ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
INTRODUZIONE
Lo scopo della tesina è quello di dimostrare che uno spazio vettoriale
normato di dimensione finita è uno spazio di Banach. Per definizione uno
spazio di Banach è uno spazio completo, ovvero ogni successione di Cauchy
in questo spazio è convergente ed il limite appartiene allo spazio stesso. I
passi seguiti nel corso della dimostrazione sono i seguenti:
 due spazi vettoriali normati aventi la stessa dimensione sono isomorfi;
 ogni spazio vettoriale normato di dimensione finita è isomorfo a R n ;
 R n è completo;
 uno spazio vettoriale normato di dimensione finita è completo e quindi
è uno spazio di Banach.
Per poter sviluppare la dimostrazione è stata necessaria l’introduzione di
alcuni concetti fondamentali dell’analisi matematica e della geometria:
concetto di spazio vettoriale, spazio vettoriale normato, norma, spazio
metrico, concetto di distanza, i quali verranno trattati nel CAPITOLO 1.
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1. CONCETTI FONDAMENTALI
1.1 SPAZIO VETTORIALE
Gli spazi vettoriali sono alla base di alcuni fra i più proficui capitoli
dell’intera matematica; essi sono di fondamentale importanza in quanto
molte grandezze fisiche (posizione, velocità, accelerazione, forza, ecc.) sono
vettori.
Dato un campo K tale per cui valgono le seguenti proprietà di somma e
moltiplicazione scalare:
1. a, b  K 
 a  b  b  a (commutatività)
2. a, b, c  K 
(a  b)  c  a  (b  c) (associatività)
3. ! 0  K , a  K 
 a  0  a (esistenza del neutro)
4. a, b  K 
 ! (a)  K : a  (a)  a (esistenza dell’opposto)
5. a, b  K 
 a  b  b  a (commutatività)
6. a, b, c  K 
(a  b)  c  a  (b  c) (associatività)
7. a, b, c  K 
(a  b)  c  a  c  b  c (distributività)
8. !1 K , a  K 
 a  1  a (esistenza del neutro)
1
1
9. a  0, a  K 
 !    K : a     1 (esistenza dell’inverso)
a
a
si dice spazio vettoriale, detto anche spazio lineare, sul campo K un insieme
X che soddisfa le precedenti proprietà, dove gli elementi di X sono detti
vettori, mentre gli elementi di K sono detti scalari.
Uno spazio vettoriale X si dice complesso se K=C, mentre si dice reale se
K=R.
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1.2 SPAZIO VETTORIALE NORMATO
Uno spazio X dotato di una norma, è detto spazio vettoriale normato (X,|| ||).
Si definisce norma su X un’applicazione || || : X→R che soddisfa le seguenti
proprietà:
1.
v  0 v  X
v 0v0
2.
v    v
  K
3.
uv  u  v
v  X
u, v  X
Se tale applicazione deriva dal prodotto scalare essa è detta norma euclidea.
Il prodotto scalare (<,>) su X è un’applicazione lineare che soddisfa le
seguenti proprietà:
1.  u, v  R u, v  X
2.  u, u   0 u  X
 u, u   0  u  0
3.  u, v  v, u  u, v  X
4. v  v, v0  è funzione lineare v  X
Si definisce norma di v: v   v, v  v  X
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TEOREMA
La norma proviene dal prodotto scalare se e solo se è soddisfatta l’identità
del parallelogramma:

uv  uv  2 u  v
2
2
2
2

 DIMOSTRAZIONE (  ):
ipotesi: norma derivante da prodotto scalare (non conosciuto);
u , v  X
u  v  u  v, u  v  u , u  2  u , v    v, v  
2
 u  2  u, v   v
2
2
u  v  u  v, u  v  u , u  2  u , v    v, v  
2
 u  2  u, v   v
2
2
poiché le uniche quantità non conosciute sono quelle espresse da
un prodotto scalare, si nota che esso scompare sommando le due
relazioni:

uv  uv  2 u  v
2
2
2
2

 DIMOSTRAZIONE (  ):
ipotesi: si dispone di una norma che soddisfa l’identità del
parallelogramma, per cui occorre dimostrare che derivi da un
prodotto scalare:
u , v  X
u  v  u  v, u  v  u , u  2  u , v    v, v  
2
 u  2  u, v   v
2
2
u  v  u  v, u  v  u , u  2  u , v    v, v  
2
 u  2  u, v   v
2
2
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per recuperare i prodotti scalari occorre sottrarre le due
precedenti relazioni:
u  v  u  v  4  u, v 
2
2
 u, v 

1
2
uv  uv
4
2

Si vuole dimostrare ora che la precedente relazione è
effettivamente un prodotto scalare, quindi si deve verificare che
essa soddisfi le proprietà del prodotto scalare:
1.  u , v 

1
2
uv  uv
4
2
 R
essendo la norma un numero reale.
2.  u, u 

1
2
u u  u u
4
2
 14 2u  14 4 u  u
2
2
2
0
si vede banalmente che si ha  u, u  0  u  0
3.  v, u 

1
2
vu  vu
4
2
 14 u  v
essendo v  u  (1) v  u  u  v
2
2
2
2
 uv
2
 u, v 
dalle proprietà dei
vettori.
4.
 u, v    u, v 
 u1  u 2 , v  u1 , v    u 2 , v 
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1.3 SPAZIO METRICO
Gli spazi metrici sono insiemi di elementi di qualunque tipo (non
necessariamente punti geometrici) su cui è definita una metrica, ovvero il
modo di misurare la distanza fra due suoi elementi. Si possono avere spazi
metrici costituiti da punti geometrici, da successioni, da funzioni, ecc.
Uno spazio vettoriale normato, ha una naturale struttura di spazio metrico;
infatti è possibile definire una distanza: X  X  [0, ) , in particolare:
d  x, y   y  x
che soddisfa le seguenti proprietà di una distanza:
1. x, y  X 
 d ( x, y)  0 (positività)
d ( x, y )  0  x  y
2. x, y  X 
 d ( x, y)  d ( y, x) (simmetria)
3. x, y, z  X 
 d ( x, y)  d ( y, z )  d ( x, z ) (disuguaglianza del
triangolo)
per cui la distanza è completamente determinata dalla norma.
Si può vedere che la distanza è invariante per traslazione; infatti data una
traslazione Tv ( x)  x  v0 si ha che:
0
d Tv ( x),Tv ( y )   d ( x  v, y  v)  ( y  v)  ( x  v)  y  x  d ( x, y )
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Ponendo d ( x, y )  1 x, y  X , x  y si ha che:
1. d ( x, x)  0 x  X
2. d ( x, y )  d ( y, x)  0
3. d ( x, y )  0  x  y
4. d ( x, y )  d ( x, z )  d ( y, z )
Quindi (X,d) è uno spazio metrico e con questa metrica è detto spazio
metrico discreto.
DEFINIZIONE 1 (insieme compatto)
Sia (X,d) uno spazio metrico e   A  X . A si dice compatto se (A,d) è
compatto;
I sottoinsiemi di R n sono tutti e soli gli insiemi limitati e chiusi. Infatti se A è
compatto allora è totalmente limitato e quindi limitato (vedi TEOREMA 4) e
(A,d), essendo d la metrica di R n , è completo e quindi A è chiuso (vedi
TEOREMA 5); viceversa se A è limitato e chiuso allora è anche totalmente
limitato e (A,d) è completo e quindi (A,d) è compatto.
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2.ISOMORFISMO
La parola “isomorfismo” si usa quando due strutture complesse possono
essere mappate una nell’altra, in modo che per ogni parte di una struttura c’è
una parte corrispondente nell’altra struttura, dove “corrispondente” significa
che le due parti giocano ruoli simili nelle loro rispettive strutture. Più
formalmente, un isomorfismo è un’applicazione biiettiva
f, ovvero una
relazione binaria tra dominio e codominio, tale che ad ogni elemento del
dominio corrisponda uno ed un solo elemento del condominio e viceversa,
tra due insiemi dotati di strutture della stessa specie tale che, sia f che la sua
inversa f −1 sono omeomorfismi, cioè applicazioni che preservano le loro
strutture caratteristiche.
Se esiste un isomorfismo fra due strutture, le due strutture sono dette
isomorfe. Due strutture isomorfe, a un certo livello di astrazione, si possono
considerare essenzialmente uguali; ignorando le identità specifiche degli
elementi degli insiemi sottostanti ad esse e focalizzandosi solo su aspetti
rilevanti delle strutture stesse, le due strutture si possono identificare.
Il concetto di isomorfismo fra spazi vettoriali è molto importante ed utile
perché, se si verifica l’isomorfismo fra due spazi, i due spazi sono
assolutamente equivalenti dal punto di vista delle loro proprietà vettoriali.
Ecco alcuni esempi quotidiani di strutture isomorfe:

Un cubo compatto composto da legno e un cubo compatto composto
da piombo sono entrambi cubi compatti; anche se il loro materiale è
differente, le loro strutture geometriche sono isomorfe.
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
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Un normale mazzo di 52 carte da gioco con dorso verde e un normale
mazzo di carte con dorso marrone; anche se il colore del dorso è
differente, i mazzi sono strutturalmente isomorfi: le regole per un
gioco con 52 carte o l'andamento di una partita di un tale gioco sono
indifferenti dal mazzo che scegliamo.

La Torre dell'Orologio di Londra (che contiene il Big Ben) e un
orologio da polso; anche se gli orologi variano molto in dimensione, i
loro meccanismi di calcolo del tempo sono isomorfi.

Un dado a sei facce e una borsa da cui viene scelto un numero da 1 a 6;
anche se il metodo usato per ottenere un numero è differente, le loro
capacità di generare successioni di numeri pseudocasuali sono
isomorfe. Questo è un esempio di isomorfismo funzionale, senza
l'assunzione di un isomorfismo geometrico.
2.1 ISOMORFISMO ALGEBRICO
Siano X(A) ed Y(A) due spazi vettoriali. Essi si dicono (algebricamente)
isomorfi se esiste un operatore lineare invertibile da X su Y.
Due spazi vettoriali sullo stesso campo e aventi dimensione finita sono
(algebricamente) isomorfi se e solo se hanno la stessa dimensione.
DEFINIZIONE: siano X(A) e Y(A) due spazi vettoriali sullo stesso campo;
si definisce operatore lineare da X a Y un’applicazione T : X  Y tale che:
1. T ( x1  x2 )  T ( x1 )  T ( x2 )
2. aT ( x)  T (ax)
x1 , x2  X
x  X , a  A
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Osservazione: indicando con 0 sia lo zero del campo A e sia i vettori nulli di
X(A)
ed
Y(A),
si
ha
che
T ( 0)  0
poiché
0x  0
e
quindi
T (0)  T (0 x)  0T ( x)  0 .
2.2 ISOMORFISMO TOPOLOGICO
Siano X(R) e Y(R) due spazi normati, essi si dicono topologicamente isomorfi
se esiste un isomorfismo T continuo insieme a T-1 , cioè un omeomorfismo
che sia anche un operatore lineare.
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3. DIMOSTRAZIONE
Dopo aver introdotto i concetti di base necessari al fine della dimostrazione,
si passa ora allo scopo essenziale della tesina, ovvero dimostrare che ogni
spazio vettoriale normato di dimensione finita è uno spazio di Banach, cioè
completo.
3.1 ISOMORFISMO CON Rn
Come primo passo si dimostrerà che due spazi normati di dimensione finita n
sono topologicamente isomorfi; ciò viene affermato dal TEOREMA 1.
TEOREMA 1
Siano X(R) ed Y(R) due spazi normati di dimensione finita n; allora essi sono
topologicamente isomorfi.
 DIMOSTRAZIONE:
Poiché l’isomorfismo topologico è una relazione di equivalenza, basta
provare che X(R) è uno spazio normato di dimensione n isomorfo ad
Rn.
Sia e1 , e2 ,, en  una base di X(R); se x  X si avrà:
x  1e1  2 e2    n en con 1 , 2 ,, n  R
Si pone ora T : X  R n tale che T ( x)  1 , 2 ,, n ; essendo T un
operatore lineare da X ad R n , si ha:
n
n
j 1
j 1
x    j  e j  E  j
con
E  max  e1 , e2 ,, en

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Si ha che
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n
n
j 1
j 1
  j  n  2j , per cui:
x  nE 1 , 2 ,, n  nE T ( x)
e quindi
1
x  T ( x)
nE
x  X .
Si consideri ora la funzione:
f (1 , 2 ,, n )  1e1 , 2 e2 ,, n en
sull’insieme dei punti di Rn di norma 1.
Questo insieme è compatto, ovvero chiuso e limitato (vedi
DEFINIZIONE 1 pag.7).
La funzione è continua poiché:
f (1 , 2 ,  , n )  f (1 , 2 ,  , n ) 
 1  1 e1  2   2 e2    n   n en  nE   j   j 
n
2
j 1
allora f è dotata di massimo e di minimo (vedi TEOREMA 6 pag.18).
Detto m il minimo si ha quindi:
m  1e1  2 e2    n en  x
n
x  X ,  2j  1
j 1
allora x  0 si ha:
m
1e1  2 e2    n en
n
 2j
j 1
ossia : m T ( x)  x
x  X
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D’altra parte si ha m  0 ; ma in particolare non si potrà avere m  0
poiché in tal caso esisterebbe 1 , 2 ,, n  R con
n
 2j  1 tale che:
j 1
1e1  2e2    n en  0
contrariamente all’ ipotesi che e1 , e2 ,, en  è una base.
Dopo aver dimostrato l’isomorfismo tra due spazi vettoriali aventi la stessa
dimensione finita, si passa ora a dimostrare che uno spazio X(R) di
dimensione finita n è isomorfo allo spazio Rn; allo stesso modo si dimostra
che uno spazio Y(R) di dimensione finita n è isomorfo allo spazio Rn Poiché
l’isomorfismo topologico è una relazione di equivalenza, risulta che:
 X ( R) ISOMORFO
  R n
 X ( R) ISOMORFO
  Y ( R)

n
ISOMORFO
Y
(
R
)





R

Quanto affermato è provato dal TEOREMA 2.
TEOREMA 2
Siano X(R) ed Y(R) due spazi normati; essi sono topologicamente isomorfi se
e solo se esiste un operatore lineare T da X ad Y, e due costanti positive m ed
M tali che:
m x  T ( x)  M x
 DIMOSTRAZIONE:
supponendo
x  X
che
X(R)
ed
Y(R)
siano
topologicamente isomorfi, allora si ha che esiste un operatore lineare T
da X ad Y che è continuo insieme a T-1.
Dal TEOREMA 3, pag.15, segue che esiste M R  tale che:
T ( x)  M x
x  X
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Posto y  T (x) e quindi x  T 1 ( y ) , esiste m  R  tale che:
T 1 ( y )  m y
Ossia
1
x  T ( x)
m
y  Y
x  X .
Viceversa supponendo che esista un operatore lineare T da X ad Y e
due numeri positivi m ed M tali che:
m x  T ( x)  M x
avendo T ( x)  M x
x  X
x  X
segue che T è continuo (vedi TEOREMA 3, pag.15);
avendo m x  T (x) segue che T ( x)  0  x  0 .
Allora se T ( x1 )  T ( x2 ) si ha T ( x1  x2 )  0 e quindi x1  x2 ;

Y .
per questo T : X 1
1
Viceversa si supponga che T 1 esista e sia T ( x)  0 ,
poiché T (0)  0 si ha T ( x)  T (0) e quindi:
x  T 1 T ( x)   T 1 T (0)   0 .
Supponendo infine che esista T 1 , se y1  T ( x1 ), y2  T ( x2 ) si ha:
x1  T 1  y1 , x2  T 1  y2 ;
da y1  y2  T ( x1 )  T ( x2 )  T ( x1  x2 )
segue che:
T 1 ( y1 )  T 1 ( y2 )  x1  x2  T 1 ( y1  y2 ) .
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Poichè a y1  a T ( x1 )  T (a x1 ) dove a x1  T 1 (a y1 ) si ha quindi:
T 1 (a y1 )  a T 1 ( y1 ) .
Dunque T è invertibile e quindi esiste T-1.
Ponendo y  T (x) e quindi x  T 1 ( y ) si ha:
m x  m T 1 ( y )  T ( x)  y
per cui
T 1 ( y ) 
1
y
m
y  Y ;
quindi per il TEOREMA 3, di seguito, anche T-1 è continuo.
TEOREMA 3
Siano X(R) ed Y(R) due spazi normati e T un operatore lineare da X ad Y.
Allora T è continuo in ogni punto di X oppure in nessun punto di X. Inoltre T
è continuo su X se e solo se è limitato, cioè se esiste M  R  tale che:
T ( x)  M x
x  X
 DIMOSTRAZIONE: per semplicità si indica con
sia la norma di
X(A) che la norma di Y(A).
Si suppone T continuo in x0  X ; allora:
  R   ( )  R   T ( x)  T ( x0 )   t.c. x  x0   ( )
x  X
Si fissa ora arbitrariamente un punto x1  X e sia x  x1   ( ) .
Allora da ( x  x0  x1 )  x0   ( ) segue:
T ( x  x0  x1 )  T ( x0 )  
ossia
T ( x)  T ( x1 )   .
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Ciò prova che T è continuo in x1 e quindi è provata la prima
affermazione del teorema.
Si suppone ora T ( x)  M x
x  X . Poiché T(0)=0 si ha:
T ( x)  T (0)  M x  0
e quindi T è continuo in 0.
Esiste allora un   R   T ( x)  1 per x   .
Sia ora x  0 ; considerando y 
dove T ( y )  1 ossia

2x

2x
x , risulta y 

2
x T ( x)  1 e quindi T ( x) 

2

x .
Con ciò è provata la seconda affermazione.
TEOREMA 4
Sia (X,d) uno spazio metrico e A un sottoinsieme di X totalmente limitato.
Allora A è limitato.
 DIMOSTRAZIONE: siano  A1 , A2 , , An  sottoinsiemi di X tali che:
n
 ( Ak )  1 per k  1,2,, n , e A   Ak .
k 1
Sia ak  Ak per k  1,2,, n e ponendo:
  d a1 , a2   d a2 , a3     d an1 , an  ,
se x, y  A si ha x Ai e y  A j per alcuni i e j 1  i, j  n .
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Supponendo i<j si ha che:
d  x, y   d  x, ai   d ai , ai 1     d a j , y   1    1 .
Ciò prova che A è limitato.
Osservazione: se A è limitato esso può essere o non essere totalmente
limitato.
Per esempio se  X , d   R allora se A è limitato esso è anche totalmente
limitato; infatti se A è limitato allora esiste A   L, L L  R  .
Assegnato   R  si ha:
n



A    L  (k  1) ,  L  k 
2
2
k 1 

E per cui n  2 L con n  N .
2
Ciò prova che A è totalmente limitato.
Analogamente un sottoinsieme limitato di R n è totalmente limitato.
Considerando lo spazio metrico discreto (X,d) si ha che ogni sottoinsieme di
X è limitato perché d ( x, y )  1 x, y  X .
Se A  X e  ( A)  1 2 allora A (se non è vuoto) contiene un suo elemento.
Per cui un numero finito di sottoinsiemi di X, ciascuno di diametro < 1 2 può
coprire solo un numero finito di punti di X e quindi A è totalmente limitato se
e solo se contiene un numero finito di punti.
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TEOREMA 5
Sia (X,d) uno spazio metrico completo e   A  X ; allora lo spazio
metrico (A,d) è completo se e solo se è chiuso.
 DIMOSTRAZIONE: sia (A,d) completo, se x0  D( A) , allora:
n  N  xn  A  S ( x0 ,1 n)
dove ( xn ) nN converge a x0 .
Poiché ( xn ) nN è una successione di Cauchy in A e (A,d) è completo,
allora x0  A e quindi A  A .
Supponendo A  A ; sia ( xn ) nN una successione di Cauchy in A; questa
è anche una successione di Cauchy in X e, poiché (X,d) è completo,
( xn ) nN converge a un punto x0  X .
Se xn ; n  N  è finito allora necessariamente x0 xn ; n  N  e quindi
x0  A .
Se
xn ; n  N 
è infinito allora x0  D( A) e quindi x0  A perché
A  A . Dunque (A,d) è completo.
TEOREMA 6 (esteso di Weierstrass)
Sia (X,d) uno spazio metrico compatto e f : X  R una funzione continua.
Allora f è dotata di massimo e di minimo.
 DIMOSTRAZIONE: infatti f(X) è compatto (vedi TEOREMA 7
pag.19), quindi è chiuso (vedi TEOREMA 8 pag.20); inoltre essendo
totalmente limitato è limitato (vedi TEOREMA 4 pag.16).
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Poiché f(X) è limitato e chiuso allora f è dotata di minimo e massimo
cioè esistono due punti x’ ed x’’ tali che:
f ( x' )  inf f ( X ),
f ( x' ' )  sup f ( X ) ,
Infatti essendo f(X) chiuso e limitato, si ha che:
sup f ( X )  f ( X ), inf f ( X )  f ( X ) .
Poiché se X è un sottoinsieme di R superiormente [inferiormente]
limitato, allora sup X  X [inf X  X ] .
Infatti se sup X  X ,[ inf X  X ] allora ovviamente sup X  X .
Sia sup X  X , allora:
  R  x  X  x  sup X   ;
poiché x  sup X allora sup X  X .
Osservazione
f : X  R si dice superiormente [inferiormente] semicontinua nel punto
x0  X se:
  R    ( )  R   f ( x)  f ( x0 )    f ( x)  f ( x0 )     x  S ( x0 , ( ))
Se f è superiormente [inferiormente] semicontinua in ogni punto di X e se
(X,d) è compatto, allora f è dotata di massimo [minimo] (vedi TEOREMA 7
pag.19 e DEFINIZIONE 2 pag.21).
TEOREMA 7
Sia (X,d) uno spazio metrico compatto e (Y ,  ) uno spazio metrico. Se
f : X  Y è continua su X allora f(X) è compatto.
19/32
ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
 DIMOSTRAZIONE: sia   A ,   un ricoprimento aperto di
f(X).
Per ogni A   l’insieme f 1 ( A ) è aperto (vedi TEOREMA 9
pag.21); perciò 1  f 1 ( A );    è un ricoprimento aperto di X.
Poiché (X,d) è compatto, esiste un sottoricoprimento aperto finito di X.
Sia
f
1

( A ); k  1,2, , n , ne segue che A ; k  1,2,  , n è un
k
k
ricoprimento aperto finito di f(X) e quindi f(X) è compatto.
TEOREMA 8
Se (X,d) uno spazio metrico compatto e   Y  X , allora (Y,d) è uno spazio
metrico compatto se e solo se Y è chiuso.
 DIMOSTRAZIONE: si supponga Y  Y . Sia  xn nN una successione
in Y.
Poiché essa è anche una successione in X, essa ammette una
sottosuccessione convergente a un punto x  X . Ne segue che x  X
oppure x  Dxn ; n  N e quindi è compatto.
Viceversa sia (Y,d) compatto e x  X , x  D(Y ) .
Allora esiste  xn nN in Y convergente a x; ma  xn nN è una successione
di Cauchy in Y e poiché (Y,d) è completo  xn nN converge a un punto
di Y; questo deve coincidere con x, e quindi x  Y dove Y  Y .
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
DEFINIZIONE 2 (semicontinuità)
Sia f  A e x0  A . Si dice che f è superiormente [inferiormente]
semicontinua in x0 se:
  R 
  ( )  R   f ( x)  f ( x0 )    f ( x)  f ( x0 )    x  I x  A
0
Dove I x è un intorno di x0.
0
Se x0 è un punto isolato di A allora la continuità, la semicontinuità superiore
e la semicontinuità inferiore coincidono.
Se x0  A  D( A) e f è superiormente [inferiormente] semicontinua, allora si
ha:
lim sup f ( x)  f ( x0 )
x  x0
xAx0 


inf f ( x)  f ( x0 )
 xlim
x
 xAx 

0
0
e viceversa.
In ogni caso se x0  A e f è contemporaneamente superiormente e
inferiormente semicontinua in x0, allora f è continua in x0.
TEOREMA 9
Siano (X,d) e (Y ,  ) due spazi metrici,   A  X e f : A  Y .
Sono allora equivalenti le seguenti affermazioni:
1. f è continua su A
2. B  Y , B aperto,  B1  X , B1 aperto,  A  B1  f 1 ( B) ;
Nel caso particolare che sia A=R la 2 afferma che se B è aperto allora lo è
anche f 1 ( B) .
21/32
ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
 DIMOSTRAZIONE:
si dimostra che 1  2 .
Si supponga che f 1 ( B)   , altrimenti l’affermazione è banale.
a  f 1 ( B) , poiché f è continua, f (a )  B e B è aperto; segue
l’esistenza di un intorno aperto Ia di a tale che:
f ( x)  B  x  A  I a .
L’insieme B1 
 I è aperto (vedi TEOREMA 10 pag.22) e risulta:
a
a f 1 ( B )
B1  A  f 1 ( B).
Si dimostra che 2  1 .
Sia a un arbitrario punto di A, e B un arbitrario intorno di f(a); allora,
per la 2, esiste un insieme aperto B1 tale che B1  A  f 1 ( B) . Poiché
f (a )  B ne segue che a  B1 e quindi esiste un intorno di a contenuto
in B1; x  B1  A si ha f ( x)  B ; ciò prova che f è continua in a.
TEOREMA 10
Se A ,    , sono sottoinsiemi aperti di R, allora
 A
è aperto.

Se A j con j  1,2,, n sono sottoinsiemi aperti di R, allora
n
 A j è aperto.
j 1
 DIMOSTRAZIONE: se x0   A esiste  0    x0  A ; ne segue
0

l’esistenza di un intervallo aperto  a0 ,b0  tale che:
x0   a0 , b0   A 
0
 A .

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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
Perciò x0 è un punto interno di
 A e quindi  A è aperto.


n
Se x0   A j allora x0  A j j ,1  j  n; ne segue che esistono n intorni
j 1
x
0
  j , x0   j 
tale che
x
0
  j , x0   j   A j j ,1  j  n.
Posto   min  j , 1  j  n, si ha:
 x0   , x0      Aj
n
j 1
n
e perciò
 A j è aperto.
j 1
Osservazione:
L’intersezione di infiniti insiemi aperti può non essere un insieme aperto. Per
 1 1
esempio se An    , 
 n n
si ha
 An  0 che non è aperto.
nN
3.2 COMPLETEZZA DI Rn
Dopo aver verificato che uno spazio vettoriale normato di dimensione finita
è isomorfo ad Rn, si passa ora a dimostrare che lo spazio Rn è uno spazio
completo, ovvero è uno spazio di Banach.
Uno spazio completo è uno spazio in cui tutte le successioni di Cauchy sono
convergenti ed il loro limite appartiene allo spazio stesso; pertanto è
opportuno definire sia il significato di successione di Cauchy, sia il
significato di convergenza di una tale successione.
23/32
ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
DEFINIZIONE 3
Sia (X,d) uno spazio metrico. Si dice che la successione ( xn ) nN in X è una
successione di Cauchy se:
  R   n( )  N  d ( xm , xn )    m, n  N , m, n  n( ) .
DEFINIZIONE 4
Uno spazio metrico (X,d) si dice completo se ogni successione di Cauchy in
X è convergente (vedi Teorema sottostante).
TEOREMA
Se (X,d) è uno spazio metrico, ogni successione in X convergente è una
successione di Cauchy.
Una successione di Cauchy può non essere convergente.
 DIMOSTRAZIONE: se ( xn ) nN è una successione in X, allora:
xn  x  X
quindi:
  R   n( )  N  d ( xn , x) 

2
 n  N , n  n( ) .
Perciò:
d ( xm , xn )  d ( xm , x)  d ( xn , x)    m, n  N , m, n  n( ) .
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
TEOREMA 11
Ogni successione di Cauchy è limitata.
 DIMOSTRAZIONE: per definizione, esiste N  1 tale che:
m, n  N  d ( xn , xm )  1.
Ma allora in particolare n  N
risulta:
d ( xn , xm )  1
e quindi per ogni n  1 si ha:
d ( xn , x1 )  M  max d ( x1 , x2 ), d ( x1 , x3 ),, d ( x1 , xN )  1
e quindi xn   BM ( x1 ) è limitata.
TEOREMA 12
Uno spazio metrico X è completo se e solo se ogni successione di Cauchy in
X ammette una sottosuccessione convergente.
 DIMOSTRAZIONE: è ovvio che se è completo allora ogni
successione di Cauchy converge, e dunque basta prendere la
successione stessa xn .
Si supponga invece che ogni successione di Cauchy ammetta una
sottosuccessione convergente.
Sia
xn 
una successione di Cauchy e
x 
nk
la sottosuccessione
convergente a x  X .
Per ogni   0 esiste N tale che: m, n  N  d ( xn , xm ) 

2
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO

ed esiste un K tale che: k  K  nk  N e d ( xn , x )  .
2
Ma allora se n>N, per ogni k>K si avrà :
d ( xn , x )  d ( xn , xn )  d ( xn , x )  
k
k
k
cioè xn  converge a x .
TEOREMA 13
Il campo dei numeri R è un campo completo.
 DIMOSTRAZIONE: se xn  è una successione di Cauchy, allora è una
successione limitata (vedi TEOREMA 11 pag.25) che ha quindi una
sottosuccessione convergente ad un limite in R (vedi TEOREMA 6
pag.18), allora xn  converge in R (vedi TEOREMA 12 pag.25), e
dunque R è completo.
TEOREMA 14
Lo spazio vettoriale R n è uno spazio completo.
 DIMOSTRAZIONE: R n completo vuol dire che data una qualsiasi
successione  n  R n , se questa è una successione di Cauchy allora essa
è convergente, cioè:
  0  N : s, t     s   t   .
Definendo  
n
 2j   j
j  1,2, , n
si ha quindi:
j 1
 s( j )   t( j )   s   t  
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
ossia per ogni j la successione  s( j )  è di Cauchy per cui
 ( j )  lim vs( j ) ;
(*1*)
s
(poiché R è completo, vedi TEOREMA 12 pag.25)
dato   ( (1) , ( 2) , , ( n ) )   s  
n
 ( s( j )  ( j ) ) 2
(*2*)
j 1
Dalla (*1*) si ha che:

  0 j : s   y   s( j )   ( j ) 
n
Essendo n un numero finito si ha che:
  max 1 , 2 ,, n  ed s   tali che:
j   s( j )   ( j ) 

n
Dalla (*2*) si ha che:
n
s     s    (
j 1
( j)
s

  
  
)  
  n
 
j 1 
n
 n
( j) 2
n
2
2
e quindi lim s   .
s 
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
3.3 COMPLETEZZA DI (X, | |) FINITO
Dopo aver dimostrato che uno spazio vettoriale normato di dimensione finita
è isomorfo ad R n , e che lo spazio R n è completo, è banale affermare che uno
spazio vettoriale di dimensione finita è uno spazio completo e quindi di
Banach. Quanto detto viene esplicitato nel TEOREMA 15, qui di seguito.
TEOREMA 15
Sia X(R) uno spazio normato di dimensione finita, allora esso è completo ed
ogni suo sottoinsieme limitato e chiuso è compatto.
 DIMOSTRAZIONE: se X(R) ha dimensione n, allora esso è
topologicamente isomorfo a R n (vedi TEOREMA 1 pag.11).
Se T è l’isomorfismo, allora si ha:
m x  T ( x)  M x
m, M  R  (vedi TEOREMA 2 pag.13)
quindi essendo R n completo (vedi TEOREMA 14 pag.26) anche X(R)
è completo.
Ogni sottoinsieme limitato e chiuso di R n è compatto; questa proprietà
viene trasferita ad X(R) dall’isomorfismo topologico.
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
4. EQUIVALENZA DELLE NORME
In generale quando si crea un isomorfismo tra due spazi vettoriali, è
necessario
valutare
il
comportamento
della
norma
in
funzione
dell’applicazione lineare che realizza l’isomorfismo.
Poiché l’isomorfismo realizzato in questa trattazione ha come spazio di
arrivo lo spazio R n e sapendo che in esso tutte le norme sono equivalenti
(vedi TEOREMA 16 qui di seguito), non è importante la scelta della norma.
TEOREMA 16
Nello spazio topologico R n tutte le norme sono equivalenti.
 DIMOSTRAZIONE:
poiché
l’equivalenza
tra
norme
(vedi
osservazione sottostante) gode della proprietà transitiva, sarà
sufficiente mostrare che la norma euclidea  è equivalente ad una
qualunque altra fissata norma.
In pratica occorre far vedere che le due seguenti disuguaglianze
vengano rispettate, cioè che esistano a, b>0 tali che:
ax  x bx
x  R n , x  0 .
Dividendo il tutto per x e sfruttando l’omogeneità della norma, si
vede che la coppia di disuguaglianze è vera se e solo se vale:
a x b
x  R n , x  1 .
Dalle seguenti disuguaglianze si nota che la funzione x  x è
continua rispetto alla topologia euclidea:
n

x  y  x  y   ( xi  yi ) ei   xi  yi ei  x  y   ei 
 i1

i 1
i 1
n
n
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
dove ei sono i vettori della base canonica di R n ; si è usata
l’omogeneità della norma e la disuguaglianza triangolare.
D’altra parte, la sfera unitaria S  x  R n : x  1 è un compatto
euclideo, per cui:
a x b
x  R n , x  1
risulta vera a patto che si prenda:
a  min  x : x  S , b  max  x : x  S 
e questi oggetti esistono finiti (vedi TEOREMA 6 pag.18).
Da questo risultato segue che tutte le norme su uno spazio vettoriale
reale di dimensione finita sono equivalenti, e che ogni isomorfismo
lineare tra un tale spazio normato e R n con la norma euclidea è anche
un omeomorfismo. In sostanza, tutti gli spazi vettoriali (reali) normati
di dimensione finita sono equivalenti allo spazio euclideo.
Osservazione:
Due norme su uno stesso spazio vettoriale si dicono equivalenti se inducono
la stessa topologia, ossia se gli insiemi aperti indotti dalle due norme sono gli
stessi.
Supponendo dunque di avere uno spazio vettoriale X e due norme 
1
, 
2
su di esso, si vuole quindi verificare che le due norme sono equivalenti se e
solo se esistono due costanti a, b>0 tali che:
a x1  x 2 b x1
x  X .
Siccome in ogni spazio metrico gli aperti si definiscono a partire dalle sfere
aperte, è immediato verificare che la topologia indotta è la stessa se e solo se,
data comunque una sfera rispetto ad una delle due metriche, è possibile
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ANALISI FUNZIONALE
scegliere
una
TARTAGLIA MARTINO
seconda
sfera
rispetto
all’altra
metrica,
di
raggio
convenientemente piccolo, avente lo stesso centro e contenuta nella prima
sfera.
Grazie all’omogeneità della norma ed alla definizione della metrica, le sfere
in uno spazio normato si ottengono tutte dalla sfera unitaria centrata nell’
origine tramite un’omotetia (trasformazione geometrica che permette di
ingrandire o ridurre una figura geometrica lasciando inalterata la forma) ed
una traslazione.
Le due disuguaglianze a x 1  x 2  b x 1 implicano che:
 1
B (1)  0,   B ( 2 ) (0,1) e che B ( 2) 0, a   B (1) (0,1) .
 b
Occorre ora dimostrare che se due norme sono equivalenti (cioè inducono la
stessa topologia), allora esistono a, b>0 tali che:
a x1  x 2 b x1
x  X .
Si suppone per assurdo che le due norme inducano la stessa topologia, ma
che la prima disuguaglianza non valga per alcuna costante a.
Poiché la disuguaglianza è sempre verificata per x=0, dovrebbe esistere una
successione xn   X mai nulla, tale che
xn
2
xn
1
 0 . Grazie all’omogeneità
delle norme non è restrittivo supporre che sia
xn 1  1 n , basta
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ANALISI FUNZIONALE
TARTAGLIA MARTINO
eventualmente sostituire xn con
xn
, da cui xn
xn 1
2
 0 , cioè la successione
converge a 0 rispetto alla seconda norma. Ma allora dovrebbe convergervi
anche rispetto alla prima in quanto la topologia è la stessa per ipotesi, il che è
assurdo proprio perché xn 1  1 n .
Scambiando il ruolo delle norme, si vede che deve valere anche la seconda
disuguaglianza.
Dalle seguenti disuguaglianze:
a x1  x 2 b x1
x  X
si osserva anche che due norme equivalenti hanno le stesse successioni di
Cauchy, quindi la completezza o meno dello spazio rimane invariata se si
passa da una norma ad un’altra equivalente.
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