IL BULLISMO

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I° INCONTRO
02.02.2015
IL BULLISMO
Dott.ssa Barbara Ghetti, Psicologa
Confronto iniziale tra educatori:
Che cosa è per noi il Bullismo? Quali sono i contesti in cui si presenta? Ne abbiamo fatto
esperienza diretta o indiretta? Punti emersi:
- difficoltà a distinguere episodi di bullismo da “normali litigi”
- sistematicità nel presentarsi
- mancanza di rispetto per le altre persone
- violenza psicologica e/o fisica
- si presenta tra pari
- disagio personale, relazionale, famigliare
Il contesto in cui si presenta il bullismo è la relazione. Esso è un fenomeno connaturato al
gruppo, quando esso ha in sé tutte le caratteristiche che lo definiscono sotto ogni aspetto un
gruppo:
- relazioni stabili:
- continuative nel tempo
- scopo comune dei suoi membri
- membri stabili nel tempo, in cui l'uscita o l'ingresso di membri è limitata
- dinamiche attive
Non si definisce gruppo un insieme di persone che saltuarimente si trovano assieme, o
condividono solamente un ritrovo (es. gli amici del muretto), o non vi sono relazioni stabili
con tutti i mebri.
Il bullismo si può considerare come un prodotto di scarto del sistema gruppo, come il fumo
quando si accende un fuoco. Fa parte per sua natura delle dinamiche che lo caratterizzano.
Vi sono 3 parametri per definire un episodio di bullismo:
1- Sistematicità nel tempo: non può essere un episodio isolato nel tempo, ma di deve
ripetere con continuità;
2- Intenzionalità: vi deve essere la volontà di mettere in atto nei confronti dell'altro
determinate azioni, non possono essere azioni “accidentali” o casuali;
3- Asimmetria di potere: vi è sempre una persona che ha un potere maggiore, bullo,
rispetto ad un'altra, vittima; asimmetria stabile, riconosciuta anche dagli altri mebri del
gruppo; le asimmetrie di potere sono presenti in ogni relazione, nella normalità esse variano
in base alle situazioni e ai momenti, ad es. in un rapporto tra due persone, un giorno, una ha
maggiore potere rispetto all'altra perché la situazione o la relazione lo richiede, ma il giorno
dopo il rapporto si inverte.
Le forme di bullismo non sono tutte uguali, si presentano principalmente in tre modi:
1- aggressione fisica, bullismo diretto
2- aggressione verbale, bullismo diretto e indiretto
3- bullismo indiretto, quando non vi è la presenza fisica della vittima, ma ad esempio la si
scredita agli occhi di altre persone.
Il bullismo non è caratteristico di un determinato arco di età, siamo spesso portati a pensare
che sia un fenomeno presente solo nell'adolescenza, in realtà si nasce quando i bambini
iniziano ad avere percezione di sé, età scuola materna, e non termina nell'età adulta ma
continua per tutto l'arco di vita, ciò che si modifica sono le modalità con le quali si mettono
in atto atti di bullismo. Inoltre, esso non si presenta solamente in situazioni di disagio
sociale o economico, ma è trasversale ad ogni contesto, famiglie con problemi, famiglie
“normali”, difficoltà economica, ricchezza, città, periferia, ecc.
Nella mentalità comune si considera come problema il bullo, per cui si mettono in atto
azioni contro il bullo, punizioni, programmi, coinvolgimento della famiglia, ecc..., ma in
realtà il problema è il gruppo, se il gruppo non esistesse il bullo non ci sarebbe, se il
gruppo cambiasse le sue caratteristiche, il bullo potrebbe perdere il suo ruolo. Ogni membro
del gruppo ha un ruolo determinate negli episodi di bullismo:
- bullo
- aiutanti del bullo, quei membri che lo sostengono e lo aiutano
- vittima
- difensore della vittima, quella persona che si frappone tra bullo e vittima allo scopo di
difenderla, ma che in realtà peggiora la situazione, in quanto legittima gli altri membri a
considerare la vittima sempre più vittima, non in grado di difendere sé stessa.
- sostenitori, coloro che sostengono le azioni del bullo, anche indirettamente
- esterni, coloro che stanno a guardare, non prendono parte a nessuna azione, sono però
quelli che più dovrebbero preoccupare, in quanto sono essi stessi potenziali bulli o vittime.
La caratteristica che accomuna i bulli è generalmente una scarsa competenza emotiva, per
cui è portato a pensare che la vittima “si merita” ciò che le viene fatto, il bullo ha difficoltà a
comprendere le emozioni degli altri, manca la componente empatica. Il bullo non si sente
all'altezza deglia altri, anche se all'esterno mostra superiorità, agisce in modo tale da
sminuire l'altro, come se dicesse “ti abbasso al mio livello perché io non mi sento realmente
superiore”. La vittima invece si considera essa stessa vittima, è abituata a cedere, è il suo
modo di fare e di relazionarsi con gli altri. Prendere le difese della vittima è
controproducente, sia che lo faccia un mebro del gruppo sia che lo faccia uno esterno come
l'educatore, perché agli occhi del bullo, della vittima stessa e degli altri componenti, si
rafforza il suo ruolo di vittima, lo si conferma e amplifica. Si rende perciò necessario e
indispensabile lavorare sul gruppo, le punizioni verso i singoli soggetti non hanno valore,
anzi anche queste rischiano di andare a rafforzare i ruoli di ogni membro, e quindi le
dinamiche interne. Inoltre la punizione apre alla solitudine, chiude agli altri, sono spesso
caratterizzate dall'eliminazione di oggetti o promesse o desideri, nella modalità del ricatto,
esse infatti portano il punito a vivere situazioni di sofferenza emotiva, la cui conseguenza
non è sicuramente la risoluzione della problematica iniziale. Amplificano la dicotomia
buono-cattivo.
L'educatore che decide di affrontare il tema del bullismo all'interno del proprio gruppo di
ragazzi non si deve ergere a giudice o risolutore ma deve mettere i ragazzi nella condizione
di confrontarsi tra loro, comprendere le dinamiche, e mettere in atto modalità concrete di
azione. Prima di tutto deve chiedersi esso stesso quali sono le regole per lui realmente
importanti e quali è disposto a sostenere.
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