LA PROPAGAZIONE DELLE PIANTE

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LA PROPAGAZIONE DELLE PIANTE
Per propagazione si intende l’ottenimento di una determinata quantità di nuove piante, a partire da
poche piante madri selezionate.
I metodi di propagazione sono:
1.
2.
per seme, o riproduzione (detta anche propagazione gamica)
per via vegetativa o moltiplicazione (detta anche propagazione agamica)
Il materiale impiegato deve possedere requisiti tali da risultare interessante per la coltivazione e presentarsi
sano e di buon aspetto (requisiti GENETICI e requisiti SANITARI).
TECNICHE
1.
per seme: la propagazione per seme o riproduzione si ottiene tramite la semina; questa può
avvenire:
-
2.
all’aperto, in piena terra
all’aperto, in contenitore
in ambiente protetto (serre, tunnel, “letto caldo”, ecc.)
agamica: la propagazione vegetativa o agamica può avvenire:
-
per divisione
per talea
per innesto
per propaggine
per margotta
per micropropagazione
Metodi di propagazione delle piante
Riproduzione
(utilizza il seme)
Vi si ricorre per:
- propagare:
cereali
piante foraggere
molti ortaggi
molti portainnesti per alberi da frutto
piante forestali
molte piante ornamentali
- ottenere nuove varietà
Propagazione
Moltiplicazione
(utilizza una parte di pianta
diversa dal seme)
Vi si ricorre per:
- propagare:
alcuni ortaggi
molte piante ornamentali
fragola
alberi da frutto e molti loro portainnesti
vite e suoi portainnesti
LA PROPAGAZIONE PER TALEA
E’ una tecnica mediante la quale una porzione vegetativa di pianta (ramo, branca, radice, germoglio, foglia)
posta in adatte condizioni ambientali origina una nuova pianta.
Si possono perciò avere:
talee di ramo
talee di radice
talee di foglia
Le talee di ramo, a loro volta si distinguono in:
talee legnose
talee semilegnose
talee erbacee
La moltiplicazione per talea è impiegata per quelle piante che hanno facilità a radicare. Nel caso di talee di
ramo, le radici (avventizie) si originano da punti chiamati nodi, in cui sono concentrati tessuti meristematici;
le cellule meristematiche hanno la capacità di moltiplicarsi, producendo così il cosiddetto “callo” (che chiude
la ferita praticata) e radici avventizie.
Oggi, grazie a nuove tecniche ed acquisizioni, è possibile moltiplicare per talea anche specie che in passato
risultavano difficili.
Le condizioni ambientali che favoriscono la radicazione sono:
temperatura adatta
elevata umidità
presenza di ossigeno
E’ inoltre importante tenere conto del periodo più adatto, a seconda della specie e del materiale utilizzato. Ad
esempio, le talee legnose di ramo si prelevano solitamente in autunno o in pieno inverno, e si possono porre
subito a dimora (si utilizzano porzioni di circa 30 cm, effettuando tagli vicini alla gemma).
La radicazione delle talee può essere stimolata e favorita con alcune tecniche particolari, come
l’applicazione di sostanze ormoniche, il riscaldamento basale, la nebulizzazione, ecc. Tra le sostanze
ormoniche che stimolano la radicazione quella più utilizzata ed efficace è l’acido isolbutirrico (IBA); questo
prodotto, di solito in polvere, può essere sciolto in alcol e diluito in acqua distillata oppure con talco
(l’applicazione alle talee può essere liquida o in polvere).
Il riscaldamento basale può essere ottenuto mediante una resistenza elettrica o un tubo a serpentina in cui
scorra acqua calda, che riscaldi il piano su cui appoggia il substrato di radicazione o i contenitori con le
talee. La nebulizzazione consiste nel nebulizzare periodicamente acqua nell’ambiente che ospita le talee, al
fine di mantenere elevata l’umidità.
Come substrato di radicazione si usa spesso del terriccio a base di torba; esso deve essere soffice,
possibilmente sterile privo di sostanze o organismi dannosi alle piante, e non concimato. Anche la sabbia di
fiume, purché pulita o lavata può prestarsi all’occorrenza, così come sostanze inerti, quali l’agriperlite e la
vermiculite (le quali possono anche essere aggiunte al terriccio). Le talee legnose di specie arboree o
arbustive si possono anche interrare nel normale terreno agrario, purché mantenuto soffice, umido e libero
da infestanti e patogeni.
Si interra una porzione di ramo che varia da 1/3 a 2/3 della sua lunghezza, a seconda della specie e della
dimensione. Per le talee erbacee e semi erbacee è importante non interrare mai le foglie o i piccioli fogliari; i
rametti vanno infatti defogliati almeno per la parte che va interrata. Per certe piante con foglie grandi si usa
spesso tagliare una parte delle stesse, al fine di ridurre la perdita di acqua (disidratazione) e quindi
l’appassimento della talea. La talea non deve subire appassimenti o eccessi e ristagni prolungati di umidità,
pena la mancata radicazione e l’insorgere di marciumi.
Se le condizioni rimangono adatte, dopo un periodo che varia da poche settimane ad alcuni mesi (a seconda
della specie, del tipo di talea e del periodo stagionale), la talea è radicata e prende il nome di barbatella.
L'INNESTO
è una pratica agronomica per la moltiplicazione agamica delle piante realizzata
con la fusione di due individui differenti, detti rispettivamente portinnesto o
soggetto e nesto o oggetto, di cui il primo costituisce la parte basale della pianta
e il secondo la parte aerea.
Talvolta, l'innesto si realizza con tre individui, interponendo fra il portinnesto e il
nesto un terzo bionte, detto intermediario.
Il nesto si denomina anche “marza”, “gentile”, “domestico”; il soggetto anche
“portainnesto” e, se derivato da seme di pianta selvatica, “selvatico”.
Oltre che piante derivate da semi possono funzionare da soggetti le talee, le
piante già innestate: in tal caso si parla di sovrainnesto.
L'innesto consiste nel saldare, sul portainnesto, una parte di pianta del nesto, detta
marza , rappresentata da una porzione di ramo o da una gemma , in quest'ultimo
caso detta occhio o scudetto. Si ottiene in questo modo un'unica pianta formata
da due porzioni diverse. La fusione istologica avviene grazie al callo che si forma
fra le due superfici tagliate, precisamente dove combaciano i meristemi cambiali.
LE FUNZIONI DELL'INNESTO
Oltre a essere un sistema di propagazione agamica di largo impiego, all'innesto si
ricorre, soprattutto in frutticoltura per questi motivi:
reinnestare un arboreto per sostituire una cultivar superata o per introdurne una,
vecchia o nuova, preferibile a quella presente. In questo caso l'innesto si propone
come alternativa all'espianto e reimpianto dell'arboreto;
regolare lo sviluppo, la longevità, la precocità: il portainnesto è in grado di
trasmettere al nesto caratteri fisiologici e fenologici specifici. La scelta del
portinnesto influisce sulla vigoria limitando lo sviluppo della parte aerea
(portainnesti nanizzanti) o rafforzandoli
adattare una cultivar a particolari condizioni pedologiche e climatiche: le specie e
le varietà vegetali hanno differenti sensibilità a determinate proprietà fisiche e
chimiche del terreno (tessitura, contenuto in calcare, siccità, ecc.); l'innesto di una
cultivar sensibile su una specie o su una varietà meno sensibile permette di
adattarla a specifiche condizioni.
Aumentare la resistenza a parassiti, malattie e fitofagi: il ricorso a portinnesti
resistenti a particolari avversità permette di evitare attacchi agli apparati radicali
o a contenerne gli effetti. L'esempio più eclatante è la lotta alla fillossera della
vite tramite l'innesto dei vitigni europei su portinnesti americani più resistenti al
fitofago;
introduzione di impollinatori: negli arboreti in cui si nota una modesta
impollinazione si può ricorrere al reinnesto di un certo numero di piante con
cultivar che hanno funzione impollinatrice;
correggere la struttura scheletrica della pianta: l'innesto può essere sfruttato per
correggere difetti di sviluppo delle branche nelle parti deficienti per varie cause.
In alcuni cloni di molte specie arboree che presentano difficoltà a radicare
l'innesto risulta l'unico metodo di propagazione
L'attecchimento dell'innesto varia in funzione di molteplici fattori.
Polarità. Come nelle talee e nella propaggine, anche nell'innesto deve essere
rispettata la polarità naturale. La marza non dovrà essere ribaltata rispetto alla
posizione naturale.
Condizioni ambientali. Un innesto, per attecchire, richiede temperature di 2530 °C, per stimolare la formazione del callo, e elevata umidità per evitare la
disidratazione dello stesso. Per questo motivo si adottano tecniche di
condizionamento che rientrano nella pratica della forzatura.
Manualità e scelta del materiale idoneo. Per praticare l'innesto si adottano
attrezzi e materiali adatti. I tagli devono essere netti, eseguiti con attrezzi affilati, e
ci deve essere il perfetto contatto tra le zone cambiali.
Compatibilità tra portainnesto e nesto
In linea di massima si riscontra compatibilità:
tra piante botanicamente affini, cioè tra specie e varietà dello stesso genere, o tra
varietà e selvatico della stessa specie;
tra piante di generi diversi della stessa famiglia (per esempio: Pero e Cotogno.
Pesco e Mandorlo ecc.);
tra piante di famiglie diverse, affini soltanto per quanto riguarda le caratteristiche
esteriori e il comportamento (per esempio: Nespolo e Biancospino);
tra piante sempreverdi e piante a foglie caduche (per esempio: Nespolo del
Giappone e Nespolo comune, piante ornamentali varie ecc.).
Questa non è la regola, poiché si riscontrano frequenti casi di incompatibilità
scarsa o addirittura nulla tra varietà di una stessa specie; inoltre molto spesso
l'affinità non è reciproca: per esempio, il Biancospino funge da portainnesti per
diversi fruttiferi, ma è compatibile solo con se stesso.
Alla base della disaffinità tra soggetto e oggetto vi sono fenomeni biologici non del
tutto chiariti a livello scientifico (una delle probabili cause è il diverso ritmo vegetativo
delle due parti). Di conseguenza, i vivaisti specializzati nella produzione di
portainnesti procedono all'accertamento della compatibilità tra diversi individui
mediante la sperimentazione pratica.
Possiamo distinguere quattro tipologie di disaffinità di innesto:
disaffinità totale: si manifesta subito durante il processo di saldatura, dove non
avviene la formazione del cambiforme
disaffinità ritardata con discontinuità dei tessuti: il cambio risulta discontinuo a
causa della produzione di parenchima al posto dello xilema, processo che ostacola il
passaggio di nutrienti; questa disaffinità è superabile mediante interposizione di un
intermediario
disaffinità ritardata senza discontinuità dei tessuti: non si manifesta con
anomalie nei tessuti in prossimità della zona di innesto, ma presenta nel tempo una
degenerazione del floema, che provoca una diminuzione nel passaggio di nutrienti
disaffinità indotta da patogeni: anch'essa non superabile, dovuta alla presenza di
virus e micoplasmi (virus dell'accartocciamento fogliare del ciliegio)
COME AVVIENE L'INNESTO
L'innesto si considera "riuscito" quando si ristabilisce la circolazione della linfa tra
portainnesto e nesto. Perché ciò si verifichi, è necessaria la perfetta saldatura tra
gli elementi ad analoga funzione appartenenti ai due individui.
Il cambio è un anello presente nei fusti e nei rami e che costituisce la zona
generatrice di nuovi tessuti. È necessario mettere le cellule cambiali in esatta
corrispondenza e a stretto contatto, adottando tecniche diverse a seconda che il
nesto sia costituito da una gemma (scudetto) o da un rametto (marza).
L'innesto attecchisce quando le due parti poste a contatto formano un nuovo anello
cambiale comune
FASI SUCCESSIVE DELLA SALDATURA DELL'INNESTO
1. Formazione di callo, costituito da cellule nuove, indifferenziate, prodotte da
entrambe le parti.
2. Differenziazione di alcune cellule, con produzione di un nuovo anello cambiale
comune.
3. Il nuovo anello cambiale inizia a produrre legno verso l'interno, costituito da
vasi che portano la linfa ascendente (dalle radici alla chioma), e libro verso
l'esterno, composto da vasi che portano la linfa discendente (dalle foglie alle
radici).
4. Si ripristina la struttura primitiva regolare della pianta e si ristabilisce la
circolazione.
5. In particolare, negli innesti a marza si ricostituisce l'anello cambiale continuo,
mentre in quelli a gemma dapprima il tessuto cambiale del portainnesto ingloba il
legno della gemma e solo in seguito i due tessuti cambiali si fondono.
Momento biologico delle piante
La saldatura può avvenire soltanto quando le piante si trovano nella fase attiva,
cioè quando sono "in succhio". In alcuni innesti particolari praticati in fase di
quiescenza, la saldatura non avviene subito, ma le parti, se ben protette, si
mantengono vitali in attesa della prossima stagione favorevole. In base alla specie
e alla tecnica prescelta, l'innesto si esegue dal termine dell'inverno al termine
dell'estate, cioè nel periodo compreso tra la ripresa e la fase discendente
dell'attività vegetativa.
Condizioni ambientali
La temperatura è il fattore ambientale determinante nei confronti della rapidità di
formazione del callo cicatriziale. Le varie specie hanno esigenze termiche
particolari, come si deduce dalla stagione nella quale vanno preferibilmente
innestate; per tutte, comunque, la saldatura avviene entro i limiti di + 5 e + 40 °C.
La temperatura ottimale, che condiziona positivamente la rapidità di saldatura e la
percentuale di riuscita degli innesti, è compresa tra i 20 e i 25 °C.
L'umidità, specie quando è accompagnata da temperature elevate, favorisce
l'insediamento di malattie fungine e batteriche a livello del punto di innesto che,
anche per questo motivo, va preferibilmente protetto.
SINTOMI E CONSEGUENZE DELLA CATTIVA RIUSCITA DELL'INNESTO
Il fallimento più o meno completo dell'innesto, dovuto a tecnica errata o a
incompatibilità, può venire rilevato entro pochi giorni oppure a scadenza più o meno
lunga; quando la causa risiede in una disaffinità non assoluta, i sintomi si
manifestano anche nella stagione successiva e perfino dopo qualche anno. I sintomi
della cattiva riuscita dell'innesto, più o meno appariscenti e con conseguenze più o
meno gravi, sono:
semplice ipertrofia nel punto di innesto (per scarsa compatibilità);
deperimento, o morte, della sola parte aerea, o anche dell'apparato radicale, causati
da difficoltà o arresto della circolazione della linfa (per tecnica errata o
incompatibilità);
degenerazione dei tessuti a livello del punto di innesto, con produzione di sughero e
gomma, che inibiscono gradualmente il passaggio delle sostanze nutritive (per
incompatibilità);
morte del solo apparato radicale (e in seguito, come è logico, anche della parte
aerea), a causa di sostanze tossiche inviate al portainnesto dal nesto incompatibile;
rottura improvvisa in corrispondenza del punto di innesto (per tecnica errata o, se la
rottura ha superficie netta, per incompatibilità);
sviluppo stentato, deformazioni, nanismo, gigantismo del nesto;
comparsa di "chimere", cioè germogli "ibridi", con caratteristiche intermedie tra
portainnesto e nesto (per incompatibilità); alcune di queste formazioni sono risultate
interessanti e isolate in piante ornamentali.
Una delle condizioni indispensabili per la riuscita degli innesti è l'aderenza il più
possibile perfetta tra portainnesto e nesto. I tessuti da porre a contatto devono
coincidere, quindi occorre un'estrema precisione nel praticare incisioni, prelevare
gemme, foggiare l'estremità delle marze e preparare la relativa sede nel soggetto.
In alcuni casi si deve procedere a un vero e proprio lavoro di intarsio per ricavare
un'idonea nicchia in cui incastrare la gemma.
Il materiale da impiegare per l'innesto deve avere i tessuti integri e pertanto tutte le
operazioni vanno eseguite con tagli netti, per evitare schiacciamenti, sbavature e
scheggiature. Oltre che con tecnica accurata, che si acquisisce soltanto con la
pratica, occorre operare con arnesi adatti e avere a portata di mano tutto il materiale
necessario per completare il lavoro ed eventualmente ovviare a qualche
imperfezione. 
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