,
la perdita della memoria deve essere persistente e portare a difficoltà nello
svolgimento di compiti quotidiani o del proprio lavoro.
Il medico, eventualmente con l’ausilio di una visita specialistica, saprà
discriminare se la sintomatologia è attribuibile alle fasi iniziali di una demenza
oppure se è correlata ad altre problematiche di natura psichica (ansia,
depressione, in modo particolare).
Un importante indicatore della malattia di Alzheimer in fase iniziale è la scarsa
consapevolezza di malattia espressa dal paziente, aspetto che emerge
palesemente nel corso della visita medica.
Pertanto, se ci si accorge che un familiare di età avanzata presenta
sintomi simili a quelli elencati nella tabella è opportuno attivarsi,
vincendo anche le resistenze del soggetto, affinché venga eseguita una
valutazione medica adeguata e approfondita.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
10
Perdita della memoria
Difficoltà nelle attività della vita quotidiana
Problemi di linguaggio
Disorientamento nel tempo e nello spazio
Diminuzione nella capacità di giudizio
Difficoltà nel pensiero astratto
La cosa giusta al posto sbagliato
Cambiamenti di umore e del comportamento
Mancanza di iniziativa
Difficoltà a pianificare tempi e modi di azioni complesse
Casa di Cura San Francesco
Gli stadi della malattia di Alzheimer
Si considerano classicamente tre fasi o stadi di malattia, lieve, moderata
e severa, basandosi sui risultati del test cognitivo MMSE. Questo test è
basato su semplici domande strutturate e sulla richiesta di eseguire degli
ordini, scrivere una frase e fare un disegno; il punteggio ottenibile al test varia
da 0 a 30. Un punteggio compreso tra 24 e 30 indica un livello di cognitività
normale. La malattia di Alzheimer è lieve per punteggi compresi tra 18 e
24, moderata per punteggi che vanno da 10 fino a 18 e severa per punteggi
minori di 10. Si possono identificare diversi livelli di gravità della malattia di
Alzheimer.
Lieve
Deficit
di memoria
Agganciare
la cornetta
Spegnere
la luce
Chiudere
il rubinetto
MODERATA
Il paziente viene aiutato
a camminare, mangiare,
vestirsi, lavarsi.
SEVERA
Paziente allettato
I pazienti in cui il MMSE è compreso tra 23 e 26 sono candidati a una diagnosi
di MCI (Mild Cognitive Impairment - lieve deficit cognitivo).
In questi casi il deficit cognitivo interessa esclusivamente la memoria e il
paziente è pur sempre autonomo.
Il MCI non può essere considerato come demenza, ma potrebbe evolvere in
malattia di Alzheimer (secondo recenti studi la tendenza a evolvere riguarda
circa il 60% dei pazienti affetti da MCI) oppure restare isolato come deficit di
memoria.
11
Fase lieve
Caratterizza la malattia all’esordio; si riscontrano fasi di normalità o comunque
condizioni in cui i deficit cognitivi non riducono le autonomie del paziente.
I problemi di memoria per gli eventi recenti iniziano a compromettere le attività
e il paziente deve ricorrere ad accorgimenti pratici (per es., utilizzare dei
promemoria per ricordare avvenimenti, appuntamenti ecc.) per supportare
il deficit.
I pazienti, in genere, non hanno particolari problemi motori, sono ancora
parzialmente autonomi ma necessitano già delle supervisioni altrui.
In questa fase è indicato iniziare la terapia con i farmaci specifici per la
malattia di Alzheimer in quanto questi farmaci rallentano l’evoluzione della
malattia.
Fase moderata
In questo stadio di malattia i pazienti iniziano ad avere seri problemi di
autonomia (hanno bisogno di assistenza 24 ore su 24); necessitano di
aiuti per vestirsi, nutrirsi e provvedere all’igiene personale; possono iniziare
ad essere rallentati dal punto di vista motorio e ad avere con maggiore
frequenza disturbi comportamentali (agitazione, depressione, allucinazioni,
deliri ecc.).
I disturbi cognitivi, molto invalidanti, determinano problemi anche nel
comprendere il linguaggio e nell’attuare ciò che viene ideato o che viene
richiesto.
Fase severa
È lo stadio avanzato della malattia. Si passa gradualmente dalle perdite
di tutte le autonomie all’incapacità di esprimersi e di comprendere;
con l’aggravamento progressivo si determina l’incapacità di camminare e
si rende necessario l’allettamento. La nutrizione diventa problematica
per la comparsa di disfagia (incapacità a deglutire). È lo stadio in cui, se
non subentrano altre complicanze o la morte per altre patologie, il paziente
rimane confinato a letto, in posizione fetale, incapace di deglutire e di parlare
fino al decesso.
12
Casa di Cura San Francesco
I disturbi del comportamento
Quasi tutti i pazienti con l’aggravarsi della malattia sviluppano disturbi del
comportamento che si possono sommariamente distinguere in sindromi da
iperattività e da ipoattività.
Le sindromi da iperattività rendono il paziente più pericoloso verso se stesso
e verso gli altri; si manifestano con agitazione psicomotoria, aggressività,
vagabondaggio e allucinazioni, quasi sempre di tipo visivo.
In alternativa il paziente può sviluppare caratteristiche comportamentali
caratterizzate da ipoattività con chiusura in se stesso, perdita degli interessi,
apatia e sindromi che ricordano la depressione.
Iperattività
Ipoattività
• Agitazione psichica e motoria
• Chiusura in se stessi
• Aggressività
• Perdita di interesse
• Vagabondaggio
• Apatia
• Allucinazioni visive
• Calo del tono dell’umore
Sindromi da iperattività
L’agitazione è uno dei disturbi comportamentali più comuni in corso di
malattia di Alzheimer. Si può manifestare sotto forme diverse: aggressività
fisica o verbale, irrequietezza, vocalizzazioni ecc,.
Solitamente l’aggressività è rivolta verso la persona più vicina, cioè il caregiver.
Si deve cercare di non reagire d’istinto all’episodio di aggressività,
partendo dal presupposto che non è un evento volontario ma è causato dalla
malattia; si consiglia di ricorrere a toni dolci e tranquillizzanti nei confronti del
malato. Nei casi in cui vi sia indicazione, lo specialista può prescrivere dei
farmaci specifici per il controllo dell’aggressività; anche la musicoterapia e le
terapie comportamentali si sono dimostrate utili.
13
Il vagabondaggio è un disturbo del comportamento
relativamente frequente nella malattia di Alzheimer; il paziente
cammina ininterrottamente, in modo compulsivo e, poiché
la malattia comporta anche una perdita dell’orientamento, il
pericolo che si smarrisca in nuovi percorsi è estremamente
elevato. Nelle RSA sono spesso presenti ambienti progettati
in modo idoneo, in cui il malato, con la presenza di una
supervisione, può vagare senza rischi.
Le allucinazioni sono sensazioni uditive o visive di realtà inesistenti. Nel
malato con demenza sono più frequenti quelle di tipo visivo e possono
associarsi a aggressività.
Il delirio è la percezione erronea della realtà alla quale la persona aderisce in
modo irremovibile; può essere di persecuzione, di grandezza , di gelosia.
L’interazione col malato è importante e in particolare occorre fare attenzione
a non contraddirlo in maniera violenta e ad attuare invece un atteggiamento
rassicurante e di ragionamento.
Sindromi da ipoattività
La depressione è un sintomo molto frequente. Tra i motivi per cui un malato
possa avere umore depresso vi è il rendersi conto delle proprie difficoltà nello
svolgimento di compiti che prima erano facili, oppure il percepire la perdita
di autonomia. L’atteggiamento da tenere con il malato è quello comprensivo
e disponibile ad ascoltare; è importante incoraggiare la partecipazione ad
attività che lo possano coinvolgere. La depressione può essere controllata con
i farmaci antidepressivi; anche la musicoterapia può essere un buon alleato.
L’apatia è l’indifferenza verso il mondo circostante.
È caratterizzato dalla progressiva perdita degli interessi ed è fortemente
connessa alla depressione. Può manifestarsi anche come rifiuto a parlare e
a interagire con gli altri. È difficile stimolare una persona apatica e a questo
proposito possono essere utili ambienti coinvolgenti e favorenti una certa
attività secondo le abilità del paziente.
14
Casa di Cura San Francesco
Le altre demenze
Demenza vascolare
Rappresenta circa il 15% di tutte le forme di demenza.
Le cause possono essere diverse: un infarto cerebrale, più raramente un
infarcimento emorragico di aree del cervello. I disturbi delle demenze
vascolari sono variabili in relazione alla sede e all’estensione delle lesioni.
Si possono avere singoli infarti in aree strategiche per lo svolgimento delle
attività cognitive, infarti multipli in molte zone del cervello oppure un ridotto
afflusso di sangue a tutto il tessuto cerebrale.
Il decorso ha andamento progressivo “a gradini” poiché i singoli peggioramenti
sono dovuti a nuovi eventi ischemici.
I sintomi cognitivi che si possono manifestare sono:
1.Amnesia: compromissione perlopiù della memoria recente e dell’acquisizione di nuove informazioni.
2.Anomie: incapacità a denominare gli oggetti.
3.Afasia: disturbo del linguaggio
4.Aprassia: incapacità a compiere e ripetere movimenti su comando
5.Agnosia: difficoltà al riconoscimento di stimoli visivi e tattili.
A questi si possono variamente associare:
• Disturbi della marcia: cammino a piccoli passi, rallentamento motorio,
instabilità posturale, deficit di forza di un arto.
• Disturbi della continenza.
• Bradifrenia: rallentamento psicomotorio nelle performance cognitive,
nella parola e nel movimento.
• Labilità emotiva: disturbo depressivo resistente alla terapia farmacologica.
15
Demenza a corpi di Lewy
Dopo la malattia di Alzheimer è la forma di demenza degenerativa più
frequente.
Caratteristiche peculiari sono: la fluttuazione delle funzioni cognitive, deficit
di attenzione ed esecuzione-programmazione di compiti, mentre la memoria
può inizialmente essere preservata.
Fin dalle fasi iniziali sono presenti allucinazioni visive, disturbi del
sonno. Le funzioni motorie sono compromesse in modo caratteristico, con
marcia di tipo parkinsoniano, frequenti cadute e sincopi.
La demenza a corpi di Lewy fa parte del gruppo di demenze degenerative
sottocorticali, caratterizzate appunto da disturbi motori simili al morbo di
Parkinson.
Demenza frontotemporale – Malattia di Pick
Ha generalmente inizio tra i 45 e i 65 anni, con una durata media di 6 – 8
anni. Rappresenta il 2 – 9% di tutte le forme di demenza.
Anche questa forma è causata dal deposito di proteine patologiche nelle
cellule cerebrali.
Tali aree sono deputate al controllo del comportamento; questo tipo di
demenza si caratterizza per cambiamenti di personalità: l’individuo può
diventare sgarbato, irascibile e arrogante, o viceversa, avere mancanza di
iniziativa. Tra gli aspetti cognitivi prevalgono i disturbi di linguaggio.
16
Casa di Cura San Francesco
Le terapie
L’importanza di rivolgersi quanto prima a un centro U.V.A. (Unità Valutazione
Alzheimer) nasce dal fatto che i farmaci indicati nella malattia di Alzheimer
a oggi disponibili hanno dimostrato un’efficacia maggiore se assunti
precocemente; la loro somministrazione già all’esordio della malattia è
in grado di rallentare l’aggravamento dei sintomi. (Figura 2)
Declino del punteggio MMSE
Evoluzione della AD non trattata con i farmaci
stadio
iniziale
lieve
moderata
grave
stadio
iniziale
compromissione
delle ADL
disturbi
comportamentali
Istituzionalizzazione
0
3
ANNI
6
sintomi
cognitivi
Declino del punteggio MMSE
Evoluzione della AD trattata con i farmaci
sintomi
cognitivi
9
lieve
moderata
grave
Inizio della terapia con
farmaci per la AD
compromissione
delle ADL
disturbi
comportamentali
0
3
ANNI
6
9
Figura 2 I farmaci nella AD
• vanno usati nelle fasi iniziali della malattia
• riducono la velocità di progressione nel tempo dei sintomi
• non bloccano l’evoluzione peggiorativa della malattia
Tuttavia, è necessario considerare che i farmaci controllano solo i sintomi
e non sono in grado di bloccare l’aggravamento progressivo della malattia
che, inesorabilmente, progredirà nel tempo.
Oltre ai farmaci specifici per la malattia di Alzheimer, si possono rendere
necessarie cure mediche specifiche e mirate per altri tipi di problemi che
caratterizzano la malattia, soprattutto nelle fasi avanzate (per es., i disturbi
del comportamento, la depressione, l’ansia).
La malattia di Alzheimer è una forma irreversibile di demenza e, al momento,
non vi sono farmaci in grado di guarirla; da alcuni anni, però, sono disponibili
17
terapie specifiche che ne permettono un controllo soddisfacente.
La terapia di base nella fase iniziale si fonda sull’uso di una classe di farmaci
(“inibitori dell’acetilcolinesterasi” è il loro nome farmacologico) in grado di
favorire l’attività dei centri nervosi che regolano i processi della memoria
recente.
I nomi dei principi attivi sono donepezil, rivastigmina e galantamina. Sulla
base dei criteri clinici e terapeutici specifici per il singolo caso, lo specialista in
demenze operante presso il centro U.V.A. stabilirà con quale farmaco iniziare
la terapia.
Terapie farmacologiche dei sintomi
correlati alla demenza
Alcuni sintomi che frequentemente si accompagnano alla demenza, i disturbi
del comportamento e i quadri depressivi in primis, possono essere trattati
con farmaci specifici, rispettivamente i neurolettici e gli antidepressivi.
Essendo i quadri clinici differenti da paziente a paziente, il medico, sulla base
della propria esperienza clinica, individuerà il farmaco o la combinazione di
farmaci dai quali attendersi la miglior risposta.
Gli ambiti in cui è maggiormente richiesto un ausilio farmacologico sono
il controllo degli episodi acuti di agitazione psicomotoria, degli episodi
allucinatori e deliranti, dell’insonnia, dell’irrequietezza, dell’ansia e della
depressione.
Questi farmaci, pur non esercitando alcuna azione e sulla malattia di Alzheimer
o sulla sua progressione, contribuiscono al miglioramento della qualità di vita
del paziente e delle persone che lo circondano.
18
Casa di Cura San Francesco
Terapie non farmacologiche riabilitative
Parallelamente allo sviluppo di terapie farmacologiche per le demenze, sono
state sviluppate e migliorate nel tempo alcune procedure non farmacologiche
applicabili nelle fasi iniziali della malattia, volte alla riattivazione cognitiva
e al controllo e gestione di anomalie comportamentali.
La terapia farmacologica, infatti, pur essendo necessaria, può determinare
effetti collaterali che in alcuni casi appesantiscono una condizione fisica
generale già difficile o compromessa da altre patologie organiche.
Le terapie non farmacologiche aiutano a ridurre il ricorso continuo
a crescenti sedazioni e contestualmente stimolano le abilità affettive e
cognitive residue che rappresentano i pilastri che sostengono il controllo dei
comportamenti patologici tipici degli stati di demenza senile.
Le terapie di riattivazione cognitiva hanno l’obbiettivo di mantenere il paziente
il più possibile in contatto con la realtà potenziando le funzioni cognitive
residue, quindi favorendo il mantenimento dell’autonomia. Richiedono
l’intervento di personale specializzato presso i centri in cui vengono
erogate e la cooperazione del caregiver e dei familiari quando il paziente
è al domicilio.
Tra le tecniche più utili vanno ricordate la riabilitazione della memoria e la
terapie di orientamento della realtà.
Riabilitazione della memoria
La riabilitazione della memoria si può ottenere con metodologie diverse; le
più comuni sono le mnemotecniche, il memory training e la terapia di
reminiscenza.
• Mnemotecniche: al soggetto vengono insegnate le tecniche utili per
ordinare mentalmente le cose da ricordare.
• Memory training: induce il soggetto ad associare spontaneamnete la cosa
da ricordare a persone, animali, episodi e momenti di vita vissuta.
• Terapia di reminiscenza: si basa sul ruolo positivo che il ricordo di esperienze
passate ha sull’autostima, sul mantenimento dell’identità personale e sul
tono dell’umore nell’anziano.
19
Terapia di orientamento della realtà
Chiamata dagli esperti ROT (Reality Orientation Therapy) si basa
sull’ipotesi che la stimolazione visiva, uditiva, fisica e altre ancora,
attivino, migliorandola, la funzione cerebrale compromessa dalla
malattia. Si articola in sedute periodiche cui partecipano gruppi di 4 – 5
pazienti durante le quali vengono proposte stimolazioni sensoriali e fisiche; a
questa fase deve seguire una stimolazione continua del paziente durante
l’intero arco della giornata a opera del caregiver e dei familiari.
Nelle fasi più avanzate, quando i disturbi del comportamento prendono
il sopravvento sul disturbo cognitivo, vi sono altri tipi di intervento,
essenzialmente psico-sociali, con i quali si pone l’attenzione sullo stato
psichico del paziente e sull’ambiente in cui è inserito. In particolare vengono
curati l’ambiente in cui il paziente vive, vengono addestrate le persone che
si prendono cura del malato, e si pianificano le attività quotidiane.
Altre terapie non farmacologiche
Per ridurre le anomalie comportamentali quali agitazione, aggressività, ansia,
depressione, sono indicate, parallelamente ad un ambiente protesico e ad
una corretta comunicazione, terapie non farmacologiche quali la terapia
della bambola e la musicoterapia.
Terapia della Bambola
La terapia che adotta l’uso delle bambole, chiamata anche “Doll Therapy”
o “Empathy Doll” ha origine con il contributo della terapeuta Britt-Marie
Egedius-Jakobsson in Svezia.
È una strategia terapeutica utile a migliorare il benessere e la qualità di vita in
pazienti affetti da demenza in situazioni di difficoltà: facilita il rilassamento e
diminuisce gli stati di agitazione. L’impiego di questa terapia aiuta gli operatori
nei loro compiti assistenziali e risulta molto utile anche per i familiari che
seguono i loro cari a domicilio, poiché la terapia è applicabile sia in ambito
residenziale che domiciliare.
“Il ricorso ad una bambola, in persone in cui le capacità di memoria, logiche
e verbali si sono ridotte e che a causa di una patologia non riescono più ad
intrattenere relazioni stabili ed equilibrate, consente di attivare delle modalità
di relazione pre-verbali e non verbali che permettono di canalizzare le
20
Casa di Cura San Francesco
energie mentali su un’attività che riveste al contempo un ruolo di distrazione
ed uno, ancora più importante, di stimolo rappresentando un contesto per
manifestare emozioni e pensieri che altrimenti tenderebbero ad affollare in
modo confuso il mondo interno del paziente.
La Doll Therapy, perciò, riesce a dirigere l’attenzione di una persona
affetta da demenza o da patologie con compromissioni simili verso un
compito semplice, come quello di accudimento di una bambola, evitando
la congestione del pensiero dovuta alla concentrazione su idee e stati affettivi
che, non avendo un filo di unione, generano stati di confusione e di disagio che
vengono manifestati spesso con disordini del comportamento.”(Cilesi, 2012)
Musicoterapia
Nel 2001 l’America Accademy of Neurology ha indicato la musicoterapia come una tecnica per migliorare le attività funzionali e ridurre i
disturbi del comportamento nel malato di Alzheimer. Ciò è possibile perché la musica sembra rivelarsi una via di accesso privilegiata per contattare il
cuore dei malati, nonostante il deterioramento cognitivo dovuto alla malattia.
Gli approcci musicoterapici sono volti ad integrare funzioni cognitive, affettive,
fisiche ed interpersonali, utilizzando tecniche attive e ricettive.
Durante le sedute i pazienti cantano canzoni
popolari, ascoltano musica dal vivo e/o registrata,
danzano liberamente o vengono coinvolti in
danze popolari molto semplici, accompagnano
con strumenti a percussione brani musicali o
canzoni.
Durante le sedute il paziente non deve mai sentirsi
a disagio e non gli devono mai essere fatte delle
richieste superiori alle sue capacità.
L’intervento musicoterapico mira a raggiungere alcuni dei seguenti
obiettivi:
• socializzazione;
• modificazione dello stato umorale della persona e contenimento di
manifestazioni d’ira e di stati di agitazione;
• contenimento dell’aggressività, del Wandering (vagabondaggio afinalistico)
e degli stati ansiosi-depressivi;
• accrescimento dell’autostima e della considerazione di se stessi;
21
• riattivazione della memoria musicale ed emozionale: recuperare il presente
attraverso la rivisitazione e la riappropriazione dei ricordi;
• indurre un comportamento musicale attivo (cantare o suonare uno
strumento) per favorire il mantenimento delle abilità motorie, anche attraverso
movimenti semplici del corpo;
L’importanza di introdurre la musicoterapia nella riabilitazione dell’Alzheimer è
supportata da una serie di studi scientifici che hanno valutato attentamente le
condizioni degli anziani durante e dopo ogni seduta: in generale si osserva che
si riducono i sintomi più invalidanti della malattia e, pur sottolineando che i canti e
le improvvisazioni strumentali non hanno alcuna pretesa di guarire, è palese che
la partecipazione regolare alle sedute, soprattutto per pazienti ancora autosufficienti, aiuta a rallentare i processi degenerativi e migliora le condizioni generali,
specie se il malato vive in istituto.
Il musicoterapeuta, interpretando canzoni e melodie del passato, restituisce al
paziente fatti, episodi e circostanze altrimenti
sommersi dalla malattia e perdute per sempre.
Il paziente si scopre ancora capace di cantare e
di provare piacere nel condividere un’esperienza
di gruppo. Il canto, infine richiede uno sforzo di
concentrazione, di attenzione, di espressione,
di memoria; la pratica canora distrae da una situazione aggressiva, permette un controllo della
respirazione e quindi il rilassamento.
Le sedute
I musicoterapeuti sono concordi nel sostenere che è necessario stabilire una
scansione spazio-temporale degli incontri, poiché la maggior parte dei malati
perde precocemente questi due parametri di riferimento. Ecco, allora, che
le sedute devono svolgersi sempre nello stesso spazio, alla stessa ora, e
con stessi operatori. Anche i contenuti degli incontri devono avere una successione temporale definita e ripetitiva affinché i pazienti trovino stabilità e
regolarità. Le proposte così si succedono gradualmente: l’approccio iniziale
è forse la fase più delicata poiché deve attirare ed incuriosire con discrezione
i malati per invitarli a partecipare alle sedute; segue una fase centrale caratterizzata da maggior coinvolgimento, quindi la chiusura e il saluto finale.
22
Casa di Cura San Francesco
Suggerimenti per la vita quotidiana
La demenza, come già sottolineato, è una malattia ad andamento
progressivo; pertanto anche le capacità organizzative, le abilità, la
comprensione e l’autonomia vengono perdute in maniera progressiva,
rendendo sempre più impegnativo, mano a mano che passa il tempo, il
bisogno assistenziale.
Questa premessa è fondamentale per affrontare il tema della gestione
delle funzioni di base in quanto indica che gli interventi andranno modulati
in relazione alle capacità che il paziente, in quel determinato stadio della
malattia, ha conservato; è implicito che gli stadi più gravi richiederanno un
livello assistenziale maggiore. Inoltre, per le donne andranno previsti progetti
di assistenza differenti da quelli degli uomini.
Alimentazione e demenza
Nel paziente demente, intervengono una serie di fattori a compromettere la
sua capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto. In primo luogo i
disturbi della memoria: può non ricordare di dover mangiare o di avere già
mangiato; la difficoltà nell’eseguire gesti abituali può provocare un concreto
disagio nel preparare e cucinare i cibi e anche nel nutrirsi: la persona
ammalata non sa più utilizzare le posate. Ha difficoltà nel riconoscere i cibi e
persino nell’individuarne la commestibilità. Possono subentrarne alterazioni del
gusto e dell’olfatto e la compromissione del centro della fame e della sazietà.
Il bisogno di assistenza aumenta man mano che si aggrava la perdita anche
di autonomia alimentare.
Il paziente con malattia di Alzheimer può assumere due diversi atteggiamenti
nei confronti del cibo:
• mangiare molto più del necessario
• alimentarsi in modo insufficiente
Nel primo caso mangia troppo, con avidità e a volte ingurgita cibo tagliato
o cotto in modo incompleto rischiando anche di soffocare. La conseguenza
più frequente è un aumento eccessivo di peso fino all’obesità.
Può essere utile allora:
• ricorrere a spuntini non troppo calorici
23
• limitare le porzioni
• non tenere cibi in vista
Nel secondo caso la persona non si alimenta a sufficienza, con evidente
rapido dimagrimento e/o stato di malnutrizione.
Può essere utile:
• controllare sempre la quantità di cibo che ha effettivamente consumato
• introdurre cibi con molte calorie (formaggio grana, burro, olio, miele, ecc.).
L’alimentazione è una parte importante della vita di una persona che
soffre di malattia di Alzheimer.
È buona norma seguire una dieta
equilibrata che contenga carboidrati, proteine, grassi, vitamine,
Sali minerali e fibre per soddisfare
tutti i fabbisogni nutrizionali; è fondamentale assumere una corretta
quantità di liquidi.
Una guida alla corretta scelta degli
alimenti è rappresentata dalla piramide alimentare, simbolo di sana
ed equilibrata alimentazione.
Gruppo 6
Gruppo 4
Gruppo 5
Gruppo 2
Gruppo 3
Gruppo 1
Gruppo 6
Grassi: olio di oliva e di semi , burro, lardo, pancetta, margarina, strutto
Dolci: zucchero, miele, torte, caramelle, marmellata
Gruppo 5
Carne: ovina, suina, bovina, frattaglie, selvaggina
Pesce: di mare, di lago, molluschi, crostacei
Salumi
Uova
Legumi
Gruppo 4
Latte e derivati
Gruppo 3
Frutta
Gruppo 2
Verdura
Gruppo 1
Cereali: riso, orzo, grano, mais, frumento, segale
Patate e derivati: pane, pasta, grissini, fecola di patate, polenta
24
Casa di Cura San Francesco
Il primo gruppo comprende gli alimenti che sono alla base della dieta e che
non devono mai mancare nell’apporto giornaliero di una persona con malattia
di Alzheimer. Salendo verso il vertice della piramide, occorre gradualmente
limitare l’assunzione degli alimenti compresi nei gruppi successivi. I grassi
di condimento e i dolci presenti al vertice devono sicuramente essere ridotti
nelle quantità.
È importante ricordare che nessun alimento da solo è in grado di
soddisfare tutte le esigenze nutrizionali.
Le persone con malattia di Alzheimer e gli anziani in genere rischiano di
andare incontro a fenomeni di disidratazione perché con il passare degli anni
la sensazione della sete tende a diminuire. Si consiglia di far bere almeno un
litro e mezzo di liquidi al giorno.
Con il progredire della malattia, la persona affetta da malattia di Alzheimer può
manifestare anche difficoltà nella masticazione e nella deglutizione (disfagia).
Diventa pertanto necessario modificare gradualmente la consistenza dei cibi.
Gli alimenti di consistenza sciropposa o cremosa sono utili per stimolare la
deglutizione mentre sono facilmente reperibili in commercio preparati che ne
migliorano la consistenza e la viscosità e acqua di consistenza gelatinosa per
favorire l’idratazione.
Per mantenere a lungo una relativa qualità di vita, la persona con
malattia di Alzheimer deve poter usare per quanto più tempo possibile
le proprie capacità fisiche e mentali e sentirsi indipendente.
Per favorire il mantenimento di una corretta alimentazione è raccomandabile:
• cha alla persona ammalata sia reso piacevole il momento del pasto
• che siano rispettati nel limite del possibile i suoi gusti alimentari
• che siano possibilmente conservate le sue abitudini d’orario e di ambiente
• che le si presenti un cibo alla volta
• che si conceda alla persona ammalata tutto il tempo necessario per mangiare.
25
La comunicazione col paziente
Comunicare col malato è di fondamentale
importanza, ma le capacità di comprensione ed
espressione sono compromesse a causa della
malattia e occorre quindi adeguarsi, per quanto
possibile, ai deficit del malato.
Durante il colloquio è opportuno ridurre il più
possibile i fattori di distrazione (rumori esterni,
televisione o radio ad alto volume ecc.) in modo da focalizzare l’attenzione
sulla conversazione.
È necessario parlare in modo chiaro e comprensibile rivolgendosi al malato
in prima persona, chiamandolo per nome; nel corso della conversazione è
bene assicurarsi di avere la sua attenzione.
Se il paziente ha delle difficoltà, è positivo aiutarlo nell’espressione dei
concetti (intuendo le sue esigenze) e stimolarlo a esprimersi (suggerendo
qualche termine per lui complesso).
In presenza di altre persone bisognerà evitare un colloquio dal quale
il paziente si possa sentire escluso. Le visite di amici e conoscenti sono
importanti (anche se a volte il paziente non ricorda chi siano) perché anche il
solo contatto umano può avere dei benefici sul malato.
Lavarsi
I problemi relativi all’igiene personale si possono classificare in tre livelli:
1. Il paziente non ne sente alcuna esigenza.
2. Il paziente non è in grado di provvedere a
queste esigenze.
3. Il paziente vive il disagio di essere aiutato, a
maggior ragione se da un estraneo.
In ognuno di questi casi andranno adottate
delle tecniche sia di comportamento sia pratiche per facilitare l’esecuzione di questo impegnativo compito assistenziale.
26
Casa di Cura San Francesco
Sul piano comportamentale, innanzitutto, si dovrà essere convincenti per
ottenere la collaborazione del paziente; inoltre, la decisione e la gentilezza
(spiegando e giustificando quello che si sta facendo) aiutano a essere
assecondati. Poiché l’igiene personale sarà un impegno costante, si dovrà
cercare di far diventare questa attività un’abitudine.
Sul piano pratico è buona norma procedere al bagno o alla doccia scegliendo
i momenti della giornata in cui il paziente è più tranquillo e trattabile;
inoltre se questa attività viene pianificata in anticipo, la si rende più semplice
sia per il caregiver sia per l’assistito. Il bagno sarà attrezzato in modo da
ridurre al minimo il rischio di incidenti, con l’installazione di maniglie e appoggi
nella doccia o nella vasca e con l’adozione di tappetini antisdrucciolo.
È bene ricordare che il malato non va mai lasciato da solo.
Vestirsi
I problemi in questa occupazione riguardano la scelta
dell’abbigliamento, le difficoltà nell’indossare e togliere i
vestiti, il maneggiare cerniere e bottoni.
Un primo aiuto, quando iniziano a presentarsi difficoltà, lo
si può dare sia nella scelta generale dell’abbigliamento
(vestiti comodi, facili da indossare, preferibilmente senza
cerniere e bottoni, con chiusure a velcro o elastici) sia
nella scelta dei vestiti da indossare quotidianamente, disponendo i capi
nell’ordine in cui saranno indossati (limitare le scelte possibili del vestiario per
non disorientare il paziente).
Durante la vestizione (ma anche quando il malato si deve spogliare)
l’incoraggiamento a vestirsi da solo, senza fretta, con tutto il tempo
necessario, aiuta il malato nell’esecuzione dell’attività quotidiana.
Dormire
Il sonno è spesso disturbato nei pazienti con malattia di Alzheimer; talvolta
è difficoltoso l’addormentarsi, altre volte il risveglio mattutino avviene troppo
presto, altre volte ancora il sonno notturno è continuamente interrotto
27
da risvegli. Il perdurare di tali disturbi, a lungo andare, può portare a
un’inversione del ritmo sonno-veglia. Per contribuire al mantenimento di un
regolare ritmo sonno-veglia, è necessario pianificare delle attività o stabilire dei
comportamenti già durante la giornata e prevedere delle condizioni di base
atte a favorire il sonno o a limitare i problemi.
Durante il giorno andrà incoraggiato l’esercizio fisico che stimola la propensione al sonno; andranno limitati, invece i cosiddetti “pisolini”
diurni. Andrà evitata l’assunzione di bevande
contenenti caffeina (caffè, tè, bevande a base di
cola). Al momento di coricarsi bisognerà ricorrere a toni pacifici e tranquillizzanti per incoraggiare il paziente ad andare a dormire; farlo coricare
sempre alla stessa ora, rendendo anche il sonno un’abitudine routinaria.
Gli elementi strutturali cui far riferimento per facilitare il sonno sono la silenziosità della camera da letto, una temperatura né troppo fredda né
troppo calda e una rassicurante luce soffusa.
Se il malato necessita di alzarsi di notte (per es. per andare il bagno), usare
luce notturna nei corridoi e nel bagno; in presenza di agitazione notturna
può essere necessario dotare il letto di protezioni (per es. sponde) che impediscano le cadute.
Incontinenza urinaria
Con la progressione della malattia, il paziente affetto da
demenza può andare incontro a episodi saltuari o continuativi
di incontinenza urinaria. L’incontinenza urinaria rappresenta
un grave problema di tipo sanitario in quanto predispone alle
infezioni delle vie urinarie. Alcuni accorgimenti con finalità
preventiva o gestionali possono essere di aiuto per affrontare
il problema.
Per prevenire le perdite di urina, particolarmente di notte, bisognerà limitare
l’assunzione di liquidi nel tardo pomeriggio o la sera. Durante il giorno il
paziente andrà accompagnato in bagno con una certa regolarità. Alcuni segni
lasciano intuire il bisogno di andare in bagno (per es., insofferenza, irrequietezza
o gestualità compulsiva); identificarli e provare ad accompagnare il malato
28
Casa di Cura San Francesco
in bagno può essere di grande aiuto nel prevenire gli episodi di incontinenza
urinaria. Per facilitare le operazioni in bagno, provvedere affinché il malato
indossi abiti facili da togliere; inoltre, è sempre utile avere a disposizione dei
vestiti di ricambio. Nelle fasi avanzate di malattia con episodi frequenti e nei
casi di incontinenza notturna può essere indicato l’uso del pannolone.
Sicurezza in casa
Il normale ambiente domestico può di per sé essere ricco di pericoli, basti
pensare a cosa può succedere quando dei bambini piccoli si aggirano per
casa senza essere sorvegliati. Le stesse condizioni si ripresentano anche
quando ad aggirarsi per casa sono dei soggetti adulti colpiti da demenza.
Dall’ambiente, per quanto possibile, saranno rimossi gli elementi potenzialmente
dannosi per il paziente (per es., tappeti, mobili con spigoli, ecc.) e saranno invece
inseriti quegli elementi in grado di rilassare il paziente facendo leva, magari, sui suoi
ricordi affettivi (fotografie, possibilità di ascoltare musica, oggetti personali, ecc.)
Porte e finestre
Se il malato tende ad allontanarsi da casa è utile installare chiusure e serrature
sicure sulle finestre e sulle porte che danno verso l’esterno. Per evitare che
il malato possa rinchiudersi in un stanza, occorre rimuovere le chiavi da tutte
le porte interne.
Sostanze e oggetti pericolosi.
Usare serrature di sicurezza per gli armadi della cucina e per tutti i mobili in
cui siano riposti oggetti pericolosi (coltelli, oggetti appuntiti, arnesi da lavoro)
o sostanze tossiche (detergenti, solventi, vernici, ecc.). conservare tutti i
medicinali in un armadietto chiuso a chiave. Andranno nascosti gli oggetti
di uso comune potenzialmente pericolosi (coltelli, accendini, fiammiferi,
ecc.). per prevenire incendi accidentali è bene dotare di valvole di sicurezza i
fornelli a gas; utile è pure l’installazione di rilevatori antincendio.
Living
Gli ambienti in cui il paziente trascorre abitualmente il suo tempo dovranno
essere relativamente liberi da oggetti ingombranti; inoltre, per evitare cadute
accidentali è bene togliere i tappeti e tutto ciò che può far scivolare. Assicurarsi,
infine, che gli ambienti siano dotati di una buona illuminazione.
29
Guida degli autoveicoli
I primi indizi a supporto sull’inabilità alla guida per un paziente affetto da malattia
di Alzheimer sono il perdersi in posti familiari, una guida troppo veloce o troppo
lenta, l’indifferenza alla segnaletica.
Per ragioni prudenziali, inoltre, anche nel dubbio è preferibile la decisione
di sospendere la guida. Se la proposta
di sospendere la guida dell’auto dovesse
indurre nel paziente reazioni indesiderate ed
eccessive, può essere di aiuto il rivolgersi
al medico che, in virtù dell’autorevolezza
della sua figura, potrà convincere più facilmente il paziente.
Il caregiver dovrà mostrare sensibilità e vicinanza verso il malato che
viene privato della possibilità di guidare, ma dovrà anche essere fermo e
convincente per far capire questa necessità. Per quanto riguarda gli aspetti
pratici, può essere utile il rendere inaccessibili le chiavi dell’automobile o
rendere inutilizzabile il veicolo (eventualmente con l’aiuto di un meccanico).
Vacanze
I periodi di riposo e le variazioni della solita routine quotidiana sono molto utili
sia per i caregiver sia per i malati. Se il paziente dovesse presentare importanti
disturbi del comportamento è necessario valutare attentamente i rischi collegati
con lo spostamento. I problemi che possono nascere dal soggiornare in un altro
ambiente sono legati alla difficoltà nell’orientamento spaziale; l’incapacità di
memorizzare il luogo nuovo può far sviluppare episodi confusionali acuti. Se
il luogo di villeggiatura, invece, è frequentato ormai da anni, questi rischi sono
ridotti.
Alcuni suggerimenti per il caregiver di un paziente
in vacanza. Durante la vacanza in un ambiente nuovo
il paziente è particolarmente a rischio di perdersi per
strada e va quindi sempre accompagnato, anche
per tragitti brevi. Affinché il paziente possa essere
aiutato nel caso di un accidentale smarrimento, può
essere utile munirlo di un braccialetto di riconoscimento
per consentire di avvisare il caregiver.
30
Casa di Cura San Francesco
I servizi per le persone affette da demenza
Spesso chi si dedica intensamente al caregiving non ha nemmeno il tempo
per capire e conoscere l’organizzazione che si articola attorno ai problemi di
ogni giorno. Per cui a difficoltà si aggiungono difficoltà, a problemi problemi….
Di seguito cercheremo di far capire come i servizi sono organizzati, per
facilitarne l’uso da parte di chi ne ha bisogno, rendendo cos’ più diffusa la
possibilità di cure adeguate.
Le UVA
In Italia esiste una rete di servizi per la diagnosi organizzata attorno alle
Unità di Valutazione Alzheimer (chiamate sinteticamente UVA). Si tratta
di circa 500 centri diffusi in tutte le regioni, che accolgono la persona quando
il medico di medicina generale ritiene che un certo disturbo cognitivo assume
una gravità tale da far sospettare una demenza.
Quindi chi assiste un ammalato non deve accontentarsi di risposte, come: “è
vecchio, non c’è più nulla da fare, è l’arteriosclerosi galoppante…”.
Queste non sono diagnosi.
Nelle UVA l’anziano viene visitato in modo accurato e sottoposto a una serie
di test neuropsicologici che permettono di definire quali funzioni cerebrali
siano compromesse oltre alla memoria e se il medico lo riterrà opportuno
richiederà accertamenti di neuroimaging quali la TAC o la RMN.
Dopo queste indagini viene formulata una diagnosi. Se il paziente è affetto
da malattia di Alzheimer, il medico prescriverà i farmaci scegliendoli secondo
specifiche indicazioni e la sua esperienza.
Una volta iniziato il trattamento, il paziente viene invitato a ripresentarsi
presso l’UVA secondo un calendario prefissato, per controllare l’efficacia del
trattamento. In molti casi gli operatori dell’ UVA si impegnano a seguire il
paziente e la sua famiglia, offrendo assistenza ogni qualvolta che compare
un nuovo bisogno.
Assistenza Domiciliare Integrata (ADI)
Il servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) rappresenta un’alternativa
concreta a forme di ricovero improprio; se ben strutturata, garantendo
31
supporto alla famiglia, favorisce la permanenza al proprio domicilio riducendo
il carico assistenziale del caregiver e la sua fatica ed angoscia derivante
dall’occuparsi da solo del proprio congiunto. Se al momento dei primi sintomi
e della diagnosi, il bisogno sarà principalmente di
supporto psicologico, nel tempo il malato necessita
di sorveglianza, di assistenza nelle attività quotidiane,
fino a esigenze più tecniche con il progredire della
malattia. È quindi al distretto ASL che il familiare si
deve recare per chiedere un servizio adeguato.
Le esigenze di risparmio talvolta limitano i servizi a
casa e la stessa flessibilità viene talvolta utilizzata
per ridurre drasticamente il servizio offerto.
Centro Diurno
Il Centro Diurno si caratterizza come luogo in grado di offrire ai malati di
Alzheimer occasioni di socializzazione e programmi di trattamento terapeutico
atti a stimolare e potenziare le capacità residue. Per le sue caratteristiche di
flessibilità e professionalità, oltre a sollevare il familiare dalla fatica del suo
compito, deve essere concepito come luogo di informazione e di educazione
della famiglia con il passaggio di consigli gestionali e suggerimenti
comportamentali. Destinatari del Centro saranno gli anziani affetti da
demenza con elevato decadimento cognitivo, con disturbi comportamentali
e con incapacità a gestire la quotidianità. Il servizio offerto avrà, dunque, le
seguenti finalità:
• Mantenimento della persona nel proprio contesto ambientale e prevenzione
della istituzionalizzazione.
• Riduzione dello stress psico-fisico della famiglia.
• Stimolazione delle capacità sociali (comunicazione, relazione).
• Rallentamento del declino delle capacità funzionali residue.
• Riduzione dei problemi comportamentali e dell’uso di psicofarmaci.
Ricovero di sollievo
La famiglia può anche chiedere per periodi limitati che il proprio caro venga
ospitato in una struttura residenziale; si tratta dei cosiddetti ricoveri di sollievo,
32
Casa di Cura San Francesco
che mirano a permettere alle famiglie periodi di riposo, indispensabili per
ridurre il carico fisico e psicologico indotto dalla “giornata di 36 ore”.
Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA)
Il luogo privilegiato di vita della persona
affetta da demenza è la propria casa.
Vi sono però condizioni che rendono
impossibile garantire alla persona ammalata
un’assistenza adeguata.
Se la malattia richiede una serie di interventi
medico-infermieristici qualificati, il ricovero in RSA è la cosa più opportuna
da fare. Spesso è però difficile convincere il parente della bontà di questa
scelta. Il medico di famiglia o lo specialista saranno le persone più adatte per
dare una risposta precisa alle incertezze della famiglia, liberandola dai sensi
di colpa che spesso la affliggono in queste circostanze.
Sarà sempre possibile essergli vicino attraverso visite frequenti, assistenza
nel tempo vuoto delle giornata, durante i pasti.
Sono istituti residenziali per anziani che hanno sviluppato una sensibilità ed
un’attenzione partendo da un prototipo culturale che vedeva nell’ospedale
il modello da imitare; ora sono divenuti luoghi altamente qualificati per
affrontare la cura e l’assistenza della cronicità e le nuove sfide cariche di
contenuto etico come le cure fine vita e la dignità del morire.
Nell’ambito delle RSA sono strutturati i così detti Nuclei Alzheimer: ne
sono destinatari i soggetti colpiti da decadimento cognitivo medio-grave
con significativi disturbi del comportamento come aggressività, agitazione,
wandering, inversione del ritmo sonno-veglia che quindi necessitano di
particolare sorveglianza.
La RSA fornisce assistenza per le attività quotidiane, come alzarsi, mettersi a
letto, curare l’igiene personale, trattamenti riabilitativi: nei casi di dipendenza
fisica le attività saranno mirate al mantenimento di alcune autonomie come la
capacità di bere o di alimentarsi.
33
N.B.: Si consiglia di consultare il sito www.asl.bergamo.it
alla voce strutture socio-sanitarie, per un elenco dettagliato e
completo dei servizi sopra descritti.
Informazione, educazione e sostegno
psicologico dei familiari
Le difficolta e le frustrazioni che vivono i familiari coinvolti nell’assistenza
possono ottenere sollievo e aiuto da vari tipi di interventi per capire e
interpretare i segni della malattia, gestirne le conseguenze, mettendo in atto
le azioni e i rimedi possibili.
In molte zone del nostro Paese gli interventi di formazione sulla natura della
demenza, sui sintomi tipici, sulle cause e sul decorso atteso, sulle strategie
di gestione e di comunicazione con il paziente sono condotti in gruppi con
operatori specializzati. Questi programmi dovrebbero essere anche in grado
di fornire ai caregiver indicazioni sulle risorse disponibili localmente.
Talvolta i gruppi di familiari condotti da operatori hanno il ruolo non solo di
fornire indicazioni, ma di essere un vero e proprio supporto per il controllo
dell’ansia o dei sintomi depressivi o la gestione dei sentimenti negativi (senso
di colpa, rimorso, vergogna).
I bisogni dei caregiver mutano con la progressione della demenza.
È necessario che le famiglie non si chiudano nel proprio dolore, ma facciano
sentire la propria voce, costruendo alleanze con i medici e gli altri operatori.
La civiltà di un paese si misura dall’attenzione che dedica ai propri
cittadini più deboli.
i
34
Casa di Cura San Francesco
Gli aspetti legali
La malattia di Alzheimer porta, in tempi diversi, alla perdita delle capacità
decisionali, tanto da potersi configurare la condizione giuridica di “incapacità
di intendere e di volere”. La capacità di “intendere” è l’idoneità del soggetto
a rendersi conto del valore delle proprie azioni, mentre la capacità di
“volere” è l’attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo.
Il codice civile prevede che gli atti giuridici patrimoniali e non patrimoniali
compiuti da una persona incapace di intendere e volere, sebbene non
interdetta, possono non essere validi. L’interdizione e l’inabilitazione,
costituiscono forme di tutela e di rappresentanza delle persone in condizioni
di debolezza, ovvero dei soggetti giuridicamente capaci di agire perché
maggiorenni, ma incapaci di intendere e volere e quindi per i quali sussiste
l’esigenza di una misura protettiva che porta a situazioni di incapacità legale.
L’inabilitazione è una soluzione “intermedia che
postula una condizione di infermità parziale in
situazioni sociali o sanitarie tali da mettere a rischio
gli interessi della persona. Può essere inabilitato il
maggiore di età infermo di mente, quando il suo stato
non è talmente grave da farsi luogo all’interdizione.
L’interdizione costituisce invece la misura più grave e estrema, e
comporta la limitazione completa della capacità di agire. L’istituto
dell’interdizione risulta incentrato soprattutto sulla protezione del
patrimonio e non tanto sul soggetto debole da tutelare. La persona
interdetta è definita totalmente incapace a provvedere ai propri interessi e
perde completamente la capacità di agire; pertanto deve essere assistita
da un tutore che viene nominato dal giudice con la stessa sentenza.
L’amministratore di sostegno
La nomina dell’ amministratore di sostegno è disciplinata dalla legge 09
Gennaio 2004 “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile
del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e
modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice
35
civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonchè relative norme
di attuazione, di coordinamento e finali” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 14 del 19 gennaio 2004.
Tale legge stabilisce che:
CAPO I Finalità della legge
Art 1.
1. “La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione
possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di
autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante
interventi di sostegno temporaneo o permanente.”
CAPO II Modifiche al codice civile
Art. 2.
1. La rubrica del titolo XII del libro primo del codice civile è sostituita dalla
seguente: «Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte
di autonomia».
Art. 3.
1. Nel titolo XII del libro primo del codice civile, è premesso il seguente capo:
“Capo I. Dell’amministratore di sostegno.
Art. 404 (Amministrazione di sostegno). – “La persona che, per effetto di
una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella
impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri
interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno,
nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il
domicilio”.
Art 406 (Soggetti). - Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di
sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario,
anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti
indicati nell’articolo 417”. Tali soggetti sono le persone che si trovano
nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi. L’amministratore di sostegno
può essere designato dallo stesso interessato mediante atto pubblico o
scrittura privata autenticata. In mancanza di tale segnalazione il giudice
tutelare può designare un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta
il giudice tutelare preferisce il coniuge che non sia separato legalmente, il
padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella , il parente entro il quarto grado.
36
Casa di Cura San Francesco
Non possono ricoprire le funzioni di amministratore di sostegno gli operatori
dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario.
Art. 409 (Effetti dell’amministrazione di sostegno) - “Il beneficiario conserva
la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza
esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”.
Art. 410 (Doveri dell’amministratore di sostegno) - “Nello svolgimento dei
suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni
e delle aspirazioni del beneficiario”.
Art. 413 (Revoca dell’amministratore di sostegno) - “Quando il beneficiario,
l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero o taluno dei soggetti
di cui all’articolo 406, ritengono che si siano determinati i presupposti
per la cessazione dell’amministrazione di sostegno, o per la sostituzione
dell’amministratore, rivolgono istanza motivata al giudice tutelare”.
Per maggiori informazioni si consiglia di rivolgersi all’Ufficio
di Protezione Giuridica presso ASL di Bergamo che risponde
ai seguenti numeri telefonici: 035/385296 - 035/385248.
I benefici economici
La legislazione italiana prevede vari tipi di benefici economici per i portatori
i disabilità, che vanno da sostegni economici diretti, a servizi, ausili, ecc.
Il primo istituto, che è la base per l’ottenimento di molti altri, è l’invalidità
civile. Il primo passo da fare è la domanda per ottenere il certificato medico
di riconoscimento della condizione di disabilità. Tale certificato deve essere
redatto a cura di un medico abilitato alla compilazione
telematica che di norma è il proprio medico curante, e
trasmesso per via telematica attraverso le procedure
definite dall’INPS.
Successivamente, inderogabilmente entro 30 gg,
è necessario fare domanda di visita all’INPS tramite
37
il sito internet dell’Istituto, la domanda può essere presentata direttamente
dal cittadino in via telematica, previa richiesta di un codice di identificazione
(codice PIN) oppure tramite gli Enti di patronato e delle associazioni di categoria che sono stati abilitati dall’INPS a questa procedura.
Le agevolazioni
Al riconoscimento dell’invalidità civile sono collegati una serie di benefici ed
agevolazioni rivolti ai pazienti ed ai loro familiari:
• Assegno di invalidità per invalidi parziali (74% al 99%).
• Indennità di accompagnamento: è riconosciuto a coloro che hanno un’invalidità civile pari al 100% e una condizione di completa non autosufficienza.
• Congedi familiari non retribuiti.
• Permessi lavorativi retribuiti (L. n° 104/92).
• Esenzione ticket sanitario.
• Agevolazioni fiscali per spese mediche e di assistenza.
• Preferenza assegnazione alloggi popolari.
• Tessera libera circolazione mezzi pubblici.
• Detrazione 19% per spese relative alla modifica di abitazioni finalizzate ad
eliminare le barriere architettoniche.
• Ausili protesici da richieder all’ASL con impegnativa del medico curante:
1. Letto articolato.
2. Carrozzina.
3. Comoda.
4. Ausili per incontinenza.
5. Girello.
6. Sollevatore.
Per ottenere i suddetti vantaggi, per i pazienti ricoverati
nella lettera di dimissione la diagnosi e i valori dei Test
Neuropsicologici rappresentano i requisiti medici che verranno
valutati dalle varie commissioni per rilasciare certificati di
invalidità, amministratore di sostegno, ecc.
Per i pazienti ambulatoriali oltre al referto dovranno richiedere
il certificato con diagnosi e Test Neuropsicologici.
38
Istituto Suore Cappuccine di M. Rubatto
Casa di Cura San Francesco
Via IV Novembre, 7 • 24128 Bergamo • Telefono 035 2811111 • Fax 035 225162
www.cdcsanfrancesco.it • e-mail: [email protected]
Scarica