Paola Spera INVECCHIARE POSITIVAMENTE: Un nuovo modo di guardare l'età che avanza La psicologia dell'invecchiamento è uno degli svariati ambiti di applicazione della psicologia positiva. È ancora radicata, sia nella popolazione che, purtroppo, negli specialisti del settore, l'equazione «essere anziani = essere tristi» cioè l'idea che l'invecchiamento sia, per definizione, accompagnato da una deflessione più o meno patologica del tono dell'umore. Le diverse ricerche che si sono occupate della relazione tra invecchiamento e depressione riportano risultati contrastanti. Da un lato (Alavinia e Burdorf, 2008; Baltes e Baltes, 1990; Galati, Sotgiu e Lavagno, 2007; Westerlund, Vahtera, Singh-Manoux, Pentti, Melchior, Leineweber, Jokela, Siegrist, Goldberg, Zins e Kivimäki, 2010) si rileva che gli anziani percepiscano un benessere maggiore rispetto alle altre fasce di età, mentre dall'altro (Murrell, Himmelfarb e Wright, 1983 in Bizzini, Bizzini e Favre 2009; Osborn, Fletcher, Smeeth, Stirling, Nunes, Breeze, Siuwoon, Bulpitt, Jones, Tulloch, 2002; Rothera, Jones e Gordon 2002 in Bizzini, Bizzini e Favre 2009) trova conferma l'ipotesi che la depressione sia il problema psicologico più frequente nella terza età. Come sappiamo, la depressione provoca una significativa diminuzione del funzionamento personale e sociale, che implica un aumento delle necessità assistenziali e dei costi. Inoltre, la depressione, soprattutto nell'anziano, ha importanti comorbilità (Hitchcock Noël, Williams, Unützer, Worchel, Lee, Cornell, Katon, Harpole e Hunkeler, 2004). Un ulteriore problema è dato dal fatto che la depressione negli anziani è spesso difficile da individuare perchè spesso non soddisfa i criteri richiesti per la diagnosi (DSM-IV-TR); o l'anziano stesso non riferisce di essere depresso, ma riporta altri sintomi come patologie somatiche o perdite di memoria che talvolta possono essere causate dalla deflessione del tono dell'umore; o alcuni sintomi sono interpretati come se fossero una conseguenza fisiologica dell'invecchiamento (anche negli specialisti della salute, vedi Frémont 2004 in Bizzini, Bizzini, Dalle Favre, 2009). Ai fini della nostra proposta, che gli anziani siano più o meno depressi ci interessa relativamente, dal momento che il fine della psicologia positiva è «la prevenzione del disagio, piuttosto che la cura» (Antonelli, 2007). Quindi la domanda che ci possiamo – e ci dobbiamo – porre, è: cosa possiamo fare per prevenire o ridurre tristezza o depressione negli anziani? Sappiamo che l'invecchiamento è una fase della vita in cui l'individuo attraversa vari cambiamenti. Uno in particolare sembra essere particolarmente rilevante: il pensionamento (Kim, Sun, Park, Peterson, 2012): per alcuni di noi il pensionamento rappresenta la fine della partecipazione attiva alla società, la fine della produttività, la fine della propria utilità personale, mentre per altri rappresenta l'inizio di una nuova vita in cui si avrà la possibilità di dedicarsi a sé o agli altri: perchè? È semplicemente perchè per alcuni “il bicchiere è mezzo vuoto”, mentre per altri lo stesso bicchiere “è mezzo pieno”? In parte è così, come lo stesso fondatore della psicologia positiva, Martin Seligman, ci spiega in uno dei suoi primi e più famosi libri («Imparare l'ottimismo», trad. it. 1996), ma sono necessari alcuni chiarimenti. L'ottimismo di Seligman non è, come scriveva Voltaire in “Candido” (1759), «quella smania di sostenere che tutto va bene, quando tutto va male», non è l'ottimismo ottuso che consiste nel chiudere gli occhi di fronte alle cose che vanno male, non è l'ottimismo ingenuo che consiste nel credere che tutto andrà bene. In altre parole non è “il profumo della vita” come si diceva in una pubblicità di qualche anno fa. L'ottimismo di Seligman è un ottimismo realista, che consiste nel guardare e interpretare in modo realista gli eventi che ci accadono. Il sottotitolo del libro di Seligman è “come cambiare la vita cambiando il pensiero”, e questa idea è molto antica perchè già nel primo secolo d.C. il filosofo greco Epitteto sosteneva che «ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose»: un'idea semplice ma molto potente, che è stata poi ripresa da Aaron Beck e Albert Ellis, considerati i fondatori della psicoterapia cognitiva, e successivamente anche da Martin Seligman. Uno degli strumenti principali usati sia nella psicoterapia cognitiva che nella psicologia positiva è il cosiddetto “metodo ABC” (A = Activating event, B = Belief, C = Consequences). Per esempio, l'evento “da domani sarò in pensione” (A) può essere interpretato in diversi modi, e sulla base del modo in cui verrà interpretato provocherà emozioni di diversi tipi. Chi pensa (B) «sono vecchio e inutile, non servo più a niente» proverà (C) tristezza/depressione, chi pensa (B) «l'azienda ha bisogno di me, non è giusto che io non possa più lavorare!» proverà (C) rabbia/frustrazione, che invece pensa (B) «avrò finalmente il tempo per dedicarmi a quell'hobby che ho sempre dovuto trascurare a causa del lavoro» vivrà l'evento con (C) serenità. La nostra proposta è quella di “insegnare l'ottimismo” alle persone che si avvicinano alla pensione, con l'obiettivo di far maturare in loro una nuova interpretazione di questo e di altri eventi tipici di questa fase della vita. Proponiamo quindi di organizzare training specifici di «apprendimento dell'ottimismo» organizzati in gruppi di 10/15 persone per la durata di 10 incontri, utilizzando principalmente la tecnica ABC (A = Adversity, B = Belief, C = Consequences) con l'aggiunta di D (Disputation) ed E (Energization) ovvero della messa in discussione dei propri B (D) e la messa in atto di nuovi comportamenti più funzionali (E). L'obiettivo di questo training è, nel breve termine, il miglioramento del tono dell'umore, del benessere percepito e quindi della qualità della vita degli anziani; nel lungo termine una minor incidenza di patologie, con conseguente risparmio sia delle famiglie che del Sistema Sanitario Nazionale. Bibliografia Alavinia S.M., Burdorf A. (2008), Unemployment and retirement and ill-health: a cross-sectional analysis across European countries. Int. Arch. Environ Health 82, 39-48. Antonelli E., NL n°7 2007 www.psicologiapositiva.it Baltes P.B., Baltes M. (1990), Psychological perspectives on successfull aging: A model of selective optimization with compensation. In P. Baltes, M.M. Baltes (Eds.), Successfull Aging: Perspectives from the Behavioral Science. N.Y.: Cambridge University Press, pp-134). Beck A.T., Principi di terapia cognitiva, Astrolabio-Ubaldini, Roma (1984). Bizzini L., Bizzini V., Favre C. (2009), Curare la depressione negli anziani. Manuale di terapia di gruppo. Ellis A., Ragione ed emozione in psicoterapia, Astrolabio-Ubaldini (1989). Galati D., Sotgiu I., Lavagno G. (2007), Emozioni positive e vita quotidiana: uno studio su un gruppo di anziani. In Dalle Fave A. (a cura di), La condivisione del benessere. Il contributo della psicologia positiva. Hitchcock Noël P., John W. Williams J.W., Unützer J., Worchel J., Lee S., Cornell J. Katon W., L.H. Harpole, Hunkeler E. (2004), Depression and Comorbid Illness in Elderly Primary Care Patients: Impact on Multiple Domains of Health Status and Well-being. Annals of Family Medicine, 2(6). Kim E.S., Sun J.K., Park N., Peterson C. (2012), Purpose in life and reduced stroke in older adults: The health and retirement study. Journal of Psychosomatic Research, http://dx.doi.org/10.1016/j.jpsychores.2013.01.013. Osborn, Fletcher, Smeeth, Stirling, Nunes, Breeze, Siuwoon, Bulpitt, Jones, Tulloch (2002), Performance of a single screening question for depression in a representative sample of 13 670 people aged 75 and over in the UK: results from the MRC trial of assessment and management of older people in the community. Family Practice, 20(6). Seligman M.E.P., Imparare l'ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero. Giunti, Firenze, 1996. Westerlund H., Vahtera J., Ferrie J.E., Singh-Manoux A., Pentti J., Melchior M., Leineweber C., Jokela M., Siegrist J., Goldberg M., Zins M., Kivimäki M. (2010), Effect of retirement on major chronic conditions and fatigue: French GAZEL occupational cohort study. BMJ 341, c6149.