DOTTORATO DI RICERCA BIOTECNOLOGIE DELLA

DIPARTIMENTO DI MEDICINA SPERIMENTALE
SEZIONE DI FISIOPATOLOGIA MEDICA ED
ENDOCRINOLOGIA
DOTTORATO DI RICERCA
in
BIOTECNOLOGIE DELLA RIPRODUZIONE UMANA
XXIV ciclo
STUDIO MOLECOLARE DELLA CINETICA
NEMASPERMICA
Relatore:
Candidata:
Prof.ssa Loredana Gandini
Dott.ssa Daniela Popolla
Anno Accademico 2010-2011
1
INTRODUZIONE
pg. 3
INFERTILITÀ MASCHILE
pg. 4
STRUTTURA DELLO SPERMATOZOO
pg. 7
CINETICA DELLO SPERMATOZOO
pg. 11
METABOLISMO ENERGETICO:
FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA E GLICOLISI
pg. 16
SCOPO DELLA TESI
pg. 26
MATERIALI E METODI
pg. 28
CASISTICA
pg. 29
ESAME DEL LIQUIDO SEMINALE
pg. 29
-
Valutazione Macroscopica
pg. 29
-
Valutazione Microscopica
pg. 31
TEST DI VITALITÀ NEMASPERMICA
pg. 33
STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA
pg. 33
-
Preparazione dei campioni per la Real-Time PCR
pg. 33
-
Estrazione dell’RNA
pg. 34
-
Misurazione dell’RNA
pg. 35
-
Retrotrascrizione
pg. 35
-
Real-Time PCR
pg. 36
ANALISI STATISTICA
pg. 45
RISULTATI
pg. 47
DISCUSSIONE
pg. 57
BIBLIOGRAFIA
pg. 65
2
INTRODUZIONE
3
L’INFERTILITA’ MASCHILE
L’infertilità colpisce il 10-15% delle coppie che tentano di avere figli e nella metà di
questi casi può essere riscontrato un fattore maschile.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), definisce l’infertilità maschile
come l’incapacità di fecondare dopo 12 mesi di rapporti liberi con una partner
femminile in perfette condizioni di fertilità.
L’infertilità può essere distinta in primaria, quando non si verifica mai una
gravidanza, o secondaria, quando precedentemente si è verificata una gravidanza.
L’esame del liquido seminale è l’indagine di laboratorio principale cui deve essere
sottoposto un uomo che si trova in condizione di infertilità.
L’infertilità maschile, infatti, è spesso associata ad una condizione di dispermia
ovvero alterazione di uno o più parametri seminali, in particolare, una riduzione della
concentrazione, della motilità nemaspermica e della percentuale di spermatozoi con
normale morfologia (Schema 1).
Normozoospermia
normale concentrazione nemaspermica
Oligozoospermia
ridotta concentrazione nemaspermica
Criptozoospermia
presenza di spermatozoi nel sedimento
Normocinesi
normale motilità nemaspermica
Astenozoospermia
ridotta motilità nemaspermica
Discinesi
alterazione qualitativa della motilità
Acinesi
assenza di motilità
Teratozoospermia
alterata morfologia
Azoospermia
assenza di spermatozoi
Oligoastenoteratozoospermia
ridotta concentrazione motilità e
alterata morfologia
Schema 1 Nomenclatura
seminale
4
La dispermia deve essere considerata rigorosamente come un sintomo e non come
una diagnosi, anche se spesso l'impossibilità di giungere ad una diagnosi clinica
eziologica porta a tentativi terapeutici volti ad intervenire direttamente sul sintomo
dispermia (Hirsh, 2003). Nell’interpretazione dell’analisi del liquido seminale è
fondamentale tener presente l’età dell’individuo. Nel giovane esiste un netto distacco
tra lo spermarca, (comparsa dei primi spermatozoi nelle urine della mattina derivanti
da polluzioni notturne incoscienti), le prime eiaculazioni coscienti e volontarie e
infine il raggiungimento della maturità seminale. Pertanto prima di parlare di
dispermia sarà necessario attendere lo stabilizzarsi di tali fenomeni maturativi.
Naturalmente questo discorso è valido anche con l’avanzare dell’età. Pur essendo
valido il principio che la fertilità maschile non ha un limite superiore di età, è
altrettanto vero che tutti i parametri seminali subiscono un deterioramento
progressivo a partire dai 40 anni. Per questo lo stato di normalità seminale e la
normalizzazione mediante terapie potranno essere molto diversi a seconda dell’età
del paziente.
Molteplici possono essere le cause di infertilità maschile anche se nel 50% dei casi
rimangono sconosciute (infertilità idiopatica).
Tra le cause note possiamo distinguere cause genetiche e cause non genetiche.
Le cause genetiche di infertilità maschile possono essere legate sia ad anomalie
numeriche e strutturali dei cromosomi (Chandley AC., 1998) , sia a mutazioni a
carico di uno o più geni del DNA cellulare o del DNA mitocondriale.
Gli individui affetti dalla Sindrome di Klinefelter sono caratterizzati da
un
cromosoma X soprannumerario (cariotipi 47 XXY) e sebbene possano essere
fenotipicamente del tutto normali presentano una produzione estremamente ridotta di
spermatozoi, fino all’azoospermia.
5
Negli ultimi decenni un ruolo importante nell’individuare l’eziologia genetica
dell’infertilità maschile lo hanno avuto gli studi condotti sulle microdelezioni del
cromosoma Y. Queste interessano 3 loci del braccio lungo del cromosoma Y
denominati AZFa, AZFb, AZFc nei quali sono stati individuati diversi geni
importanti per la spermatogenesi. I fenotipi associati alle delezioni nei 3 loci sono
molto variabili: le delezioni nella regione AZFc possono essere associate ad
azoospermia o a grave oligozoospermia con un quadro citologico testicolare variabile
che va dalla sindrome a sole cellule del Sertoli, all’arresto spermatogenico e alla
ipospermatogenesi; le delezioni in AZFa e in AZFb causano azoospermia in due terzi
dei casi e più raramente, grave oligozoospermia.
Rappresentano cause di infertilità anche le traslocazioni, reciproche e Robertsoniane,
così come mutazioni a carico di singoli geni come il gene codificante per il recettore
degli androgeni e il gene CFTR che codifica per una proteina di membrana che
regola il passaggio di elettroliti. Anche le mutazioni a carico di geni mitocondriali
possono intaccare la capacità fecondante di un individuo. Il genoma mitocondriale,
infatti, contiene geni codificanti per diversi componenti essenziali della catena
respiratoria che fornisce allo spermatozoo energia necessaria al movimento (DiezSanchez C. et al., 2003).
La spermatogenesi è sottoposta ad uno stretto controllo ormonale da parte dell’asse
ipotalamo-ipofisi. Risulta evidente, quindi, che in molti casi le cause di infertilità
maschile sono di natura endocrina. Le gonadotropine FSH e LH prodotte dall’ipofisi
anteriore o adenoipofisi, agiscono rispettivamente sulle cellule del Sertoli, favorendo
il processo di spermatogenesi, e sulle cellule del Leyding determinando la
produzione del testosterone. Nell’ipogonadismo ipogonadotropo si ha una ridotta
6
produzione di questi ormoni che determina un arresto della spermatogenesi e una
riduzione della produzione degli ormoni sessuali.
Altre
cause
di
infertilità
maschile
possono
essere:
criptorchidismo,
ostruzione/assenza delle vie seminali, varicocele, impotenza, infezioni, stili di vita,
fattori ambientali.
Da quanto detto fin ora si può affermare che il liquido seminale, in particolare nella
sua componente nemaspermica risente moltissimo di ogni stato patologico
dell’individuo e la spermatogenesi rappresenta un indicatore dell’omeostasi
dell’individuo.
STRUTTURA DELLO SPERMATOZOO
Una delle caratteristiche intrinseche degli spermatozoi è la loro capacità di
movimento. Questa capacità è strettamente legata alla loro struttura.
Durante il processo di spermiogenesi lo spermatide, cellula aploide e rotonda, va
incontro ad una serie di profondi cambiamenti che la trasformano in spermatozoo,
cellula altamente specializzata. Questi cambiamenti comprendono perdita di gran
parte del citoplasma, riduzione degli organelli citoplasmatici, accumulo di enzimi
litici e formazione del flagello.
Gli spermatozoi sono cellule lunghe circa 60 µm e sono costituiti dalla testa , il collo
e la coda che occupa gran parte della lunghezza cellulare ed è suddivisa in tre
porzioni: segmento intermedio, segmento principale e segmento terminale (Fig.1).
La testa è lunga circa 5 µm e comprende il nucleo e l’acrosoma. Il nucleo aploide è
condensato ed elettrondenso e anteriormente è rivestito dall’acrosoma che si trova a
stretto contatto con la membrana plasmatica dello spermatozoo.
7
Fig. 1 Struttura dello spermatozoo
Questa struttura che deriva dall’apparato di Golgi contiene diversi enzimi litici che
vengono rilasciati durante il processo acrosiomale e sono necessari allo spermatozoo
per penetrare la membrana plasmatica dell’oocita.
Il collo è lungo circa 1 µm ed unisce la testa alla coda. È formato da 9 colonne di
materiale fibroso disposte a cilindro intorno ad un centriolo disposto in posizione
trasversale rispetto all'asse di simmetria dello spermatozoo e chiamato centriolo
distale (l'altro centriolo, il centriolo prossimale, scompare dopo aver dato origine al
flagello).
La parte posteriore delle 9 colonne dense è in continuità con le 9 fibre esterne che
circondano l’assonema nel segmento intermedio della coda. L’assonema è un
complesso filamentoso composto da una coppia di microtuboli centrale circondata da
nove coppie disposte esternamente (Fig.2). I due microtubuli che formano le 9
coppie esterne sono di diverse dimensioni: il microtubulo più interno (A) è costituito
da 13 unità di tubulina mentre quello più esterno (B) è costituito da 11 unità di
tubulina. Dal microtubulo più interno si estendono due bracci di dineina che regolano
lo scorrimento di una coppia di microtubuli sull’altra. Sempre da questo microtubulo
partono raggi che collegano i doppietti di microtubuli esterni alla guina fibrosa che
circonda il doppietto centrale.
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Fig. 2 Struttura dell’assonema
Un filamento di nexina, invece, collega tra di loro le nove coppie di microtubuli
esterne.
Il segmento intermedio è caratterizzato dalla presenza della guina mitocondriale
fondamentale per la respirazione e la produzione di energia. Questa porzione della
coda termina a livello dell’anello, una struttura densa sulla quale è fusa la membrana
plasmatica impedendo in questo modo ai mitocondri di migrare negli altri segmenti.
A livello dell’anello si interrompono anche 2 delle 9 fibre esterne che circondano
l’assonema.
Il segmento centrale è la parte più lunga della coda e misura circa 45 µm. E’
caratterizzato dalla presenza di 2 colonne di fibre dense (guaina fibrosa) che
circondano le 7 fibre esterne e l’assonema.
Il segmento terminale del flagello contiene solo l’assonema circondato dalla
membrana plasmatica.
Una volta terminata la spermiogenesi, gli spermatozoi vengono rilasciati nel lume del
tubulo seminifero, attraversano i canali efferenti, l’epididimo, il canale di Wolff e
infine l’uretra al termine della quale abbandonano il corpo.
9
Durante il transito nelle vie seminali gli spermatozoi subiscono un’ulteriore fase di
maturazione (Glover et al., 1974; Cooper et Orgebin-Crist, 1975):
-
acquisiscono motilità che normalmente deve essere di tipo rettilineo rapido,
con una velocità media di circa 40 µm al secondo. Precisamente a livello
della testa epididimaria il flagello comincia a compiere dei movimenti di
maggiore ampiezza (15-16 μm) rispetto a quelli osservati a livello testicolare
(6-7 μm) e gli spermatozoi cominciano a mostrare movimenti propulsivi,
tracciando delle traiettorie circolari o del tutto irregolari. Durante il transito
nell’epididimo la frequenza e l’ampiezza (18-19 μm) del movimento del
flagello aumentano sensibilmente, per cui la motilità nemaspermica diventa
progressiva. È importante ricordare che vari fattori contribuiscono allo
sviluppo di tale caratteristica dei gameti, quali: l’aumento dell’osmolarità e la
diminuzione del pH, l’aumento intraspermatico di ioni calcio e di cAMP, la
stabilizzazione di numerose strutture dello spermatozoo, quali il flagello, la
guaina mitocondriale del segmento intermedio, le membrane mitocondriali
esterne, le fibre dense accessorie dell’assonema.
-
cambiano metabolismo acquisendo la capacità di sfruttare come fonte di
energia fruttosio, sorbitolo e glicerilfosfato che viene prodotto a partire dalla
glicerofosfocolina da un enzima presente nelle vie genitali maschili. Il
fruttosio può essere utilizzato sia in condizioni aerobiche che anaerobiche, il
sorbitolo, invece, soltanto in condizioni aerobiche.
Al termine di tali cambiamenti gli spermatozoi che si trovano nel tratto terminale
dell’epididimo, si uniscono al plasma seminale costituito dalle secrezioni delle
ghiandole accessorie del tratto genitale maschile (vescichette seminali, prostata,
ghiandole bulbouretrali o ghiandole di Cowper) che apportano nutrienti necessari alla
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motilità e producono tamponi che contrastano l’acidità presente nell’uretra e nella
vagina. I secreti non vengono rilasciati in maniera casuale ma seguendo un ordine
ben preciso: prima viene rilasciata la secrezione prostatica, poi quella epididimaria e
infine quella vescicolare (Eliasson et Lindholmer, 1976; Tauber et al., 1975).
La normale ultrastruttura del flagello è essenziale perché lo spermatozoo possa
svolgere la sua funzione fecondante. Diversi possono essere i difetti strutturali legati
al flagello, essi possono interessare l’assonema, le fibre esterne dense, i mitocondri e
la guiana fibrosa (Zamboni 1987). Questi difetti sono responsabili di un’alterata
motilità dello spermatozoo che può tradursi a seconda dei casi o in una severa
astenozoospermia o in totale immobilità.
La reale prevalenza di tali anomalie nella popolazione dei maschi affetti da ridotta o
assente motilità spermatica è ancora poco nota. Il sospetto di una simile patologia
impone innanzitutto, la necessità di dover ricorrere ad un tipo di indagine particolare
quale l’analisi ultrastrutturale dello spermatozoo con microscopio elettronico a
trasmissione (TEM). Tuttavia, gli elevati costi di questa indagine e l’esiguo numero
di centri di riferimento con esperienza provata impongono una selezione dei casi da
esaminare.
CINETICA DELLO SPERMATOZOO
Il movimento dello spermatozoo è di tipo flagellare e consiste in una serie di onde
che si originano alla base del flagello e si propagano per tutta la sua lunghezza. In
questo modo la testa viene spinta in avanti passivamente attraverso oscillazioni
ritmiche di ampiezza regolare (Katz and Overstreet, 1979; Amelar, 1980).
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La progressione dello spermatozoo nello spazio è in realtà dovuta alla sommazione
di due tipi di movimento, uno oscillatorio ed uno rotatorio intorno all’asse
longitudinale della cellula, che originano nel collo e percorrono la coda in tutta la sua
lunghezza.
Il motore che genera il movimento flagellare è costituito dai bracci di dineina che si
estendono dai microtubuli che costituiscono l’assonema. Quando viene fosforilata la
dineina è in grado di idrolizzare ATP sintetizzata dai mitocondri (Alberts et al. 2004)
e di generare forza motrice (Tash 1989). I bracci di dineina, inoltre, interagendo con
la coppia di microtubuli adiacenti, generano lo scivolamento di una coppia di
microtubuli su un’altra (Fig.3) (Satir 1968; Summer and Gibbons 1971; Brokaw
1972, Shingyoji et al. 1977). Questo processo che determina una curvatura del
flagello, viene ripristinato dalla de-fosforilazione della dineina da parte della
fosfatasi calcineurina calmodulina-dipendente (Turner 2006).
Fig. 3 Scorrimento dei microtubuli
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La motilità dello spermatozoo nei mammiferi è regolata da diversi pathways di
segnalazione. Quelli maggiormente studiati sono il pathway cAMP/PKA e il pathway
di segnalazione del calcio (Suarez et al. 1987; Tash and Means 1987; Lindemann
and Goltz 1988; White and Aitken 1989; Ho et al. 2002). Sotto l’azione del cAMP, la
PKA può controllare la funzione del flagello attivando diversi meccanismi uno dei
quali prevede la fosforilazione su residui di serina e treonina di proteine target che a
loro volta generano una cascata di segnalazione che porta all’attivazione di tirosin
chinasi i cui targets sono principalmente localizzati nel flagello (Leclerc et al. 1996;
Si and Olds-Clarke 2000). Uno di questi target è appunto la dineina (Tash 1989).
Anche il calcio è in grado di regolare la motilità del flagello sia in associazione con
la PKA sia singolarmente. Subunità di canali del calcio sono state identificate nel
segmento principale del flagello implicando un loro coinvolgimento nella
regolazione della motilità dello spermatozoo (Westenbroek and Badcock 1999; Ren
et al. 2001), tuttavia il suo ruolo in questa funzione è controverso. Infatti, se da un
lato sembra che questo ione sia essenziale per lo sviluppo della motilità, dall’altra
numerosi lavori mostrano che i suoi livelli intracellulari devono essere mantenuti
bassi per permettere una completa attivazione dello spermatozoo (Luconi M. et al.
1996; Willaims K.M. and Ford W.C., 2001).
Nei mammiferi gli spermatozoi mostrano due tipi di motilità fisiologica: la motilità
attivata e la motilità iperattivata.
La motilità attivata è quella motilità che viene acquisita durante il passaggio
attraverso l’epididimo mentre la motilità iperattivata è quella associata al processo di
capacitazione che si verifica nelle vie genitali femminili e che può essere indotto in
vitro mediante separazione dal liquido seminale e incubazione in presenza di
albumina e/o bicarbonato ( Suarez 1996).
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La motilità iperattivata è caratterizzata da un più ampio battito del flagello e dallo
spostamento laterale della testa dello spermatozoo. Il suo ruolo fisiologico è quello di
aiutare lo spermatozoo a penetrare il cumulo ooforo che riveste l’oocita (Suarez et
al., 1991; Stauss et al., 1995; Ho and Suarez 2001).
Con l’esame del liquido seminale la motilità viene valutata al microscopio ottico
dopo che è avvenuto il processo di fluidificazione, quindi, dopo almeno un’ora
dall’eiaculazione. Ciò che viene valutato è la percentuale di spermatozoi mobili e il
tipo di motilità che normalmente deve essere di tipo rettilineo rapido, cioè con una
velocità media di circa 40 microns al secondo. Quando la motilità è rettilinea ma ha
una velocità al di sotto di quella indicata, viene definita rettilinea lenta.
La motilità non rettilinea, viene definita come discinetica; nei casi in cui non vi è uno
spostamento reale dello spermatozoo nello spazio, si parla di motilità agitatoria in
loco o in situ.
In condizioni di normalità, in un soggetto di età compresa tra i 20 e 40 anni, dopo 1
ora dall’eiaculazione, la percentuale di spermatozoi con motilità rettilinea (rapida +
lenta) deve essere superiore o uguale al 50%, o superiore o uguale a 25% solo
rettilinea rapida. Per valori inferiori si ha una condizione di ipocinesi, che nei casi
estremi giunge all’acinesi (assenza di motilità). Un’altra caratteristica importante
della motilità è la durata nel tempo. In condizioni normali se la situazione chimicofisica del plasma seminale lo consente, essa si mantiene al di sopra del 30-35% alla
24° ora. Perché ciò avvenga il campione seminale deve essere conservato a
temperatura costante, preferibilmente a 35°C. Temperature superiori aumentano la
velocità riducendone la durata nel tempo per un maggiore consumo energetico,
mentre risultati opposti si ottengono a temperature più basse di 25°C.
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La motilità deve essere distinta dalla vitalità nemaspermica. Infatti, gli spermatozoi
per essere vitali non debbono essere necessariamente mobili. Un classico esempio di
tale situazione è rappresentato da difetti strutturali quali la mancanza congenita dei
bracci di dineina nell'assonema nemaspermico. In tale condizione gli spermatozoi
possono essere vitali, ma sono totalmente immobili (acinesi).
L’attività cinetica degli spermatozoi è l’espressione di un complesso processo
molecolare comprendente:
- ossidazione di substrati energetici (Ruiz-Pesini et al. 1998; Ruiz-Pesini et
al.2000);
-
metabolismo ciclico di nucleotidi e fosforilazione di proteine coinvolte nella
traduzione del segnale attraverso la membrana plasmatica (Aoki et al. 1999,
Luconi et al. 2001; Uma Devi et al. 2000);
- la conversione di energia chimica in energia meccanica a livello del
complesso assonemale (Gagnon 1995).
Una motilità ridotta (astenozoospermia) o assente è una causa frequente di infertilità
maschile (Bourgeron 2000, Irvine 2000, Mundy et al. 1995). Diverse possono
esserne le cause: alterazioni strutturali del flagello (Chemes et al. 1998, Turner et al.
2001), alterazioni delle vie metaboliche che forniscono energia, ad esempio
alterazioni funzionali e/o morfologiche mitocondriali (Bourgeron 2000, Mundy et al.
1995, Rawe et al. 2001), alterazioni ormonali e difetti genetici. Nella maggior parte
dei casi le cause dell’astenozoospermia rimangono difficili da individuare e
addirittura rimangono inspiegabili (Courtade et al. 1998). Peraltro, ad oggi non sono
ancora noti i meccanismi alla base dell’astenozoospermia ed, in particolare, la
comprensione dei processi molecolari ci permetterebbe di affrontare il problema da
un punto di vista clinico con trattamenti terapeutici mirati, per es. stimolando
15
importanti vie di trasmissione energetiche o mediante terapia genica, piuttosto che
superare il problema con la Fecondazione Assistita.
METABOLISMO ENERGETICO: FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA E
GLICOLISI
Per poter svolgere la sua funzione lo spermatozoo necessita di una grande quantità di
energia. Per ottenere questa energia esso metabolizza molecole semplici,
principalmente zuccheri e suoi derivati (fruttosio, glucosio, mannosio, piruvato,
lattato) che sono presenti sia nelle vie genitali maschili sia femminili (Ruiz-Pesini et
al. 2007).
Tre sono le principali vie attraverso cui questi substrati vengono ossidati per produrre
energia: la glicolisi, il ciclo dell’acido citrico e la fosforilazione ossidativa (Fig.4).
Fig. 4 Metabolismo
energetico
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La glicolisi è un’importante via metabolica responsabile della conversione di una
molecola di glucosio in 2 molecole di piruvato. L’energia libera rilasciata durante
questo processo viene immagazzinata in 2 molecole di ATP. Questa via metabolica si
svolge nel citoplasma e può avvenire sia in presenza di ossigeno (aerobiosi) sia in
assenza (anaerobiosi):
-
in aerobiosi, le molecole di piruvato possono entrare nel ciclo di Krebs ed
essere degradate ad anidride carbonica ed acqua;
-
in anaerobiosi il piruvato viene degradato mediante fermentazione in acido
lattico e acido acetico. In questo caso viene prodotta meno energia.
-
La glicolisi consiste in 10 reazioni consecutive ognuna delle quali è
catalizzata da un enzima diverso (Fig.5). Essa può essere divisa in due fasi:
-
la fase di investimento energetico costituita dalle prime 5 reazioni, durante le
quale il glucosio viene fosforilato a glucosio-6-fosfato ed infine scisso in 2
molecole di gliceraldeide-3-fosfato; ciò avviene attraverso l’utilizzo di 2
molecole di ATP.
-
la fase di recupero energetico nella quale le due molecole di gliceraldeide-3fosfato vengono trasformate in 2 molecole di piruvato con conseguente
produzione di 4 molecole di ATP e 2 di NADH.
Poiché nella prima fase si consumano 2 molecole di ATP, la glicolisi ha una resa
netta di 2 molecole di ATP per molecola di glucosio.
Nella prima reazione della glicolisi, il glucosio intracellulare viene fosforilato per
azione dell’enzima esochinasi e trasformato in glucosio-6-fosfato con consumo di
una molecola di ATP. Questa reazione è irreversibile e costituisce un punto chiave
dell’intera via metabolica. L’esochinasi è un enzima la cui attività dipende dalla
presenza di ioni magnesio.
17
Il passaggio successivo della glicolisi consiste nella isomerizzazione del glucosio 6
fosfato a fruttosio-6-fosfato in una reazione catalizzata dalla fosfoglucosio isomerari
Mg2++ dipendente.
Nella terza reazione il fruttosio-6-fosfato è sottoposto ad un’altra fosforilazione da
parte dell’enzima fosfofruttochinasi cha catalizza il trasferimento del gruppo fosfato
dall’ATP al fruttosio con produzione di fruttosio-1,6-bisfosfato. Anche questa
reazione, irreversibile, costituisce un punto critico della glicolisi a causa della
finissima regolazione cui è sottoposta la fosfofruttochinasi. Questo enzima infatti può
essere inibito dall’ATP, dal citrato e dal suo prodotto mentre, viene attivato
dall’ADP, AMP e dal fruttosio-2,6-bifosfato.
Il fruttosio-1,6-bisfosfato viene scisso dall’aldolasi, enzima Mg2++ dipendente, in
diidrossiacetone fosfato e gliceraldeide-3-fosfato. Dal momento che, soltanto la
gliceraldeide-3-fosfato può essere utilizzata nelle reazioni successive, l’evoluzione di
questa via metabolica ha selezionato un enzima, la triosofosfato isomerasi, in grado
di convertire il diidrossiacetone fosfato in gliceraldeide -3-fosfato.
A questo punto inizia la seconda fase della glicolisi. Le 2 molecole di gliceraldeide3- fosfato vengono convertite in 1,3-bisfosfoglicerato in una reazione catalizzata
dalla gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi. Questa reazione consiste in una iniziale
ossidazione dell’aldeide ad acido carbossilico, che porta al trasferimento con
conseguente riduzione del coenzima NAD+ a NADH, e successiva fosforilazione del
gruppo carbossilico.
La settima reazione costituisce l’inizio vero e proprio della fase di recupero. Infatti,
1-3 bisfosfoglicerato cede un gruppo fosfato all’ADP in una reazione catalizzata
dalla fosfoglicerato chinasi Mg2++ dipendente. La reazione successiva consiste in un
riarrangiamento interno della molecola: la posizione del gruppo fosfato viene
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cambiata dal carbonio in posizione 3 a quello in posizione 2 dall’enzima
fosfoglicerato mutasi. Il prodotto che si forma da questa reazione è il 2-fosfoglicerato
che viene convertito, tramite una reazione di disidratazione catalizzata da un enolasi,
in fosfoenolpiruvato, un composto ad alta energia. Nell’ultima reazione della
glicolisi, infine, viene generato piruvato ad opera della piruvato chinasi che idrolizza
il fosfoenolpiruvato in enolpiruvato tramite trasferimento del gruppo fosfato ad un
ADP generando ATP. L’enolpiruvato è convertito in piruvato tramite tautomeria
cheto-enolica con la dislocazione degli elettroni dall’atomo di ossigeno all’atomo di
carbonio.
Fig. 5 La Glicolisi
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Tutti i nove intermedi glicolitici tra il glucosio ed il piruvato sono fosforilati. I gruppi
fosforici sembrano avere tre funzioni:
-
sono ionizzati a pH 7, in questo modo ogni intermedio della glicolisi
acquisisce carica negativa che gli impedisce di uscire fuori dalla cellula dato
che la membrana è impermeabile alle molecole cariche. Dopo la
fosforilazione iniziale quindi, le cellule non devono spendere altra energia per
tenere nel loro interno i composti fosforilati, anche se esiste un’enorme
differenza di concentrazione di questi composti tra l’interno e l’esterno della
cellula.
-
l’energia rilasciata dalla rottura dei legami fosfoanidridici (come quelli
dell’ATP) viene in parte conservata nella formazione dei legami fosfoesteri
come nel glucosio-6-fosfato. I composti fosforilati ad alta energia che si
formano nella glicolisi donano i loro gruppi fosforici all’ADP e formano
ATP.
-
il legame del gruppo fosforico al sito attivo di un enzima produce un’energia
di legame che contribuisce ad abbassare l’energia di attivazione e aumenta la
specificità della reazione catalizzata dall’enzima.
Le 2 molecole di piruvato, prodotto finale della glicolisi, contengono ancora la
maggior parte dell’energia. In condizioni di aerobiosi il piruvato viene trasportato dal
citosol alla matrice mitocondriale dove viene ossidato ad opera della piruvato
decarbossilasi e convertito in acetil-coenzima A che successivamente entra nel ciclo
di Krebs.
Il ciclo di Krebs è una via metabolica costituita da 8 reazioni. Questa via metabolica
è definita circolare perché alla fine di ogni ciclo viene rigenerato il composto di
partenza, l’acido ossalacetico a 4 atomi di carbonio. Il ciclo ha inizio con la
20
formazione dell’acido citrico (6 atomi di carbonio) a partire dall’acido ossalacetico e
acetil-coenzima A. Nelle fasi successive l’acido citrico perde due atomi di carbonio
formando così due molecole di CO2 e rigenerando l’acido ossalacetico che
ricomincia il ciclo. Durante l’ossidazione del gruppo acetile a 2 molecole di anidride
carbonica vengono cedute anche 4 coppie di elettroni. Tre di queste coppie di
elettroni riducono 3 molecole di NAD+ a NADH mentre la quarta coppia di elettroni
riduce una molecola di FADH+ a FADH2. La maggior parte dell’energia liberata
durante il ciclo dell’acido citrico viene quindi immagazzinata in questi coenzimi
ridotti ma una parte viene utilizzata per produrre anche una molecola di ATP.
Gli elettroni trattenuti dal NADH e dal FADH2 vengono poi trasferiti sulla catena
respiratoria nella membrana interna dei mitocondri. Attraverso questo processo il
NADH e il FADH2 vengono riossidati a NAD+ e FAD+ e possono partecipare ad
altre reazioni di ossidazione del substrato. Il trasferimento degli elettroni inoltre
determina l’ossidazione-riduzione in successione di 10 centri redox che termina con
la riduzione dell’O2 a H2O.
Durante il trasferimento di elettroni dal mitocondrio vengono espulsi H+ che
generano un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale. L’energia
libera immagazzinata in questo gradiente elettrochimico viene utilizzata per la sintesi
di ATP a partire da ADP e Pi mediante il processo noto come fosforilazione
ossidativa.
Come detto in precedenza nello spermatozoo l’ATP viene idrolizza dalla dineina per
generare forza motrice che si traduce nel movimento flagellare.
Da lungo tempo si cerca di chiarire il ruolo delle 2 vie metaboliche, glicolisi e
fosforilazione ossidativa, nel fornire l’energia necessaria a supportare la funzione
dello spermatozoo.
21
Poiché la respirazione è superiore alla glicolisi in termini di produzione di ATP, è
stato per lungo tempo supposto che in condizioni fisiologiche l’ATP richiesto per la
motilità è fornito per la maggior parte dalla respirazione mitocondriale. Tuttavia
poiché i mitocondri sono localizzati esclusivamente a livello del segmento
intermedio degli spermatozoi, e poiché il flagello spermatico dei mammiferi è molto
lungo, rimane da spiegare come l’ATP possa raggiungere la dineina localizzata nella
parte più distale del flagello. Per superare questa difficoltà alcuni autori hanno
ipotizzato l’esistenza di shuttles metabolici che permettono la diffusione dell’ATP
per tutta la lunghezza del flagello (Ford, 2006) (Fig.6).
Fig. 6 Modello di diffusione dell’ATP lungo il flagello
Secondo questa ipotesi, lungo il flagello, l’ATP, idrolizzata ad ADP per fornire
l’energia necessaria al movimento, è rigenerata tramite il trasferimento del gruppo
fosfato da molecole quali fosforilcreatina (CrP) (Tombes and Shapiro, 1985), ADP o
1,3-bisfosfoglicerato (1,3bis-P-Gly). Queste reazioni sono catalizzate da enzimi
come la creatin chinasi, adenilato chinasi o 3 fosfoglicerato chinasi che lavorano
vicino all’equilibrio. Inoltre, la fosforilazione ossidativa nel segmento intermedio
rigenera ATP che può supportare la motilità o la ri-fosforilazione della creatina,
22
dell’AMP e del 3-P-Gly (nella figura tutti e 3 i composti sono rappresentati dalla X)
(Dzeja PP and Terzic A, 2003). Sebbene la CrP è stata caratterizzata nei ricci di mare
(Tombes and Shapiro, 1985) e risulta pressoché assente negli spermatozoi di
mammiferi (Smith et al., 1985; Robitaille et al., 1987), in questi ultimi è stata rilevata
una elevata attività adenilato chinasi che catalizza la reazione 2ADP
ATP+AMP
(Schoff et al., 1989).
Tuttavia questo meccanismo potrebbe non essere sufficiente a trasportare l’ATP
dalla testa fino all’estremità flagellare (Nevo et al., 1970). Per questo motivo, è stato
ipotizzato che la glicolisi, compartimentalizzata nel segmento principale del flagello,
possa avere un ruolo importante nel mantenimento della motilità lungo tutto il
flagello (Mukai e Okuno, 2004). Mukai e Okuno hanno dimostrato che gli
spermatozoi di topo mantengono una elevata motilità in una soluzione contenente
glucosio. Questa motilità, così come la quantità di ATP, rimane inalterata quando al
mezzo viene aggiunto CCCP, un inibitore della fosforilazione ossidativa. Lo stesso
accade quando nella soluzione, al posto del glucosio, viene fornito lattato o piruvato.
Diversamente invece si verifica quando al mezzo contenete piruvato o lattato viene
aggiunto CCCP: la quantità di ATP diminuisce drasticamente. È evidente quindi che
la glicolisi partecipa a fornire l’energia necessaria per la motilità ma si potrebbe
pensare che questa via metabolica possa essere attivata in mancanza della
respirazione mitocondriale. Per chiarire questo punto gli autori hanno dimostrato
inoltre che, bloccando la glicolisi con DOG, un inibitore competitivo del glucosio, la
motilità spermatica non può essere mantenuta in presenza di substrati della
respirazione mitocondriale.
Da quanto detto Mukai e Okuno ipotizzano che in presenza di substrati della glicolisi
nell’ambiente circostante, gli spermatozoi metabolizzano questi substrati per
23
produrre energia. Quando invece, questi substrati nel mezzo sono poco concentrati
gli spermatozoi utilizzano i substrati della respirazione mitocondriale per produrre
glucosio che diffonde nelle altre regioni del flagello dove verrà metabolizzato per
produrre energia (Fig.7).
Nel tratto principale della coda dello spermatozoo sono stati identificati diversi
enzimi
glicolitici:
esochinasi,
lattato
deidrogenasi,
gliceraldeide-3-fosfato
deidrogenasi (Westhoff and Kamp 1997; Bunch et al. 1998; Mori et al. 1998; Travis
et al. 1998; Krisfalusi et al. 2006).
Nei mammiferi alcuni di questi enzimi sono presenti in 2 isoforme, una propria delle
cellule somatiche e una specifica delle cellule spermatogeniche.
Welch et al. (2000) hanno dimostrato nell’uomo l’esistenza di una isoforma della
gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) specifica dello spermatozoo, la
GAPDHS.
Questa proteina che catalizza la reazione di fosforilazione ossidativa della
gliceraldeide-3-fosfatodeidrogenasi accoppiata alla riduzione del NAD, ha mostrato
una omologia del 68% rispetto alla proteina GAPDH delle cellule somatiche, da cui
24
differisce solo per i primi due esoni. Le due isoforme sono codificate da geni
localizzati su cromosomi differenti: il gene che codifica per la GAPDH è localizzato
sul cromosoma XII mentre il gene che codifica per la GAPDHS è localizzato sul
cromosoma XIX.
La GAPDHS è un polipeptide di 408 amminoacidi ed è costituito da un dominio CTerminale, un dominio NAD-binding e un dominio N-Terminale.
Westhoff e Kamp (1997) hanno dimostrato che l’isoforma spermatica dell’enzima
GAPDH è strettamente legata alla guaina fibrosa, struttura del citoscheletro che
caratterizza il segmento principale. La localizzazione di questo enzima glicolitico
lungo il flagello ha portato gli Autori a supporre una funzione metabolica per questa
struttura per fornire energia per l’attività ATPasica della dineina distale.
Un’ulteriore conferma dell’importanza della glicolisi in relazione alla motilità
spermatica deriva dalla generazione di topi knockout per il gene che codifica per
l’isoforma spermatica della gliceraldeide-3-fosfatodeidrogenasi (Miki et al. 2004).
Questi topi sono infertili e mostrano alterazioni non solo quantitative ma anche
qualitative della motilità nemaspermica che da rettilinea si modifica in discinetica.
25
SCOPO DELLA TESI
26
La capacità fecondante di un individuo dipende dalle caratteristiche microscopiche
del suo liquido seminale, ed in particolare da tre parametri fondamentali: il numero
di spermatozoi, la loro morfologia e motilità. Quest’ultimo parametro riveste un
ruolo fondamentale nella riproduzione, in quanto per arrivare a fecondare la cellula
uovo, gli spermatozoi devono essere in grado di risalire le vie genitali femminili.
La motilità dello spermatozoo si realizza grazie alla particolare struttura con cui è
organizzato il flagello e all’energia ad essa fornita, da due vie metaboliche, la
fosforilazione ossidativa, che avviene nel tratto intermedio dove sono localizzati i
mitocondri, e la via glicolitica che si realizza nel segmento principale nel quale sono
stati individuati individuati gli enzimi glicolitici.
Sebbene la glicolisi sia un processo altamente conservato negli eucarioti, alcuni
enzimi glicolitici, espressi nelle cellule spermatiche, hanno caratteristiche strutturali
e funzionali che li distinguono dalle rispettive isoforme espresse nelle cellule
somatiche. Tre di essi, la gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi, la fosfoglicerato
chinasi-2 e la lattato deidrogenasi-C, sono codificati da geni paraloghi espressi solo
durante la spermatogenesi.
Lo scopo del mio progetto di ricerca è stato quello di valutare l’espressione del gene
GAPDHS che codifica per l’isoforma spermatica dell’enzima glicolitico gliceraldeide
3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) al fine di correlare le alterazioni della motilità
nemaspermica con i livelli di espressione genica. Nell’ambito del mio progetto di
ricerca ho selezionato, sulla base delle caratteristiche seminali, 2 gruppi di campioni
seminali: il primo rappresentato da campioni caratterizzati da una motilità totale ≥
45% (normocinetici, gruppo di controllo)e il secondo rappresentato da campioni con
motilità totale ridotta ≤ 30% (ipocinetici). Su questi due gruppi ho eseguito l’analisi
quantitativa dell’espressione del gene GAPDHS.
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MATERIALI E METODI
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CASISTICA
Per realizzare il mio progetto di ricerca ho selezionato 83 pazienti che si sono recati presso il
Laboratorio di Semiologia e Banca del Seme del Dipartimento di Medicina Sperimentale
Sezione di Fisiopatologia ed Endocrinologia.
Su ogni paziente è stato eseguito:
-
l’esame del liquido seminale
-
test di vitalità
-
studio dell’espressione genica.
ESAME LIQUIDO SEMINALE
I campioni di liquido seminale sono stati raccolti per masturbazione in un contenitore di
plastica sterile dopo un periodo di astinenza sessuale compreso tra tre e cinque giorni. I
campioni sono stati tenuti a 37°C per circa 60 minuti, tempo necessario perché avvenga il
normale processo di fluidificazione, e successivamente analizzati secondo le linee guida del
World Health Organization (WHO 1992; 1999).
Inizialmente è stata eseguita la valutazione macroscopica del campione, necessaria a
determinare: volume, pH, aspetto, fluidificazione, viscosità. Subito dopo si è
proceduto con la valutazione microscopica che permette l’analisi della componente
cellulare del liquido seminale, sia gametica che non gametica.
Valutazione Macroscopica
-
Volume
Il volume del liquido seminale è costituito principalmente dalle secrezioni delle
vescicole seminali e della prostata e in minor misura dalle ghiandole bulbouretrali e
dagli epididimi.
29
Per la valutazione del volume, i campioni di liquido seminale sono stati trasferiti
tramite una pipetta in una provetta graduata. Il valore minimo di riferimento è 2,0 ml.
-
pH
Il pH del liquido seminale deriva dalla combinazione del pH alcalino della
secrezione vescicolare e del pH acido della secrezioni prostatica.
La valutazione del pH è stata effettuata facendo diffondere una goccia di campione
su cartina al tornasole. I valori di riferimento del pH del liquido seminale sono
compresi tra 7,2 - 8,0.
-
Aspetto
Per analizzare l’aspetto del seme ho posizionato il campione contro una sorgente
luminosa.
L’aspetto fisiologico del liquido seminale è avorio opalescente. In caso di una
riduzione della componente gametica o assenza della componente cellulare non
gametica il campione può presentare un aspetto meno opaco definito acquoso; viene
definito invece lattescente quando l’eiaculato è costituito esclusivamente dalla
frazione prostatica come avviene in caso di ostruzione delle vie genitali. Un colore
rosato, rosso intenso o rosso bruno del seme è, invece, indicativo della presenza di
sangue (emospermia).
-
Fluidificazione
Subito dopo l’eiaculazione il liquido seminale va incontro ad un processo di
coagulazione che lo trasforma in un coagulo gelatinoso. Tale processo fisiologico
30
consente al seme di rimanere adeso alla cervice uterina. Successivamente, in un
tempo variabile tra i 10 e i 60 minuti, il coagulo subisce il processo di fluidificazione.
Per valutare questo parametro ho fatto percolare il seme da una pipetta sulla parete
della provetta osservando il campione in trasparenza contro una sorgente luminosa.
Se il processo di fluidificazione è avvenuto in maniera completa il campione appare
omogeneo, in caso contrario si osserva la presenza di coaguli più o meno grandi.
-
Viscosità
La viscosità è una caratteristica reologica di un fluido biologico che dipende dalla
sua componente citologica e biochimica.
Ho effettuato la valutazione di questa caratteristica facendo gocciolare il liquido
seminale da una pipetta. La viscosità viene considerata normale se il campione
fluisce dalla pipetta formando delle gocce che si staccano una dopo l’altra in maniera
ritmica e sequenziale, mentre viene considerata aumentata quando scende senza
formare delle gocce ma un filamento. Nei casi in cui il liquido seminale è
caratterizzato da una scarsa componente nemaspermica e non nemaspermica, la
viscosità risulta diminuita.
Valutazione Microscopica
-
Concentrazione e Motilità nemaspermica
Per valutare queste caratteristiche ho eseguito un esame a fresco al microscopio
ottico allestendo con vetrino coprioggetto 18x18 mm minimo due preparati per
campione da 10 l. Ho analizzato i preparati con gli obbiettivi 10, 20 e 40X per
valutare l’omogeneità della distribuzione cellulare e la sovrapponibilità delle
31
caratteristiche dei due preparati. I dati riguardanti la concentrazione nemaspermica
sono stati confermati utilizzando la camera di Makler: 10 l di campione sono posti
sul portaoggetti della camera e coperti con uno speciale vetrino coprioggetto dotato
di una ghiera metallica e di griglia di conta. Al contrario di altre camere di conta, la
Makler, ideata appositamente per il liquido seminale, offre il vantaggio di non dover
ricorrere alla diluizione del campione, tuttavia presenta dei limiti di conta nel caso di
campioni poco concentrati, per questa ragione non si può mai escludere l’esame a
fresco.
Per la valutazione della motilità ho analizzato almeno 20 campi microscopici per
preparato e comunque non meno di 100 elementi nemaspermici. Ho valutato non
solo la percentuale di spermatozoi mobili, ma anche il tipo di motilità che può essere
definita: rettilinea quando lo spermatozoo si muove seguendo una traiettoria nello
spazio, discinetica quando lo spermatozoo non si muove in modo lineare ma cambia
direzione e agitatoria nei casi in cui non si ha uno spostamento dello spermatozoo
nello spazio.
Sulla base della percentuale di spermatozoi mobili ho suddiviso i pazienti selezionati
in 2 gruppi:
- Gruppo A costituito da 42 pazienti con motilità totale uguale o superiore al 45%
- Gruppo B costituito da 41 pazienti con motilità totale uguale o inferiore al 30%.
-
Morfologia nemaspermica
Ho analizzato questo parametro a fresco osservando i preparati con ingrandimento
400. Ho valutato la percentuale di forme tipiche e atipiche osservando le tre parti
principali dello spermatozoo: la testa , il collo e la coda. La percentuale di forme
atipiche non deve superare il 70%.
32
-
Componente non nemaspermica
Nel corso della valutazione delle caratteristiche delle cellule nemaspermiche del
liquido seminale ho analizzato anche la presenza di cellule non nemaspermiche quali
i componenti della linea germinale spermatica, i globuli bianchi, le cellule di
sfaldamento, le emazie e la presenza di corpuscoli prostatici.
TEST DI VITALITA’
Il test di vitalità che ho utilizzato è il test all’eosina, l’eosina Y è un colorante vitale,
che permette di distinguere le cellule vitali da quelle morte poiché colora in rosa
queste ultime penetrando attraverso la membrana cellulare danneggiata. Per eseguire
il test ho miscelato 10 l di campione con 10 l di eosina 0,5 % sul vetrino
portaoggetto ed ho coperto con un coprioggetto 22x22 mm. Al microscopio ottico
con ingrandimento 400 ho contato almeno 200 spermatozoi distinguendo tra quelli
colorati (non vitali) e quelli non colorati (vitali) ed ho calcolato la percentuale di
quelli vitali.
STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA
Preparazione dei campioni per la real-time PCR
Per l’estrazione dell’RNA dal liquido seminale ho preparato ogni campione secondo
il seguente protocollo:
-
centrifugare a 2000 rpm per allontanare il plasma seminale
-
decantare il plasma seminale e risospendere con 2 ml di fisiologica
-
centrifugare a 2000 rpm per 10’ e poi risospendere nuovamente con 1 ml di
soluzione fisiologia
33
-
trasferire una quantità di campione contenente circa 20x106 di spermatozoi in
provetta sterile e utilizzarla per l’astrazione dell’RNA.
Estrazione RNA
Per l’estrazione dell’RNA totale ho utilizzando il kit della Promega SV Total RNA
Isolation System. Il protocollo prevede i seguenti passaggi:
-
centrifugare il campione a 4000 rpm per 10’ ed eliminare il surnatante
-
risospendare il pellet con 175 l di Lysis Buffer e vortexare per rompere bene
le cellule
-
aggiungere 350 l di RNA Dilution Buffer, miscelare per inversione 3-4 volte
e incubare a 70°C per 3’
-
centrifugare a 13.000 rpm per 10’ e trasferire il surnatante contenente l’RNA,
in una provetta sterile
-
aggiungere 200 l di etanolo al 95% e miscelare bene
-
trasferire la soluzione in una colonnina e centrifugare per 1’ a 13.000 rpm;
eliminare l’eluato
-
lavare la colonnina con 600 l di RNA Wash Solution, centrifugare per 1’ a
13.000 rpm; eliminare l’eluato
-
incubare a temperatura ambiente per 15’ il filtro della colonnina con 50 l di
DNase Incubation Mix (40 l di Yellow Core Buffer, 5 l MnCl2 0,09M, 5 l
DNaseI)
-
aggiungere 200 l di DNase Stop Solution e centrifugare per 1’ a 13.000 rpm
-
aggiungere 600 l di RNA Wash Solution, centrifugare per 1’ a 13.000 rpm e
eliminare l’eluato
34
-
aggiungere 250 l di RNA Wash Solution, centrifugare per 2’ a 13.000 rpm e
trasferire la colonnina in una provetta sterile
-
aggiungere 100 l di Nuclease-Free Water, centrifugare per 1’ a 13,000 rpm
per eluire l’RNA e conservare a -80°C.
Misurazione dell’RNA estratto
Alla fine di ogni estrazione ho valutato la concentrazione e il grado di purezza
dell’RNA estratto utilizzando lo spettofotometro (SmartSpec 3000 BioRad).
Ho diluito il campione 1:10 ed ho misurato l’assorbanza a 260 nm (lunghezza d’onda
specifica alla quale assorbono gli acidi nucleici) e a 280 nm (lunghezza d’onda alla
quale assorbono le proteine).
Per calcolare la concentrazione ho moltiplicato il valore dell’assorbanza a 260 nm (λ)
per il fattore di conversione e il fattore di diluizione, mentre per ottenere il grado di
purezza ho calcolato la razio A260/A280.
Retrotrascrizione
L’RNA è stato poi retrotrascritto in cDNA, cioè convertito in molecole di DNA
complementari prive di sequenze introniche e sequenze regolative. Per fare ciò ho
utilizzato il kit della Promega GoScript Reverse Transcription System. Il protocollo
consente la conversione di RNA totale fino a 5 μg.
La prima miscela che ho preparato seguendo il protocollo è la seguente:
-
4 μl di RNA
-
1 μl di Random Primers (0.5 μg/reaction)
35
Questa miscela è stata incubata per 5’ a 70°C, immediatamente trasferita in ghiaccio
per 5’, centrifugata per 10’’ e mantenuta in ghiaccio il tempo necessario a preparare
la seconda miscela.
Seconda miscela:
-
4 μl GoScript 5X Reaction Buffer
-
2,4 μl MgCl2
-
1 μl PCR Nucleotide Mix
-
0,5 μl Recombinant RNasin Ribonuclease Inhibitor
-
1 μl GoScript Reverse Transcriptase
-
Nuclease-Free Water fino ad arrivare ad un volume di 15 μl
Ad ogni campione è stata aggiunta la seconda miscela, è stato incubato prima a 25°C
per 5’ per permettere l’appaiamento dei primers e poi a 42°C per un’ora in modo da
permettere all’enzima di estendere il filamento. La reazione di retrotrascrizione è
stata arrestata incubando i campioni a 70°C per 15’.
REAL-TIME PCR
La PCR real-time, denominata anche PCR quantitativa permette di misurare in tempo
reale la concentrazione di una sequenza target in un campione biologico. Questa
metodica, infatti, abbina il processo di amplificazione con quello di quantizzazione.
Spesso la Real-Time PCR è combinata con la RT-PCR, PCR retrotrascrizionale per
quantificare i livelli di espressione di determinati geni target. La retrotrascrizione
converte l’RNA di partenza in cDNA complementare, mantenendo invariate le
concentrazioni iniziali delle diverse specie di RNA.
Il principio di funzionamento è semplice, si basa sull’utilizzo di fluorofori. Durante il
processo di amplificazione i fluorofori contenuti nei campioni emettono fluorescenza
36
che viene rilevata da una telecamera CCD che acquisisce lo spettro di emissione di
ogni singolo campione convertendo la variazione di fluorescenza in una
rappresentazione in tempo reale della cinetica di amplificazione.
Il calcolo della quantità di DNA dei campioni viene effettuato determinando il ciclo
soglia (CT) della PCR, cioè quel ciclo in cui viene raggiunto il valore soglia di
fluorescenza dove i segnali di amplificazione specifici sono separabili da quelli del
rumore di fondo del sistema. L’analisi, quindi, non viene effettuata al plateau, come
avviene nella PCR qualitativa, ma viene effettuata in fase esponenziale nella quale i
reagenti sono ancora lontani dall’esaurimento e gli elementi di variabilità sono ridotti
al minimo: nella fase di plateau i tre replicati di uno stesso campione pur avendo la
stessa quantità di partenza, mostrano differenti quantità, mentre mostrano identiche
quantità nella fase esponenziale.
Il numero dei cicli necessari affinché un campione raggiunga il suo CT è
inversamente proporzionale al numero di copie target presenti inizialmente.
I metodi di quantificazione includono l'uso sia di colorazioni fluorescenti che
intercalano con il DNA doppio-filamento, sia oligonucleotidi modificati del DNA,
denominati sonde, che fluorescono una volta ibridati con il DNA.
-
Molecole intercalanti
Il SYBR Green è una molecola fluorescente non specifica che si lega al solco minore
della doppia elica di DNA. Questa molecola quando è libera in soluzione emette una
fluorescenza minima che aumenta enormemente dopo il legame al DNA a doppio
filamento (Fig.9). All’inizio di ogni ciclo di amplificazione, quindi, il segnale di
fluorescenza è molto basso perché il DNA è denaturato e le molecole di SYBR
Green sono libere. Durante ogni fase di allungamento, invece, si verifica un aumento
37
della fluorescenza che corrisponde all’aumento del numero di copie a doppio
filamento dell’amplicone. Questa metodica è semplice e poco costosa ma non è
specifica perché la molecola fluorescente si lega random a tutte le doppie eliche,
compresi i dimeri dei primers.
Fig. 9 SYBR Green
Più specifiche per l’analisi del gene di interesse sono le sonde di ibridazione.
-
Sonde di ibridazione
Le molecular beacons sono sonde che hanno una struttura a forcina, stem-loop.
Queste molecole sono caratterizzate da 2 sequenze complementari tra loro localizzate
alle estremità di una sequenza che si lega ad una sequenza sul gene di interesse. Le
sequenze dell’estremità appaiandosi tra loro formano lo stem della struttura a forcina,
mentre la sequenza centrale costituisce il loop. I molecular beacons contengono un
fluoroforo e un quencher alle estremità opposte della sonda. Il quencher è un
cromoforo non fluorescente che disperde l’energia che riceve dal fluoroforo sotto
forma di calore. Quando non è legata alla sequenza target, questa sonda adotta una
struttura a forcina ; in questo modo, il quencher che viene a trovarsi vicino al
fluoroforo impedisce l’emissione della fluorescenza. Quando la sonda incontra una
38
molecola bersaglio complementare, alla temperatura di annealing subisce un cambio
conformazionale favorendo la formazione di un ibrido sonda/bersaglio che è più
stabile (Bonnet et al., 1999). La separazione del fluoroforo dal quencher porta
all’emissione di fluorescenza che può essere rivelata e che dipende dalla quantità di
prodotto specifico in quel dato momento (Fig.10).
Fig. 10 Molecular beacons
Le Sonde Fret sono sonde utilizzate a coppie e caratterizzate dal fatto che le loro
sequenze sono complementari a due sequenze contigue sul gene target in modo da
trovarsi vicine al momento dell’ibridazione (Wittwer et al., 1997). Un fluoroforo
donatore è legato all’estremità 3’ di una delle due sonde ed emette una fluorescenza
verde quando viene eccitato da una luce. Un fluoroforo accettore, invece, si trova
all’estremità 5’ della seconda molecola. Quando si trovano vicini, l’energia emessa
dal donatore eccitato viene trasferita all’accettore che emette una fluorescenza rossa.
Quando le sonde sono libere in soluzione il segnale fluorescente viene emesso dal
39
donatore (fluorescenza verde) mentre il segnale dell’accettore non viene rilevato
(Fig.11).
Fig. 11 Sonde Fret
Le sonde più diffuse sono le sonde Dual-labeled , come le sonde TaqMan. Queste
sonde sono marcate con due molecole fluorescenti: all’estremità 5’ si trova il
reporter, una fluoresceina modificata, e all’estremità 3’ il quencher, una rodamina
modificata. Quando la molecola è integra il quencher assorbe l’energia emessa dal
reporter quindi non viene rilevata nessuna fluorescenza.
Il saggio TaqMan (Fig.12) sfrutta l’attività esonucleasica 5’-3’ della DNA
polimerasi. Nella fase di ibridazione della PCR i primers e le sonde si legano alle
rispettive sequenze complementari. Durante la fase di allungamento la DNA
40
polimerasi sintetizza il nuovo filamento fino ad arrivare alla sonda che si è ibridata.
Per poter proseguire nella sintesi del filamento, essa rimuove i nucleotidi dalla sonda
in direzione 5’-3’ determinando la separazione del reporter dal quencher che a questo
può emettere fluorescenza. Dato che una coppia di DNA duplicata durante la PCR è
accompagnata dalla liberazione di una molecola di reporter, la fluorescenza relativa
che si accumula nel campione è in ogni momento proporzionale alla quantità di DNA
amplificato.
Fig. 12 Saggio TaqMan
-
Rappresentazione dei dati
L’andamento delle reazioni nella Real-Time PCR viene visualizzato in forma di un
grafico nel quale per ogni DNA viene rappresentata la fluorescenza (asse y) misurata
in ogni ciclo di reazione (asse x) (Fig.13). Sul grafico due parametri importanti sono
rappresentati dalla linea di base della curva e dalla linea-soglia. La linea di base
della curva è una linea orizzontale al di sotto della quale si trovano i primi cicli di
41
Real-Time PCR in cui non è misurabile la variazione nel segnale della fluorescenza.
La linea soglia, invece, è una linea parallela alla linea di base che interseca le curve
dei campioni nella fase esponenziale. Il punto di intersezione rappresenta il ciclo
soglia, CT, valore fedele della quantità iniziale del DNA.
Fig. 13 Grafico Real-time PCR
-
Analisi dei risultati
L’analisi dei risultati, infine, può essere effettuata utilizzando due metodi, quello
della curva standard e quello del ΔΔCt.
Nel primo metodo viene costruita una curva standard tracciando il grafico del
logaritmo della concentrazione iniziale di cDNA contro il Ct che si ottiene leggendo
il segnale fluorescente per ogni punto di diluizione del cDNA. Successivamente, dai
Ct dei campioni ai quali si rileva il segnale, si ottengono le quantità di cDNA
ricavandole dalla curva standard precedentemente descritta (Fig.14).
42
E’ possibile inoltre calcolare l’efficienza di una reazione di Real-time PCR tramite la
seguente formula: E = (10
-1/slope -1
) , dove con il termine slope si indica la pendenza,
ovvero il coefficiente angolare della retta creata dal logaritmo delle quantità di cDNA
dei cinque punti della standard. Una reazione con il 100% di efficienza genererà uno
slope di – 3.32. I parametri della Real–time PCR, al fine di considerare ottimale
l’estrapolazione delle quantità dei campioni incogniti, prevedono che lo slope di una
curva standard sia compreso tra un valore di –3.6 e –3.3.
Fig. 14 Curva Standard
Il metodo del ∆∆Ct, invece, si basa sul confronto tra il ciclo soglia del gene target di
un campione, normalizzato sul gene endogeno, con quello di un campione preso
come controllo.
Secondo questo metodo per prima cosa bisogna calcolare la media dei cicli-soglia
(threshold cycle, Ct) del campione analizzato in triplicato. Successivamente si
calcola la differenza (ΔCt) tra la media dei Ct del gene target e quella del gene
endogeno. A questo punto viene calcolato il valore noto come ∆∆Ct utilizzando la
seguente formula:
ΔΔCt = ΔCt campione – ΔCt calibratore
43
dove ΔCt calibratore è il valore ΔCt del campione preso come controllo.
In fine attraverso la formula 2–ΔΔCt si calcola il numero di volte di espressione
(Expression Fold).
Protocollo sperimentale
Il cDNA ottenuto con la retrotrascrizione è stato utilizzato per saggi di Real-Time
PCR al fine di quantificare i livelli di espressione del gene GAPDHS nei gruppi
oggetto di questo studio.
Le sonde che ho utilizzato sono sonde di tipo TaqMan. Queste presentano legato
all’estremità 5’ un donatore fluorescente, il FAM 6-carbossifluoresceina, e
all’estremità
3’
un
secondo
colorante
fluorescente,
TAMRA
6-
carbossitetrametilrodamina, il quencher che assorbe lo spettro di emissione del
reporter. Il saggio di tipo TaqMan sfrutta l’attività esonucleasica 5’-3’ della DNA
polimerasi: durante la fase di denaturazione le sonde si legano al filamento di cDNA,
nella fase di allungamento quando la DNA polimerasi incontra la sonda che si è
ibridizzata, rimuove i nucleotidi in direzione 5’-3’ determinando così la separazione
del reporter dal quencher e permettendo al reporter di emettere fluorescenza.
Le sonde sono specifiche per il gene GAPDHS, gene di interesse, e il gene PRM2
(protamine 2) che ho utilizzato come gene di controllo endogeno. Ho eseguito
diverse prove sperimentali per scegliere il gene housekeeping più idoneo per la
valutazione dell’espressione genica e infine ho scelto PRM2 perché è cellulospecifico e il trascritto è costitutivamente espresso solo dallo spermatozoo.
Ogni campione è stato preparato in triplicato su una piastra di 48 pozzetti in ognuno
dei quali sono stati dispensati 20 µl della seguente reazione:
44
-
10 μl di Master Mix 2x (Applied Biosystems)
-
2.0 μl di cDNA
-
1,0 µl di PDAR 20X (Pre-Developed Assay Reagents) contenente la sonda e
i primers specifici per la sequenza target
-
7,0 µl di H2O RNase-free
L’amplificazione è stata effettuata mediante termociclatore StepOne dell’Applied
Biosystems utilizzando il seguente protocollo:
-
2 min a 50°C per l’attivazione della Taq DNA polimerasi (Applied
Biosystems)
-
10 min a 95°C per la denaturazione completa del cDNA
-
15 sec a 95°C per la denaturazione
-
1 min a 60°C per l’appaiamento e l’amplificazione.
}
40 cicli
Per analizzare i dati ottenuti dalla Real-Time PCR ho utilizzato il metodo del ∆∆Ct.
ANALISI STATISTICA
4
0
4
4
Ho effettuato il test Kolmogorov – Smirnov per verificare nei due gruppi di pazienti
la forma della distribuzione campionaria delle variabili: ∆CT, numero/ml, numero
/eiaculato, motilità totale e atipie. Successivamente, in ogni gruppo, ho effettuato i
test di correlazione di Pearson e di Sperman per evidenziare se le variabili prese in
considerazione cambiano una in maniera dipendente dall’altra.
45
Il test di correlazione di Pearson è stato eseguito tra le variabili:
-
∆CT - numero /ml
-
∆CT- numero/eiaculato
-
∆CT- atipie
Il coefficiente di correlazione di Pearson (r) espresso da questo test indica la “forza
dell’associazione” tra le due variabili prese in considerazione. Un coefficiente r di
correlazione tra due variabili continue (X, dipendente e Y indipendente) varia da 0 a
+1, se le due variabili variano nello stesso senso, oppure da 0 a -1 se le due variabili
variano in senso opposto. Il valore 0, quindi, indica l’assoluta indipendenza, il valore
+1 l’assoluta concordanza positiva, il valore -1 la concordanza negativa. La
correlazione è statisticamente significativa al livello di 0.01 per un test di
significatività a due code.
Il test di Correlazione di Spearman, invece, è stato eseguito tra le variabili ∆CTmotilità e ∆CT- numero effettivo spermatozoi mobili, in quanto, a differenza delle
altre variabili, la motilità non presenta una distribuzione gaussiana.
46
RISULTATI
47
Per lo svolgimento del mio progetto di ricerca ho selezionato 83 soggetti di età
compresa fra 16 e 57 anni. Su tale casistica ho eseguito:
-
esame del liquido seminale
-
valutazione della vitalità nemaspermica mediante il test all’eosina
-
studio di espressione del gene codificante per la GAPDHS mediante Real-Time
PCR.
In base alle caratteristiche cinetiche ho suddiviso i campioni in due gruppi:
Gruppo A - Normocinesia
I valori medi e le deviazioni standard dei parametri seminali e della vitalità relativi al
gruppo di pazienti caratterizzati da normocinesi sono riportati in tabella 2. In
particolare, la percentuale di motilità rettilinea è compresa tra 45-60% con valore
medio di 54% e la percentuale della vitalità è compresa tra 46-82% con valore medio
di 71,1% .
Gruppo B - Ipocinesia
I valori medi e le deviazioni standard dei parametri seminali e della vitalità relativi al
gruppo dei pazienti caratterizzati da ipocinesi sono riportati in tabella 3. In
particolare la percentuale di motilità totale è compresa tra 0-30% con valore medio di
19,1% e la percentuale di vitalità è compresa tra 19-68% con valore medio di 50,2%.
48
GRUPPO A
Pazienti N. 42
Età
Vol.
N/ml
N/Eiac
Mot.Tot
Atip.
Vit.
MEDIA
30,7
3,3
104,1
334,4
54,4
72,4
71,1
DS
6,4
1,4
41,7
152,7
3,9
2,7
8,4
MAX
43
8
200
720
60
78
82
MIN
16,0
1,2
40
48
45
68
46
Tab. 2 Medie, deviazioni standard, max e min dei parametri seminali del Gruppo A
GRUPPO B
Pazienti N. 41
Età
Vol.
N/ml
N/Eiac
Mot.Tot
Atip.
Vit.
MEDIA
33,7
3,4
39,5
121,0
19,1
88,8
50,2
DS
7,9
1,7
34,2
100,5
6,4
4,5
12,9
MAX
50
7,6
160
385
30
98
68
MIN
16
0,4
4
10,8
0
80
19
Tab. 3 Medie, deviazioni standard, max e min dei parametri seminali del Gruppo B
49
STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA
Per valutare l’espressione del gene GAPDHS ho eseguito l’estrazione dell’RNA da
un’aliquota di liquido seminale di ogni paziente. La concentrazione media di
spermatozoi per l’estrazione è di 20x106. La resa media di RNA è di 37,9 μg/ml.
Ho successivamente retrotrascritto l’RNA ottenuto in cDNA, che ho utilizzato per
l’analisi dell’espressione genica mediante Real-Time PCR. Ho utilizzato sonde
specifiche per il gene GAPDHS, gene di interesse, e per il gene PRM2 che ho
utilizzato come gene housekeeping per normalizzare i livelli di espressione del gene
GAPDHS. Il profilo di espressione ottenuto è mostrato in figura 15. Nel grafico, per
ogni campione, sull’asse delle ascisse si trovano i cicli di reazione e sulle ordinate la
fluorescenza misurata per ogni ciclo di reazione. Inoltre sono rappresentate la linea di
base che indica il ciclo in corrispondenza del quale inizia l’aumento esponenziale
della fluorescenza e la linea-soglia o threshold (in figura verde) parallela alla linea di
base (in figura blu), che interpola le curve dei campioni nella loro fase di crescita
esponenziale, cioè nel punto in cui le intensità di fluorescenza sono maggiori
rispetto a quelle che rappresentano un rumore di fondo. Il ciclo a cui ciascun
campione interseca la linea-soglia rappresenta il ciclo-soglia (thresholdcycle, Ct).
50
51
Fig. 15 Profilo di espressione genica in Real-Time PCR
Ho analizzato l’espressione genica utilizzando il metodo del ΔΔCt che si basa sul
confronto tra il ciclo soglia del gene target di un campione, normalizzato sul gene
endogeno, con quello di un campione preso come controllo. Nel mio studio il
campione di controllo è rappresentato dalla media dei ΔCt dei campioni del gruppo
A. In tabella 4 sono riportati i valori delle medie dei ΔCt dei due gruppi oggetto dello
studio.
Media ΔCт
GRUPPO A
GRUPPO B
5,5428
5,3231
Tab. 4 Medie dei ΔCt del gene GAPDHS nei due gruppi
Il grafico della figura 16 mostra le volte di espressione (ExpressionFold) del gene
GAPDHS del gruppo B verso il controllo.
Fig. 16 Espressione del gene GAPDHS
52
L’analisi t test dei ΔCt dei campioni normocinetici ed ipocinetici ha dimostrato che
nei due gruppi non vi è una differenza statisticamente significativa nell’espressione
del gene di interesse (Fig. 17)
Fig. 17 Confronto tra i ΔCt dei due gruppi
All’interno di ogni gruppo inoltre, ho effettuato l’analisi statistica della correlazione
di Pearson tra le variabili ΔCt-numero/ml (Fig. 18), ΔCt-numero/eiaculato (Fig. 19),
ΔCt-atipie (Fig. 20), e l’analisi statistica della correlazione Spearman tra le variabili
ΔCt-motilità (Fig. 21) e ΔCt-motilità effettiva (Fig. 22).
53
Fig. 18 Correlazione tra n°/ ml e ∆Ct
Fig. 19 Correlazione tra n°/ eiac e ∆Ct
54
Fig. 20 Correlazione tra % di atipie e ∆Ct
Fig. 21 Correlazione tra % di motilità totale e ∆Ct
55
Fig. 22 Correlazione tra n° effettivo di spermatozoi mobili e ∆Ct
Dall’analisi statistica non si rileva correlazione tra le variabili seminali prese in
considerazione e i livelli di espressione (ΔCt) del gene GAPDHS sia nel gruppo A sia
nel gruppo B.
56
DISCUSSIONE
57
La capacità fecondante di un individuo maschile è correlata alla qualità del suo
liquido seminale, infatti, l’alterazione di uno o più parametri seminali (dispermia)
porta ad una condizione patologica definita infertilità.
Diverse possono essere le cause di infertilità maschile. Possono essere riscontrate
patologie andrologiche, disfunzione ormonale, alterazioni genetiche. Tuttavia nel
50% dei casi le cause rimangono sconosciute (infertilità idiopatica).
Di notevole importanza per la fertilità, è la caratteristica peculiare del gamete
maschile cioè, la sua capacità di muoversi autonomamente,.
La motilità dello spermatozoo è strettamente legata all’ultrastruttura del flagello.
Questo si suddivide in 3 regioni: segmento intermedio, segmento principale e
segmento terminale. Per tutta la lunghezza del flagello si estende l’assonema,
struttura composta da 9 coppie di microtubuli, costituiti da tubulina A e B, dai quali
si estendono bracci di dineina, e dal doppietto centrale. La motilità progressiva dello
spermatozoo maturo deriva dallo scorrimento microtubulare che sfrutta l’energia
derivante dall’idrolisi dell’ATP. Questo processo avviene per azione della dineina
ATPasi che funziona da motore molecolare lungo l’assonema, determinando la
conversione di energia chimica in energia meccanica.
La fosforilazione della dineina sembra rappresentare un punto di regolazione critico
per l’inizio del movimento flagellare (Tasch et al. 1989).
L’onda flagellare si propaga in modo elicoidale lungo tutto il flagello, per questo
motivo l’ATP deve essere disponibile per l’intera lunghezza di questa struttura. Per
rispondere a questa esigenza, si è ipotizzato che lo spermatozoo ricorra a due vie
metaboliche localizzate in due diverse regioni del flagello: la fosforilazione
ossidativa, che si svolge nel tratto intermedio dove sono localizzati i mitocondri, e la
glicolisi, che sembra essere ristretta al tratto principale in cui sono presenti gli enzimi
58
glicolitici. Questi enzimi, in alcuni casi, presentano isoforme che sono specifiche
delle cellule germinali.
In un lavoro del 2000 Welch e Brown hanno dimostrato la presenza di una isoforma
della gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi, GAPDHS, espressa specificatamente nelle
cellule nemasperrmiche dell’uomo. Gli autori hanno clonato e sequenziato il cDNA
del gene umano GAPDHS e definito la sua struttura. Successivamente, tramite la
tecnica del Northen Blot, hanno identificato l’espressione del gene GAPDHS nel
tessuto testicolare ma non negli altri tessuti umani.
La proteina GAPDHS è un polipeptide di 408 amminoacidi costituito da un dominio
C-Terminale, un dominio NAD-binding, e un dominio N-Terminale. La GAPDHS è
identica per l’83% alla gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi del topo (GAPDS)
(Welch et al. 1992), al 94% a quella del ratto e solo del 68% alla isoforma presente
nelle cellule somatiche umane, da cui differisce per i primi due esoni.
Rispetto alla sua controparte somatica l’isoforma spermatica della GAPDH presenta
una estensione di 72 aa ricca di prolina all’estremità amino-terminale.
Welch
et
al.
(2000)
hanno
dimostrato
inoltre
tramite
esperimenti
di
immunolocalizzazione, che la proteina GAPDHS è localizzata nel tratto principale
del flagello. Anche Krisfalusi e Miki, in un lavoro del 2006 hanno confermato questa
localizzazione della proteina e in particolare hanno dimostrato che essa è
strettamente legata alla guina fibrosa che circonda l’assonema nel tratto principale
del flagello. In questo lavoro gli autori hanno isolato e purificato la componente
proteica della guaina fibrosa degli spermatozoi di topo prelevati dall’epididimo.
L’analisi proteomica tramite spettrometria di massa ha permesso di identificare la
GAPDHS e altri due enzimi glicolitici, l’isoforma A dell’aldolasi 1 (ALDOA) e la
lattato deidrogenasi A (LDHA).
59
Da tempo ormai si cerca di chiarire quale possa essere il contributo della glicolisi, in
termini di apporto energetico, al movimento flagellare. Sebbene la fosforilazione
ossidativa sia più efficiente della glicolisi nella produzione di ATP, alcuni studi
hanno dato importanza crescente alla glicolisi.
Mukai ed Okuno affermano che la glicolisi gioca un ruolo cruciale per la motilità
nemaspermica. In un lavoro del 2004, infatti, questi Autori hanno dimostrato che gli
spermatozoi di topo mantengono un’elevata frequenza del battito flagellare e
inalterati livelli di ATP, se conservati in una soluzione contenente glucosio, sia in
presenza che in assenza di un inibitore della fosforilazione ossidativa, il CCCP. Lo
stesso risultato si ottiene, in assenza di CCCP, se al posto del glucosio nel mezzo
vengono forniti piruvato e lattato. Quando, tuttavia, gli spermatozoo conservati in
questo mezzo di coltura vengono trattati con CCCP si assiste ad una drastica
riduzione della motilità e dei livelli di ATP. Ciò evidenzia il ruolo importante della
glicolisi nella produzione di energia necessaria alla motilità ma lascia pensare che
essa intervenga solo in mancanza della respirazione mitocondriale. Per chiarire
questo punto, gli Autori, hanno utilizzato il 2-Deossiglucosio (DOG) un inibitore
competitivo del glucosio, per valutare la quantità di ATP prodotta in condizioni
sperimentali diverse. DOG può entrare all’interno della cellula e venire fosforilato a
DOG-6- fosfato da una esochinasi. DOG- 6- fosfato però, non può essere
ulteriormente metabolizzato. L’aggiunta di DOG in una soluzione contenete glucosio
determina una produzione di ATP negli spermatozoi che è equivalente a quella
prodotta dagli stessi in un mezzo privo di substrati. Poiché DOG non inibisce la
fosforilazione
ossidativa,
questi
risultati
dimostrano
che
la
respirazione
mitocondriale non è sufficiente a mantenere la concentrazione di ATP necessaria per
la motilità spermatica. In particolare, da quanto detto, gli Autori hanno ipotizzato che
60
l’energia mitocondriale è utilizzata per produrre glucosio, che viene poi
metabolizzato nel processo di glicolisi per fornire l’energia richiesta per il
movimento flagellare.
Un’ulteriore conferma dell’importanza della glicolisi in relazione alla motilità
spermatica deriva dallo studio di Miki et al. del 2004, secondo il quale la glicolisi
genera la maggior parte dell’energia necessaria al movimento. Questi Autori
generando topi knockout hanno osservato che i topi maschi Gapdhs -/- sono infertili
e presentano difetti nelle motilità spermatica, in particolare, circa il 3% degli
spermatozoi mostrano una motilità progressiva che permane solo fino a 2 ore dopo il
prelevamento dall’epididimo e circa il 60% presenta movimenti discinetici fino a 4
ore dopo incubazione in un mezzo di coltura contenete glucosio (M16). Questi topi,
inoltre, presentano una riduzione di circa il 10% dei livelli di ATP che arriva fino al
19% in presenza di glucosio nel terreno, e un accumulo di gliceraldeide 3 fosfato
(G3P) 4 volte maggiore rispetto ai topi wt.
Diversamente da quanto sostenuto da Miki e Mukai, Ford (2006) ritiene che la
glicolisi non è richiesta per supportare la motilità nemaspermica. Già in un lavoro del
1986, Ford e Harrison utilizzando un inibitore della GAPDHS, α-cloroidrina,
avevano dimostrato che, in presenza di glucosio, gli spermatozoi di ratto e di
cinghiale era immobili, mentre risultavano mobili quando il glucosio veniva
sostituito con i substrati della respirazione mitocondriale. Come osservato da Miki
con i topi knockout, anche loro avevano riscontrato, in presenza di glucosio, una
diminuzione dei livelli di ATP accompagnata da un aumento degli intermedi
glicolitici a monte della GAPDHS, in particolare fruttosio 1,6 bisfosfato e trioso
fosfati (Ford and Harrison, 1986). Gli autori spiegano questi effetti negativi sulla
motilità, causati dalla presenza di glucosio, affermando che gli intermedi della
61
glicolisi, che non potevano essere ulteriormente metabolizzati a causa dell’inibizione
della GAPDHS, sequestravano il fosfato presente negli spermatozoi rendendolo non
disponibile per la fosforilazione ossidativa (Ford and Harrison, 1987). Secondo
Ruiz-Pesini (2007) l’inibizione della GAPDHS, impedendo l’ulteriore metabolismo
degli intermedi della glicolisi, trasforma la glicolisi da un pathway che genera ATP
ad un pathway che consuma solo ATP determinando una competizione tra la glicolisi
e la dineina ATPasi per l’utilizzo dell’ATP e causando effetti negati sulla motilità
spermatica.
Secondo alcuni autori esistono meccanismi alternativi alla glicolisi per il trasporto di
ATP alla parte distale del flagello. Si ipotizza che il trasferimento dell’ATP dai
mitocondri, localizzati nel tratto intermedio della coda, al resto del flagello, possa
dipendere o da forze meccaniche, che originano da onde citoplasmatiche, o da
metaboliti shuttles, come l’adenilato chinasi e la fosfoglicerato chinasi (Ford 2006).
Nel mio studio ho analizzato l’espressione del gene che codifica per l’isoforma
spermatica dell’enzima glicolitico gliceraldeide 3-fosfato deidrogenasi (GAPDHS) al
fine di correlare le alterazioni nella motilità nemaspermica con i livelli di mRNA.
A tal fine ho selezionato, in base alla percentuale di motilità totale nemaspermica,
due gruppi di campioni seminali, i normocinetici (gruppo A, controllo) e gli
ipocinetici (Gruppo B) dai quali ho estratto l’RNA.
Poiché lo spermatozoo contiene una ridotta quantità di RNA rispetto ad una cellula
somatica, per cui ho messo a punto una metodica che ha permesso di ottenere
concentrazioni ottimali di RNA puro. Successivamente ho retrotrascritto l’RNA in
cDNA, che ho utilizzato per l’analisi dell’espressione del gene GAPDHS tramite
Real-Time PCR con saggio Taq-Man. Per l’analisi dei risultati ho utilizzato il
metodo del ∆∆Ct.
62
I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che non c’è una differenza
statisticamente significativa nell’espressione del gene GAPDHS tra il gruppo di
controllo e il gruppo degli ipocinetici. Questi risultati sono avvalorati dalla
correlazione negativa tra i livelli di espressione del gene GAPDHS e il numero
effettivo degli spermatozoi mobili. Tutto ciò potrebbe significare che la ridotta
motilità osservata nei pazienti oggetto dello studio sia determinata da alterazioni a
carico di altri meccanismi che intervengono nella motilità nemaspermica. Come detto
in precedenza, la principale fonte di ATP nello spermatozoo è la fosforilazione
ossidativa, per cui è lecito ipotizzare che la causa della astenozoospermia di questi
pazienti possa risiedere nelle strutture coinvolte in questa via metabolica, e che la
glicolisi, come sostenuto da Ford (2006), non abbia un ruolo cruciale per la motilità
nemaspermica.
Diversi studi hanno dimostrato come l’attività mitocondriale sia correlata con la
motilità nemaspermica. Infatti è stato osservato che più è elevato il potenziale di
membrana mitocondriale (∆Ψ) maggiore è la motilità spermatica (Troiano et al
1998; Marchetti et 2002; Piasecka and Kawiak, 2003) e la capacità fecondante
(Kasai et al. 2002; Marchetti et al. 2004).
In uno studio condotto nel nostro laboratorio è stato dimostrato che in pazienti
astenozoospermici vi è una correlazione positiva tra la percentuale di mitocondri
depolarizzati e la percentuale di spermatozoi immobili (Paoli D., et al. 2011). In
accordo con questi risultati sono quelli ottenuti da Pelliccione et al., (2011) i quali
hanno analizzato la struttura delle membrane mitocondriale in pazienti con normale o
con ridotta motilità nemaspermica ed hanno osservato che i pazienti affetti da
astenozoospermia
presentavano
un’alterata
organizzazione
delle
membrane
mitocondriali.
63
Non bisogna dimenticare che la motilità dello spermatozoo è legata anche alla
struttura con cui è organizzato il flagello, per cui un’alterazione di uno degli elementi
che la compongono (assonema, fibre dense, guina fibrosa) si traduce in una
modificazione della motilità. Non bisogna escludere, inoltre, che l’ipomotilità possa
essere determinata da una carenza di substrati energetici nel plasma seminale o da
alterazione di geni che codificano per proteine coinvolte nei pathways di
segnalazione che regolano le vie metaboliche che producono energia.
È evidente quindi, come non sia facile identificare le cause che determinano
astenozoospermia data la complessività dei processi che intervengono nella motilità
nemaspermica.
Interessante potrebbe essere lo studio dell’espressione del gene GAPDHS in pazienti
caratterizzati da un’elevata motilità non rettilinea o discinetica determinata da una
carenza dei substrati energetici nel plasma seminale. Si potrebbe ipotizzare, infatti,
che la glicolisi possa non essere essenziale per dare inizio al movimento flagellare,
ma essere tuttavia importante per la corretta propagazione del movimento lungo tutto
il flagello.
64
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