PSICOLOGIA GIURIDICA E DELLA DEVIANZA ANNO ACCADEMICO 2011-2012 Prof.ssa Patrizia Patrizi Collaborano al corso: Dott.ssa Vera Cuzzocrea Dott. Gian Luigi Lepri Dott.ssa Irene Petruccelli Dott.ssa Francesca Vitale Abuso e maltrattamento all’infanzia e all’adolescenza lezione del 14.02.12 Dott.ssa Vera Cuzzocrea PhD, psicologa giuridica, psicoterapeuta Spazio Neutro Servizio di Psicologia Giuridica Clinica e Sociale Coop. Ceas Mentana (RM) Obiettivi formativi specifici: I. Evoluzione storica e culturale del child abuse II. Definizioni III. Valutazione dell’abuso: fattori di rischio, fattori di protezione e resilienza IV. Tipologie di abuso e maltrattamento V. Esiti clinici VI. Percorsi giudiziari e strategie psicosociali (rif. De Leo, Patrizi, Psicologia Giuridica, par. 1-3) CHILD ABUSE: alcune premesse - 1 L’abuso e il maltrattamento all’infanzia sono temi da sempre presenti nelle pagine di storia, tuttavia soltanto da pochi anni, si è progressivamente assunta una maggiore consapevolezza della complessità di questi fenomeni e dell’esigenza di affrontarli attraverso un sistema multidimensionale di analisi e intervento che comprende diversi livelli di azione: livello psicosociale, clinico, giudiziario e legislativo. come si è arrivati a considerare l’abuso all’infanzia un problema serio di salute pubblica a livello internazionale di fronte al quale si interrogano quotidianamente clinici, giuristi, operatori territoriali e ricercatori; manca però una definizione di abuso all’infanzia (soprattutto sessuale) sulla quale tecnici e ricercatori prestino consenso. CHILD ABUSE: alcune premesse - 2 Le evidenze sul child abuse (o child maltreatment) ci permettono oggi di affermare che: a) si tratta di un problema che coinvolge molti bambini e bambine di paesi industrializzati; b) include un’ampia varietà di condotte omissive e commissive in ambito intrafamiliare ed extrafamilare; c) può avere degli esiti molto gravi sullo sviluppo evolutivo delle persone in età evolutiva offese; d) non esistono modelli lineari che ci permettono di definire un profilo tipo di bambino/a-adolescente abusato/a, di “abusante” e/o “famiglia abusante”. I. EVOLUZIONE STORICA E CULTURALE Inizialmente, l’abuso è stato affrontato e definito solo in ambito medico e l’interesse si è focalizzato, quasi esclusivamente, sul maltrattamento fisico. Successivamente, si sono sviluppati molti filoni di ricerca atti a considerare tutte le forme di abuso. Il ventaglio delle definizioni si è andato allargando al punto da includere comportamenti che vanno dalla violenza fisica all’abuso psicologico. Anni ‘60 - Battered child syndrome 1860. Il primo studio documentato si deve al medico legale francesce Tardieau che descrive il maltrattamento infantile attraverso l’autopsia di giovani vittime. 1946-1955. Caffey, Wolley e Evans descrivono la sintomatologia clinica specifica dei bambini maltrattati. 1962. Il pediatra americano Kempe definisce la c.d. Battered child syndrome descrivendola come la forma più estrema di un ampio spettro di lesioni non accidentali e deprivazioni sul bambino. The battered child syndrome must be thought of first two years of life are due to the battered child as only the extreme form of a whole spectrum of non-accidental injury and deprivation of children. At one end of the spectrum is the child who is frankly battered and may have repeated serious injuries (Kempe, 1971, p. 28). Anni ‘70 – Abuso sessuale Alla fine degli anni ‘70 l’abuso sessuale viene definito come il coinvolgimento di bambini e adolescenti in attività sessuali che essi non comprendono ancora pienamente e che sono tali da violare i tabù vigenti nella società circa i ruoli familiari (Kempe, 1978). Si distingue in abuso intrafamiliare, connesso al problema dell’incesto ed extrafamiliare, legato al fenomeno della pedofilia. Anni ‘80 – Abuso psicologico - 1 Il maltrattamento psicologico del/la bambino/a consiste in atti omissivi e commissivi che vengono giudicati, sulla base di una combinazione di standard della comunità e di giudizi professionali, essere psicologicamente dannosi. Tali atti sono commessi da individui, singolarmente o collettivamente, che per le loro caratteristiche (per es. età, status, conoscenza, forma organizzativa) sono in una posizione di differente potere. Tali atti danneggiano immediatamente o successivamente il funzionamento comportamentale, cognitivo, affettivo o fisico del/lla bambino/a (International Conference on Psychological Abuse of Children and Youth, 1983). II. DEFINIZIONI DI CHILD ABUSE - 1 Alla fine degli anni ’70 si arriva a considerare l’abuso come: Qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei) che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico e/o psicosessuale del bambino. Abuso è tutto ciò che impedisce la crescita armonica del minore, non rispettando i suoi bisogni e non proteggendolo sul piano fisico e psichico. Vi rientrano, dunque, non soltanto comportamenti di tipo commissivo, entro i quali vanno annoverati maltrattamenti di ordine fisico, sessuale o psicologico, ma anche di tipo omissivo, legati cioè all’incapacità più o meno accentuata, da parte dei genitori, di fornire cure adeguate a livello materiale ed emotivo al proprio figlio (Fergusson, Mullen, 1999). II. DEFINIZIONI DI CHILD ABUSE - 2 Consiglio d’Europa (Strasburgo , 1978) - Definizione del IV Seminario Criminologico: Il maltrattamento si concretizza negli atti e nelle carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di un terzo. II. DEFINIZIONI DI CHILD ABUSE - 3 L’OMS (1992) considera abusato/a un/a bambino/a quando: i suoi genitori, tutori o persone incaricate alla sua sorveglianza e custodia approfittano della loro posizione di privilegio e si comportano in contrasto a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino. III. VALUTAZIONE DELL’ABUSO (1) L’abuso non corrisponde ad una diagnosi clinica e il suo accertamento si deve basare su una valutazione multisistemica che integra primo livello di analisi di tipo clinico (riferito alla possibile presenza di un quadro sintomatologico, seppur non connotato di un significato patognomonico) con un livello di analisi di tipo psicologico-giuridico (ad esempio in riferimento alla testimonianza resa dal ambino/adolescente presunta vittima e/o testimone dell’abuso) e psico-sociale (riferita, ad esempio, alla necessità di effettuare un’attenta valutazione anche del contesto familiare e ambientale del/la bambino/a). E’ opportuno considerare la complessità del fenomeno, rinunciare ad un’interpretazione sistematica e privilegiare un approccio multifattoriale e chiaramente ancorato ad un criterio casistico tale da non trascurare la specificità di ogni situazione. III. VALUTAZIONE DELL’ABUSO (2) Nessun “indicatore” può inequivocabilmente ricondurre ad una vittimizzazione (sessuale): le attuali conoscenze in materia non consentono infatti di individuare nessi di compatibilità/incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’abuso all’infanzia va interpretato sulla base di approfondimenti contestuali e di un’analisi accurata centrata sulla ricerca di “evidenze” clinicamente fondate. I fattori di rischio rappresentano il supporto per formulare una valutazione psicosociale presuntiva di sospetto abuso o trascuratezza, intesa come ipotesi che deve essere verificata con l’aiuto di una équipe multidisciplinare (Fergusson, Mullen, 1999; SINPIA, 2007). Fattori di rischio e di protezione Si possono distinguere fattori protettivi e di rischio individuali riguardanti la maggiore o minore vulnerabilità personale allo stress (mediata da fattori neurobiologici, temperamentali, affettivi, cognitivi), e ambientali, legati a variabili quali la qualità delle relazioni di attaccamento alle figure genitoriali, gli stress e i life event precedenti, gli interventi psicosociali di sostegno e di supporto. La ricerca psicosociale ha individuato gli indicatori di rischio (intesi come «campanelli di allarme» che segnalano un rischio relativo alla salute mentale del bambino ma non lo causano direttamente) e i mediatori di rischio (fattori coinvolti direttamente nel processo causale) (SINPIA, 2007, p. 23). Resiliency Una significativa percentuale di vittime non riporta alcun esito psicopatologico: riescono ad assorbire, metabolizzare e normalizzare l’esperienza traumatica subita. Si parla in questi casi di resilience (o resiliency o resilienza) intendendo con questo termine la capacità individuale di resistere e fronteggiare adeguatamente gli effetti negativi del trauma (Rutter, 1990; De Leo, Scali, Caso, 2005). Si tratta di un’abilità individuale che esprime “la capacità del soggetto di attuare un’ampia gamma di risposte a seconda della natura delle circostanze avverse intervenute” (Dèttore, Fuligni, 2008, p. 161) e trae origine da influenze protettive sia interne alla persona sia esterne, dell’ambiente, che operano insieme nel produrre le differenze personali di reazione allo stress o al trauma. Utilizzo dei fattori di rischio: Non esclusivo Non rigido (occorre valutarli in base alla fase evolutiva, alla durata, persistenza e immutabilità). Integrato con una osservazione generale del bambino e della famiglia. Integrato con l’osservazione e la valutazione di altri professionisti (assistenti sociali, etc.). IV. TIPOLOGIE DI ABUSO Si è raggiunta una sempre maggiore consapevolezza che l’abuso (in tutte le sue manifestazioni) rappresenta nei bambini e nelle bambine un evento più frequente di quanto si possa immaginare e che tali esperienze non rischiano di essere traumatiche soltanto nell’immediato ma possono produrre danni e disturbi di vario tipo anche a distanza di tempo. Le stesse distinzioni categoriali tra casi di abuso fisico, sessuale e psicologico sono, tuttavia, puramente accademiche avendo ogni abuso fisico quasi sempre effetti negativi sullo stato psicologico del bambino, e, viceversa, potendo il maltrattamento psicologico essere accompagnato da condotte abusanti sul piano fisico. American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (1997): a) Neglect: fornire cure adeguate e protettive. Può riguardare la mancata o inadeguata alimentazione del bambino, la mancanza di cure o assistenza medica, l’incapacità di proteggere il bambino dai rischi per la sua incolumità. b) Physical abuse: inflizione di un danno al bambino da parte di persone deputate alla sua custodia e può comprendere azioni come il dare percosse, pugni, calci, morsi, etc. e può arrecare ferite e lesioni come fratture, emorragie interne, contusioni, ustioni e intossicazioni; c) Sexual Abuse: comprende diverse tipologie di condotte sessuali (toccamenti di glutei o genitali, esibizionismo, fellatio, cunnilingus, penetrazione anale o vaginale tra un bambino e un adulto o tra due bambini, quando uno di loro è significativamente più grande o utilizza la coercizione per costringere l’altro all’atto sessuale. In questa categoria rientra anche la pornografia minorile; d) Psychological abuse: quando una persona trasmette al bambino un messaggio di svalutazione e fa sentire al bambino di non essere amato attraverso azioni di rifiuto (emotivo), terrorizzandolo, rimproverandolo, isolandolo. Dèttore e Fuligni (2008): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. maltrattamento fisico e psicologico patologie delle cure violenza assistita abuso sessuale pedofilia prostituzione minorile pornografia minorile turismo sessuale 1) MALTRATTAMENTO FISICO Si parla di abuso fisico quando i genitori o le persone che sono responsabili del/la bambino/a o adolescente eseguono o mettono il/la bambino/a in condizioni di subire lesioni fisiche (non accidentali o causate da patologie organiche). Fattori di rischio Localizzazioni atipiche delle lesioni (su tessuti molli o zona retroauricolare; torace, dorso, area genitale, caviglie…) Contusioni che riproducano a stampo la morfologia del corpo contundente che le ha provocate (mano, corda, cinghia…) Ecchimosi presenti in bambini che ancora non camminino, o, in bambini più grandi, quando localizzate nell’addome o torace Morsi inferti da adulti Ustioni da immersioni forzata (a calza o a guanto) Ustioni da sigaretta Fratture multiple con diverso stadio di evoluzione Traumi cranici (rappresentano dal 10 al 20% degli abusi fisici e riguardano soprattutto bambini al di sotto dei due anni) 1) MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO L’abuso psicologico implica una ripetuta modalità di comportamento del genitore o un episodio estremo, che comunica al/la bambino/a di essere sbagliato/a, senza valore, non amato, non voluto, o che il suo valore è legato unicamente alla soddisfazione di bisogni altrui (American Professional Society on the Abuse of Children, 1995). L’International Conference on Psychological Abuse of Children and Youth nel 1983 propone una classificazione dell’abuso psicologico suddividendolo in sei tipologie di condotte: a) rifiutare: azioni verbali e non verbali volte a sminuire, criticare, umiliare, trattare il bambino in modo ostile o respingente, mortificarlo o ridicolizzarlo, etc.; b) terrorizzare: comportamenti che minacciano di produrre male fisico, di uccidere, di abbandonare un bambino o di esporlo a situazioni riconoscibili come pericolose; c) isolare: include atti che negano in maniera consistente per il bambino le opportunità di soddisfare i suoi bisogni di interagire e comunicare con coetanei o adulti in casa o fuori di casa; d) sfruttare/corrompere: atti che incoraggiano a sviluppare comportamenti inappropriati e non adattivi come mostrare, consentire o incoraggiare comportamenti antisociali (per es., prostituzione, spettacoli pornografici, iniziazione ad attività criminali, abuso di sostanze, violenza o corruzione ai danni di altri) e/o evolutivamente inappropriati (infantilizzazione, realizzazione dei sogni irrealizzati dei genitori, etc.); e) ignorare: fa riferimento agli atti che ignorano i tentativi e i bisogni del bambino di interagire (l’essere distaccati e freddi per incapacità o per mancanza di motivazione, interagire solo se assolutamente necessario; etc.); f) trascurare la sua salute fisica, mentale ed educativa. L’abuso psicologico: questioni aperte I confini dell’abuso psicologico sono sfumati, confondendosi da un lato con atteggiamenti genitoriali inadeguati o con sistemi educativi rigidi. E’ molto importante la variabile culturale. E’ spesso non intenzionale (ad es. assistere alla violenza domestica tra adulti, rif. violenza assistita). E’ spesso cronico: più che un singolo episodio, si registrano frequenza, persistenza e durata del comportamento abusivo. Vuoto legislativo: non corrispondenza con categorie giuridiche. 2) PATOLOGIA DELLE CURE La patologia delle cure si riferisce a quella condizione in cui i genitori non riescono a modulare la propria condotta in ottemperanza con i bisogni di sviluppo (fisici, psicologici, medici ed educativi) del/la bambino/a utilizzando modalità inappropriate e disfunzionali. Si suddivide in: Incuria fisica e psicologica; Discuria; Ipercura. Incuria fisica e psicologica Si definisce incuria il fornire scarse o carenti cure fisiche, emotive ed affettive, insufficienti rispetto all’età e ai bisogni evolutivi del/la bambino/a e dell’adolescente. Fattori di rischio Vaccinazioni obbligatorie non eseguite; carie dentali, disturbi visivi o uditivi non trattati; disturbi organici e patologie croniche non adeguatamente considerati e trattati; vestiti inadeguati all’età, al sesso, alle stagioni in assenza di motivi oggettivi; scarsa igiene; distorsione delle abitudini alimentari; sviluppo psicomotorio ritardato e rallentamento della crescita. Discuria Il fornire delle cure in modo inadeguato (anche in riferimento all’età del/la bambino/a): richieste di acquisizioni precoci e prestazioni superiori per età/possibilità; anacronismo delle cure: accudimento tipico di fasi di sviluppo precedenti a quella effettiva; iperprotettività con attenzioni e preoccupazioni eccessive che limitano il bambino nell’apertura al mondo. Ipercura Si ha quando si attua un’eccessiva medicalizzazione/attenzione eccessiva allo stato fisico del bambino (comprende anche la “Sindrome di Munchausen per procura”, il “Chemical Abuse” e il “Medical – o Doctor – Shopping”). Fattori di rischio Ansia legata allo stato di salute fisica. Assunzione impropria di medicine. Frequente descrizione di sintomi fisici/malattie da parte del bambino e dei genitori. Conoscenza precoce di parti del corpo e pratiche mediche. Disturbi della percezione corporea. 3) VIOLENZA ASSISTITA Riferita a quelle situazioni in cui il/la bambino/a è testimone di episodi di violenza domestica. Per violenza domestica si intende ogni forma di aggressione fisica, di violenza psicologica, morale, economica, sessuale o di persecuzione (stalking), attuata o tentata agita all’interno di una relazione intima presente o passata (Baldry, 2006). Legge n. 154 del 2001 "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari" Art.1 (Misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare) 1. Dopo il comma 2 dell'articolo 291 del codice di procedura penale è aggiunto il seguente: "2- bis . In caso di necessità o urgenza il pubblico ministero può chiedere al giudice, nell'interesse della persona offesa, le misure patrimoniali provvisorie di cui all'articolo 282- bis. Il provvedimento perde efficacia qualora la misura cautelare sia successivamente revocata." 2. Dopo l'articolo 282 del codice di procedura penale è inserito il seguente: "Art. 282- bis (Allontanamento dalla casa familiare) 1. Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita. 2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, 32 rimangano prive di mezzi adeguati […]. Art.2 (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) 1. Dopo il titolo IX del libro primo del codice civile è inserito il seguente: "Titolo IX- bis" ORDINI DI PROTEZIONE CONTRO GLI ABUSI FAMILIARI Art. 342342- bis. (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente, il giudice, qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d'ufficio, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all'articolo 342- ter. Art. 342342- ter ter. (Contenuto degli ordini di protezione) Con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante. […] 33 4) ABUSO SESSUALE (1) Qualsiasi comportamento, volontario o involontario, da parte di adulti (parenti, tutori, conoscenti o estranei): che danneggi in modo grave lo sviluppo psicofisico e psicosessuale del bambino; in contrasto a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo; impedisce la crescita armonica del/la minore, non proteggendolo sul piano fisico e psichico. 4) ABUSO SESSUALE (2) Viene considerato abuso sessuale qualsiasi attività sessuale tra un adulto ed un/a bambino/a o adolescente, che per ragioni di immaturità psico-affettiva e per condizioni di dipendenza dagli adulti, non è ritenuto in grado di poter compiere scelte consapevoli o di avere adeguata consapevolezza del significato e del valore delle attività sessuali in cui viene coinvolto. Le attività sessuali a cui fa riferimento la norma includono sia rapporti sessuali veri e propri, sia forme di contatto erotico, sia atti che non prevedono un contatto diretto, come l’esporre il bambino alla vista di un atto sessuale (abuso sessuale assistito). American Academy of Pediatrics (1999) “Si può parlare di abuso sessuale nei casi in cui un bambino venga coinvolto in attività sessuali che non è in grado di comprendere, per le quali non è pronto e alle quali non può prestare consenso e/o che violano la legge o i tabù sociali. L’abuso sessuale include una gamma di attività che varia dallo stupro a forme fisicamente meno intrusive di abuso sessuale: forme di contatti orogenitali, genitali o anali messe in atto sul bambino o dal bambino o le attività sessuali senza contatto come l’esibizionismo, il voyeurismo o l’utilizzazione del bambino nella produzione di materiale pornografico. L’abuso sessuale può/deve essere differenziato dal “gioco sessuale” valutando se sussiste un disequilibrio nel livello evolutivo dei partecipanti e nel riscontro di un comportamento di natura coercitiva. Legge n. 66 del 1996 “Norme contro la violenza sessuale” - 1 Aspetti fondamentali della norma/cambiamenti: La natura del reato da contro la morale a contro la persona. La tipologia di reato da “Violenza carnale e atti di libidine violenza” a “violenza sessuale” ovvero: “qualunque atto sessuale, attivo o passivo, imposto ad una persona contro la sua volontà, mediante violenza, minaccia o abuso di autorità. Sono compresi nel reato gli atti sessuali che taluno è indotto a compiere o subire a causa delle condizioni di inferiorità fisica o psichica al momento del fatto o perché il colpevole si è, con l'inganno, sostituito ad altra persona”. Procedibilità (querela di parte/querela d'ufficio): la norma precedente richiedeva che la vittima sporgesse denuncia o querela. 37 Legge n. 66 del 1996 “Norme contro la violenza sessuale” - 2 a. Si procede d'ufficio, quindi anche contro la volontà della parte offesa, a) se la vittima al momento del fatto non aveva ancora compiuto 14 anni; b) se la vittima al momento del fatto non aveva ancora compiuto 16 anni e colpevole della violenza è stato un genitore, un ascendente, un istruttore o un maestro cui il minore era affidato; c) se il reato è commesso da pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Questo vuol dire che chiunque venga a conoscenza dell'accaduto, tanto più se riveste l'incarico di pubblico ufficiale (medico, operatore sociosanitario, operatore scolastico), può denunciare il delitto all'Autorità' giudiziaria (artt. 331 e 334 c.p.p.). b. In tutti gli altri casi il reato è procedibile a querela della persona offesa entro sei mesi dal fatto delittuoso. Una volta fatta la querela, essa non può più essere ritirata. Chiunque costringa un minore di qualunque età a compiere o subire atti sessuali, con violenza, minaccia o abuso di autorità, commette un reato punibile con pene che vanno da 7 a 14 anni di carcere (se il minore ha meno di 10 anni), da 6 a 12 (se < 14 o di 16, se il reo ne è genitore, ascendente, tutore). 38 Fattori di rischio - 1 evidente peggioramento nell’andamento scolastico/difficoltà di attenzione e apprendimento; frequenti prolungate assenze da scuola; umore negativo duraturo, isolamento, stanchezza cronica, mancanza di fiducia e motivazione/interesse; scarsa autostima e continua svalutazione di sé; percezione corporea distorta; iperattività e aggressività inusuale; pensieri, sentimenti, comportamenti inusuali (improvvisi scoppi d’ira o instabilità emotiva); Fattori di rischio - 2 continue lamentele fisiche (mal di testa, mal di pancia, etc.); conoscenze sessuali, interessi sessuali e comportamenti sessuali inadeguati all’età; particolari difficoltà relazionali (con adulti e/o coetanei); abuso di alcool o droghe; pensieri di morte; autolesionismo o comportamenti distruttivi; minacce di comportamenti dannosi per sé o per altri; fughe o minacce di fuga; Fattori di rischio e di protezione specifici Krugman e Jones (1988) ritengono che nei/lle bambini/e che hanno subito un abuso sessuale spesso sono individuabili: a) INDIZI PRECOCI: è possibile che nei giochi o nelle relazioni con i coetanei, il bambino faccia allusione ad argomenti sessuali o utilizzi comportamenti sessualizzati (da non confondere con le fisiologiche espressioni della sessualità infantile, già evidenziabili a partire dai tre anni di vita); b) AFFERMAZIONI DIRETTE: il bambino racconta spontaneamente l’abuso (rif. ascolto protetto in ambito giudiziario); c) CONDIZIONI MEDICHE: dolori addominali, traumi genitali, uretrali o rettali, malattie a trasmissione sessuale, infezioni ricorrenti del tratto urinario, enuresi, encopresi, gravidanza, problemi scolastici, promiscuità o prostituzione, abuso di sostanze psicoattive, abuso sessuale perpetrato a danni di altri; d) CAMBIAMENTI COMPORTAMENTALI: disturbi del sonno (incubi o terrori notturni), disturbi dell’appetito (anoressia o bulimia), disturbi nevrotici o della condotta, fobie o comportamenti di evitamento, ritiro e depressione, sensi di colpa, capricci o condotte di tipo aggressivo, eccessiva masturbazione, fughe, comportamenti suicidari, reazioni isteriche o di conversione. Ciclo della violenza? La maggior parte delle vittime di abusi sessuali infantili non divengono degli autori di reati sessuali, malgrado particolari esperienze siano associate ad un elevato rischio di divenire attori dell’abuso. In uno studio longitudinale in un campione di 224 maschi vittime di abuso sessuale 26 successivamente avevano commesso abusi sessuali (victim-abusers). Tra i fattori di rischio erano inclusi però anche trascuratezza da parte della madre, mancanza di supervisione, abuso sessuale da parte di una donna, violenza intrafamiliare (Salter et al, 2003). 42 5) PEDOFILIA A livello clinico nel DSM viene inserita tra le parafilie e comprende un ampio range di attività: <<[…] spogliare il bambino e a guardarlo, a mostrarsi, a masturbarsi in presenza del bambino, a toccarlo con delicatezza e a carezzarlo. Altri, comunque, sottopongono il bambino a fellatio o cunnilingus, o penetrano la vagina, la bocca o l’ano del bambino, con corpi estranei, o col pene […] >> (DSM-IV-TR, 2000, trad. it. 2005, pp. 610) 6) PROSTITUZIONE MINORILE L’utilizzo dei bambini in attività sessuali in cambio di compenso/retribuzione. Legge n.269/1998 - “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù” (con relative integrazioni e modifiche apportate dalla legge n. 38/06). Art. 2. (Prostituzione minorile) 1. Dopo l'articolo 600 del codice penale e' inserito il seguente: "Art. 600-bis. - (Prostituzione minorile). - Chiunque induce alla prostituzione una persona di eta' inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di eta' compresa fra i quattordici ed i sedici anni, in cambio di denaro o di altra utilita' economica, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a lire dieci milioni. La pena e' ridotta di un terzo se colui che commette il fatto e' persona minore degli anni diciotto ". 2. Dopo l'articolo 25 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, e' inserito il seguente: "Art. 25-bis. - (Minori che esercitano la prostituzione o vittime di reati a carattere sessuale). - 1. Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, qualora abbia notizia che un minore degli anni diciotto esercita la prostituzione, ne da' immediata notizia alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che promuove i procedimenti per la tutela del minore e puo' proporre al tribunale per i minorenni la nomina di un curatore. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti utili all'assistenza, anche di carattere psicologico, al recupero e al reinserimento del minore. Nei casi di urgenza il tribunale per i minorenni procede d'ufficio. […] 7) PORNOGRAFIA MINORILE La pornografia minorile consiste nella riproduzione, per immagini, suoni o scritti, di atti sessuali coinvolgenti bambini e può essere commerciale (cioè destinata ad essere venduta) o home-made, dunque prodotta, almeno all’origine, non per la vendita ma per essere collezionata o scambiata. Art. 600 ter Pornografia minorile Art. 600 quater Detenzione materiale pornografico E’ punito chiunque, utilizzando minori degli anni 18, realizza esibizioni pornografiche, produce materiale pornografico, ne fa commercio ovvero induce minori di anni 18 a partecipare ad esibizioni pornografiche. E’ punito chiunque con qualsiasi mezzo anche per via telematica distribuisce, divulga diffonde o pubblicizza il materiale pornografico. E’ punito chiunque consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18 Legge 38/2006 "Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo Internet”: ampliamento della nozione di pornografia minorile; introduzione del reato di “pornografia minorile virtuale”; introduzione tra le pene accessorie dell'interdizione perpetua da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, negli uffici o nelle strutture, pubbliche o private, frequentate prevalentemente da minori; agevolazione dell'attività degli inquirenti attraverso la possibilità di arresto in flagranza di reato per l'acquisto o la cessione di materiale pornografico minorile anche virtuale (l'arresto è facoltativo e può essere deciso in base alle quantità e alla qualità del materiale reperito); rinforzo e centralizzazione delle azioni di contrasto(Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete INTERNET) . NOVITA’ legislativa: Pornografia virtuale art 600 quater bis Si ha quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni 18 o parti di esse. Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafiche non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali. Legge n. 38/2009 - “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” «Art. 612-bis (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, e' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio». 8) TURISMO SESSUALE Una forma di sfruttamento sessuale da parte di un adulto che si reca appositamente in un altro Paese (solitamente un Paese in via di sviluppo) per avere dei rapporti sessuali (a pagamento) con una persona minorenne. Legge n.269/1998 - “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù” Art. 5. (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile) 1. Dopo l'articolo 600-quater del codice penale, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, e' inserito il seguente: "Art. 600-quinquies. - (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile). - Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attivita' di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attivita' e' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni". [9) Adescamento on line - Grooming] Il “grooming” è l’adescamento in rete, ossia la manipolazione psicologica dei /lle minori per scopi sessuali. E’ attualmente in discussione in Parlamento la legge di ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (c.d. “Convenzione di Lanzarote”) del 25 ottobre 2007: la maggiore novità attesa riguarda la previsione del c.d. reato di "grooming“. V. ESITI CLINICI (1) Gli studi sull’abuso e il maltrattamento infantile concordano nel ritenere l’esposizione a queste condotte molto pericolosa per la salute psico-fisica dei/lle bambini/e coinvolti/e. Clinici e ricercatori descrivono con assoluta unanimità un ampio range di conseguenze psicologiche e comportamentali tra cui: bassa autostima, ansia, depressione, rabbia e aggressività, PTSD, dissociazione, abuso di sostanze, difficoltà sessuali, preoccupazioni fisiche e disturbi,comportamento autolesivo e autodistruttivo. V. ESITI CLINICI (2) Gli esiti possono essere riscontrabili a: breve-medio termine: sintomatologia fisica, vissuti psicologici, problematiche comportamentali; lungo termine: abuso di sostanze, disturbi d’ansia, PTSD, disturbi dissociativi e somatoformi, disturbi dell’umore, disturbo borderline di personalità e schizofrenia, disturbi alimentari, disturbi sessuali, malattie sessualmente trasmissibili, gravidanze e prostituzione, problemi sociali, comportamenti autolesionistici e suicidari, etc. (Dèttore, Fuligni, 2008) V. ESITI CLINICI (3) Le conseguenze possono inoltre essere suddivise in: a) conseguenze neurobiologiche (aspetti neurormonali, neuropsicologici, neurochimici, neuroanatomici); b) conseguenze psicologiche (riferite all’organizzazione del Sé, alla regolazione degli affetti, allo sviluppo dell’attaccamento e dell’autostima). (Caffo, Camerini e Florit, 2004) V. ESITI CLINICI (4) E’ però necessario tener presente che: le persone sperimentano gli stessi eventi in maniera differente, a seconda del loro livello di funzionamento attraverso tutte le aree dello sviluppo psicologico e biologico (Rutter, 1989); gli esiti di un abuso devono essere valutati caso per caso, studiando l’impatto delle diverse variabili in gioco (tipo di evento traumatico, fattori di rischio e fattori protettivi, tipologia di intervento, etc.); una significativa percentuale di bambini/e e adolescenti abusati si presenta asintomatica e non mostra difficoltà di adattamento. VI. PERCORSI GIUDIZIARI E STRATEGIE PSICOSOCIALI A partire dalla notizia di reato, diversi livelli di intervento: ambito penale accertamento del reato ambito civile provvedimenti di protezione servizi territoriali azioni di protezione, valutative, etc. Come si “costruisce” una notizia di reato? Un sospetto di abuso può formarsi in base a una serie di fattori tra cui:: Informazioni raccolte nell’esercizio delle proprie funzioni (colloqui con il bambino o con i genitori o altri parenti, confidenze fatte spontaneamente dal bambino, etc). Presenza di segnali fisici o psicologicocomportamentali (questi ultimi se accompagnati da racconti o confidenze raccolte dal bambino o dai genitori o altri parenti) di maltrattamento o abuso notati o rilevati. Rilevazione vs segnalazione Qualunque decisione di attivare percorsi di sostegno e giudiziari dovrebbe scaturire da un sospetto “sufficientemente fondato” Ecco dunque la necessità di rilevare: elementi fisici e comportamentali mostrati dal /la bambino/a aspetti contestuali racconto eventualmente prodotto Denunce fondate e infondate: tra la necessità di fare emergere i “falsi negativi” ed il rischio delle denunce infondate. Anche le denunce infondate d’abuso oggi hanno acquisito legittimità come fenomeno e problema sociale. “… è più probabile che conduca a risultati dannosi l’identificare un abuso sessuale nei casi dubbi piuttosto che non identificarlo nei casi effettivi” (Sandler e Fonagy,1997). 61 Segnalazione “qualificata” - 1 Presenza di un sospetto “sufficientemente fondato”. La decisione di effettuare una segnalazione dovrebbe scaturire da un “sospetto sufficientemente fondato” (come viene affermato nelle Linee guida della S.I.N.P.I.A). Preventiva valutazione clinica e psicosociale fondata su segni fisici evidenti e testimonianza diretta. Segnalazione “qualificata” - 2 La segnalazione si concretizza a partire dalla ipotesi ragionevolmente circostanziata e documentata che sia stato commesso un reato tale da configurare un pericolo o comunque una situazione pregiudizievole per la salute fisica e/o psichica del bambino, tale da meritare un intervento di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria (civile e/o penale). La segnalazione dovrà inoltre contenere riferimenti al contesto ambientale all’interno del quale sono stati raccolti i segnali fisici e/o testimoniali, specie nei casi di presunto abuso intrafamiliare e allorché il denunziante è uno dei familiari. Fattori di rischio vs segnalazione I fattori di rischio vanno considerati dei segnali d’allarme. Presi singolarmente sono non sono sufficienti a sostanziare un’ipotesi di abuso. La lettura dei singoli fattori di rischio va contestualizzata e connessa al quadro complessivo degli elementi emersi (Caffo, Camerini, Florit, 2004). Non esistono sintomi, indicatori o comportamenti specificamente riconducibili ad un’esperienza di vittimizzazione sessuale. Occorre molta cautela prima di inoltrare una segnalazione alla autorità giudiziaria sulla sola base di un solo elemento di valutazione o “indicatore” psicologico e/o comportamentale. Strategie di intervento Costruire ipotesi valutative e linee di intervento sulla base degli elementi di certezza Scegliere le strategie di cui sia stata dimostrata l’efficacia Ascolto del bambino Valutazione degli aspetti psicosociali Scelte preventivo/terapeutiche L’intervento multiagency SERVIZI TERRITORIALI FAMIGLIA SISTEMA GIUDIZIARIO Bambini/e e adolescenti OSPEDALI SCUOLA FORZE DELL’ORDINE PRIVATO SOCIALE Per concludere - 1 Le definizioni relative alle singole forme di abuso possono essere più o meno ampie in base al contesto storico, culturale e sociale in cui nascono e trovano significato, alle ragioni per le quali sono necessarie e agli usi per le quali vengono impiegate. Nessun modello teorico consente da solo di pervenire ad una comprensione soddisfacente delle complesse dinamiche (individuali e sociali) all’origine del fenomeno dell’abuso e del maltrattamento. Non è individuabile un profilo tipo di bambino/adolescente abusato: l’identificazione di un bambino a rischio di abuso sulla base di indicatori familiari e sociali ha buone probabilità di essere molto imprecisa e potenzialmente fuorviante. Per concludere - 2 è illusorio pensare di progettare interventi a partire da “indicatori” che non vengano analizzati alla luce del contesto familiare/sociale e della storia evolutiva del soggetto. Emerge una difficoltà interpretativa derivante da una parte dalla consapevolezza di trovarsi di fronte ad un fenomeno più esteso di quello rilevabile dalle statistiche ufficiali (sommerso); dall’altra, tuttavia, si ha la sensazione che le statistiche esistenti possano sovrastimare il fenomeno in quanto possono logicamente contenere dei falsi positivi (false denunce). Per concludere - 3 Riflettere sulla “definizione” è importante poiché operativamente, le decisioni che prendiamo in merito alla definizione influenzano: Dati che raccogliamo Come li interpretiamo Modelli teorici che sviluppiamo Le strategie/procedure di intervento che approntiamo (anche e soprattutto nelle modalità di rapportarsi al bambino presunta vittima di abuso). Grazie. [email protected]