Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 ANIMALI ESOTICI Oftalmologia dei rapaci* Un uccello è un’ala guidata da un occhio... Rochon-Duvigneaud: Les Yeux et La Vision Des Vertebres C.J. MURPHY, DVM, PhD Section of Ophthalmology Veterinary Medical Teaching Hospital University of California Davis, California *Da “The Compendium Collection” Vol. 9, N. 3. Con l’autorizzazione dell’Editore. Lavoro basato su una relazione tenuta in occasione del-l’Annual Meeting of the Association of Avian Veterinarians, Toronto, Ontario, Canada, 1984. I rapaci sono uccelli da preda appartenenti all’ordine dei Falconiformi e degli Strigiformi. Falchi, aquile, albanelle, nibbi, falconi, falchi pescatori ed avvoltoi appartengono all’ordine Falconiformi, mentre gufi, civette, barbagianni, assioli e simili costituiscono quello degli Strigiformi. Entrambi gli ordini presentano notevoli variazioni di morfologia, distribuzione geografica ed habitat ecologico. I principali sviluppi nella medicina dei rapaci si sono avuti in anni recenti, di pari passo col progressivo aumento del numero dei veterinari chiamati a prestare le loro cure a questo gruppo di uccelli. In genere, la maggior parte dei rapaci da sottoporre a terapia è costituita da animali che vivono in libertà ed hanno subito lesioni di tipo traumatico, ma in alcuni casi gli animali esaminati possono appartenere a falconieri, zoo o enti deputati al ripopolamento della fauna selvatica. Nel corso dell’esame clinico degli uccelli da preda, si riscontrano comunemente lesioni oculari.1-4 In un’indagine retrospettiva,3 è stato rilevato come il 14,5% della totalità dei rapaci ricoverati presso l’Avian Clinic del New York State College of Veterinary Medicine della Cornell University e l’Owl Rehabilitation Research Foundation di Ontario, Canada, presentasse affezioni di questo tipo. Nel 90% dei casi, queste lesioni erano di origine traumatica e, in particolare, imputabili a collisioni nel 33% dei soggetti ed a ferite da arma da fuoco nell’11%. I danni monolaterali erano più comuni di quelli bilaterali ed il segmento anteriore dell’occhio era interessato con maggiore frequenza. Il segno clinico più comune era l’ifema. Successivamente, venne condotto uno studio in prospettiva, che evidenziò come il 28% dei rapaci ricoverato presso l’Avian Clinic (Cornell) fosse affetto da qualche tipo di lesione oculare. L’incidenza più elevata riscontrata in quest’ultima ricerca venne attribuita al minor numero di soggetti giovani (che di solito non presentano problemi di natura medica) sul totale di quelli ricoverati ed alla maggiore identificazione di lesioni poco evidenti. Chiaramente, una prevalenza così elevata delle lesioni oculari impone l’esecuzione di un esame oftalmoscopico completo in tutti gli uccelli da preda ricoverati presso le strutture mediche. 69 Oftalmologia dei rapaci VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE VISIVA Valutazione a distanza La situazione ideale sarebbe quella di osservare l’uccello mentre vola, caccia, sta appollaiato ed interagisce con i conspecifici. Per questa ragione, i deficit visivi vengono spesso identificati più precocemente negli uccelli dei falconieri. Si possono poi ottenere informazioni utili attraverso l’osservazione diretta o ponendo delle specifiche domande a coloro che si occupano degli animali. Assunzione di cibo Spesso, un uccello divenuto cieco da poco non riesce a trovare il cibo lasciato nella gabbia, mentre si alimenta facilmente dalle mani dell’uomo. Alcuni di questi animali si adattano bene alla situazione ed imparano a mangiare da soli se l’alimento viene loro lasciato sempre nello stesso posto. Un uccello cieco può essere incoraggiato a nutrirsi mettendogli del cibo fra gli artigli. Riluttanza a volare Generalmente, nei casi di grave compromissione della visione gli uccelli colpiti sono riluttanti a volare, anche se noia abbiamo recentemente osservato un falcone pellegrino che spiccava brevi voli, all’interno di un ambiente chiuso che gli era familiare, benché fosse colpito da una densa cataratta senile bilaterale. Posizione anomala della testa Le alterazioni della posizione della testa possono variare da una lieve inclinazione verso un lato all’opistotono. Gli uccelli colpiti da cecità monolaterale cercano di tenere l’occhio che ci vede fisso in direzione dell’attività che si svolge nell’ambiente. Un uccello che tiene la testa inclinata e non presenta altri deficit neurologici è probabilmente affetto da una grave lesione oculare monolaterale, come un distacco della retina (Fig. 1). È stato segnalato5 un caso in cui un gufo striato presentava una forma di opistotono simile al deficit neurologico osservato nella carenza di tiamina dei rapaci.6 Si suppose che l’uccello assumesse la posizione per sfruttare ai fini della visione le zone trasparenti periferiche che circondavano delle opacità corneali dense localizzate in posizione centrale. a Nota dell’Autore: in questo lavoro, il termine noi è riferito ad autorità quali i Dr.i Thomas Kern, Howard Evans, Alexander deLahunta, Ronald Riis e David Graham della Cornell University, il Dr. Doug MacCoy della University of Illinois, il Dr. Dennis Brooks della University of Tennessee, Kay e Larry McKeever della Owl Rehabilitation Research Foundation di Ontario, Canada, ed i Dr.i Joanne Paul-Murphy, Nedim Buyukmihci, Roy Bellhorn e Dennis Hacker della University of California, Davis. 70 Tendenza a sussultare eccessivamente in risposta agli stimoli Gli uccelli con gravi anomalie della visione divengono molto apprensivi e si preoccupano molto delle attività che si svolgono nel loro ambiente. Un animale in queste condizioni può manifestare delle reazioni di difesa esagerate in risposta ad innocue attività dei conspecifici. Valutazione degli uccelli sottoposti a contenimento Nella valutazione della funzione visiva degli uccelli sottoposti a contenimento può essere importante avere una certa familiarità con il “carattere” delle varie specie. I falchi (delle varie specie) sono in genere abbastanza calmi ed è meno probabile che rispondano ad un gesto di minaccia come fanno, invece, gli accipitridi o i falconi. Gli accipitridi (astore, falco di Cooper, ecc.) sono creature ipereccitabili, molto sensibili agli stress imposti da manualità poco delicate. Mostrano sin dall’inizio un riflesso pupillare molto rapido, ma dopo essere stato sottoposto ad un’eccessiva manipolazione qualsiasi uccello, anche normale, presenta pupille dilatate e diminuzione del riflesso fotomotore. In effetti, una manipolazione troppo intensa può persino portare a morte un uccello clinicamente normale. I falconi (pellegrino, gheppio) si pongono approssimativamente a metà fra questi due estremi. Gli strigiformi, se contenuti in modo corretto, sono le specie di rapaci più tranquille. Quando vengono immobilizzati per i piedi e la testa, questi animali mettono a fuoco l’occhio per la visione a distanza. Se vengono contenuti in questo modo, quindi, è molto difficile destare in essi una qualsiasi risposta al gesto di minaccia. La sensibilità delle varie specie agli stress della manipolazione deve anche essere tenuta presente al momento di decidere le modalità terapeutiche da utilizzare. La procedura per l’esecuzione di un esame oftalmoscopico completo è stata adeguatamente descritta in un altro lavoro.7 Va sottolineato, tuttavia, che è essenziale un contenimento adeguato, sia per poter effettuare una valutazione completa che per garantire la sicurezza del clinico. Nei casi in cui si devono eseguire esami di lunga durata, è preferibile che il paziente sia sedato o in anestesia generale. ORBITA E STRUTTURE ASSOCIATE L’orbita ossea è formata da numerosi singoli elementi, derivanti dalle ossa frontale, prefrontale, sfenoide, etmoide, palatino e quadrato, nonché dalle componenti ossee dell’arco giugale. I due globi oculari sono separati dal sottilissimo setto interorbitale. Il setto osseo è completo negli strigiformi, mentre negli uccelli da preda diurni è presente un’apertura coperta da una spessa membrana fibrosa (Fig. 2). In alcune zone, la componente ossea della parete orbitale posteriore ha uno spessore inferiore ad 1 mm. Molti degli elementi ossei di maggiori dimensioni sono di natura pneumatica e, quindi, risultano maggiormente esposti ai traumi chirurgici. La parte posteriore dell’occhio è al sicuro all’interno dell’orbita, ma la maggior parte delle porzioni temporali e dorsali dei globi oculari resta completamente al di fuori da questa protezione. FIGURA 1 - (A sinistra) - Femmina adulta di gheppio (Falco sparverius) con persistente inclinazione a sinistra della testa conseguente ad un distacco retinico dell’occhio destro. FIGURA 2 - (Al centro) - Cranio ed ossicini sclerali di gheppio (Falco sparverius). Si noti l’apertura presente nel setto interorbitale osseo che, nell’animale vivo, è coperta da una membrana fibrosa. Negli strigiformi, il setto interorbitale è completamente osseo. FIGURA 3 - (A destra) - Muscoli estrinseci dell’occhio e ghiandola della terza palpebra di un assiolo (Bubo virginianus). In alto, i muscoli in situ dopo rimozione del globo oculare; i muscoli piramidale e quadrato non sono indicati. In basso a sinistra, veduta posteriore dell’occhio sinistro con i muscoli ribaltati per evidenziare il piramidale ed il quadrato. In basso a destra, veduta posteriore dell’occhio sinistro con i muscoli in situ. Si noti la posizione della ghiandola della terza palpebra sulla parte mediale. 1 = muscolo retto dorsale, 2 = muscolo retto laterale, 3 = muscolo retto ventrale, 4 = muscolo retto mediale, 5 = muscolo obliquo dorsale, 6 = muscolo obliquo ventrale, 7 = muscolo quadrato, 8 = muscolo piramidale, 9 = ghiandola della terza palpebra. L’occhio degli uccelli è dotato di sei muscoli estrinseci, quattro retti e due obliqui (Fig. 3). Non è presente il complesso del retrattore del bulbo, che è sostituito dai muscoli piramidale e quadrato, che muovono la terza palpebra e sono innervati dal VI nervo cranico. Tutti i nervi cranici dal I al VI decorrono almeno in parte all’interno dell’orbita. Inoltre, sono presenti numerosi vasi, il più significativo dei quali è il plesso oftalmico, che assume una posizione ventrolaterale. La perdita di integrità di questo complesso è la causa principale di emorragie orbitali durante gli interventi di enucleazione. La ghiandola di Harder o ghiandola della terza palpebra (membrana nittitante) è la principale produttrice di lacrime negli uccelli e, nei rapaci, è adesa alla parte posteriore del globo oculare, ventralmente al muscolo retto mediale. Secondo quanto segnalato in letteratura, nella maggior parte dei rapaci a livello del margine orbitale ventromediale è presente una ghiandola lacrimale che manca nel gufo reale.2 L’orbita dell’assiolo è priva della ghiandola lacrimale orbitale e contiene nella parte dorsonasale il corpo sottile di una ghiandola nasale.8 PALPEBRE Le palpebre superiore ed inferiore degli uccelli sono ricoperte da piume sparse e, nella maggior parte delle specie, presentano delle delicate filoplume. Il margine palpebrale è solitamente pigmentato e non sono presenti ghiandole sebacee modificate (ghiandole di Meibomio). Entrambe le palpebre sono mobili e, quando sono chiuse, si dispongono in modo che la maggior parte della cornea sia coperta da quella inferiore. Le specie notturne ammiccano meno frequentemente di quelle diurne.9 In tutte le specie, la necessità dell’ammiccamento risulta diminuita grazie alla capacità della terza palpebra di distribuire il film lacrimale precorneale in modo adeguato su tutta la cornea. La palpebra inferiore della maggior parte dei rapaci contiene una lamina fibrosa dal profilo approssimativamente semicircolare e con il margine appiattito volto verso il bordo palpebrale. È possibile destare il riflesso palpebrale, anche se, soprattutto negli uccelli eccitati, le palpebre possono venire chiuse solo parzialmente, mentre la membrana nittitante compie un’escursione completa. Per questa ragione, negli uccelli potrebbe essere più appropriato indicare questo riflesso come nittitante-palpebrale. In prossimità del margine palpebrale corrono delle arterie palpebrali di piccolo calibro, dalle quali si dipartono delle sottili ramificazioni, che spesso vengono recise in caso di lacerazione. Si tratta di branche derivanti dall’arteria sopraorbitale, che spesso viene scontinuata nel corso della cantotomia laterale. La superficie palpebrale interna è rivestita dalla congiuntiva palpebrale. I punti nasolacrimali dei rapaci hanno un buon grado di sviluppo, che diviene estremo negli strigiformi (Fig. 4). Il dotto nasolacrimale si apre nella cavità nasale dorsalmente alla fessura delle coane. In un falco pellegrino è stata segnalata l’agenesia bilaterale della parte temporale delle palpebre superiori.57 Le lesioni palpebrali più comuni sono rappresentate da lacerazioni di varia entità. Si osservano comunemente difetti palpebrali derivanti da lacerazioni guarite in modo improprio. Di solito, per la riparazione chirurgica delle lacerazioni acute è sufficiente l’anestesia topica (proparacaina cloridrato allo 0,5%) associata ad un contenimento adeguato. Le lesioni vengono sottoposte a revisione chirurgica e riparate con materiale da sutura assorbibile 6-0. La sottigliezza delle palpebre impedisce l’esecuzione di suture su due piani, ma bisogna fare attenzione che i punti a mezzo spessore siano applicati in modo da evitare le abrasioni corneali. Se la terza palpebra dell’occhio colpito è funzionalmente normale, le conseguenze delle lesioni palpebrali negli uccelli sono di minima entità. 71 ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 Oftalmologia dei rapaci Figura 5A FIGURA 4 - Punti dorsali nell’orbita destra di un giovane barbagianni (Otus asio). Di solito, si esegue una tarsorrafia temporanea. Questo intervento consente di realizzare un valido bendaggio biologico, capace di proteggere una cornea gravemente compromessa. Può anche essere eseguito bilateralmente, negli uccelli estremamente eccitabili, come gli accipitridi, nei casi in cui risulta inevitabile ricorrere ad un prolungato ricovero ospedaliero. In queste specie, la tarsorrafia ha lo stesso effetto dell’“incappucciamento” degli uccelli da preda, in quanto determina un effetto calmante e riduce l’entità dei danni da autotraumatismo. I falconieri hanno utilizzato questa tecnica per secoli. L’intervento viene eseguito in anestesia locale con un buon contenimento. Nelle specie di maggiori dimensioni, l’anestetico viene applicato tenendo le palpebre fra 2-4 tamponi di cotone imbevuti di proparacaina cloridrato allo 0,5%. Le palpebre vengono quindi accostate con 1-3 punti staccati o con una sutura da materassaio orizzontale a mezzo spessore in seta 6-0 (Fig. 5). È stato segnalato che la carenza di vitamina A provoca una tumefazione delle palpebre conseguente ad ipercheratosi congiuntivale.6 Sono state osservate lesioni da pox virus a carico della cute circostante la regione orbitale degli uccelli da preda.10 Una lesione di questo tipo di grandi dimensioni localizzata anteriormente all’orbita può interferire con la normale funzione visiva. Noi abbiamo avuto modo di osservare un barbagianni che era stato attaccato da uno sciame di api. Dall’uccello vennero estratti più di 15 pungiglioni. Nelle due settimane successive, nonostante la terapia steroidea sistemica, le palpebre dell’animale presentarono un intenso rigonfiamento ed uno dei margini palpebrali dorsali andò incontro a necrosi ischemica. TERZA PALPEBRA (MEMBRANA NITTITANTE) Nelle specie aviari, la terza palpebra (membrana nittitante) è estremamente sviluppata. La sua escursione è solitamente simultanea al movimento del riflesso palpebrale (Fig. 6). Negli uccelli normali, la componente del riflesso 72 Figura 5B FIGURA 5 - (A e B) - Esecuzione di una tarsorrafia temporanea in un accipitride adulto (Accipiter striatus). (A) Instillazione nel sacco congiuntivale di diverse gocce di anestetico locale (proparacaina cloridrato allo 0,5% per uso oftalmico). (B) Applicazione di punti di sutura a mezzo spessore in seta 6-0, che devono fuoriuscire a livello del margine palpebrale pigmentato. È necessario stare attenti ad evitare qualsiasi sfregamento del materiale da sutura sulla superficie corneale. relativa a questa struttura deve essere rapida e completa. Si tratta di uno degli ultimi riflessi a scomparire durante l’anestesia generale. Il margine libero della terza palpebra è pigmentato e caratterizzato dalla presenza di una piega marginale (plica marginalis). Il movimento si sviluppa in direzione dorsonasale-ventrotemporale, e diventa più dorsoventrale negli strigiformi. Il margine temporale della terza palpebra è strettamente adeso alla congiuntiva ed alla sclera sottostante (Fig. 7). Sul margine nasale si inseriscono i tendini del muscolo piramidale. I muscoli che garantiscono il movimento della terza palpebra sono il piramidale ed il quadrato, che originano dalla parte posteriore del globo e sono coperti dai muscoli estrinseci sovrastanti (Fig. 3). Entrambi i muscoli sono innervati dal sesto paio di nervi cranici. L’inserzione del muscolo quadrato forma un manicotto situato dorsalmente al nervo ottico ed attraversato dal tendine del muscolo piramidale. Questa disposizione unica permette al muscolo quadrato di agire come una puleggia di diametro variabile, amplificando l’azione di quello piramidale. Il tendine di quest’ultimo decorre prima dorsalmente, poi a livello temporale e poi ventralmente intorno al nervo ottico, per poi proseguire anteriormente ed in direzione nasale fino alla sua inserzione sulla terza palpebra. Gli strigiformi presentano una particolare troclea ossea associata ad un ossicino sclerale ventrale che il tendine attraversa. La flangia pigmentata che ne caratterizza il margine libero permette alla terza palpebra di agire da “tergicristallo”, spingendo davanti a sé lacrime e detriti nel suo movimento ventrotemporale. Successivamente, raccoglie le lacrime che riempiono il solco della piega marginale e le sposta dorsalmente, riumidificando la cornea. A livello della superficie bulbare della terza palpebra, in prossimità del margine libero, sono presenti degli elementi epiteliali specializzati, “a piuma”, che favoriscono l’allontanamento dei detriti dalla superficie corneale.11 Il loro grado di sviluppo nelle diverse specie risulta variabile. In una precedente pubblicazione,2 questi elementi sono stati erroneamente indicati come piume modificate. Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 GLOBO OCULARE Ai fini del successo nella competizione per la sopravvivenza, i rapaci dipendono enormemente dalla vista. L’occhio degli uccelli è una struttura anatomica di grandi dimensioni sia in scala relativa che assoluta ed occupa una parte preponderante dell’intera massa cranica (Fig. 8). In effetti, si ha l’impressione che la testa ed il collo dei rapaci si siano evoluti unicamente per sospendere una grande coppia di occhi diretti in avanti. La forma dell’occhio dei rapaci varia con le specie ed è determinata dalla forma e dall’estensione degli ossicini sclerali. L’occhio è relativamente appiattito in alcuni pic- FIGURA 6 - Escursione della terza palpebra in uno strigiforme (Aegolius acadicus). Si notino la piega marginale pigmentata e l’orientamento del margine libero. FIGURA 8 - Veduta dorsale del cranio e dei globi oculari di un barbagianni. Si notino le grandi dimensioni degli occhi e la loro forma tubulare, caratteristica degli strigiformi. FIGURA 7 - Terza palpebra dell’assiolo, che risulta saldamente fissata a livello del suo margine dorsotemporale. Il margine libero della terza palpebra è caratterizzato dalla piega marginale pigmentata (inserto), che forma una scanalatura. Ventralmente, è visibile il tendine del muscolo piramidale che passa intorno ad un tubercolo osseo per andare ad inserirsi sulla parte mediale della terza palpebra. FIGURA 9 - Panoftalmite secondaria a trauma in un falco palustre (Circus Cyanus). 73 ANIMALI ESOTICI A carico della terza palpebra si possono riscontrare corpi estranei e lacerazioni. Occasionalmente, a livello della piega marginale si osservano zone depigmentate indicative di traumi pregressi. Noi abbiamo esaminato parecchi gheppi che presentavano depositi calcificati sottocongiuntivali di natura benigna sulla superficie palpebrale della terza palpebra. Nel corso degli interventi di chirurgia congiuntivale, è necessario state attenti a preservare l’integrità del tendine del muscolo piramidale. Oftalmologia dei rapaci coli rapaci diurni, come i gheppi, globoso nei grandi rapaci diurni, come i falchi, e tubulare in tutti gli strigiformi, come i gufi, le civette, ecc. In tutti gli uccelli, la parte temporale del globo è più allungata di quella nasale. L’effetto ottico di questa intrinseca asimmetria è quello di convergere il campo visivo, favorendo la realizzazione di un ampio campo binoculare. Gli occhi degli uccelli da preda sono diretti in avanti nel cranio, determinando un fronte di visione binoculare molto ampio. Questa conformazione è particolarmente accentuata negli strigiformi. Tale caratteristica, che è comune ai primati, è una delle spiegazioni del fascino esercitato da questi uccelli sull’umanità attraverso i millenni. Rispetto ai mammiferi domestici, negli uccelli la mobilità oculare è più limitata. I rapaci diurni sono capaci di eseguire la convergenza oculare, ed è possibile stimolare in essi il nistagmo vestibolare. Per anni si è affermato che gli strigiformi sono incapaci di movimenti oculari. Recenti studi hanno dimostrato che l’assiolo è in grado di compiere movimenti di ampiezza molto limitata su tutti i piani (meno di 3° di tor- di 1,5° sul piano orizzontale e verticale).12,13 Data la stretta aderenza del globo all’interno dell’orbita e l’assenza di muscoli retrattori del bulbo, gli uccelli sono incapaci di affossare l’occhio nell’orbita. Negli strigiformi, la superficie posteriore del globo oculare risulta visibile attraverso il delicato strato di cute del tratto esterno del canale acustico. Ciò permette di effettuare, nella maggior parte degli animali appartenenti a quest’ordine, l’enucleazione attraverso la via di approccio transauricolare. In un barbagianni è stato osservato un grave caso di microftalmia bilaterale. Si trattava di un animale nato allo stato libero e cresciuto in cattività, che non presentava strutture oculari esternamente visibili ed in cui le fessure palpebrali erano notevolmente ridotte. Anche le orbite dell’uccello apparivano ipoplasiche e venne identificata la presenza di residui oculari di 3 x 7 mm strettamente adesi alla parete orbitale. Un caso di microftalmia monolaterale è stato osservato in un falco. L’occhio colpito presentava un segmento anteriore di conformazione normale, ma di diametro diminuito. La retina era distaccata e caratterizza- FIGURA 10 - Tecnica di enucleazione mediante collasso del globo. (1) L’uccello viene anestetizzato e posto in decubito laterale. La regione orbitale viene spiumata e preparata per l’intervento secondo le regole dell’asepsi. Sotto la terza palpebra e la palpebra inferiore si inserisce un divaricatore in filo metallico. Si esegue una cantotomia laterale estesa dorsalmente verso il margine auricolare anteriore. (2) Si esegue un’incisione limbare di 180° e sulla cornea incisa si applica una sutura di fissazione. Mediante dissezione sottocongiuntivale a 360° si scollano la congiuntiva, la terza palpebra e la fascia periorbitale. (3) Si scolla delicatamente la regione situata al di sotto della cute auricolare. (4) Fra il tratto uveale e la sclera si inserisce delicatamente un paio di forbici Mayo, in modo da scontinuare solo la sclera e gli ossicini ad essa associati. (5) Con un paio di pinze, si fa collassare il margine reciso della sclera verso l’interno, accedendo alla parte posteriore dell’orbita. Si deve evitare di esercitare un’eccessiva trazione per non danneggiare il chiasma ottico. A questo punto si recidono le inserzioni dei muscoli estrinseci sull’occhio ed il nervo ottico, e si asporta l’occhio. (6) Si rimuovono la congiuntiva e la terza palpebra e si amputa il bordo palpebrale asportandone una striscia larga 2 mm. La ferita viene chiusa eseguendo una sutura semplice a punti staccati con materiale assorbibile di piccolo calibro (da 5-0 a 7-0). (Riprodotto con autorizzazione da Murphy CJ, Brooks DE, Kern TJ, et al: Enucleation in birds of prey. JAVMA 183:1236, 1983). 74 ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 FIGURA 11 - Enucleazione mediante approccio transauricolare. (1) L’uccello viene anestetizzato e posto in decubito laterale. La regione orbitale e quella auricolare vengono spiumate e preparate chirurgicamente. A livello dei margini palpebrali si applicano due suture di fissazione in seta 4-0. Il margine auricolare anteriore viene esteso rostralmente in modo da esporre la parte posteriore del globo oculare. Il tratteggio indica la linea di incisione. (2) Con una piccola lama da bisturi si esegue una cantotomia laterale che si estende attraverso il margine auricolare anteriore sino alla giunzione del globo oculare tubolare all’interno dei processi postorbitali. A livello del margine auricolare anteriore, si incontra un piccolo vaso, la cui scontinuazione provoca una ridotta emorragia che può essere controllata con un elettrocauterio. L’incisione passa attraverso la congiuntiva ed un prolungamento della fascia periorbitale. (3) La cute viene delicatamente scollata, esponendo il limite posteriore dell’occhio tubolare. La dissezione sottocongiuntivale a 360° viene estesa in direzione posteriore sotto il prolungamento della fascia periorbitale. Per mobilizzare il globo oculare può essere necessario eseguire un’ulteriore incisione di questa fascia a ore 12. (4) L’operatore appoggia un dito a livello del limbo e spinge in direzione mediale, mentre con una piccola lama da bisturi contribuisce a formare uno spazio fra il globo e gli elementi ossei dell’orbita. (5) Una volta ottenuto questo spazio, servendosi di un paio di forbici da tenotomia si libera il globo dagli elementi extraoculari e si recide il nervo ottico. L’occhio viene quindi estratto attraverso l’apertura laterale. Al momento della recisione dei vasi si verifica un abbondante sanguinamento, ma la perdita ematica può essere ridotta al minimo se il chirurgo effettua rapidamente l’asportazione. Il sanguinamento può quindi essere controllato riempiendo l’orbita con dei tamponi di garza, da rimuovere prima della chiusura della breccia. (6) Una volta ottenuta l’emostasi, si asportano la terza palpebra e la congiuntiva e si amputa una striscia di tessuto larga 2 mm dal bordo palpebrale. L’apertura viene chiusa con una sutura semplice a punti staccati in materiale assorbibile sottile (da 5-0 a 7-0). Il primo punto viene applicato in modo da ripristinare l’integrità del margine auricolare anteriore. Quindi, si completa dapprima la chiusura della soluzione di continuo dell’orecchio e poi si esegue l’apposizione dei margini palpebrali. (7) Aspetto dopo la chiusura della ferita. (Riprodotto con autorizzazione da Murphy CJ, Brooks DE, Kern TJ, et al: Enucleation in birds of prey. JAVMA 183:1235, 1983). 75 Oftalmologia dei rapaci ta da ammassi di pigmento. I dati rilevati non erano sufficienti a stabilire se si trattava di una lesione congenita o di una conseguenza di un trauma neonatale. La prima ipotesi era sostenuta dall’aspetto completamente normale del segmento anteriore nonostante la diminuzione di diametro. Nei falchi sono stati segnalati estesi colobomi.14 Proprio a causa delle sue notevoli dimensioni e della relativa mancanza di protezione orbitale, qualsiasi forma di trauma cranico coinvolge spesso l’occhio e le strutture ad esso associate. Negli uccelli con estesi danni oculari o in quelli in cui un’infezione secondaria ha causato una panoftalmite (Fig. 9) è indicata l’enucleazione. Per la realizzazione di questo intervento nei rapaci sono state descritte due metodiche.15 La tecnica di collasso del globo oculare prevede la scontinuazione degli ossicini sclerali e l’induzione del collasso del globo su se stesso in modo da ottenere l’accesso chirurgico agli elementi retrobulbari (Fig. 10). Questo metodo può essere impiegato in qualsiasi specie aviare, ma preclude la possibilità di eseguire un esame istologico completo del globo oculare. L’approccio transauricolare per l’enucleazione è attuabile solo negli strigiformi, che hanno delle ampie aperture dell’orecchio esterno (Fig. 11). Questo metodo consente la rimozione del bulbo integro e, quindi, l’attuazione di un esame istologico completo. L’applicazione locale di adrenalina per ottenere l’emostasi durante questo intervento va utilizzata con cautela, dal momento che può essere causa di ipertensione sistemica, che aggrava la situazione. FIGURA 12 - Fotografia al microscopio elettronico a scansione della superficie esterna della cornea di un barbagianni. Si notino le numerose micropliche delle cellule epiteliali, una delle quali sta per distaccarsi e passare nel film lacrimale precorneale. (La linea nera corrisponde a 10 µ). CORNEA Il perimetro della cornea è approssimativamente circolare, con il diametro orizzontale leggermente maggiore di quello verticale. Negli uccelli da preda diurni il diametro corneale è molto più piccolo di quello riscontrabile negli strigiformi di analoghe dimensioni. Ciò dà l’illusione che l’occhio dei rapaci diurni sia più piccolo di quanto non sia in realtà. Vista di lato, la cornea ha un raggio di curvatura più piccolo (cioè ha una curvatura più accentuata) della sclera, situata posteriormente. Rispetto ai rapaci diurni, gli strigiformi possiedono una cornea di diametro maggiore e relativamente appiattita. Contrariamente a quanto affermato in una precedente segnalazione,2 la cornea dei rapaci non è eccezionalmente spessa.8 Il ruolo della partecipazione corneale all’accomodazione della vista degli uccelli è attualmente oggetto di discussione.8,12 Dall’esterno all’interno, nella cornea dei rapaci si riconoscono cinque distinte componenti. • Epitelio corneale anteriore - costituito da un epitelio squamoso stratificato non cheratinizzato dello spessore di 2-4 cellule. Gli elementi più superficiali presentano numerose micropliche, che possono favorire l’aderenza del film lacrimale precorneale (Fig. 12). • Lamina limitante anteriore (strato di Bowman) - è uno strato acellulare composto da fibrille collagene organizzate in fibre disposte in modo irregolare. Questo strato può svolgere un ruolo nell’aderenza dell’epitelio allo stroma corneale. • Sostanza propria (stroma) - costituisce la parte più voluminosa della cornea. È formata da fibrille collagene di dimensioni uniformi disposte in lamelle orientate in modo variabile le une rispetto alle altre, ma tutte parallele alla superficie corneale. 76 FIGURA 13 - Fotografia al microscopio elettronico a scansione dell’epitelio posteriore della cornea di un barbagianni. Si noti il caratteristico profilo regolarmente poligonale di queste cellule. (La linea nera corrisponde a 10 µ). • Lamina limitante posteriore (membrana di Descemet) - è la membrana basale dell’epitelio posteriore, estremamente sviluppata. • Epitelio posteriore (endotelio) - epitelio cuboidale semplice formato da elementi dal profilo esagonale (Fig. 13). Le opacizzazioni corneali sono comunemente associate ad ulcerazioni e cicatrizzazioni. Le ulcere corneali sono facilmente evidenziabili con l’impiego di un colorante idrosolubile, la fluorescina. Queste lesioni vanno trattate con antibiotici ad ampio spettro per uso topico (come il cloramfenicolo) applicati per tre volte al giorno per tre-cinque giorni. La cornea deve essere sottoposta periodicamente alla ripetizione del test con la fluorescina, per verificare l’andamento della guari- TEMPORALE gione. La maggior parte delle ulcere corneali guarisce con facilità, seguendo il decorso clinico delle analoghe forme non complicate osservabili nei mammiferi domestici. Negli uccelli, la vascolarizzazione corneale è rara. Tuttavia, sono stati osservati diversi casi in cui l’ulcerazione cronica ha determinato una vascolarizzazione della superficie corneale con pigmentazione (Fig. 14). Come conseguenza della formazione di precipitati cheratici secondaria ad uveite si possono avere delle opacità corneali localizzate. Recentemente, è stato osservato in un giovane barbagianni un edema corneale diffuso conseguente a lussazione anteriore della lente. Altri disordini corneali caratterizzati da opacizzazione nei rapaci sono una cheratopatia bilaterale con microcornea da cause sconosciute descritta in un gufo striato5 ed una distrofia corneale.2 L’importanza ottica di un’opacità corneale dipende da densità, trasparenza e localizzazione della lesione. Negli uccelli caduti lungo le canne dei camini si riscontrano frequentemente cheratocongiuntiviti o congiuntiviti di grado variabile. Sino ad oggi, con questo tipo di anamnesi sono stati ricoverati solo barbagianni e gheppi. Qualsiasi forma di ustione è sempre complicata dalla presenza di fuliggine localizzata come corpo estraneo a livello del sacco congiuntivale. Diversi uccelli caduti all’interno di camini inattivi sono stati ricoverati in clinica presentando come unica lesione delle forme di infiammazione da fuliggine. Gli occhi colpiti devono essere delicatamente irrigati con soluzione fisiologica sterile e colorati con fluorescina. Per trattare la congiuntivite si applica quindi tre volte al giorno per tre-cinque giorni un’associazione topica antibiotico-steroidea, se la cornea non è ulcerata. In caso di grave irritazione oculare può essere utile una tarsorrafia temporanea. NASALE FIGURA 14 - Pigmentazione perilimbare con vascolarizzazione, causata da un’ulcerazione cronica in un barbagianni adulto. conto della forma e dell’estensione di queste strutture ossee. In molte specie diurne è poi presente un altro osso sclerale, l’osso del nervo ottico, che manca negli strigiformi.17 Questa formazione è stata anche indicata come os opticus ed ossicino di Gemminger.18 Si trova inserito nella coppa cartilaginea e circonda parzialmente o totalmente la fuoriuscita del nervo ottico. La presenza degli ossicini sclerali impone il ricorso alla decalcificazione prima dell’esecuzione degli esami istologici. Gli anelli sclerali sono una caratteristica costante nella radiografia del cranio degli uccelli. Noi abbiamo osservato due casi di trauma oculare che avevano determinato la frattura di queste strutture. I tentativi di dimostrare radiograficamente l’esistenza di queste fratture con l’occhio in situ sono risultati infruttuosi. In entrambi i casi, il difetto dell’anello sclerale era apprezzabile con la palpazione digitale. La frattura dell’anello sclerale era radiograficamente dimostrabile nell’occhio enucleato (Fig. 16). FIGURA 15 - Veduta anteriore e ventrale degli ossicini sclerali dell’occhio sinistro di un assiolo e di due rapaci diurni. A sinistra, assiolo. Si notino la forma tubulare, l’asimmetria del profilo ed il tubercolo associato alla parte ventrale dell’ossicino. Il tendine del muscolo piramidale passa intorno a questo tubercolo per andarsi ad inserire sulla terza palpebra. In mezzo, falco. Si notino l’asimmetria ed il profilo conico che conferiscono la forma globosa caratteristica degli uccelli da preda diurni di maggiori dimensioni. A destra, gheppio. Si noti la forma relativamente appiattita degli ossicini. SCLERA La caratteristica distintiva dell’occhio degli uccelli è la presenza, anteriormente, dell’anello sclerale osseo e, posteriormente, dalla coppa cartilaginea, due strutture inserite nella sclera. L’anello sclerale è costituito da 10-18 (15 nella maggior parte dei rapaci) piccole ossa unite da interdigitazioni.16 Questi ossicini determinano la forma dell’occhio, offrono protezione alle strutture interne dello stesso e servono da inserzione per il muscolo ciliare striato (Fig. 15). Nei casi in cui si intende eseguire l’enucleazione con la tecnica del collasso del globo è necessario tener FIGURA 16 - Radiografia antero-posteriore di un globo oculare enucleato da un barbagianni adulto, che aveva riportato una frattura dell’anello sclerale. La lesione non era dimostrabile nell’occhio in situ. 79 ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 Oftalmologia dei rapaci IRIDE La colorazione dell’iride varia con la specie ed i colori predominanti sono il bruno, il giallo ed il rosso. Nei rapaci, questa caratteristica può fornire informazioni circa l’età dei soggetti di certe specie. In giovane età, certi falchi hanno un’iride di colore giallo-grigio, che diviene più scura con il passare del tempo fino ad assumere un’intensa pigmentazione bruno-cioccolato dopo il quarto anno di vita. L’iride degli accipitridi (astore, falco di Cooper, ecc.) è grigia negli implumi, gialla nei giovani e nei soggetti che hanno appena raggiunto l’età adulta, arancione in quelli di media età e rosso rubino in quelli più anziani (cinque anni)19 (Fig. 17). L’iride contiene cromatofori di tipo variabile, vasi sanguigni, tessuto connettivo, nervi e muscoli. Uno studio recente sull’iride dell’assiolo ha dimostrato l’esistenza di una complessa muscolatura iridea formata da muscolatura liscia e striata e mioepitelio.20 Clinicamente, in tutte le specie esaminate il principale sfintere pupillare sembra essere rappresentato da uno strato circonferenziale di muscolatura striata, il che impone l’impiego di farmaci curariformi per ottenere la midriasi.21 Secondo l’esperienza dell’autore, l’applicazione topica di curariformi è inefficace nella maggior parte delle specie di rapaci. Per dilatare la pupilla di questi uccelli prima di effettuare un’estrazione di cataratta, l’autore ha utilizzato in numerosi strigiformi (anche piccoli come i barbagianni), falchi e falchi pellegrini, la seguente tecnica. È essenziale un contenimento adeguato. Dopo aver applicato sull’occhio un anestetico topico, si introduce sotto la congiuntiva bulbare, appena posteriormente al limbo temporale, un ago da 27 G montato su una siringa da tubercolina. Non in tutte le specie (ad es., non nel falco pellegrino) è possibile sollevare un lembo di congiuntiva prima di penetrare nella camera anteriore, a causa della stretta aderenza di questa struttura allo stroma sottostante. L’ago viene quindi spinto attraverso il limbo sino a penetrare nella camera anteriore, dove si iniettano 0,01-0,03 ml di soluzione acquosa di d-tubocurarina cloridrato (Fig. 18). La dilatazione può essere immediata oppure richiedere fino a 15 minuti e dura da 4 a 12 ore. Si può avere una certa salivazione, ma non sono stati rilevati altri segni clini- Figura 17A ci. È stato osservato che in alcuni falchi l’iniezione di questa quantità di d-tubocurarina è seguita dall’arresto della respirazione.b Data la natura piuttosto “sensibile” di queste specie, non è possibile stabilire se ciò sia dovuto allo stress o sia direttamente correlato all’instillazione del curaro. Attualmente, stiamo cercando di determinare la dose minima efficace e quella minima letale della d-tubocurarina iniettata per questa via. Va sottolineato che non si deve ricorrere all’iniezione nella camera anteriore per gli esami di routine. Nella maggior parte dei rapaci, le aperture pupillari sono sufficientemente ampie da consentire una valutazione abbastanza completa del fondo dell’occhio in una stanza buia. L’esame del fondo dell’occhio è anche facilitato dalla riduzione al minimo dell’intensità della luce utilizzata allo scopo. In contraddizione con quanto affermato da Greenwood e Barnett,2 i riflessi pupillari sono molto rapidi e la contrazione è più rapida della dilatazione.20,22 Il rallentamento di questo riflesso è di solito indicativo di un grave trauma cranico. A livello del chiasma ottico si ha la decussazione del 100% delle fibre del nervo ottico,23 e non è stato documentato un autentico riflesso consensuale. Inoltre, un piccolo grado di anisocoria può essere normale. Clinicamente, si può osservare una lieve risposta consensuale aberrante, dovuta al passaggio diretto della luce nel globo oculare controlaterale attraverso il sottilissimo setto interorbitale.24 Una ricerca ha dimostrato l’esistenza di considerevoli analogie fra il substrato neurologico del riflesso pupillare degli uccelli e quello dei mammiferi.25 Nei rapaci, durante l’accomodazione per la visione ravvicinata si ha un certo grado di contrazione pupillare.26 Le lacerazioni dell’iride si riscontrano comunemente in caso di corpi estranei penetranti. Sinechie anteriori e posteriori sono frequenti come conseguenze secondarie di gravi forme di uveite o ifema (Fig. 19). Noi abbiamo osservato una cisti iridea in un barbagianni come riscontro incidentale ed in letteratura è stato segnalato un melanoma dell’iride in un assiolo.27 b Buyukmihci N: Comunicazione personale, University of California, Davis, 1984. Figura 17B FIGURA 17 - Colorazione tipica dell’iride di un astore (Accipiter gentilis) giovane (A) e adulto (B). 80 FIGURA 18 - Inserimento di un ago di piccolo calibro per l’iniezione di d-tubocurarina nella camera anteriore di un falco (Buteo jamaicensis). Figura 19A Figura 19B FIGURA 19 - (A) Conseguenze di una lesione perforante dell’occhio sinistro in un assiolo adulto. (B) Vista ravvicinata dell’occhio danneggiato. Si notino la cicatrice corneale, la lacerazione dell’iride con una sinechia anteriore e le modificazioni catarattose. CAMERA ANTERIORE FIGURA 20 - Ifema in un barbagianni adulto. In questa specie, le lesioni oculari sono molto comuni. ANGOLO IRIDOCORNEALE re della superficie interna della sclera, il tratto più anteriore della superficie esterna del corpo ciliare e la base dell’iride. Le trabecole che costituiscono il legamento pettinato attraversano l’angolo nel punto in cui passano dalla cornea alla base dell’iride. Questa regione è ben sviluppata nei rapaci e raggiunge la massima estensione negli strigiformi (Fig. 21). Si osserva costantemente la presenza di fini vene trabecolari e le trabecole sono solitamente pigmentate. A carico dell’occhio dei rapaci, in seguito ad eventi traumatici, sono stati osservati il distacco del corpo ciliare o la sua dialisi associata a rottura del legamento pettinato. Angolo iridocorneale è il termine impiegato per indicare la regione anatomica che comprende la parte più posteriore della superficie interna della cornea, quella più anterio- CORPO CILIARE L’ifema è l’anomalia di più comune riscontro nel corso dell’esame dell’occhio degli uccelli da preda3 (Figura 20). Il sangue presente in genere si organizza entro un giorno o due in un coagulo che, a seconda delle sue dimensioni, si risolve nell’arco di giorni o settimane. In assenza di complicazioni di natura infettiva, il riassorbimento si verifica indipendentemente dal trattamento. Come negli altri vertebrati, anche negli uccelli il corpo ciliare è formato da vasi sanguigni, tessuto connettivo, elementi muscolari e due strati epiteliali di rivestimento sulla superficie interna. I muscoli ciliari degli uccelli sono di tipo striato, per cui il meccanismo dell’accomodazione risulta molto rapido.26 I processi ciliari si fondono con la capsula della lente nella regione dell’equatore (Fig. 22), riducendo al minimo il ruolo svolto dalle fibre della zonula nel sostegno del cristallino. Nel corso dell’esame oftalmoscopico, i processi ciliari possono essere visualizzati nella regione dell’equatore della lente (Fig. 21). La comparsa di emorragie in questa regione può essere associata a traumi oculari. Nei rapaci non è stato tentato l’intervento di rimozione della cataratta con tecnica intracapsulare a causa della stretta adesione esistente fra i processi ciliari e la capsula stessa. La rimozione intracapsulare è invece stata eseguita con successo in un pinguino.c La possibilità di applicare questa metodica nell’oftalmologia dei rapaci resta da stabilire. FIGURA 21 - Angolo iridocorneale di un assiolo. Si notino la profondità della camera anteriore, l’ampio sviluppo del legamento pettinato e la fusione dei processi ciliari con la capsula della lente (visualizzata oltre il piano della pupilla). c Bellhorn RW: Comunicazione personale, University of California, Davis, 1985. 81 ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 Oftalmologia dei rapaci FIGURA 22 - Aspetto microscopico della regione equatoriale della lente di un assiolo, che evidenzia la fusione dei processi ciliari con la capsula (ingrandimento originale x 100). COROIDE E PETTINE Nelle specie aviari, la coroide è ben sviluppata. Il tappeto coroideo non è stato descritto in tutte le specie di uccel- Figura 24A FIGURA 23 - Cascata coroidea dorsale in un assiolo. 82 li. Nei caprimulgiformi, che sono strettamente imparentati con gli strigiformi, è stato descritto un tappeto retinico epiteliale pigmentato.28 Nel corso dell’esame oftalmoscopico, la vascolarizzazione coroidea appare chiaramente visibile nella maggior parte degli strigiformi, che presentano una scarsa quantità di pigmento nell’epitelio retinico pigmentato. A livello del limite dorsale del fondo dell’occhio, negli strigiformi (ed in molti altri uccelli) è possibile visualizzare un punto da cui origina una “cascata vascolare” dorsale (Fig. 23). I vasi coroidei sono più evidenti negli animali giovani e vengono progressivamente oscurati a livello periferico con l’avanzare dell’età, a causa della maggior deposizione di pigmento. Sono invece più difficili da apprezzare nella maggior parte dei rapaci diurni, dove in molti casi sono totalmente coperti dal sovrastante epitelio retinico pigmentato. Le lesioni della coroide costituiscono un riscontro molto comune fra quelli rilevabili con l’esame oftalmoscopico dei rapaci e saranno descritte unitamente a quelle della retina. Il pettine è una struttura vascolare pieghettata, pigmentata, tipicamente localizzata a livello temporale e ventrale nell’occhio dei rapaci (Fig. 24). Questa formazione protrude nel vitreo partendo da una base situata sul disco ottico, che copre ampiamente. Il pettine venne descritto per la prima volta nel 1687 e gli sono state attribuite approssimativamente 30 diverse funzioni. Benché sia stato oggetto di molte ricerche, il suo reale significato resta ancora da stabilire. Attualmente, secondo le teorie più accreditate interverrebbe nel soddisfare le esigenze nutrizionali degli strati interni della retina non vascolarizzata,29 sarebbe coinvolto nella formazione dell’umore acqueo,30 contribuirebbe a regolare l’equilibrio acido-basico intraoculare31 o svolgerebbe tutte e tre queste funzioni. È stato dimostrato che il pettine degli uccelli è permeabile alla fluorescina sodica.30,32,33 Durante l’esame oftalmoscopico, il pettine serve da utile punto di riferimento. Alla sua base, può essere visibile una sottile linea bianca che ne circonda il perimetro e corrisponde alla periferia del disco ottico mielinizzato. Il pettine è più sviluppato nei rapaci diurni che negli strigiformi. Data la sua natura vascolare, il pettine può essere all’origine di profuse emorragie nel segmento posteriore Figura 24B FIGURA 24 - Aspetto oftalmoscopico del pettine in un assiolo (A) ed in un barbagianni (B). Questa struttura è molto più estesa negli uccelli da preda diurni. Si notino i vasi coroidei visibili attraverso la retina non vascolarizzata. (La Figura 24B è stata cortesemente concessa dal Dr. R. Bellhorn, University of California, Davis). FIGURA 25 - Estesa emorragia del pettine in un barbagianni urtato da un’automobile. FIGURA 26 - La fovea dell’occhio sinistro di un assiolo. Questa struttura si presenta come una piccola macchia scura situata in posizione dorsale e temporale rispetto al pettine. dell’occhio in caso di traumi intraoculari34 (Fig. 25). In un falco colpito da tubercolosi disseminata, a livello del pettine è stata descritta istologicamente una lesione tubercolare che non risultava evidente all’esame oftalmoscopico.35 In caso di distacco retinico, il pettine può essere impossibile da visualizzare. RETINA La retina degli uccelli da preda è simile a quella degli altri vertebrati, dal momento che è formata da una catena di tre elementi neuronali ed un epitelio retinico pigmentato situato esternamente. All’interno della retina, è possibile identificare istologicamente 10 strati distinti. Nella retina degli strigiformi si riscontra un’unica fovea (depressione) temporale, che viene utilizzata per la visione binoculare (Fig. 26). Questa struttura è situata tipicamente in posizione dorsale e temporale rispetto al pettine. Molti rapaci diurni hanno la particolare caratteristica (comune a colibrì, martin pescatore ed altri uccelli) di possedere due fovee in ciascun occhio (Fig. 27). In questi uccelli, è stato ipotizzato che la fovea temporale venga utilizzata per la visione binoculare e quella più mediale e centrale intervenga nella visione monoculare. Ciò costituisce la base anatomica per la realizzazione di un “tridente visivo” che permette ad un animale di inquadrare simultaneamente tre oggetti distinti in corrispondenza di zone retiniche caratterizzate da un’elevata acuità visiva. Curiosamente, la fisiologia ottica di questo sistema non è mai stata studiata. Dal punto di vista oftalmoscopico, le fovee di molti rapaci diurni sembrano essere circondate da anelli concentrici trasparenti dovuti al riflesso della membrana limitante interna. Nei rapaci diurni è stata segnalata un’acutezza visiva pari a 2-2,6 volte quella umana.36,37 Una possibile spiegazione della migliore acutezza riscontrata in questi uccelli è che la base della fovea centrale profonda possa agire come una lente negativa, proiettando un’immagine ingrandita sullo strato dei fotorecettori situato esternamente.38 Negli strigiformi, benché abbiano abitudini notturne, la retina è costituita sia da bastoncelli che da coni ed è stata verificata l’esistenza della visione dei colori.39,40 In passato, a questi FIGURA 27 - Fotografia del fondo dell’occhio sinistro di un nibbio adulto (Elanus leucurus). Si notino le due fovee presenti in posizione dorsomediale e dorsolaterale rispetto al pettine. uccelli è stata a lungo attribuita la capacità di percepire gli infrarossi,41 ma studi sperimentali dimostrano che essi non sono capaci di utilizzare le lunghezze d’onda di questa porzione dello spettro elettromagnetico.42,43 A livello del chiasma ottico si ha la decussazione del 100% delle fibre del nervo ottico. In precedenza, si riteneva che ciò precludesse la possibilità di un’autentica visione stereoscopica (percezione della profondità), ma recenti studi 44,45 hanno dimostrato l’esistenza di una parziale decussazione fra il talamo e la corteccia visiva. In effetti, servendosi di tecniche psicodinamiche, è stato possibile verificare l’esistenza della visione stereoscopica in un gheppio americano (Falco sparverius).46 L’aspetto del quadro oftalmoscopico nelle varie specie di uccelli si può trovare nel testo di Wood The Fundus Oculi of Birds Especially as Viewed by the Ophtalmoscope,1 che è anche il primo lavoro che sottolinea l’elevata frequenza di lesioni corioretiniche riscontrate negli uccelli da preda. Questa affermazione è stata confermata dai risultati di lavori più recenti.2-4 Probabilmente, la maggior parte di queste lesioni nei rapaci è costituita da cicatrici corioretiniche conseguenti a trauma;3,34 Come ulteriori possibili eziologie sono state suggerite2 la toxoplasmosi e le carenze nutrizionali (Fig. 28). In numerose specie sono stati osservati distacchi retinici localizzati o completi, associati o meno ad emorragie della coroide (Fig. 29). Come precedentemente ricordato, un ampio distacco retinico può impedire la visualizzazione del pettine durante l’esame oftalmoscopico. Negli uccelli da preda, come nei mammiferi domestici, la pigmentazione delle lesioni retiniche è indice di cronicità. In un falcone della prateria47 ed in un ibrido derivante dall’incrocio fra un falco pellegrino ed un gheppio58 è stato segnalato il riscontro di una displasia retinica. Noi abbiamo osservato numerosi strigiformi affetti da lesioni retiniche bilaterali piccole, puntiformi e ben circoscritte localizzate in corrispondenza della parte ventrale del fondo (Fig. 30). Queste alterazioni sono state osservate sia in associazione con altre lesioni oculari che da sole. L’esame istologico della retina di due assioli con lesioni di questo tipo ha rivelato solo una degenerazione focale dei fotorecettori (Fig. 31). Anche se nelle altre specie non 83 ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 Oftalmologia dei rapaci FIGURA 28 - Estesa cicatrizzazione corioretinica che circonda il pettine dell’occhio sinistro di un barbagianni adulto ad un anno di distanza da un grave trauma cranico. FIGURA 29 - Distacco retinico focale, in posizione nasale periferica, nell’occhio di un assiolo adulto (Bubo virginianus). FIGURA 30 - Lesioni retiniche puntiformi conseguenti a degenerazione focale dei fotorecettori in posizione ventrotemporale rispetto al pettine nell’occhio sinistro di un assiolo adulto. FIGURA 31 - Aspetto istologico della lesione visibile nel fondo dell’occhio della Figura 30. Si noti la scomparsa focale dello strato dei nuclei esterni e dei relativi fotorecettori. sono state effettuate indagini istologiche, l’analogia propria del quadro oftalmoscopico fa ritenere che i vari animali possano condividere anche il difetto morfologico. Al momento attuale, l’eziologia di queste lesioni è sconosciuta, ma l’aspetto istologico, la localizzazione e le dimensioni dell’alterazione suggeriscono la possibilità che questa degenerazione focale sia dovuta alla formazione dell’immagine del sole sulla retina quando gli uccelli guardano oggetti distanti. In seguito ai traumi cranici gravi, si riscontrano deficit della visione centrale. La corteccia visiva degli uccelli corrisponde a quella occipitale dei mammiferi ed è situata rostralmente nel telencefalo. È stato segnalato il caso di un falco che presentava cecità bilaterale dovuta all’associazione di lesioni della visione oculare e di quella centrale.34 84 LENTE Negli uccelli, la lente è solitamente più morbida che nei mammiferi.48 Questa caratteristica permette di spiegare l’estrema rapidità dell’accomodazione delle specie aviari. Lungo la zona equatoriale, la corticale è circondata dal cuscinetto anulare, composto da fibre esagonali orientate ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 FIGURA 32 - La tecnica di facoemulsionamento per l’asportazione della lente nei rapaci. (A) Introduzione di una punta da infusione attraverso un’incisione limbare e realizzazione di un’incisione corneale con un coltello di von Graefe, per consentire l’accesso del cistotomo e della sonda ultrasonica. (B) Capsulotomia anulare anteriore periferica eseguita con un ago da 27 G con la punta piegata o con un cistotomo. (C) Infusione continua di soluzione di Ringer lattato attraverso la punta da infusione, che mantiene costante la profondità della camera anteriore mentre la sonda ultrasonica frammenta e poi aspira il materiale della lente situato sotto lo strato di copertura formato dalla capsula anteriore. (D) Terminato il facoemulsionamento e l’aspirazione del materiale, la capsula anteriore viene agganciata con un cistotomo o con la punta piegata di un ago da 27 G ed asportata attraverso l’incisione corneale. (Riprodotto con autorizzazione da Kern TJ, Murphy CJ, Riis RC: Lens extraction by phacoemulsification in two raptors. JAVMA 185:1403, 1984.) in modo radiale. Questa struttura si trova direttamente sotto la capsula della lente, nella regione di inserzione dei processi ciliari. Le funzioni ad essa attribuite sono la partecipazione ai processi di accomodazione48,49 e l’apporto di sostanze nutritive al resto della lente.50 Negli uccelli da preda diurni, questo cuscinetto è molto più esteso che negli strigiformi. Le fibre corticali della lente, grazie alla loro forma esagonale, sono unite fra loro mediante interdigitazioni o giunzioni fra fibre adiacenti.8 La naturale morbidezza della lente degli uccelli rende il facoemulsionamento il metodo ideale per la rimozione della lente51 (Fig. 32). In letteratura, è stata segnalata l’estrazione extracapsulare di una cataratta in un condor andino.59 Le cataratte degli uccelli da preda possono essere suddivise in giovanili, senili o traumatiche a seconda del tipo. Negli uccelli in cattività, la maggior parte dei casi è stata segnalata nei rapaci diurni ed è di tipo senile.51,52 È stato segnalato un caso di cataratta matura bilaterale in un falco pellegrino maschio di 18 anni.51 L’uccello era cieco, ma con il riflesso pupillare diretto perfettamente integro. Venne effettuata la rimozione bilaterale mediante facoe- mulsionamento delle lenti opacizzate e l’uccello rispose agli stimoli visivi fin dal risveglio dall’anestesia. Negli uccelli che vivono in libertà, la maggior parte delle cataratte riscontrate è considerata di tipo traumatico; queste lesioni si osservano principalmente negli strigiformi2,3,53 (Fig. 33). Nell’allocco è stata segnalata la presenza di cataratte giovanili idiopatiche.2 Noi abbiamo osservato delle cataratte giovanili bilaterali in due barbagianni. In uno di essi, le cataratte progredirono fino ad impedire la visione e vennero rimosse mediante facoemulsionamento bilaterale.51 Nell’altro, insorsero come opacità sottocapsulari puntiformi, che progredirono fino ad interessare una piccola porzione della corticale posteriore, dopodiché rimasero stazionarie. La loro interferenza con la visione diminuì col progredire della crescita dell’uccello. I traumi cranici possono causare la lussazione della lente.3,53 Quest’ultima può presentare, in corrispondenza della regione equatoriale, un anello pigmentato formato dalle estremità avulse dei processi ciliari che, in condizioni normali, sono fuse con la capsula della lente. Il cristallino completamente lussato va rimosso chirurgicamente per 87 Oftalmologia dei rapaci FIGURA 33 - Cataratta traumatica equatoriale in un barbagianni adulto a distanza di 18 mesi dall’urto con un’automobile (si tratta dello stesso occhio della Figura 20). FIGURA 35 - Pettine e vitreo di un assiolo. In questo preparato, per effetto della fissazione si è avuta la contrazione del pettine. Si notino le salde inserzioni della membrana ialoidea al bordo apicale del pettine. FIGURA 34 - Sinechia anteriore periferica ed opacizzazione corneale associate a lussazione anteriore della lente nell’occhio destro di un giovane barbagianni. ridurre le probabilità di complicazioni secondarie. Noi abbiamo osservato uveiti, opacizzazioni corneali e sinechie anteriori periferiche associate alla lussazione anteriore della lente (Fig. 34). In un barbagianni è stata descritta una forma infiammatoria derivante dalla fuoriuscita delle proteine della lente (uveite facoanafilattica).54 Corpo vitreo Il corpo vitreo è la più grande struttura dell’occhio e riempie completamente la camera posteriore. Contiene fibrociti (ialociti) e collagene ed è composto almeno per il 98% di acqua. È fermamente adeso al bordo apicale del pettine (Fig. 35). A livello del vitreo si riscontrano comunemente delle emorragie, associate a perdite ematiche dal pettine e/o dalla coroide. Come nei mammiferi domestici, le emorra88 gie del vitreo persistono spesso per lunghi periodi. Inoltre, all’interno di questa struttura si riscontrano occasionalmente dei corpi estranei (Fig. 36). VALUTAZIONE PRIMA DI METTERE IN LIBERTÀ IL PAZIENTE Benché i dati attualmente disponibili siano insufficienti a prevedere in modo accurato l’impatto delle specifiche lesioni oculari sulle possibilità di sopravvivenza degli animali una volta rimessi in libertà, al momento di stabilire se l’uccello possa o meno essere liberato è certamente necessario tenere presente la valutazione della funzione visiva. In particolare, l’autore si basa sui seguenti parametri. Cronicità delle lesioni. Una lesione chiaramente già presente da mesi non ha la stessa importanza di una recente. Numerosi uccelli sono stati ricoverati con segni di precedenti affezioni oculari esitate in cicatrizzazioni. Questi animali sono evidentemente in grado di sostenere con successo la competizione nell’ambiente dei selvatici, pur avendo riportato una moderata alterazione della visione. Va rilevato che nella maggior parte degli uccelli con estesi danni oculari le lesioni sono unilaterali. Figura 36A Figura 36C FIGURA 36 - Pallino di piombo nell’occhio sinistro di un falco adulto. Inizialmente, questo corpo estraneo era libero di muoversi all’interno del vitreo liquefatto. Quattordici settimane dopo, appariva invece avvolto da una formazione fibrosa ed adiacente al pettine. (A e B) Radiografie che dimostrano la localizzazione intraoculare del pallino di piombo. (C) Aspetto oftalmoscopico dello stesso dopo la reazione fibrosa adiacente al pettine. È visibile la periferia del nervo ottico, che appare come una sottile linea bianca che circonda la base del pettine. Figura 36B Localizzazione delle lesioni. Le lesioni più gravi sono quelle situate lungo l’asse dei mezzi diottrici e quelle della fovea della retina. Quelle periferiche possono avere scarso effetto sulla visione. Estensione delle lesioni. Le piccole lesioni localizzate sono meno importanti di quelle estese o che interessano più strutture oculari. Simmetria delle lesioni. Le lesioni bilaterali devono essere considerate più gravi di quelle monolaterali, specialmente se interessano l’asse ottico e/o le fovee. Lesioni a carico di altri apparati. L’effetto di una lesione oculare può accentuare l’azione debilitante di eventuali alterazioni di altri apparati. Ad esempio, un uccello può sopravvivere con un lieve danno monolaterale ad un’ala, ma non riuscire più ad alimentarsi ed arrivare a morire d’inedia se a questa lesione si associa la perdita di un occhio. Età dell’uccello. In condizioni normali, i rapaci sono sottoposti a sollecitazioni molto intense e logoranti durante il loro primo anno di vita.55 Per questa ragione, l’autore considera più gravi le lesioni riscontrate nei soggetti giovani che quelle degli adulti, che hanno già affinato le loro abilità venatorie. Specie di appartenenza. In generale, le lesioni oculari sono considerate più gravi negli uccelli da preda diurni che negli strigiformi, poiché questi ultimi hanno un udito molto sviluppato, che sfruttano ampiamente durante la caccia. Il barbagianni (Tyto alba) è in grado di catturare i topi nell’oscurità assoluta basandosi solo sulle indicazioni acustiche.56 I rapaci con un occhio solo vanno rimessi in libertà? Si tratta di una domanda che viene posta comunemente da coloro che si occupano della riabilitazione dei selvatici. Per rispondere, bisogna tenere presenti diversi fattori. Sono stati osservati numerosi casi di uccelli che, pur essendo colpiti da forme di cecità monolaterale di vecchia data (come indicato dalla cronicità delle lesioni) apparivano ben nutriti al momento del ricovero. Anche coloro che si dedicano allo studio degli uccelli selvatici hanno rilevato presso le stazioni di osservazione dei rapaci con estese lesioni oculari monolaterali, ma in buono stato di nutrizione. Il fattore determinante per stabilire se liberare o meno un uccello è se questo sia capace o meno di catturare prede vive. Per questa ragione, l’autore consiglia vivamente l’impiego di ambienti chiusi dove poter effettuare le prove necessarie ad un’accurata determinazione. 89 ANIMALI ESOTICI Veterinaria, Anno 9, n. 3, Settembre 1995 Oftalmologia dei rapaci Ringraziamenti Un ringraziamento speciale va ai Dr.i Nedim Buyukmihci, Roy Bellhorn e Dennis Hacker della University of California, Davis, ed al Dr. Thomas Kern della Cornell University, nonché ad un anonimo revisore per la costruttiva revisione critica del manoscritto. Le tavole anatomiche sono state realizzate da Michael Simmons e William Hamilton del Department of Veterinary Anatomy del New York State College of Veterinary Medicine della Cornell University. 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