Il Manifesto, martedì 5 settembre 2006 POLITICA & SOCIETÀ pagina 06 apertura Padoa Schioppa? Meglio Nairobi Il forum di Sbilanciamoci dalla controfinanziaria alle grandi questioni globali. Nell'ultimo giorno gli interventi di Saskia Sassen e Vandana Shiva contro multinazionali, debito estero e guerre: riappropriamoci della politica. Appuntamento al social forum mondiale in Africa di Duccio Zola Bari Appuntamento a Nairobi. La quattro giorni di Sbilanciamoci! si è chiusa domenica a Bari dando voce ai quattro angoli del pianeta e lanciando il Forum sociale mondiale che si terrà in Kenya dal 20 al 25 gennaio 2007. L'impegno per politiche nuove in Italia si è confrontato con i percorsi dei movimenti globali e la durezza dei problemi del Sud del mondo. Si inizia dal Mediterraneo: Franco Cassano, sociologo dell'Università di Bari, ne parla come «luogo di transito e di frontiera in cui occidente e oriente si incontrano, in cui si legano terra e mare, appartenenza e libertà», come luogo d'incontro tra culture «su un piede di assoluta parità e reciprocità». Saskia Sassen, sociologa americana dell'Università di Chicago, parla del Nord, degli Stati Uniti e dell'Europa, e denuncia la perdita di diritti che accompagna la crisi delle democrazie liberali. «Si indeboliscono i poteri dei Parlamenti a favore di esecutivi sempre più centralizzati e privatizzati, sempre più lontani da cittadini ridotti a consumatori e clienti». Dalla politica locale, dall'impegno della società civile, deve partire «la riconquista del politico», mettendo in relazione iniziative locali e mobilitazioni di reti transnazionali, che possono limitare lo strapotere delle grandi imprese. E' questa la strada indicata anche da Njoki Njehu, organizzatrice del prossimo Forum sociale di Nairobi: «Fondo monetario e Banca mondiale da anni propongono per l'Africa una ricetta di apertura indiscriminata dei mercati, guidata dalle multinazionali e appoggiata da governi corrotti, producendo conflitti, miseria e malattie. Per questo guerre, debito e Aids saranno i temi principali del Forum». Un evento che darà voce e protagonismo soprattutto ai gruppi di base africani, i meno «influenti» anche nei movimenti globali. «Arriveranno a Nairobi da tutta l'Africa con carovane che, lentamente, attraverseranno il continente, sensibilizzando i villaggi e le comunità. Dovremo scambiarci esperienze e pratiche, come si esce dalle guerre civili, come si difendono le economie locali». La riappropriazione della politica è al centro anche dell'intervento di Oded Grajew, imprenditore brasiliano, amico di Lula e per un anno consigliere nel suo governo, a capo di Ethos, una rete di 1200 imprese socialmente ed ecologicamente responsabili che contano per un quarto del Pil del Brasile. «Le disuguaglianze tra Nord e Sud sono cresciute troppo, la natura viene devastata, il collasso sociale ed ambientale sarà inevitabile se non si cambia strada. Le politiche dei governi non sono in grado di rispondere a queste emergenze». Perché? E' semplice, «i politici sono sul libro paga delle grandi imprese, l'economia domina lo stato». Semplice anche la conclusione (e in Italia ne sappiamo qualcosa): «Bisogna liberare la politica dagli affari». Vandana Shiva, scienziata e attivista indiana, coordinatrice di Navdanya, mette a fuoco la radice del problema: «Siamo in un'economia delle persone usa e getta», lo vediamo negli atteggiamenti che hanno provocato tra Cina e India l'aborto di 30 milioni di feti femminili, tragedia legata alla «perdita del ruolo economico che la donna aveva nelle comunità tradizionali». Lo vediamo nel suicidio di 100 mila piccoli contadini indiani negli ultimi anni, «strangolati dalla concorrenza dell'agricoltura industriale e dai debiti con i nuovi, grandi latifondisti, che molto spesso sono le imprese multinazionali». La concentrazione del potere economico nelle mani di poche multinazionali crea, avverte la Shiva, «le condizioni per lotte comuni dei movimenti: i padroni dei semi sono gli stessi in Asia e in America latina». Ma «il modello usa e getta viene sempre più imposto con la violenza, espropri di terre, cambi di leggi, cancellazioni di diritti. Si impedisce l'autodeterminazione, si toglie la libertà economica alle persone. Il risultato immediato è lo sradicamento e un'urbanizzazione forzata, una totale insicurezza, che apre la strada a risposte violente, a conflitti etnici e sociali. Di fronte al governo della violenza, resistere è un diritto e un dovere». L'avvertimento è che in India c'è un serio rischio di guerra civile: i segni possono già vedersi «nel diffondersi della guerriglia maoista dei naxaliti in larghe zone del paese, dove il governo non riesce più a entrare». Le guerre guerreggiate sono soprattutto in Medioriente, e Luisa Morgantini, europarlamentare di Rifondazione comunista e presidente della commissione sviluppo a Bruxelles, racconta delle drammatiche condizioni di vita sotto le bombe a Gaza e in Libano. E ricorda l'impegno di chi per il dialogo e la pace si batte e, a volte, purtroppo muore, come Angelo Frammartino, il giovane volontario ucciso a Gerusalemme a cui è dedicata la sessione conclusiva del Forum di Bari. La strada, ancora una volta, è quella di garantire due stati per due popoli, con un lavoro comune tra palestinesi e israeliani, per la riconciliazione in Medioriente e un futuro di pace. Come risponde la politica italiana? Patrizia Sentinelli, viceministro agli Affari Esteri con delega alla cooperazione, ricorda la svolta positiva in politica estera aperta dall'iniziativa dell'Onu sul Libano e suggerisce di reinventare la cooperazione italiana sulla base del coinvolgimento di ong e società civile. Lamenta i fondi che il governo lesina, nonostante l'impegno del programma dell'Unione per destinare lo 0,7% del Pil alla cooperazione allo sviluppo, e promette apertura alle proposte dei movimenti.