Carlo Calenda sul Sole 24 Ore del 20 dicembre 2015 Il risultato della riunione Ministeriale del WTO di Nairobi, che si è chiusa ieri, ha una portata economica e politica molto rilevante. Sul piano economico sono stati chiusi due accordi. Il primo riguarda l'estensione dell'Information Technology Agreement (ITA), un’intesa plurilaterale settoriale tra 53 paesi, alla quale potranno però aderire tutti gli altri paesi membri del WTO (164 dopo l'accessione di Afghanistan e Liberia avvenuta a Nairobi). Grazie alla clausola delle nazione più favorita, anche i Paesi non partecipanti a questo accordo potranno beneficiare della riduzione dei dazi. Saranno liberalizzati 201 prodotti, che rappresentano 1,3 trilioni di dollari all'anno di flussi commerciali, pari al 10% di tutto il commercio mondiale. La chiusura di questa negoziazione è frutto dell'accordo intercorso tra Obama e Xi Jinping al vertice APEC del 2014. Il secondo accordo è invece multilaterale e ha coinvolto tutta la membership del WTO. Il pacchetto contiene misure su agricoltura e sviluppo. Il risultato economicamente più rilevante riguarda l'eliminazione dei sussidi e crediti all'export di prodotti agricoli, con un regime progressivo che favorisce i Paesi Meno Avanzati (PMA). Altre misure, tra cui una più favorevole e semplificata normativa sulle regole di origine, qualifica l'accordo di Nairobi come molto orientato a favore dei PMA. Il pacchetto di Nairobi è il secondo pezzo del Round multilaterale che viene completato dopo l'accordo sulla Facilitazione agli Scambi chiuso a Bali nel 2013. Il valore politico del successo della conferenza di Nairobi, la prima in terra africana nel ventennale della nascita dell'organizzazione, è tuttavia molto più significativo perché il cosiddetto pilastro agricolo del round multilaterale è sempre stato il punto più complesso del negoziato e l'area di maggiore contrapposizione tra i paesi avanzati e paesi in via di sviluppo. Ma gli esiti di Nairobi hanno una portata ancora più ampia perché sanciscono definitivamente la nascita di una nuova governance del commercio internazionale, articolata su tre livelli negoziali e su un pilastro istituzionale, il WTO, il cui ruolo si va ridefinendo. Primo: i grandi accordi bilaterali e regionali come quelli chiusi dagli USA con 11 paesi del pacifico e quello in negoziazione tra USA ed Europa - TPP e TTIP - rappresentano l'avanguardia della globalizzazione, dove i maggiori progressi in termini di accesso al mercato e convergenza regolamentare verranno compiuti. Questo è anche il terreno dove si incontrano geopolitica ed economia, e dove per conseguenza possono nascere tensioni ma anche nuove alleanze politiche. Secondo: gli accordi plurilaterali settoriali come quello concluso a Nairobi sui beni tecnologici e quello ancora in corso sui beni ambientali (EGA), che vengono negoziati su base volontaria da una parte dei membri del WTO e che possono poi essere estesi a tutti i membri che ne facciano richiesta. Un format molto importante anche da un punto di vista politico perché consente di connettere i paesi che non sono collegati direttamente da accordi bilaterali, come, appunto, USA e Cina. Terzo: i round multilaterali. Dopo 12 anni di fallimenti (da Doha a Bali) la velleità di chiudere in un solo mega negoziato, insieme, tutti i temi del commercio, è definitivamente tramontata a Nairobi. E se è pur vero che nella dichiarazione finale della conferenza è stato inserito un paragrafo che fa stato dei differenti punti di vista all'interno dell'organizzazione sulla validità della Doha Development Agenda è altrettanto evidente che il ruolo negoziale del WTO nel formato multilaterale sarà quello di chiudere accordi più orientati alle regole che all'accesso al mercato. In particolare, i round multilaterali avranno sempre più la funzione di tenere agganciati alla globalizzazione i i paesi meno avanzati concedendogli vantaggi, facilitazioni e supporto tecnico. Mentre si riduce l'ambizione negoziale del WTO, si rafforza il suo ruolo di garante delle regole del commercio internazionale. Oggi l'organizzazione rappresenta il più efficiente foro internazionale di risoluzione delle controversie commerciali, con poteri cogenti che non trovano paragone in alcun altro consesso. Da questo punto di vista anche il primo dei tre pilastri negoziali - bilaterale e regionale - si regge sull'architrave rappresentato dal complesso delle regole WTO. In un contesto internazionale sempre più instabile economicamente e politicamente, il risultato di Nairobi, così come quello della conferenza COP21 di Parigi, rappresenta un importante segnale in controtendenza. Riuscire a mettere d'accordo 164 paesi diversissimi, che spesso si confrontano in maniera conflittuale l'uno con l'altro in ogni altro ambito delle relazioni internazionali, è la miglior testimonianza del valore della globalizzazione, che pur tra mille contraddizioni rimane un epocale processo di crescita e di sviluppo che dobbiamo imparare a comprendere meglio.