DIPARTIMENTO DI MEDICINA SPERIMENTALE SEZIONE DI FISIOPATOLOGIA MEDICA ED ENDOCRINOLOGIA DOTTORATO DI RICERCA in BIOTECNOLOGIE DELLA RIPRODUZIONE UMANA XXIV ciclo STUDIO MOLECOLARE DELLA CINETICA NEMASPERMICA Relatore: Candidata: Prof.ssa Loredana Gandini Dott.ssa Daniela Popolla Anno Accademico 2010-2011 1 INTRODUZIONE pg. 3 INFERTILITÀ MASCHILE pg. 4 STRUTTURA DELLO SPERMATOZOO pg. 7 CINETICA DELLO SPERMATOZOO pg. 11 METABOLISMO ENERGETICO: FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA E GLICOLISI pg. 16 SCOPO DELLA TESI pg. 26 MATERIALI E METODI pg. 28 CASISTICA pg. 29 ESAME DEL LIQUIDO SEMINALE pg. 29 - Valutazione Macroscopica pg. 29 - Valutazione Microscopica pg. 31 TEST DI VITALITÀ NEMASPERMICA pg. 33 STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA pg. 33 - Preparazione dei campioni per la Real-Time PCR pg. 33 - Estrazione dell’RNA pg. 34 - Misurazione dell’RNA pg. 35 - Retrotrascrizione pg. 35 - Real-Time PCR pg. 36 ANALISI STATISTICA pg. 45 RISULTATI pg. 47 DISCUSSIONE pg. 57 BIBLIOGRAFIA pg. 65 2 INTRODUZIONE 3 L’INFERTILITA’ MASCHILE L’infertilità colpisce il 10-15% delle coppie che tentano di avere figli e nella metà di questi casi può essere riscontrato un fattore maschile. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), definisce l’infertilità maschile come l’incapacità di fecondare dopo 12 mesi di rapporti liberi con una partner femminile in perfette condizioni di fertilità. L’infertilità può essere distinta in primaria, quando non si verifica mai una gravidanza, o secondaria, quando precedentemente si è verificata una gravidanza. L’esame del liquido seminale è l’indagine di laboratorio principale cui deve essere sottoposto un uomo che si trova in condizione di infertilità. L’infertilità maschile, infatti, è spesso associata ad una condizione di dispermia ovvero alterazione di uno o più parametri seminali, in particolare, una riduzione della concentrazione, della motilità nemaspermica e della percentuale di spermatozoi con normale morfologia (Schema 1). Normozoospermia normale concentrazione nemaspermica Oligozoospermia ridotta concentrazione nemaspermica Criptozoospermia presenza di spermatozoi nel sedimento Normocinesi normale motilità nemaspermica Astenozoospermia ridotta motilità nemaspermica Discinesi alterazione qualitativa della motilità Acinesi assenza di motilità Teratozoospermia alterata morfologia Azoospermia assenza di spermatozoi Oligoastenoteratozoospermia ridotta concentrazione motilità e alterata morfologia Schema 1 Nomenclatura seminale 4 La dispermia deve essere considerata rigorosamente come un sintomo e non come una diagnosi, anche se spesso l'impossibilità di giungere ad una diagnosi clinica eziologica porta a tentativi terapeutici volti ad intervenire direttamente sul sintomo dispermia (Hirsh, 2003). Nell’interpretazione dell’analisi del liquido seminale è fondamentale tener presente l’età dell’individuo. Nel giovane esiste un netto distacco tra lo spermarca, (comparsa dei primi spermatozoi nelle urine della mattina derivanti da polluzioni notturne incoscienti), le prime eiaculazioni coscienti e volontarie e infine il raggiungimento della maturità seminale. Pertanto prima di parlare di dispermia sarà necessario attendere lo stabilizzarsi di tali fenomeni maturativi. Naturalmente questo discorso è valido anche con l’avanzare dell’età. Pur essendo valido il principio che la fertilità maschile non ha un limite superiore di età, è altrettanto vero che tutti i parametri seminali subiscono un deterioramento progressivo a partire dai 40 anni. Per questo lo stato di normalità seminale e la normalizzazione mediante terapie potranno essere molto diversi a seconda dell’età del paziente. Molteplici possono essere le cause di infertilità maschile anche se nel 50% dei casi rimangono sconosciute (infertilità idiopatica). Tra le cause note possiamo distinguere cause genetiche e cause non genetiche. Le cause genetiche di infertilità maschile possono essere legate sia ad anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi (Chandley AC., 1998) , sia a mutazioni a carico di uno o più geni del DNA cellulare o del DNA mitocondriale. Gli individui affetti dalla Sindrome di Klinefelter sono caratterizzati da un cromosoma X soprannumerario (cariotipi 47 XXY) e sebbene possano essere fenotipicamente del tutto normali presentano una produzione estremamente ridotta di spermatozoi, fino all’azoospermia. 5 Negli ultimi decenni un ruolo importante nell’individuare l’eziologia genetica dell’infertilità maschile lo hanno avuto gli studi condotti sulle microdelezioni del cromosoma Y. Queste interessano 3 loci del braccio lungo del cromosoma Y denominati AZFa, AZFb, AZFc nei quali sono stati individuati diversi geni importanti per la spermatogenesi. I fenotipi associati alle delezioni nei 3 loci sono molto variabili: le delezioni nella regione AZFc possono essere associate ad azoospermia o a grave oligozoospermia con un quadro citologico testicolare variabile che va dalla sindrome a sole cellule del Sertoli, all’arresto spermatogenico e alla ipospermatogenesi; le delezioni in AZFa e in AZFb causano azoospermia in due terzi dei casi e più raramente, grave oligozoospermia. Rappresentano cause di infertilità anche le traslocazioni, reciproche e Robertsoniane, così come mutazioni a carico di singoli geni come il gene codificante per il recettore degli androgeni e il gene CFTR che codifica per una proteina di membrana che regola il passaggio di elettroliti. Anche le mutazioni a carico di geni mitocondriali possono intaccare la capacità fecondante di un individuo. Il genoma mitocondriale, infatti, contiene geni codificanti per diversi componenti essenziali della catena respiratoria che fornisce allo spermatozoo energia necessaria al movimento (DiezSanchez C. et al., 2003). La spermatogenesi è sottoposta ad uno stretto controllo ormonale da parte dell’asse ipotalamo-ipofisi. Risulta evidente, quindi, che in molti casi le cause di infertilità maschile sono di natura endocrina. Le gonadotropine FSH e LH prodotte dall’ipofisi anteriore o adenoipofisi, agiscono rispettivamente sulle cellule del Sertoli, favorendo il processo di spermatogenesi, e sulle cellule del Leyding determinando la produzione del testosterone. Nell’ipogonadismo ipogonadotropo si ha una ridotta 6 produzione di questi ormoni che determina un arresto della spermatogenesi e una riduzione della produzione degli ormoni sessuali. Altre cause di infertilità maschile possono essere: criptorchidismo, ostruzione/assenza delle vie seminali, varicocele, impotenza, infezioni, stili di vita, fattori ambientali. Da quanto detto fin ora si può affermare che il liquido seminale, in particolare nella sua componente nemaspermica risente moltissimo di ogni stato patologico dell’individuo e la spermatogenesi rappresenta un indicatore dell’omeostasi dell’individuo. STRUTTURA DELLO SPERMATOZOO Una delle caratteristiche intrinseche degli spermatozoi è la loro capacità di movimento. Questa capacità è strettamente legata alla loro struttura. Durante il processo di spermiogenesi lo spermatide, cellula aploide e rotonda, va incontro ad una serie di profondi cambiamenti che la trasformano in spermatozoo, cellula altamente specializzata. Questi cambiamenti comprendono perdita di gran parte del citoplasma, riduzione degli organelli citoplasmatici, accumulo di enzimi litici e formazione del flagello. Gli spermatozoi sono cellule lunghe circa 60 µm e sono costituiti dalla testa , il collo e la coda che occupa gran parte della lunghezza cellulare ed è suddivisa in tre porzioni: segmento intermedio, segmento principale e segmento terminale (Fig.1). La testa è lunga circa 5 µm e comprende il nucleo e l’acrosoma. Il nucleo aploide è condensato ed elettrondenso e anteriormente è rivestito dall’acrosoma che si trova a stretto contatto con la membrana plasmatica dello spermatozoo. 7 Fig. 1 Struttura dello spermatozoo Questa struttura che deriva dall’apparato di Golgi contiene diversi enzimi litici che vengono rilasciati durante il processo acrosiomale e sono necessari allo spermatozoo per penetrare la membrana plasmatica dell’oocita. Il collo è lungo circa 1 µm ed unisce la testa alla coda. È formato da 9 colonne di materiale fibroso disposte a cilindro intorno ad un centriolo disposto in posizione trasversale rispetto all'asse di simmetria dello spermatozoo e chiamato centriolo distale (l'altro centriolo, il centriolo prossimale, scompare dopo aver dato origine al flagello). La parte posteriore delle 9 colonne dense è in continuità con le 9 fibre esterne che circondano l’assonema nel segmento intermedio della coda. L’assonema è un complesso filamentoso composto da una coppia di microtuboli centrale circondata da nove coppie disposte esternamente (Fig.2). I due microtubuli che formano le 9 coppie esterne sono di diverse dimensioni: il microtubulo più interno (A) è costituito da 13 unità di tubulina mentre quello più esterno (B) è costituito da 11 unità di tubulina. Dal microtubulo più interno si estendono due bracci di dineina che regolano lo scorrimento di una coppia di microtubuli sull’altra. Sempre da questo microtubulo partono raggi che collegano i doppietti di microtubuli esterni alla guina fibrosa che circonda il doppietto centrale. 8 Fig. 2 Struttura dell’assonema Un filamento di nexina, invece, collega tra di loro le nove coppie di microtubuli esterne. Il segmento intermedio è caratterizzato dalla presenza della guina mitocondriale fondamentale per la respirazione e la produzione di energia. Questa porzione della coda termina a livello dell’anello, una struttura densa sulla quale è fusa la membrana plasmatica impedendo in questo modo ai mitocondri di migrare negli altri segmenti. A livello dell’anello si interrompono anche 2 delle 9 fibre esterne che circondano l’assonema. Il segmento centrale è la parte più lunga della coda e misura circa 45 µm. E’ caratterizzato dalla presenza di 2 colonne di fibre dense (guaina fibrosa) che circondano le 7 fibre esterne e l’assonema. Il segmento terminale del flagello contiene solo l’assonema circondato dalla membrana plasmatica. Una volta terminata la spermiogenesi, gli spermatozoi vengono rilasciati nel lume del tubulo seminifero, attraversano i canali efferenti, l’epididimo, il canale di Wolff e infine l’uretra al termine della quale abbandonano il corpo. 9 Durante il transito nelle vie seminali gli spermatozoi subiscono un’ulteriore fase di maturazione (Glover et al., 1974; Cooper et Orgebin-Crist, 1975): - acquisiscono motilità che normalmente deve essere di tipo rettilineo rapido, con una velocità media di circa 40 µm al secondo. Precisamente a livello della testa epididimaria il flagello comincia a compiere dei movimenti di maggiore ampiezza (15-16 μm) rispetto a quelli osservati a livello testicolare (6-7 μm) e gli spermatozoi cominciano a mostrare movimenti propulsivi, tracciando delle traiettorie circolari o del tutto irregolari. Durante il transito nell’epididimo la frequenza e l’ampiezza (18-19 μm) del movimento del flagello aumentano sensibilmente, per cui la motilità nemaspermica diventa progressiva. È importante ricordare che vari fattori contribuiscono allo sviluppo di tale caratteristica dei gameti, quali: l’aumento dell’osmolarità e la diminuzione del pH, l’aumento intraspermatico di ioni calcio e di cAMP, la stabilizzazione di numerose strutture dello spermatozoo, quali il flagello, la guaina mitocondriale del segmento intermedio, le membrane mitocondriali esterne, le fibre dense accessorie dell’assonema. - cambiano metabolismo acquisendo la capacità di sfruttare come fonte di energia fruttosio, sorbitolo e glicerilfosfato che viene prodotto a partire dalla glicerofosfocolina da un enzima presente nelle vie genitali maschili. Il fruttosio può essere utilizzato sia in condizioni aerobiche che anaerobiche, il sorbitolo, invece, soltanto in condizioni aerobiche. Al termine di tali cambiamenti gli spermatozoi che si trovano nel tratto terminale dell’epididimo, si uniscono al plasma seminale costituito dalle secrezioni delle ghiandole accessorie del tratto genitale maschile (vescichette seminali, prostata, ghiandole bulbouretrali o ghiandole di Cowper) che apportano nutrienti necessari alla 10 motilità e producono tamponi che contrastano l’acidità presente nell’uretra e nella vagina. I secreti non vengono rilasciati in maniera casuale ma seguendo un ordine ben preciso: prima viene rilasciata la secrezione prostatica, poi quella epididimaria e infine quella vescicolare (Eliasson et Lindholmer, 1976; Tauber et al., 1975). La normale ultrastruttura del flagello è essenziale perché lo spermatozoo possa svolgere la sua funzione fecondante. Diversi possono essere i difetti strutturali legati al flagello, essi possono interessare l’assonema, le fibre esterne dense, i mitocondri e la guiana fibrosa (Zamboni 1987). Questi difetti sono responsabili di un’alterata motilità dello spermatozoo che può tradursi a seconda dei casi o in una severa astenozoospermia o in totale immobilità. La reale prevalenza di tali anomalie nella popolazione dei maschi affetti da ridotta o assente motilità spermatica è ancora poco nota. Il sospetto di una simile patologia impone innanzitutto, la necessità di dover ricorrere ad un tipo di indagine particolare quale l’analisi ultrastrutturale dello spermatozoo con microscopio elettronico a trasmissione (TEM). Tuttavia, gli elevati costi di questa indagine e l’esiguo numero di centri di riferimento con esperienza provata impongono una selezione dei casi da esaminare. CINETICA DELLO SPERMATOZOO Il movimento dello spermatozoo è di tipo flagellare e consiste in una serie di onde che si originano alla base del flagello e si propagano per tutta la sua lunghezza. In questo modo la testa viene spinta in avanti passivamente attraverso oscillazioni ritmiche di ampiezza regolare (Katz and Overstreet, 1979; Amelar, 1980). 11 La progressione dello spermatozoo nello spazio è in realtà dovuta alla sommazione di due tipi di movimento, uno oscillatorio ed uno rotatorio intorno all’asse longitudinale della cellula, che originano nel collo e percorrono la coda in tutta la sua lunghezza. Il motore che genera il movimento flagellare è costituito dai bracci di dineina che si estendono dai microtubuli che costituiscono l’assonema. Quando viene fosforilata la dineina è in grado di idrolizzare ATP sintetizzata dai mitocondri (Alberts et al. 2004) e di generare forza motrice (Tash 1989). I bracci di dineina, inoltre, interagendo con la coppia di microtubuli adiacenti, generano lo scivolamento di una coppia di microtubuli su un’altra (Fig.3) (Satir 1968; Summer and Gibbons 1971; Brokaw 1972, Shingyoji et al. 1977). Questo processo che determina una curvatura del flagello, viene ripristinato dalla de-fosforilazione della dineina da parte della fosfatasi calcineurina calmodulina-dipendente (Turner 2006). Fig. 3 Scorrimento dei microtubuli 12 La motilità dello spermatozoo nei mammiferi è regolata da diversi pathways di segnalazione. Quelli maggiormente studiati sono il pathway cAMP/PKA e il pathway di segnalazione del calcio (Suarez et al. 1987; Tash and Means 1987; Lindemann and Goltz 1988; White and Aitken 1989; Ho et al. 2002). Sotto l’azione del cAMP, la PKA può controllare la funzione del flagello attivando diversi meccanismi uno dei quali prevede la fosforilazione su residui di serina e treonina di proteine target che a loro volta generano una cascata di segnalazione che porta all’attivazione di tirosin chinasi i cui targets sono principalmente localizzati nel flagello (Leclerc et al. 1996; Si and Olds-Clarke 2000). Uno di questi target è appunto la dineina (Tash 1989). Anche il calcio è in grado di regolare la motilità del flagello sia in associazione con la PKA sia singolarmente. Subunità di canali del calcio sono state identificate nel segmento principale del flagello implicando un loro coinvolgimento nella regolazione della motilità dello spermatozoo (Westenbroek and Badcock 1999; Ren et al. 2001), tuttavia il suo ruolo in questa funzione è controverso. Infatti, se da un lato sembra che questo ione sia essenziale per lo sviluppo della motilità, dall’altra numerosi lavori mostrano che i suoi livelli intracellulari devono essere mantenuti bassi per permettere una completa attivazione dello spermatozoo (Luconi M. et al. 1996; Willaims K.M. and Ford W.C., 2001). Nei mammiferi gli spermatozoi mostrano due tipi di motilità fisiologica: la motilità attivata e la motilità iperattivata. La motilità attivata è quella motilità che viene acquisita durante il passaggio attraverso l’epididimo mentre la motilità iperattivata è quella associata al processo di capacitazione che si verifica nelle vie genitali femminili e che può essere indotto in vitro mediante separazione dal liquido seminale e incubazione in presenza di albumina e/o bicarbonato ( Suarez 1996). 13 La motilità iperattivata è caratterizzata da un più ampio battito del flagello e dallo spostamento laterale della testa dello spermatozoo. Il suo ruolo fisiologico è quello di aiutare lo spermatozoo a penetrare il cumulo ooforo che riveste l’oocita (Suarez et al., 1991; Stauss et al., 1995; Ho and Suarez 2001). Con l’esame del liquido seminale la motilità viene valutata al microscopio ottico dopo che è avvenuto il processo di fluidificazione, quindi, dopo almeno un’ora dall’eiaculazione. Ciò che viene valutato è la percentuale di spermatozoi mobili e il tipo di motilità che normalmente deve essere di tipo rettilineo rapido, cioè con una velocità media di circa 40 microns al secondo. Quando la motilità è rettilinea ma ha una velocità al di sotto di quella indicata, viene definita rettilinea lenta. La motilità non rettilinea, viene definita come discinetica; nei casi in cui non vi è uno spostamento reale dello spermatozoo nello spazio, si parla di motilità agitatoria in loco o in situ. In condizioni di normalità, in un soggetto di età compresa tra i 20 e 40 anni, dopo 1 ora dall’eiaculazione, la percentuale di spermatozoi con motilità rettilinea (rapida + lenta) deve essere superiore o uguale al 50%, o superiore o uguale a 25% solo rettilinea rapida. Per valori inferiori si ha una condizione di ipocinesi, che nei casi estremi giunge all’acinesi (assenza di motilità). Un’altra caratteristica importante della motilità è la durata nel tempo. In condizioni normali se la situazione chimicofisica del plasma seminale lo consente, essa si mantiene al di sopra del 30-35% alla 24° ora. Perché ciò avvenga il campione seminale deve essere conservato a temperatura costante, preferibilmente a 35°C. Temperature superiori aumentano la velocità riducendone la durata nel tempo per un maggiore consumo energetico, mentre risultati opposti si ottengono a temperature più basse di 25°C. 14 La motilità deve essere distinta dalla vitalità nemaspermica. Infatti, gli spermatozoi per essere vitali non debbono essere necessariamente mobili. Un classico esempio di tale situazione è rappresentato da difetti strutturali quali la mancanza congenita dei bracci di dineina nell'assonema nemaspermico. In tale condizione gli spermatozoi possono essere vitali, ma sono totalmente immobili (acinesi). L’attività cinetica degli spermatozoi è l’espressione di un complesso processo molecolare comprendente: - ossidazione di substrati energetici (Ruiz-Pesini et al. 1998; Ruiz-Pesini et al.2000); - metabolismo ciclico di nucleotidi e fosforilazione di proteine coinvolte nella traduzione del segnale attraverso la membrana plasmatica (Aoki et al. 1999, Luconi et al. 2001; Uma Devi et al. 2000); - la conversione di energia chimica in energia meccanica a livello del complesso assonemale (Gagnon 1995). Una motilità ridotta (astenozoospermia) o assente è una causa frequente di infertilità maschile (Bourgeron 2000, Irvine 2000, Mundy et al. 1995). Diverse possono esserne le cause: alterazioni strutturali del flagello (Chemes et al. 1998, Turner et al. 2001), alterazioni delle vie metaboliche che forniscono energia, ad esempio alterazioni funzionali e/o morfologiche mitocondriali (Bourgeron 2000, Mundy et al. 1995, Rawe et al. 2001), alterazioni ormonali e difetti genetici. Nella maggior parte dei casi le cause dell’astenozoospermia rimangono difficili da individuare e addirittura rimangono inspiegabili (Courtade et al. 1998). Peraltro, ad oggi non sono ancora noti i meccanismi alla base dell’astenozoospermia ed, in particolare, la comprensione dei processi molecolari ci permetterebbe di affrontare il problema da un punto di vista clinico con trattamenti terapeutici mirati, per es. stimolando 15 importanti vie di trasmissione energetiche o mediante terapia genica, piuttosto che superare il problema con la Fecondazione Assistita. METABOLISMO ENERGETICO: FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA E GLICOLISI Per poter svolgere la sua funzione lo spermatozoo necessita di una grande quantità di energia. Per ottenere questa energia esso metabolizza molecole semplici, principalmente zuccheri e suoi derivati (fruttosio, glucosio, mannosio, piruvato, lattato) che sono presenti sia nelle vie genitali maschili sia femminili (Ruiz-Pesini et al. 2007). Tre sono le principali vie attraverso cui questi substrati vengono ossidati per produrre energia: la glicolisi, il ciclo dell’acido citrico e la fosforilazione ossidativa (Fig.4). Fig. 4 Metabolismo energetico 16 La glicolisi è un’importante via metabolica responsabile della conversione di una molecola di glucosio in 2 molecole di piruvato. L’energia libera rilasciata durante questo processo viene immagazzinata in 2 molecole di ATP. Questa via metabolica si svolge nel citoplasma e può avvenire sia in presenza di ossigeno (aerobiosi) sia in assenza (anaerobiosi): - in aerobiosi, le molecole di piruvato possono entrare nel ciclo di Krebs ed essere degradate ad anidride carbonica ed acqua; - in anaerobiosi il piruvato viene degradato mediante fermentazione in acido lattico e acido acetico. In questo caso viene prodotta meno energia. - La glicolisi consiste in 10 reazioni consecutive ognuna delle quali è catalizzata da un enzima diverso (Fig.5). Essa può essere divisa in due fasi: - la fase di investimento energetico costituita dalle prime 5 reazioni, durante le quale il glucosio viene fosforilato a glucosio-6-fosfato ed infine scisso in 2 molecole di gliceraldeide-3-fosfato; ciò avviene attraverso l’utilizzo di 2 molecole di ATP. - la fase di recupero energetico nella quale le due molecole di gliceraldeide-3fosfato vengono trasformate in 2 molecole di piruvato con conseguente produzione di 4 molecole di ATP e 2 di NADH. Poiché nella prima fase si consumano 2 molecole di ATP, la glicolisi ha una resa netta di 2 molecole di ATP per molecola di glucosio. Nella prima reazione della glicolisi, il glucosio intracellulare viene fosforilato per azione dell’enzima esochinasi e trasformato in glucosio-6-fosfato con consumo di una molecola di ATP. Questa reazione è irreversibile e costituisce un punto chiave dell’intera via metabolica. L’esochinasi è un enzima la cui attività dipende dalla presenza di ioni magnesio. 17 Il passaggio successivo della glicolisi consiste nella isomerizzazione del glucosio 6 fosfato a fruttosio-6-fosfato in una reazione catalizzata dalla fosfoglucosio isomerari Mg2++ dipendente. Nella terza reazione il fruttosio-6-fosfato è sottoposto ad un’altra fosforilazione da parte dell’enzima fosfofruttochinasi cha catalizza il trasferimento del gruppo fosfato dall’ATP al fruttosio con produzione di fruttosio-1,6-bisfosfato. Anche questa reazione, irreversibile, costituisce un punto critico della glicolisi a causa della finissima regolazione cui è sottoposta la fosfofruttochinasi. Questo enzima infatti può essere inibito dall’ATP, dal citrato e dal suo prodotto mentre, viene attivato dall’ADP, AMP e dal fruttosio-2,6-bifosfato. Il fruttosio-1,6-bisfosfato viene scisso dall’aldolasi, enzima Mg2++ dipendente, in diidrossiacetone fosfato e gliceraldeide-3-fosfato. Dal momento che, soltanto la gliceraldeide-3-fosfato può essere utilizzata nelle reazioni successive, l’evoluzione di questa via metabolica ha selezionato un enzima, la triosofosfato isomerasi, in grado di convertire il diidrossiacetone fosfato in gliceraldeide -3-fosfato. A questo punto inizia la seconda fase della glicolisi. Le 2 molecole di gliceraldeide3- fosfato vengono convertite in 1,3-bisfosfoglicerato in una reazione catalizzata dalla gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi. Questa reazione consiste in una iniziale ossidazione dell’aldeide ad acido carbossilico, che porta al trasferimento con conseguente riduzione del coenzima NAD+ a NADH, e successiva fosforilazione del gruppo carbossilico. La settima reazione costituisce l’inizio vero e proprio della fase di recupero. Infatti, 1-3 bisfosfoglicerato cede un gruppo fosfato all’ADP in una reazione catalizzata dalla fosfoglicerato chinasi Mg2++ dipendente. La reazione successiva consiste in un riarrangiamento interno della molecola: la posizione del gruppo fosfato viene 18 cambiata dal carbonio in posizione 3 a quello in posizione 2 dall’enzima fosfoglicerato mutasi. Il prodotto che si forma da questa reazione è il 2-fosfoglicerato che viene convertito, tramite una reazione di disidratazione catalizzata da un enolasi, in fosfoenolpiruvato, un composto ad alta energia. Nell’ultima reazione della glicolisi, infine, viene generato piruvato ad opera della piruvato chinasi che idrolizza il fosfoenolpiruvato in enolpiruvato tramite trasferimento del gruppo fosfato ad un ADP generando ATP. L’enolpiruvato è convertito in piruvato tramite tautomeria cheto-enolica con la dislocazione degli elettroni dall’atomo di ossigeno all’atomo di carbonio. Fig. 5 La Glicolisi 19 Tutti i nove intermedi glicolitici tra il glucosio ed il piruvato sono fosforilati. I gruppi fosforici sembrano avere tre funzioni: - sono ionizzati a pH 7, in questo modo ogni intermedio della glicolisi acquisisce carica negativa che gli impedisce di uscire fuori dalla cellula dato che la membrana è impermeabile alle molecole cariche. Dopo la fosforilazione iniziale quindi, le cellule non devono spendere altra energia per tenere nel loro interno i composti fosforilati, anche se esiste un’enorme differenza di concentrazione di questi composti tra l’interno e l’esterno della cellula. - l’energia rilasciata dalla rottura dei legami fosfoanidridici (come quelli dell’ATP) viene in parte conservata nella formazione dei legami fosfoesteri come nel glucosio-6-fosfato. I composti fosforilati ad alta energia che si formano nella glicolisi donano i loro gruppi fosforici all’ADP e formano ATP. - il legame del gruppo fosforico al sito attivo di un enzima produce un’energia di legame che contribuisce ad abbassare l’energia di attivazione e aumenta la specificità della reazione catalizzata dall’enzima. Le 2 molecole di piruvato, prodotto finale della glicolisi, contengono ancora la maggior parte dell’energia. In condizioni di aerobiosi il piruvato viene trasportato dal citosol alla matrice mitocondriale dove viene ossidato ad opera della piruvato decarbossilasi e convertito in acetil-coenzima A che successivamente entra nel ciclo di Krebs. Il ciclo di Krebs è una via metabolica costituita da 8 reazioni. Questa via metabolica è definita circolare perché alla fine di ogni ciclo viene rigenerato il composto di partenza, l’acido ossalacetico a 4 atomi di carbonio. Il ciclo ha inizio con la 20 formazione dell’acido citrico (6 atomi di carbonio) a partire dall’acido ossalacetico e acetil-coenzima A. Nelle fasi successive l’acido citrico perde due atomi di carbonio formando così due molecole di CO2 e rigenerando l’acido ossalacetico che ricomincia il ciclo. Durante l’ossidazione del gruppo acetile a 2 molecole di anidride carbonica vengono cedute anche 4 coppie di elettroni. Tre di queste coppie di elettroni riducono 3 molecole di NAD+ a NADH mentre la quarta coppia di elettroni riduce una molecola di FADH+ a FADH2. La maggior parte dell’energia liberata durante il ciclo dell’acido citrico viene quindi immagazzinata in questi coenzimi ridotti ma una parte viene utilizzata per produrre anche una molecola di ATP. Gli elettroni trattenuti dal NADH e dal FADH2 vengono poi trasferiti sulla catena respiratoria nella membrana interna dei mitocondri. Attraverso questo processo il NADH e il FADH2 vengono riossidati a NAD+ e FAD+ e possono partecipare ad altre reazioni di ossidazione del substrato. Il trasferimento degli elettroni inoltre determina l’ossidazione-riduzione in successione di 10 centri redox che termina con la riduzione dell’O2 a H2O. Durante il trasferimento di elettroni dal mitocondrio vengono espulsi H+ che generano un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale. L’energia libera immagazzinata in questo gradiente elettrochimico viene utilizzata per la sintesi di ATP a partire da ADP e Pi mediante il processo noto come fosforilazione ossidativa. Come detto in precedenza nello spermatozoo l’ATP viene idrolizza dalla dineina per generare forza motrice che si traduce nel movimento flagellare. Da lungo tempo si cerca di chiarire il ruolo delle 2 vie metaboliche, glicolisi e fosforilazione ossidativa, nel fornire l’energia necessaria a supportare la funzione dello spermatozoo. 21 Poiché la respirazione è superiore alla glicolisi in termini di produzione di ATP, è stato per lungo tempo supposto che in condizioni fisiologiche l’ATP richiesto per la motilità è fornito per la maggior parte dalla respirazione mitocondriale. Tuttavia poiché i mitocondri sono localizzati esclusivamente a livello del segmento intermedio degli spermatozoi, e poiché il flagello spermatico dei mammiferi è molto lungo, rimane da spiegare come l’ATP possa raggiungere la dineina localizzata nella parte più distale del flagello. Per superare questa difficoltà alcuni autori hanno ipotizzato l’esistenza di shuttles metabolici che permettono la diffusione dell’ATP per tutta la lunghezza del flagello (Ford, 2006) (Fig.6). Fig. 6 Modello di diffusione dell’ATP lungo il flagello Secondo questa ipotesi, lungo il flagello, l’ATP, idrolizzata ad ADP per fornire l’energia necessaria al movimento, è rigenerata tramite il trasferimento del gruppo fosfato da molecole quali fosforilcreatina (CrP) (Tombes and Shapiro, 1985), ADP o 1,3-bisfosfoglicerato (1,3bis-P-Gly). Queste reazioni sono catalizzate da enzimi come la creatin chinasi, adenilato chinasi o 3 fosfoglicerato chinasi che lavorano vicino all’equilibrio. Inoltre, la fosforilazione ossidativa nel segmento intermedio rigenera ATP che può supportare la motilità o la ri-fosforilazione della creatina, 22 dell’AMP e del 3-P-Gly (nella figura tutti e 3 i composti sono rappresentati dalla X) (Dzeja PP and Terzic A, 2003). Sebbene la CrP è stata caratterizzata nei ricci di mare (Tombes and Shapiro, 1985) e risulta pressoché assente negli spermatozoi di mammiferi (Smith et al., 1985; Robitaille et al., 1987), in questi ultimi è stata rilevata una elevata attività adenilato chinasi che catalizza la reazione 2ADP ATP+AMP (Schoff et al., 1989). Tuttavia questo meccanismo potrebbe non essere sufficiente a trasportare l’ATP dalla testa fino all’estremità flagellare (Nevo et al., 1970). Per questo motivo, è stato ipotizzato che la glicolisi, compartimentalizzata nel segmento principale del flagello, possa avere un ruolo importante nel mantenimento della motilità lungo tutto il flagello (Mukai e Okuno, 2004). Mukai e Okuno hanno dimostrato che gli spermatozoi di topo mantengono una elevata motilità in una soluzione contenente glucosio. Questa motilità, così come la quantità di ATP, rimane inalterata quando al mezzo viene aggiunto CCCP, un inibitore della fosforilazione ossidativa. Lo stesso accade quando nella soluzione, al posto del glucosio, viene fornito lattato o piruvato. Diversamente invece si verifica quando al mezzo contenete piruvato o lattato viene aggiunto CCCP: la quantità di ATP diminuisce drasticamente. È evidente quindi che la glicolisi partecipa a fornire l’energia necessaria per la motilità ma si potrebbe pensare che questa via metabolica possa essere attivata in mancanza della respirazione mitocondriale. Per chiarire questo punto gli autori hanno dimostrato inoltre che, bloccando la glicolisi con DOG, un inibitore competitivo del glucosio, la motilità spermatica non può essere mantenuta in presenza di substrati della respirazione mitocondriale. Da quanto detto Mukai e Okuno ipotizzano che in presenza di substrati della glicolisi nell’ambiente circostante, gli spermatozoi metabolizzano questi substrati per 23 produrre energia. Quando invece, questi substrati nel mezzo sono poco concentrati gli spermatozoi utilizzano i substrati della respirazione mitocondriale per produrre glucosio che diffonde nelle altre regioni del flagello dove verrà metabolizzato per produrre energia (Fig.7). Nel tratto principale della coda dello spermatozoo sono stati identificati diversi enzimi glicolitici: esochinasi, lattato deidrogenasi, gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (Westhoff and Kamp 1997; Bunch et al. 1998; Mori et al. 1998; Travis et al. 1998; Krisfalusi et al. 2006). Nei mammiferi alcuni di questi enzimi sono presenti in 2 isoforme, una propria delle cellule somatiche e una specifica delle cellule spermatogeniche. Welch et al. (2000) hanno dimostrato nell’uomo l’esistenza di una isoforma della gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) specifica dello spermatozoo, la GAPDHS. Questa proteina che catalizza la reazione di fosforilazione ossidativa della gliceraldeide-3-fosfatodeidrogenasi accoppiata alla riduzione del NAD, ha mostrato una omologia del 68% rispetto alla proteina GAPDH delle cellule somatiche, da cui 24 differisce solo per i primi due esoni. Le due isoforme sono codificate da geni localizzati su cromosomi differenti: il gene che codifica per la GAPDH è localizzato sul cromosoma XII mentre il gene che codifica per la GAPDHS è localizzato sul cromosoma XIX. La GAPDHS è un polipeptide di 408 amminoacidi ed è costituito da un dominio CTerminale, un dominio NAD-binding e un dominio N-Terminale. Westhoff e Kamp (1997) hanno dimostrato che l’isoforma spermatica dell’enzima GAPDH è strettamente legata alla guaina fibrosa, struttura del citoscheletro che caratterizza il segmento principale. La localizzazione di questo enzima glicolitico lungo il flagello ha portato gli Autori a supporre una funzione metabolica per questa struttura per fornire energia per l’attività ATPasica della dineina distale. Un’ulteriore conferma dell’importanza della glicolisi in relazione alla motilità spermatica deriva dalla generazione di topi knockout per il gene che codifica per l’isoforma spermatica della gliceraldeide-3-fosfatodeidrogenasi (Miki et al. 2004). Questi topi sono infertili e mostrano alterazioni non solo quantitative ma anche qualitative della motilità nemaspermica che da rettilinea si modifica in discinetica. 25 SCOPO DELLA TESI 26 La capacità fecondante di un individuo dipende dalle caratteristiche microscopiche del suo liquido seminale, ed in particolare da tre parametri fondamentali: il numero di spermatozoi, la loro morfologia e motilità. Quest’ultimo parametro riveste un ruolo fondamentale nella riproduzione, in quanto per arrivare a fecondare la cellula uovo, gli spermatozoi devono essere in grado di risalire le vie genitali femminili. La motilità dello spermatozoo si realizza grazie alla particolare struttura con cui è organizzato il flagello e all’energia ad essa fornita, da due vie metaboliche, la fosforilazione ossidativa, che avviene nel tratto intermedio dove sono localizzati i mitocondri, e la via glicolitica che si realizza nel segmento principale nel quale sono stati individuati individuati gli enzimi glicolitici. Sebbene la glicolisi sia un processo altamente conservato negli eucarioti, alcuni enzimi glicolitici, espressi nelle cellule spermatiche, hanno caratteristiche strutturali e funzionali che li distinguono dalle rispettive isoforme espresse nelle cellule somatiche. Tre di essi, la gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi, la fosfoglicerato chinasi-2 e la lattato deidrogenasi-C, sono codificati da geni paraloghi espressi solo durante la spermatogenesi. Lo scopo del mio progetto di ricerca è stato quello di valutare l’espressione del gene GAPDHS che codifica per l’isoforma spermatica dell’enzima glicolitico gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) al fine di correlare le alterazioni della motilità nemaspermica con i livelli di espressione genica. Nell’ambito del mio progetto di ricerca ho selezionato, sulla base delle caratteristiche seminali, 2 gruppi di campioni seminali: il primo rappresentato da campioni caratterizzati da una motilità totale ≥ 45% (normocinetici, gruppo di controllo)e il secondo rappresentato da campioni con motilità totale ridotta ≤ 30% (ipocinetici). Su questi due gruppi ho eseguito l’analisi quantitativa dell’espressione del gene GAPDHS. 27 MATERIALI E METODI 28 CASISTICA Per realizzare il mio progetto di ricerca ho selezionato 83 pazienti che si sono recati presso il Laboratorio di Semiologia e Banca del Seme del Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Fisiopatologia ed Endocrinologia. Su ogni paziente è stato eseguito: - l’esame del liquido seminale - test di vitalità - studio dell’espressione genica. ESAME LIQUIDO SEMINALE I campioni di liquido seminale sono stati raccolti per masturbazione in un contenitore di plastica sterile dopo un periodo di astinenza sessuale compreso tra tre e cinque giorni. I campioni sono stati tenuti a 37°C per circa 60 minuti, tempo necessario perché avvenga il normale processo di fluidificazione, e successivamente analizzati secondo le linee guida del World Health Organization (WHO 1992; 1999). Inizialmente è stata eseguita la valutazione macroscopica del campione, necessaria a determinare: volume, pH, aspetto, fluidificazione, viscosità. Subito dopo si è proceduto con la valutazione microscopica che permette l’analisi della componente cellulare del liquido seminale, sia gametica che non gametica. Valutazione Macroscopica - Volume Il volume del liquido seminale è costituito principalmente dalle secrezioni delle vescicole seminali e della prostata e in minor misura dalle ghiandole bulbouretrali e dagli epididimi. 29 Per la valutazione del volume, i campioni di liquido seminale sono stati trasferiti tramite una pipetta in una provetta graduata. Il valore minimo di riferimento è 2,0 ml. - pH Il pH del liquido seminale deriva dalla combinazione del pH alcalino della secrezione vescicolare e del pH acido della secrezioni prostatica. La valutazione del pH è stata effettuata facendo diffondere una goccia di campione su cartina al tornasole. I valori di riferimento del pH del liquido seminale sono compresi tra 7,2 - 8,0. - Aspetto Per analizzare l’aspetto del seme ho posizionato il campione contro una sorgente luminosa. L’aspetto fisiologico del liquido seminale è avorio opalescente. In caso di una riduzione della componente gametica o assenza della componente cellulare non gametica il campione può presentare un aspetto meno opaco definito acquoso; viene definito invece lattescente quando l’eiaculato è costituito esclusivamente dalla frazione prostatica come avviene in caso di ostruzione delle vie genitali. Un colore rosato, rosso intenso o rosso bruno del seme è, invece, indicativo della presenza di sangue (emospermia). - Fluidificazione Subito dopo l’eiaculazione il liquido seminale va incontro ad un processo di coagulazione che lo trasforma in un coagulo gelatinoso. Tale processo fisiologico 30 consente al seme di rimanere adeso alla cervice uterina. Successivamente, in un tempo variabile tra i 10 e i 60 minuti, il coagulo subisce il processo di fluidificazione. Per valutare questo parametro ho fatto percolare il seme da una pipetta sulla parete della provetta osservando il campione in trasparenza contro una sorgente luminosa. Se il processo di fluidificazione è avvenuto in maniera completa il campione appare omogeneo, in caso contrario si osserva la presenza di coaguli più o meno grandi. - Viscosità La viscosità è una caratteristica reologica di un fluido biologico che dipende dalla sua componente citologica e biochimica. Ho effettuato la valutazione di questa caratteristica facendo gocciolare il liquido seminale da una pipetta. La viscosità viene considerata normale se il campione fluisce dalla pipetta formando delle gocce che si staccano una dopo l’altra in maniera ritmica e sequenziale, mentre viene considerata aumentata quando scende senza formare delle gocce ma un filamento. Nei casi in cui il liquido seminale è caratterizzato da una scarsa componente nemaspermica e non nemaspermica, la viscosità risulta diminuita. Valutazione Microscopica - Concentrazione e Motilità nemaspermica Per valutare queste caratteristiche ho eseguito un esame a fresco al microscopio ottico allestendo con vetrino coprioggetto 18x18 mm minimo due preparati per campione da 10 l. Ho analizzato i preparati con gli obbiettivi 10, 20 e 40X per valutare l’omogeneità della distribuzione cellulare e la sovrapponibilità delle 31 caratteristiche dei due preparati. I dati riguardanti la concentrazione nemaspermica sono stati confermati utilizzando la camera di Makler: 10 l di campione sono posti sul portaoggetti della camera e coperti con uno speciale vetrino coprioggetto dotato di una ghiera metallica e di griglia di conta. Al contrario di altre camere di conta, la Makler, ideata appositamente per il liquido seminale, offre il vantaggio di non dover ricorrere alla diluizione del campione, tuttavia presenta dei limiti di conta nel caso di campioni poco concentrati, per questa ragione non si può mai escludere l’esame a fresco. Per la valutazione della motilità ho analizzato almeno 20 campi microscopici per preparato e comunque non meno di 100 elementi nemaspermici. Ho valutato non solo la percentuale di spermatozoi mobili, ma anche il tipo di motilità che può essere definita: rettilinea quando lo spermatozoo si muove seguendo una traiettoria nello spazio, discinetica quando lo spermatozoo non si muove in modo lineare ma cambia direzione e agitatoria nei casi in cui non si ha uno spostamento dello spermatozoo nello spazio. Sulla base della percentuale di spermatozoi mobili ho suddiviso i pazienti selezionati in 2 gruppi: - Gruppo A costituito da 42 pazienti con motilità totale uguale o superiore al 45% - Gruppo B costituito da 41 pazienti con motilità totale uguale o inferiore al 30%. - Morfologia nemaspermica Ho analizzato questo parametro a fresco osservando i preparati con ingrandimento 400. Ho valutato la percentuale di forme tipiche e atipiche osservando le tre parti principali dello spermatozoo: la testa , il collo e la coda. La percentuale di forme atipiche non deve superare il 70%. 32 - Componente non nemaspermica Nel corso della valutazione delle caratteristiche delle cellule nemaspermiche del liquido seminale ho analizzato anche la presenza di cellule non nemaspermiche quali i componenti della linea germinale spermatica, i globuli bianchi, le cellule di sfaldamento, le emazie e la presenza di corpuscoli prostatici. TEST DI VITALITA’ Il test di vitalità che ho utilizzato è il test all’eosina, l’eosina Y è un colorante vitale, che permette di distinguere le cellule vitali da quelle morte poiché colora in rosa queste ultime penetrando attraverso la membrana cellulare danneggiata. Per eseguire il test ho miscelato 10 l di campione con 10 l di eosina 0,5 % sul vetrino portaoggetto ed ho coperto con un coprioggetto 22x22 mm. Al microscopio ottico con ingrandimento 400 ho contato almeno 200 spermatozoi distinguendo tra quelli colorati (non vitali) e quelli non colorati (vitali) ed ho calcolato la percentuale di quelli vitali. STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA Preparazione dei campioni per la real-time PCR Per l’estrazione dell’RNA dal liquido seminale ho preparato ogni campione secondo il seguente protocollo: - centrifugare a 2000 rpm per allontanare il plasma seminale - decantare il plasma seminale e risospendere con 2 ml di fisiologica - centrifugare a 2000 rpm per 10’ e poi risospendere nuovamente con 1 ml di soluzione fisiologia 33 - trasferire una quantità di campione contenente circa 20x106 di spermatozoi in provetta sterile e utilizzarla per l’astrazione dell’RNA. Estrazione RNA Per l’estrazione dell’RNA totale ho utilizzando il kit della Promega SV Total RNA Isolation System. Il protocollo prevede i seguenti passaggi: - centrifugare il campione a 4000 rpm per 10’ ed eliminare il surnatante - risospendare il pellet con 175 l di Lysis Buffer e vortexare per rompere bene le cellule - aggiungere 350 l di RNA Dilution Buffer, miscelare per inversione 3-4 volte e incubare a 70°C per 3’ - centrifugare a 13.000 rpm per 10’ e trasferire il surnatante contenente l’RNA, in una provetta sterile - aggiungere 200 l di etanolo al 95% e miscelare bene - trasferire la soluzione in una colonnina e centrifugare per 1’ a 13.000 rpm; eliminare l’eluato - lavare la colonnina con 600 l di RNA Wash Solution, centrifugare per 1’ a 13.000 rpm; eliminare l’eluato - incubare a temperatura ambiente per 15’ il filtro della colonnina con 50 l di DNase Incubation Mix (40 l di Yellow Core Buffer, 5 l MnCl2 0,09M, 5 l DNaseI) - aggiungere 200 l di DNase Stop Solution e centrifugare per 1’ a 13.000 rpm - aggiungere 600 l di RNA Wash Solution, centrifugare per 1’ a 13.000 rpm e eliminare l’eluato 34 - aggiungere 250 l di RNA Wash Solution, centrifugare per 2’ a 13.000 rpm e trasferire la colonnina in una provetta sterile - aggiungere 100 l di Nuclease-Free Water, centrifugare per 1’ a 13,000 rpm per eluire l’RNA e conservare a -80°C. Misurazione dell’RNA estratto Alla fine di ogni estrazione ho valutato la concentrazione e il grado di purezza dell’RNA estratto utilizzando lo spettofotometro (SmartSpec 3000 BioRad). Ho diluito il campione 1:10 ed ho misurato l’assorbanza a 260 nm (lunghezza d’onda specifica alla quale assorbono gli acidi nucleici) e a 280 nm (lunghezza d’onda alla quale assorbono le proteine). Per calcolare la concentrazione ho moltiplicato il valore dell’assorbanza a 260 nm (λ) per il fattore di conversione e il fattore di diluizione, mentre per ottenere il grado di purezza ho calcolato la razio A260/A280. Retrotrascrizione L’RNA è stato poi retrotrascritto in cDNA, cioè convertito in molecole di DNA complementari prive di sequenze introniche e sequenze regolative. Per fare ciò ho utilizzato il kit della Promega GoScript Reverse Transcription System. Il protocollo consente la conversione di RNA totale fino a 5 μg. La prima miscela che ho preparato seguendo il protocollo è la seguente: - 4 μl di RNA - 1 μl di Random Primers (0.5 μg/reaction) 35 Questa miscela è stata incubata per 5’ a 70°C, immediatamente trasferita in ghiaccio per 5’, centrifugata per 10’’ e mantenuta in ghiaccio il tempo necessario a preparare la seconda miscela. Seconda miscela: - 4 μl GoScript 5X Reaction Buffer - 2,4 μl MgCl2 - 1 μl PCR Nucleotide Mix - 0,5 μl Recombinant RNasin Ribonuclease Inhibitor - 1 μl GoScript Reverse Transcriptase - Nuclease-Free Water fino ad arrivare ad un volume di 15 μl Ad ogni campione è stata aggiunta la seconda miscela, è stato incubato prima a 25°C per 5’ per permettere l’appaiamento dei primers e poi a 42°C per un’ora in modo da permettere all’enzima di estendere il filamento. La reazione di retrotrascrizione è stata arrestata incubando i campioni a 70°C per 15’. REAL-TIME PCR La PCR real-time, denominata anche PCR quantitativa permette di misurare in tempo reale la concentrazione di una sequenza target in un campione biologico. Questa metodica, infatti, abbina il processo di amplificazione con quello di quantizzazione. Spesso la Real-Time PCR è combinata con la RT-PCR, PCR retrotrascrizionale per quantificare i livelli di espressione di determinati geni target. La retrotrascrizione converte l’RNA di partenza in cDNA complementare, mantenendo invariate le concentrazioni iniziali delle diverse specie di RNA. Il principio di funzionamento è semplice, si basa sull’utilizzo di fluorofori. Durante il processo di amplificazione i fluorofori contenuti nei campioni emettono fluorescenza 36 che viene rilevata da una telecamera CCD che acquisisce lo spettro di emissione di ogni singolo campione convertendo la variazione di fluorescenza in una rappresentazione in tempo reale della cinetica di amplificazione. Il calcolo della quantità di DNA dei campioni viene effettuato determinando il ciclo soglia (CT) della PCR, cioè quel ciclo in cui viene raggiunto il valore soglia di fluorescenza dove i segnali di amplificazione specifici sono separabili da quelli del rumore di fondo del sistema. L’analisi, quindi, non viene effettuata al plateau, come avviene nella PCR qualitativa, ma viene effettuata in fase esponenziale nella quale i reagenti sono ancora lontani dall’esaurimento e gli elementi di variabilità sono ridotti al minimo: nella fase di plateau i tre replicati di uno stesso campione pur avendo la stessa quantità di partenza, mostrano differenti quantità, mentre mostrano identiche quantità nella fase esponenziale. Il numero dei cicli necessari affinché un campione raggiunga il suo CT è inversamente proporzionale al numero di copie target presenti inizialmente. I metodi di quantificazione includono l'uso sia di colorazioni fluorescenti che intercalano con il DNA doppio-filamento, sia oligonucleotidi modificati del DNA, denominati sonde, che fluorescono una volta ibridati con il DNA. - Molecole intercalanti Il SYBR Green è una molecola fluorescente non specifica che si lega al solco minore della doppia elica di DNA. Questa molecola quando è libera in soluzione emette una fluorescenza minima che aumenta enormemente dopo il legame al DNA a doppio filamento (Fig.9). All’inizio di ogni ciclo di amplificazione, quindi, il segnale di fluorescenza è molto basso perché il DNA è denaturato e le molecole di SYBR Green sono libere. Durante ogni fase di allungamento, invece, si verifica un aumento 37 della fluorescenza che corrisponde all’aumento del numero di copie a doppio filamento dell’amplicone. Questa metodica è semplice e poco costosa ma non è specifica perché la molecola fluorescente si lega random a tutte le doppie eliche, compresi i dimeri dei primers. Fig. 9 SYBR Green Più specifiche per l’analisi del gene di interesse sono le sonde di ibridazione. - Sonde di ibridazione Le molecular beacons sono sonde che hanno una struttura a forcina, stem-loop. Queste molecole sono caratterizzate da 2 sequenze complementari tra loro localizzate alle estremità di una sequenza che si lega ad una sequenza sul gene di interesse. Le sequenze dell’estremità appaiandosi tra loro formano lo stem della struttura a forcina, mentre la sequenza centrale costituisce il loop. I molecular beacons contengono un fluoroforo e un quencher alle estremità opposte della sonda. Il quencher è un cromoforo non fluorescente che disperde l’energia che riceve dal fluoroforo sotto forma di calore. Quando non è legata alla sequenza target, questa sonda adotta una struttura a forcina ; in questo modo, il quencher che viene a trovarsi vicino al fluoroforo impedisce l’emissione della fluorescenza. Quando la sonda incontra una 38 molecola bersaglio complementare, alla temperatura di annealing subisce un cambio conformazionale favorendo la formazione di un ibrido sonda/bersaglio che è più stabile (Bonnet et al., 1999). La separazione del fluoroforo dal quencher porta all’emissione di fluorescenza che può essere rivelata e che dipende dalla quantità di prodotto specifico in quel dato momento (Fig.10). Fig. 10 Molecular beacons Le Sonde Fret sono sonde utilizzate a coppie e caratterizzate dal fatto che le loro sequenze sono complementari a due sequenze contigue sul gene target in modo da trovarsi vicine al momento dell’ibridazione (Wittwer et al., 1997). Un fluoroforo donatore è legato all’estremità 3’ di una delle due sonde ed emette una fluorescenza verde quando viene eccitato da una luce. Un fluoroforo accettore, invece, si trova all’estremità 5’ della seconda molecola. Quando si trovano vicini, l’energia emessa dal donatore eccitato viene trasferita all’accettore che emette una fluorescenza rossa. Quando le sonde sono libere in soluzione il segnale fluorescente viene emesso dal 39 donatore (fluorescenza verde) mentre il segnale dell’accettore non viene rilevato (Fig.11). Fig. 11 Sonde Fret Le sonde più diffuse sono le sonde Dual-labeled , come le sonde TaqMan. Queste sonde sono marcate con due molecole fluorescenti: all’estremità 5’ si trova il reporter, una fluoresceina modificata, e all’estremità 3’ il quencher, una rodamina modificata. Quando la molecola è integra il quencher assorbe l’energia emessa dal reporter quindi non viene rilevata nessuna fluorescenza. Il saggio TaqMan (Fig.12) sfrutta l’attività esonucleasica 5’-3’ della DNA polimerasi. Nella fase di ibridazione della PCR i primers e le sonde si legano alle rispettive sequenze complementari. Durante la fase di allungamento la DNA 40 polimerasi sintetizza il nuovo filamento fino ad arrivare alla sonda che si è ibridata. Per poter proseguire nella sintesi del filamento, essa rimuove i nucleotidi dalla sonda in direzione 5’-3’ determinando la separazione del reporter dal quencher che a questo può emettere fluorescenza. Dato che una coppia di DNA duplicata durante la PCR è accompagnata dalla liberazione di una molecola di reporter, la fluorescenza relativa che si accumula nel campione è in ogni momento proporzionale alla quantità di DNA amplificato. Fig. 12 Saggio TaqMan - Rappresentazione dei dati L’andamento delle reazioni nella Real-Time PCR viene visualizzato in forma di un grafico nel quale per ogni DNA viene rappresentata la fluorescenza (asse y) misurata in ogni ciclo di reazione (asse x) (Fig.13). Sul grafico due parametri importanti sono rappresentati dalla linea di base della curva e dalla linea-soglia. La linea di base della curva è una linea orizzontale al di sotto della quale si trovano i primi cicli di 41 Real-Time PCR in cui non è misurabile la variazione nel segnale della fluorescenza. La linea soglia, invece, è una linea parallela alla linea di base che interseca le curve dei campioni nella fase esponenziale. Il punto di intersezione rappresenta il ciclo soglia, CT, valore fedele della quantità iniziale del DNA. Fig. 13 Grafico Real-time PCR - Analisi dei risultati L’analisi dei risultati, infine, può essere effettuata utilizzando due metodi, quello della curva standard e quello del ΔΔCt. Nel primo metodo viene costruita una curva standard tracciando il grafico del logaritmo della concentrazione iniziale di cDNA contro il Ct che si ottiene leggendo il segnale fluorescente per ogni punto di diluizione del cDNA. Successivamente, dai Ct dei campioni ai quali si rileva il segnale, si ottengono le quantità di cDNA ricavandole dalla curva standard precedentemente descritta (Fig.14). 42 E’ possibile inoltre calcolare l’efficienza di una reazione di Real-time PCR tramite la seguente formula: E = (10 -1/slope -1 ) , dove con il termine slope si indica la pendenza, ovvero il coefficiente angolare della retta creata dal logaritmo delle quantità di cDNA dei cinque punti della standard. Una reazione con il 100% di efficienza genererà uno slope di – 3.32. I parametri della Real–time PCR, al fine di considerare ottimale l’estrapolazione delle quantità dei campioni incogniti, prevedono che lo slope di una curva standard sia compreso tra un valore di –3.6 e –3.3. Fig. 14 Curva Standard Il metodo del ∆∆Ct, invece, si basa sul confronto tra il ciclo soglia del gene target di un campione, normalizzato sul gene endogeno, con quello di un campione preso come controllo. Secondo questo metodo per prima cosa bisogna calcolare la media dei cicli-soglia (threshold cycle, Ct) del campione analizzato in triplicato. Successivamente si calcola la differenza (ΔCt) tra la media dei Ct del gene target e quella del gene endogeno. A questo punto viene calcolato il valore noto come ∆∆Ct utilizzando la seguente formula: ΔΔCt = ΔCt campione – ΔCt calibratore 43 dove ΔCt calibratore è il valore ΔCt del campione preso come controllo. In fine attraverso la formula 2–ΔΔCt si calcola il numero di volte di espressione (Expression Fold). Protocollo sperimentale Il cDNA ottenuto con la retrotrascrizione è stato utilizzato per saggi di Real-Time PCR al fine di quantificare i livelli di espressione del gene GAPDHS nei gruppi oggetto di questo studio. Le sonde che ho utilizzato sono sonde di tipo TaqMan. Queste presentano legato all’estremità 5’ un donatore fluorescente, il FAM 6-carbossifluoresceina, e all’estremità 3’ un secondo colorante fluorescente, TAMRA 6- carbossitetrametilrodamina, il quencher che assorbe lo spettro di emissione del reporter. Il saggio di tipo TaqMan sfrutta l’attività esonucleasica 5’-3’ della DNA polimerasi: durante la fase di denaturazione le sonde si legano al filamento di cDNA, nella fase di allungamento quando la DNA polimerasi incontra la sonda che si è ibridizzata, rimuove i nucleotidi in direzione 5’-3’ determinando così la separazione del reporter dal quencher e permettendo al reporter di emettere fluorescenza. Le sonde sono specifiche per il gene GAPDHS, gene di interesse, e il gene PRM2 (protamine 2) che ho utilizzato come gene di controllo endogeno. Ho eseguito diverse prove sperimentali per scegliere il gene housekeeping più idoneo per la valutazione dell’espressione genica e infine ho scelto PRM2 perché è cellulospecifico e il trascritto è costitutivamente espresso solo dallo spermatozoo. Ogni campione è stato preparato in triplicato su una piastra di 48 pozzetti in ognuno dei quali sono stati dispensati 20 µl della seguente reazione: 44 - 10 μl di Master Mix 2x (Applied Biosystems) - 2.0 μl di cDNA - 1,0 µl di PDAR 20X (Pre-Developed Assay Reagents) contenente la sonda e i primers specifici per la sequenza target - 7,0 µl di H2O RNase-free L’amplificazione è stata effettuata mediante termociclatore StepOne dell’Applied Biosystems utilizzando il seguente protocollo: - 2 min a 50°C per l’attivazione della Taq DNA polimerasi (Applied Biosystems) - 10 min a 95°C per la denaturazione completa del cDNA - 15 sec a 95°C per la denaturazione - 1 min a 60°C per l’appaiamento e l’amplificazione. } 40 cicli Per analizzare i dati ottenuti dalla Real-Time PCR ho utilizzato il metodo del ∆∆Ct. ANALISI STATISTICA 4 0 4 4 Ho effettuato il test Kolmogorov – Smirnov per verificare nei due gruppi di pazienti la forma della distribuzione campionaria delle variabili: ∆CT, numero/ml, numero /eiaculato, motilità totale e atipie. Successivamente, in ogni gruppo, ho effettuato i test di correlazione di Pearson e di Sperman per evidenziare se le variabili prese in considerazione cambiano una in maniera dipendente dall’altra. 45 Il test di correlazione di Pearson è stato eseguito tra le variabili: - ∆CT - numero /ml - ∆CT- numero/eiaculato - ∆CT- atipie Il coefficiente di correlazione di Pearson (r) espresso da questo test indica la “forza dell’associazione” tra le due variabili prese in considerazione. Un coefficiente r di correlazione tra due variabili continue (X, dipendente e Y indipendente) varia da 0 a +1, se le due variabili variano nello stesso senso, oppure da 0 a -1 se le due variabili variano in senso opposto. Il valore 0, quindi, indica l’assoluta indipendenza, il valore +1 l’assoluta concordanza positiva, il valore -1 la concordanza negativa. La correlazione è statisticamente significativa al livello di 0.01 per un test di significatività a due code. Il test di Correlazione di Spearman, invece, è stato eseguito tra le variabili ∆CTmotilità e ∆CT- numero effettivo spermatozoi mobili, in quanto, a differenza delle altre variabili, la motilità non presenta una distribuzione gaussiana. 46 RISULTATI 47 Per lo svolgimento del mio progetto di ricerca ho selezionato 83 soggetti di età compresa fra 16 e 57 anni. Su tale casistica ho eseguito: - esame del liquido seminale - valutazione della vitalità nemaspermica mediante il test all’eosina - studio di espressione del gene codificante per la GAPDHS mediante Real-Time PCR. In base alle caratteristiche cinetiche ho suddiviso i campioni in due gruppi: Gruppo A - Normocinesia I valori medi e le deviazioni standard dei parametri seminali e della vitalità relativi al gruppo di pazienti caratterizzati da normocinesi sono riportati in tabella 2. In particolare, la percentuale di motilità rettilinea è compresa tra 45-60% con valore medio di 54% e la percentuale della vitalità è compresa tra 46-82% con valore medio di 71,1% . Gruppo B - Ipocinesia I valori medi e le deviazioni standard dei parametri seminali e della vitalità relativi al gruppo dei pazienti caratterizzati da ipocinesi sono riportati in tabella 3. In particolare la percentuale di motilità totale è compresa tra 0-30% con valore medio di 19,1% e la percentuale di vitalità è compresa tra 19-68% con valore medio di 50,2%. 48 GRUPPO A Pazienti N. 42 Età Vol. N/ml N/Eiac Mot.Tot Atip. Vit. MEDIA 30,7 3,3 104,1 334,4 54,4 72,4 71,1 DS 6,4 1,4 41,7 152,7 3,9 2,7 8,4 MAX 43 8 200 720 60 78 82 MIN 16,0 1,2 40 48 45 68 46 Tab. 2 Medie, deviazioni standard, max e min dei parametri seminali del Gruppo A GRUPPO B Pazienti N. 41 Età Vol. N/ml N/Eiac Mot.Tot Atip. Vit. MEDIA 33,7 3,4 39,5 121,0 19,1 88,8 50,2 DS 7,9 1,7 34,2 100,5 6,4 4,5 12,9 MAX 50 7,6 160 385 30 98 68 MIN 16 0,4 4 10,8 0 80 19 Tab. 3 Medie, deviazioni standard, max e min dei parametri seminali del Gruppo B 49 STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA Per valutare l’espressione del gene GAPDHS ho eseguito l’estrazione dell’RNA da un’aliquota di liquido seminale di ogni paziente. La concentrazione media di spermatozoi per l’estrazione è di 20x106. La resa media di RNA è di 37,9 μg/ml. Ho successivamente retrotrascritto l’RNA ottenuto in cDNA, che ho utilizzato per l’analisi dell’espressione genica mediante Real-Time PCR. Ho utilizzato sonde specifiche per il gene GAPDHS, gene di interesse, e per il gene PRM2 che ho utilizzato come gene housekeeping per normalizzare i livelli di espressione del gene GAPDHS. Il profilo di espressione ottenuto è mostrato in figura 15. Nel grafico, per ogni campione, sull’asse delle ascisse si trovano i cicli di reazione e sulle ordinate la fluorescenza misurata per ogni ciclo di reazione. Inoltre sono rappresentate la linea di base che indica il ciclo in corrispondenza del quale inizia l’aumento esponenziale della fluorescenza e la linea-soglia o threshold (in figura verde) parallela alla linea di base (in figura blu), che interpola le curve dei campioni nella loro fase di crescita esponenziale, cioè nel punto in cui le intensità di fluorescenza sono maggiori rispetto a quelle che rappresentano un rumore di fondo. Il ciclo a cui ciascun campione interseca la linea-soglia rappresenta il ciclo-soglia (thresholdcycle, Ct). 50 51 Fig. 15 Profilo di espressione genica in Real-Time PCR Ho analizzato l’espressione genica utilizzando il metodo del ΔΔCt che si basa sul confronto tra il ciclo soglia del gene target di un campione, normalizzato sul gene endogeno, con quello di un campione preso come controllo. Nel mio studio il campione di controllo è rappresentato dalla media dei ΔCt dei campioni del gruppo A. In tabella 4 sono riportati i valori delle medie dei ΔCt dei due gruppi oggetto dello studio. Media ΔCт GRUPPO A GRUPPO B 5,5428 5,3231 Tab. 4 Medie dei ΔCt del gene GAPDHS nei due gruppi Il grafico della figura 16 mostra le volte di espressione (ExpressionFold) del gene GAPDHS del gruppo B verso il controllo. Fig. 16 Espressione del gene GAPDHS 52 L’analisi t test dei ΔCt dei campioni normocinetici ed ipocinetici ha dimostrato che nei due gruppi non vi è una differenza statisticamente significativa nell’espressione del gene di interesse (Fig. 17) Fig. 17 Confronto tra i ΔCt dei due gruppi All’interno di ogni gruppo inoltre, ho effettuato l’analisi statistica della correlazione di Pearson tra le variabili ΔCt-numero/ml (Fig. 18), ΔCt-numero/eiaculato (Fig. 19), ΔCt-atipie (Fig. 20), e l’analisi statistica della correlazione Spearman tra le variabili ΔCt-motilità (Fig. 21) e ΔCt-motilità effettiva (Fig. 22). 53 Fig. 18 Correlazione tra n°/ ml e ∆Ct Fig. 19 Correlazione tra n°/ eiac e ∆Ct 54 Fig. 20 Correlazione tra % di atipie e ∆Ct Fig. 21 Correlazione tra % di motilità totale e ∆Ct 55 Fig. 22 Correlazione tra n° effettivo di spermatozoi mobili e ∆Ct Dall’analisi statistica non si rileva correlazione tra le variabili seminali prese in considerazione e i livelli di espressione (ΔCt) del gene GAPDHS sia nel gruppo A sia nel gruppo B. 56 DISCUSSIONE 57 La capacità fecondante di un individuo maschile è correlata alla qualità del suo liquido seminale, infatti, l’alterazione di uno o più parametri seminali (dispermia) porta ad una condizione patologica definita infertilità. Diverse possono essere le cause di infertilità maschile. Possono essere riscontrate patologie andrologiche, disfunzione ormonale, alterazioni genetiche. Tuttavia nel 50% dei casi le cause rimangono sconosciute (infertilità idiopatica). Di notevole importanza per la fertilità, è la caratteristica peculiare del gamete maschile cioè, la sua capacità di muoversi autonomamente,. La motilità dello spermatozoo è strettamente legata all’ultrastruttura del flagello. Questo si suddivide in 3 regioni: segmento intermedio, segmento principale e segmento terminale. Per tutta la lunghezza del flagello si estende l’assonema, struttura composta da 9 coppie di microtubuli, costituiti da tubulina A e B, dai quali si estendono bracci di dineina, e dal doppietto centrale. La motilità progressiva dello spermatozoo maturo deriva dallo scorrimento microtubulare che sfrutta l’energia derivante dall’idrolisi dell’ATP. Questo processo avviene per azione della dineina ATPasi che funziona da motore molecolare lungo l’assonema, determinando la conversione di energia chimica in energia meccanica. La fosforilazione della dineina sembra rappresentare un punto di regolazione critico per l’inizio del movimento flagellare (Tasch et al. 1989). L’onda flagellare si propaga in modo elicoidale lungo tutto il flagello, per questo motivo l’ATP deve essere disponibile per l’intera lunghezza di questa struttura. Per rispondere a questa esigenza, si è ipotizzato che lo spermatozoo ricorra a due vie metaboliche localizzate in due diverse regioni del flagello: la fosforilazione ossidativa, che si svolge nel tratto intermedio dove sono localizzati i mitocondri, e la glicolisi, che sembra essere ristretta al tratto principale in cui sono presenti gli enzimi 58 glicolitici. Questi enzimi, in alcuni casi, presentano isoforme che sono specifiche delle cellule germinali. In un lavoro del 2000 Welch e Brown hanno dimostrato la presenza di una isoforma della gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi, GAPDHS, espressa specificatamente nelle cellule nemasperrmiche dell’uomo. Gli autori hanno clonato e sequenziato il cDNA del gene umano GAPDHS e definito la sua struttura. Successivamente, tramite la tecnica del Northen Blot, hanno identificato l’espressione del gene GAPDHS nel tessuto testicolare ma non negli altri tessuti umani. La proteina GAPDHS è un polipeptide di 408 amminoacidi costituito da un dominio C-Terminale, un dominio NAD-binding, e un dominio N-Terminale. La GAPDHS è identica per l’83% alla gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi del topo (GAPDS) (Welch et al. 1992), al 94% a quella del ratto e solo del 68% alla isoforma presente nelle cellule somatiche umane, da cui differisce per i primi due esoni. Rispetto alla sua controparte somatica l’isoforma spermatica della GAPDH presenta una estensione di 72 aa ricca di prolina all’estremità amino-terminale. Welch et al. (2000) hanno dimostrato inoltre tramite esperimenti di immunolocalizzazione, che la proteina GAPDHS è localizzata nel tratto principale del flagello. Anche Krisfalusi e Miki, in un lavoro del 2006 hanno confermato questa localizzazione della proteina e in particolare hanno dimostrato che essa è strettamente legata alla guina fibrosa che circonda l’assonema nel tratto principale del flagello. In questo lavoro gli autori hanno isolato e purificato la componente proteica della guaina fibrosa degli spermatozoi di topo prelevati dall’epididimo. L’analisi proteomica tramite spettrometria di massa ha permesso di identificare la GAPDHS e altri due enzimi glicolitici, l’isoforma A dell’aldolasi 1 (ALDOA) e la lattato deidrogenasi A (LDHA). 59 Da tempo ormai si cerca di chiarire quale possa essere il contributo della glicolisi, in termini di apporto energetico, al movimento flagellare. Sebbene la fosforilazione ossidativa sia più efficiente della glicolisi nella produzione di ATP, alcuni studi hanno dato importanza crescente alla glicolisi. Mukai ed Okuno affermano che la glicolisi gioca un ruolo cruciale per la motilità nemaspermica. In un lavoro del 2004, infatti, questi Autori hanno dimostrato che gli spermatozoi di topo mantengono un’elevata frequenza del battito flagellare e inalterati livelli di ATP, se conservati in una soluzione contenente glucosio, sia in presenza che in assenza di un inibitore della fosforilazione ossidativa, il CCCP. Lo stesso risultato si ottiene, in assenza di CCCP, se al posto del glucosio nel mezzo vengono forniti piruvato e lattato. Quando, tuttavia, gli spermatozoo conservati in questo mezzo di coltura vengono trattati con CCCP si assiste ad una drastica riduzione della motilità e dei livelli di ATP. Ciò evidenzia il ruolo importante della glicolisi nella produzione di energia necessaria alla motilità ma lascia pensare che essa intervenga solo in mancanza della respirazione mitocondriale. Per chiarire questo punto, gli Autori, hanno utilizzato il 2-Deossiglucosio (DOG) un inibitore competitivo del glucosio, per valutare la quantità di ATP prodotta in condizioni sperimentali diverse. DOG può entrare all’interno della cellula e venire fosforilato a DOG-6- fosfato da una esochinasi. DOG- 6- fosfato però, non può essere ulteriormente metabolizzato. L’aggiunta di DOG in una soluzione contenete glucosio determina una produzione di ATP negli spermatozoi che è equivalente a quella prodotta dagli stessi in un mezzo privo di substrati. Poiché DOG non inibisce la fosforilazione ossidativa, questi risultati dimostrano che la respirazione mitocondriale non è sufficiente a mantenere la concentrazione di ATP necessaria per la motilità spermatica. In particolare, da quanto detto, gli Autori hanno ipotizzato che 60 l’energia mitocondriale è utilizzata per produrre glucosio, che viene poi metabolizzato nel processo di glicolisi per fornire l’energia richiesta per il movimento flagellare. Un’ulteriore conferma dell’importanza della glicolisi in relazione alla motilità spermatica deriva dallo studio di Miki et al. del 2004, secondo il quale la glicolisi genera la maggior parte dell’energia necessaria al movimento. Questi Autori generando topi knockout hanno osservato che i topi maschi Gapdhs -/- sono infertili e presentano difetti nelle motilità spermatica, in particolare, circa il 3% degli spermatozoi mostrano una motilità progressiva che permane solo fino a 2 ore dopo il prelevamento dall’epididimo e circa il 60% presenta movimenti discinetici fino a 4 ore dopo incubazione in un mezzo di coltura contenete glucosio (M16). Questi topi, inoltre, presentano una riduzione di circa il 10% dei livelli di ATP che arriva fino al 19% in presenza di glucosio nel terreno, e un accumulo di gliceraldeide 3 fosfato (G3P) 4 volte maggiore rispetto ai topi wt. Diversamente da quanto sostenuto da Miki e Mukai, Ford (2006) ritiene che la glicolisi non è richiesta per supportare la motilità nemaspermica. Già in un lavoro del 1986, Ford e Harrison utilizzando un inibitore della GAPDHS, α-cloroidrina, avevano dimostrato che, in presenza di glucosio, gli spermatozoi di ratto e di cinghiale era immobili, mentre risultavano mobili quando il glucosio veniva sostituito con i substrati della respirazione mitocondriale. Come osservato da Miki con i topi knockout, anche loro avevano riscontrato, in presenza di glucosio, una diminuzione dei livelli di ATP accompagnata da un aumento degli intermedi glicolitici a monte della GAPDHS, in particolare fruttosio 1,6 bisfosfato e trioso fosfati (Ford and Harrison, 1986). Gli autori spiegano questi effetti negativi sulla motilità, causati dalla presenza di glucosio, affermando che gli intermedi della 61 glicolisi, che non potevano essere ulteriormente metabolizzati a causa dell’inibizione della GAPDHS, sequestravano il fosfato presente negli spermatozoi rendendolo non disponibile per la fosforilazione ossidativa (Ford and Harrison, 1987). Secondo Ruiz-Pesini (2007) l’inibizione della GAPDHS, impedendo l’ulteriore metabolismo degli intermedi della glicolisi, trasforma la glicolisi da un pathway che genera ATP ad un pathway che consuma solo ATP determinando una competizione tra la glicolisi e la dineina ATPasi per l’utilizzo dell’ATP e causando effetti negati sulla motilità spermatica. Secondo alcuni autori esistono meccanismi alternativi alla glicolisi per il trasporto di ATP alla parte distale del flagello. Si ipotizza che il trasferimento dell’ATP dai mitocondri, localizzati nel tratto intermedio della coda, al resto del flagello, possa dipendere o da forze meccaniche, che originano da onde citoplasmatiche, o da metaboliti shuttles, come l’adenilato chinasi e la fosfoglicerato chinasi (Ford 2006). Nel mio studio ho analizzato l’espressione del gene che codifica per l’isoforma spermatica dell’enzima glicolitico gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi (GAPDHS) al fine di correlare le alterazioni nella motilità nemaspermica con i livelli di mRNA. A tal fine ho selezionato, in base alla percentuale di motilità totale nemaspermica, due gruppi di campioni seminali, i normocinetici (gruppo A, controllo) e gli ipocinetici (Gruppo B) dai quali ho estratto l’RNA. Poiché lo spermatozoo contiene una ridotta quantità di RNA rispetto ad una cellula somatica, per cui ho messo a punto una metodica che ha permesso di ottenere concentrazioni ottimali di RNA puro. Successivamente ho retrotrascritto l’RNA in cDNA, che ho utilizzato per l’analisi dell’espressione del gene GAPDHS tramite Real-Time PCR con saggio Taq-Man. Per l’analisi dei risultati ho utilizzato il metodo del ∆∆Ct. 62 I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che non c’è una differenza statisticamente significativa nell’espressione del gene GAPDHS tra il gruppo di controllo e il gruppo degli ipocinetici. Questi risultati sono avvalorati dalla correlazione negativa tra i livelli di espressione del gene GAPDHS e il numero effettivo degli spermatozoi mobili. Tutto ciò potrebbe significare che la ridotta motilità osservata nei pazienti oggetto dello studio sia determinata da alterazioni a carico di altri meccanismi che intervengono nella motilità nemaspermica. Come detto in precedenza, la principale fonte di ATP nello spermatozoo è la fosforilazione ossidativa, per cui è lecito ipotizzare che la causa della astenozoospermia di questi pazienti possa risiedere nelle strutture coinvolte in questa via metabolica, e che la glicolisi, come sostenuto da Ford (2006), non abbia un ruolo cruciale per la motilità nemaspermica. Diversi studi hanno dimostrato come l’attività mitocondriale sia correlata con la motilità nemaspermica. Infatti è stato osservato che più è elevato il potenziale di membrana mitocondriale (∆Ψ) maggiore è la motilità spermatica (Troiano et al 1998; Marchetti et 2002; Piasecka and Kawiak, 2003) e la capacità fecondante (Kasai et al. 2002; Marchetti et al. 2004). In uno studio condotto nel nostro laboratorio è stato dimostrato che in pazienti astenozoospermici vi è una correlazione positiva tra la percentuale di mitocondri depolarizzati e la percentuale di spermatozoi immobili (Paoli D., et al. 2011). In accordo con questi risultati sono quelli ottenuti da Pelliccione et al., (2011) i quali hanno analizzato la struttura delle membrane mitocondriale in pazienti con normale o con ridotta motilità nemaspermica ed hanno osservato che i pazienti affetti da astenozoospermia presentavano un’alterata organizzazione delle membrane mitocondriali. 63 Non bisogna dimenticare che la motilità dello spermatozoo è legata anche alla struttura con cui è organizzato il flagello, per cui un’alterazione di uno degli elementi che la compongono (assonema, fibre dense, guina fibrosa) si traduce in una modificazione della motilità. Non bisogna escludere, inoltre, che l’ipomotilità possa essere determinata da una carenza di substrati energetici nel plasma seminale o da alterazione di geni che codificano per proteine coinvolte nei pathways di segnalazione che regolano le vie metaboliche che producono energia. È evidente quindi, come non sia facile identificare le cause che determinano astenozoospermia data la complessività dei processi che intervengono nella motilità nemaspermica. Interessante potrebbe essere lo studio dell’espressione del gene GAPDHS in pazienti caratterizzati da un’elevata motilità non rettilinea o discinetica determinata da una carenza dei substrati energetici nel plasma seminale. Si potrebbe ipotizzare, infatti, che la glicolisi possa non essere essenziale per dare inizio al movimento flagellare, ma essere tuttavia importante per la corretta propagazione del movimento lungo tutto il flagello. 64 BIBLIOGRAFIA 65 Alberts B., Johnson A., Lewis J., Raff M., Roberts K., Walter P., “Biologia molecolare della cellula”. In: Ed. Zanichelli 2004. Amelar, M.D., Dubin, L., Schoenfeld, C,Y., Sperm motility. Fertil. Steril. 1980; 34, 197. Aoki F., Sakai S., Kohmoto K., Regulation of flagellar bending by cAMP and Ca2++ in hamster sperm. Mol Perod Dev. 1999; 53: 77-83. 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