PREVENZIONE DEL DISAGIO E PROMOZIONE DELLA SALUTE

PREVENZIONE
DEL
DISAGIO
PROMOZIONE DELLA SALUTE
E
Manuela Maltese
Premessa
La prevenzione è l‟atto di agire in anticipo su un
evento o di impedire un fenomeno prima della sua
manifestazione. Prevenzione è “tutto ciò che
concorre a ridurre l’insorgenza di malattie o di
devianze”. Il fine è quindi modificare alcune
variabili per preservare, nei singoli individui o nei
gruppi, un equilibrio stabile e funzionale ed il
mantenimento della qualità della vita. Gli interventi
preventivi si collocano in un continuum, in
posizione intermedia, tra la promozione della salute
e la terapia. Viste tali premesse, promuovere la
salute sottolinea una nuova concezione d‟approccio
al disagio giovanile con l‟idea di sostegno, di uno
stimolo delle risorse, di aiuto all‟emancipazione
della soggettività.
Interventi rivolti a tutta la popolazione
Promozione
della salute
Obiettivo: accrescere la salute e il benessere
Interventi rivolti verso gruppi a rischio
Prevenzione
Obiettivo: ridurre il rischio di
sviluppare un disturbo
Interventi rivolti a soggetti che manifestano già
dei disturbi
Trattamento
Obiettivo: alleviare il disturbo
(Compas,Gotlib,Mc Graw Hill,2002)
Maria Teresa Pedrocco Biancardi ci dice: “ la
prevenzione, prima che un fatto tecnico, è un fatto
culturale”. È quindi indispensabile iniziare il
cammino interrogandosi su quali tratti della nostra
cultura individuale, sociale e professionale possono
favorire o ostacolare l‟attività di prevenzione del
disagio dei minori.
Il concetto di disagio su cui le politiche giovanili
tendono a lavorare non rimanda a una condizione
precisa o all‟assunzione di comportamenti
“devianti”, pure a volte includendoli, ma identifica
un insieme molto più ampio di condizioni e/o
condotte che comprende sia differenti forme di
malessere psicologico sia situazioni di marginalità
sociale e culturale (Ministero del Lavoro e delle
Politiche
sociali
Centro
nazionale
di
documentazione e analisi per l‟infanzia e
l‟adolescenza, 2002).
Ne consegue che una mappa del disagio deve
fondarsi sulla raccolta di dati diversi che rendano
l‟idea della multidimensionalità del fenomeno.
Una definizione di disagio potrebbe essere che
questo è, in realtà, una domanda, un bisogno, non
ancora patologico, ma psicologico o affettivo, che
include le difficoltà familiari, di relazione,
scolastiche, all‟interno del più generale malessere
esistenziale connesso al processo di costruzione
dell‟identità personale. Qualsiasi definizione che
potremo dare si concentrerà comunque sulle
capacità del soggetto di affrontare i compiti
evolutivi nella transizione verso l‟età adulta e sui
condizionamenti derivanti dal confronto con la
cosiddetta società complessa. È evidente che la
definizione è così generica che individua una
situazione diffusa, di difficoltà nel crescere, che
investe ogni persona e si confonde con la cosiddetta
“normalità”.
Durante il processo di crescita, infatti, per un
equilibrato sviluppo psicologico vi deve essere un
costante e progressivo avvicinamento tra i ragazzi e
la realtà. Questa integrazione con il mondo reale
avviene in maniera graduale, fino ad incentivarsi
nell‟età adolescenziale. Il ragazzo dovrà iniziare a
misurarsi con fatti, esigenze ed impegni del tutto
nuovi; per questo deve essere in grado di attivare
alcune nuove capacità che vengono abitualmente
definite „compiti evolutivi‟, attività collocate tra un
bisogno individuale ed una richiesta sociale, che
possono essere portati a termine solo se si riesce ad
effettuare un compromesso psicologico interiore. In
altre parole “i compiti evolutivi sono abilità,
conoscenze, funzioni ed atteggiamenti che un
individuo deve acquisire attraverso la maturazione
fisica, le richieste della società e gli sforzi
individuali” ( Palmonari, 2001).
I giovani, in pratica, devono imparare a
padroneggiare un corpo ed un mondo che cambiano:
sapersi adattare ai radicali cambiamenti somatici e
saper ricostruire di volta in volta una nuova unità
somato-psichica soddisfacente, saper accettare le
proprie pulsioni ed imparare a padroneggiarle
secondo valori condivisi, saper instaurare e
mantenere dei rapporti affettivi con i coetanei dello
stesso e dell‟altro sesso, integrarsi e partecipare ai
gruppi
di
coetanei
sapendo
sviluppare
contemporaneamente la propria indipendenza e
autonomia ed, inoltre, riuscire a stabilire un‟
interazione adeguata con le istituzioni sociali, come
la scuola, per poter formare un proprio sistema di
valori e riuscire a progettare il proprio futuro (Di
Sauro, 2007).
Ancora, il disagio, come viene inteso dalla
pedagogia e dalla psicologia, è considerato una
condizione psicologica legata soprattutto a
percezioni soggettive di malessere: potremmo dire
che “si sente” ma non è detto che “si veda”.
Perché un disagio divenga disadattamento, bisogna
che
intervengano
dei “fattori-rischio”.
Il
disadattamento è una situazione in cui esiste
maggiormente un problema di alterazioni
comportamentali che possono emergere anche come
problemi di disciplina, come bene viene chiarito da
Winnicott con la nozione di antisocialità. Il termine
disadattamento indica, infatti, una particolare
categoria di comportamenti devianti, cioè non
conformi ai modelli culturali vigenti all'interno di
un determinato gruppo sociale, che si situano sul
piano del vissuto individuale. La devianza, invece,
attiene alle trasgressioni di norme con una gravità o
provocatorietà tale da determinare una definizione
di stigma sociale e di emarginazione dell‟individuo.
La logica della prevenzione riesce a catturare tutto
lo spettro degli interventi da compiere prima,
durante e dopo che il disagio, maltrattamento o
abuso si è manifestato, e ciò significa pensare al di
là del qui e ora.
Ciò richiede modificazioni profonde nella logica di
tutti coloro che si occupano d‟infanzia. Esistono,
infatti, situazioni di rischio collegate a un
temporaneo indebolimento delle risorse della
famiglia, che nel suo ciclo di vita attraversa
momenti di difficoltà anche estremamente critici e
complessi, ma non identificabili come situazioni di
pregiudizio per i bambini presenti nel nucleo. Tali,
però, possono diventare se gli adulti non riescono a
far fronte ai compiti evolutivi che essi sono chiamati
a gestire nel passaggio da una fase all‟altra del
percorso familiare (Di Sauro, 2007), oppure se, in
momenti di maggiore difficoltà e debolezza, non
riescono a trovare risorse di supporto.
I processi di nuclearizzazione e di isolamento delle
famiglie in atto nel nostro Paese favoriscono
l‟insorgenza di malesseri profondi anche laddove un
tempo la struttura comunitaria e familiare avrebbe
fatto da tessuto compensatorio e protettivo. Non c‟è
dubbio, infatti, che la famiglia rappresenti in Italia
la struttura di base per l‟educazione di una persona,
la protezione del suo interesse, la promozione
dell‟unità sociale.
E tuttavia molti
deterioramento:
sono
i
segni
di
questo
1) la tendenziale perdita d‟identità della famiglia,
passata dal modello unico, di famiglia nucleare, a
una pluralità di modelli (quella monoparentale,
quella ricostituita, multietnica, adottiva, della
procreazione assistita);
2) le risultanze degli studi in tema di maltrattamento
e abuso, da cui risulta che circa l‟80% di essi sono
intrafamiliari;
3) lo sfruttamento dei minori nella criminalità, che
documenta l‟assenza della volontà o della capacità
della famiglia di tutelare adeguatamente i diritti dei
suoi figli;
4) le indagini in tema di istituzionalizzazione di
minori, da cui risulta che molti minori, a partire
dalla fase puberale, vengono collocati in istituto non
tanto per bisogno quanto perché la famiglia non è in
grado di gestirne le problematiche;
5) l‟evoluzione, in senso multietnico, della nostra
società, che avviene secondo logiche emergenziali,
prive del sostegno e dell‟accoglienza necessari, cosa
che contribuisce a determinare maggiore insicurezza
nelle relazioni interpersonali;
6) il numero di separazioni coniugali e divorzi che è
in costante aumento;
7) le indagini sugli affidamenti familiari da cui
risulta che il 67% del totale è costituito da casi di
grave trascuratezza familiare e che nel 58% dei casi
non si realizza alla scadenza il rientro del minore in
famiglia;
8) i gravissimi fatti di sangue, che hanno sconvolto
famiglie apparentemente “normali” in cui i figli
uccidono i genitori o viceversa.
Porsi nella prospettiva della prevenzione implica
indubbiamente un partire da sé e ciò vale per
l‟adulto in genere e, in particolare, per l‟operatore,
posto l‟accento soprattutto sulle reazioni emotive
che la sofferenza dell‟infanzia provoca in noi,
talvolta tanto forti che possiamo essere spinti a
rifiutare ciò che vediamo, negandolo.
Prevenire fenomeni problematici e gravi come
l‟emarginazione sociale, la disoccupazione, la
fragilità coniugale, la denatalità, l‟ignoranza,
presume la ricerca di causalità complesse, non
riducibili a un unico o a un piccolo numero di
fattori; conseguentemente, tale prevenzione impone
la programmazione di iniziative molteplici che
devono poi essere attivate in sinergia tra loro.
In ogni caso la prevenzione dei disagi dei bambini è
rivolta al mondo
adulto,
quindi passa
necessariamente attraverso mediazioni che non
coinvolgono solo il loro mondo vitale più prossimo
– la famiglia – ma anche tutti i mondi adulti che
interagiscono con esso: la scuola, in primo luogo, il
mondo multiforme e variamente articolato dei
servizi sociali e sanitari. Non è da trascurare,
tuttavia, nemmeno il mondo dei pari, perché
l‟effetto di accumulo del disagio personale si
ripercuote sullo stile di relazione tra bambini e
ragazzini, stile sempre più spesso segnato da alta
conflittualità, da violenza reciproca, da aggressività.
1. CHILD ABUSE
Una definizione, nella letteratura internazionale,
data dalla Consultation on Child Abuse and
Prevention (1999) dell‟Organizzazione Mondiale
della Sanità suole identificare con il termine di child
abuse “tutte le forme di cattiva salute fisica ed
emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o
negligenza o sfruttamento commerciale o altro che
comportano un pregiudizio reale o potenziale per la
salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il
suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una
relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia e
potere”.
L‟abuso all‟infanzia può caratterizzarsi per una
condotta attiva (per esempio: ustioni, percosse, atti
sessuali)
oppure
omissiva
(per
esempio:
trascuratezza, abbandono).
Le basilari forme rilevate nella clinica sono:
• abuso sessuale;
• maltrattamento fisico;
• maltrattamento psicologico;
• trascuratezza/patologia delle cure;
• violenza assistita.
Del child abuse si può dare tuttavia anche una
definizione più ampia che tenga conto anche delle
forme di sfruttamento, nel lavoro e a fini sessuali,
aggiungendo alla classificazione sopra riportata:
• sfruttamento del lavoro minorile;
• sfruttamento
commerciali;
sessuale
• prostituzione minorile;
dei
minori
a
fini
• sfruttamento per la produzione di materiale
pedopornografico;
• turismo sessuale.
Per una maggiore chiarezza clinica dei termini usati
si riportano alcune definizioni ricavate dalla
letteratura in materia.
L‟abuso sessuale si riferisce al coinvolgimento del
bambino in attività sessuali o attività finalizzate alla
gratificazione sessuale, ma non direttamente
riconoscibili come atti sessuali (per esempio:
pratiche genitali inconsuete, lavaggi genitali,
ispezioni,
applicazioni
di
creme
sono
comportamenti che, pur avendo una forma di
normalità, possono essere erotizzati diventando, in
realtà, atti caratterizzati da forte intrusività sessuale
e ricerca di gratificazione sessuale da parte di chi li
agisce). L‟abuso sessuale può essere caratterizzato o
no dalla presenza di violenza ed essere agìto da
membri della famiglia o da soggetti esterni al nucleo
familiare, adulti o minori. Manifestazioni possono
anche essere: mostrare materiale pornografico,
esibizionismo, fare assistere il bambino ad atti
sessuali o violenze sessuali su altri minori o su
adulti, carezze sulle zone genitali, penetrazione
orale, genitale e anale (anche con oggetti),
induzione alla prostituzione, utilizzo del bambino
per la produzione di materiale pedopornografico.
Per maltrattamento fisico si intende un
comportamento attivo che comporta un danno fisico
oppure un comportamento omissivo, che non lo
previene e permette che avvenga (si mette il
bambino in condizioni di subire lesioni fisiche).
Manifestazioni sono, ad esempio, punizioni
corporali, frustate, ustioni, urti violenti contro pareti
e pavimenti.
Il maltrattamento psicologico si riferisce a relazioni
affettive inadeguate, inappropriate e nocive, con
atteggiamenti e comportamenti che alterano in
forma più o meno grave lo sviluppo psicoaffettivo
del bambino. Manifestazioni possono essere:
pressioni emotive, ricatti, minacce, svalutazioni,
rifiuto, denigrazione, coinvolgimento in conflitti di
coppia, eccetera.
La trascuratezza/patologia delle cure è una
categoria che comprende un insieme di situazioni di
tipo attivo od omissivo, accomunate da un
fallimento più o meno grave nel soddisfare i bisogni
fisici, psicologici ed emotivi del bambino.
Manifestazioni possono essere: carenza e assenza di
cure fisiche e affettive adeguate (trascuratezza),
attenzioni e cure connesse a preoccupazioni
eccessive e sproporzionate circa lo stato del
bambino (ipercura) o improprie per l‟età o la fase di
sviluppo psicofisico del bambino (discuria) o
comportamenti di accudimento con coinvolgimento
del minore in ideazioni patologiche (sindrome di
Munchausen per procura).
La violenza assistita si riferisce all‟esposizione
intenzionale, occasionale o ripetuta di un bambino
ad atti di violenza fisica, psicologica, sessuale,
trascuratezza su adulti o minori (e anche su animali
domestici). Tra le manifestazioni, una situazione
tipica è quella che si verifica nelle situazioni di
violenza domestica in cui il bambino assiste ai
maltrattamenti da parte di uno dei due genitori
sull‟altro. La relazione affettiva e/o di fiducia tra il
bambino, l‟autore della violenza e la vittima,
costituisce uno degli elementi qualificanti la
sussistenza di una situazione di vittimizzazione da
violenza assistita.
Nelle situazioni reali di abuso, le forme sopra
descritte tendono a essere compresenti: da qui
derivano
difficoltà
di
natura
concettuale
nell‟interpretazione e classificazione del complesso
fenomeno del child abuse (fenomeno a “geometria
variabile”) e, nella pratica clinica, quando
l‟operatore deve procedere alla diagnosi sullo stato
di un bambino (Ministero del Lavoro e delle
Politiche
sociali
Centro
nazionale
di
documentazione e analisi per l‟infanzia e
l‟adolescenza, 2002).
L‟abuso all‟infanzia, come riportato nel documento
“Proposte di intervento per la prevenzione ed il
contrasto del fenomeno del maltrattamento”
(Commissione Nazionale per il Coordinamento
degli interventi in materia di maltrattamenti, abusi e
sfruttamento sessuale di minori, 1998) quale che sia
la sua connotazione, costituisce sempre un attacco
confusivo e destabilizzante alla personalità in
formazione di un bambino e perciò provoca gravi
conseguenze, a breve, medio e lungo termine, sul
processo di crescita.
La rilevazione dei comportamenti attivi e omissivi
di abuso è importante perché:

il trauma, se non rilevato, diagnosticato e
curato, può produrre disturbi psicopatologici o di
devianza nell‟età adulta;

il danno cagionato è in genere tanto
maggiore quanto più il maltrattamento resta
sommerso e non sia individuato;

il maltrattamento è ripetuto nel tempo;

la risposta di protezione alla vittima nel suo
contesto familiare e sociale ritarda;

il vissuto traumatico resta non espresso ed
elaborato;

la dipendenza fisica e/o psicologica e/o
sessuale tra la vittima e il soggetto maltrattante è
forte;

il legame tra la vittima e il soggetto
maltrattante è di tipo familiare.
La costellazione dei sintomi è ampia: nella tabella
seguente riportiamo l‟elenco predisposto dall‟OMS
(2002) relativo alle principali conseguenze del child
abuse sulla salute psicofisica dei bambini.
Conseguenze


Ferite toraciche e addominali
Danni cerebrali

Contusioni e lividi

Bruciature e ustioni

Danni neurologici

Disabilità

Fratture

Lacerazioni e abrasioni

Danni agli occhi e alla vista
Conseguenze sulla 
Problemi del sistema riproduttivo
sessualità

Disfunzioni sessuali (amenorrea,
dismenorrea)

Malattie sessualmente trasmissibili,
incluso l‟aids/hiv

Gravidanze precoci
fisiche
Conseguenze
psicologiche e
comportamentali

Abuso di alcol e droghe

Comportamenti antisociali e a
rischio

Ritardi cognitivi

Ritardi nello sviluppo

Depressione, ansia, attacchi di
panico

Disturbi alimentari e del sonno

Sentimenti di vergogna o colpa

Iperattività

Difficoltà nelle relazioni sociali

Scarso rendimento scolastico

Bassa autostima

Disturbi psicosomatici

Comportamenti autolesionistici e
suicidari


Altre conseguenze 
di lungo periodo 
sulla salute



Tumori
Fibromialgia
Ischemie
Disturbi gastrointestinali
Infertilità
Difficoltà polmonari croniche
Malattie epatiche
(OMS, World Report on Violence and Health,20002)
Continua….
Continua…..
Il lettore può trovare l’articolo intero nel volume: Di
Sauro R. Mura A. (2015), Quale psicoterapia per l’uomo
d’oggi, Aracne, Roma