[Numero 16 - Articolo 2. Luglio 2007] Ruolo dei cannabinoidi nella gestione della nausea e vomito da chemioterapici e del dolore oncologico Titolo originale: "Cannabinoids in the Management of Intractable Chemotherapy-Induced Nausea and Vomiting and Cancer-Related Pain" Autori: I. R. Sutton, P. Daeninck Rivista e Riferimenti di pubblicazione: J Support Oncol Volume 4, Number 10 – November/December 2006; 4:531-535: Recensione a cura di: Renato Seller, Area Dolore SIMG Indirizzo dell'articolo: http://linkinghub.elsevier.com/retrieve/pii/S0885392406004416 Keyword: Cannabinoidi, Effetti collaterali da Polichemioterapia, Dolore difficile Introduzione Circa 11 milioni di persone nel mondo – Stati Uniti compresi - hanno una diagnosi di tumore ogni anno. Molti di questi pazienti soffriranno per i sintomi della malattia e/o per gli effetti collaterali della terapia che spesso peggiora la qualità di vita e ne compromette la prosecuzione della cura. I sintomi e gli effetti collaterali più importanti, come è noto, sono la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia ( CINV ) e il dolore neoplastico. La nausea e il vomito sono indotti in più del 90% di pazienti sottoposti a chemioterapici emetogeni come il cisplatino e il 65% - 85% dei pazienti in fase avanzata di malattia soffre di dolore neoplastico severomoderato. I clinici hanno due importanti sfide da affrontare. 1 - nonostante siano disponibili diverse classi di farmaci per la prevenzione e il trattamento, una considerevole parte di pazienti non riceve nessuna terapia o nonostante sperimenti tutte le terapie disponibili, continua a soffrire per il dolore o per gli effetti collaterali. 2 - molti pazienti neoplastici ricevono differenti farmaci; l’uso di un solo farmaco per controllare i diversi sintomi e i molteplici effetti collaterali, semplificherebbe la terapia e ridurrebbe la possibilità di insorgenza di effetti collaterali e d’interazione tra farmaci. La recente approvazione da parte della FDA americana di un secondo cannabinoide, il nabilone, mette in risalto il ruolo di questi farmaci nel trattamento della nausea e vomito refrattari, e fornisce i dati preliminari per un potenziale ruolo dei cannabinoidi nel trattamento di altri sintomi come il dolore. L’introduzione da più di 20 anni dei cannabinoidi nell’armamentario clinico, ha fatto emergere diverse informazioni sul loro meccanismo d’azione, sulla farmacocinetica e farmacodinamica, sulla loro sicurezza e tollerabilità così come sull’efficacia. Meccanismo d'azione dei cannabinoidi Le ricerche sulla fisiopatologia della CINV e del dolore, in particolare del dolore neuropatico, hanno focalizzato l’attenzione sui siti recettoriali specifici. Nel 1988, quando Devane e colleghi individuarono i cannabinoidi radiomarcati legati alle membrane cellulari, i recettori cellulari per i cannabinoidi iniziarono ad essere conosciuti. Due anni dopo, fu individuato il primo recettore per i cannabinoidi ( CB1 ). Ad oggi sono stati identificati e caratterizzati due recettori per i cannabinoidi nell’uomo (CB1 e CB2 ). Ciascun recettore ha un’unica distribuzione anatomica. Il CB1 è presente nel sistema nervoso centrale ed ha un’azione neuromodulatrice, mentre il CB2 è stato individuato nelle cellule del sistema immunitario, in particolare nelle mastcellule e nella milza. Il controllo della nausea e del vomito è mediato da diversi neurotrasmettitori, inclusi la serotonina, la dopamina, la sostanza P, l’istamina, l’endorfine, l’acetilcolina, l’acido aminobutirrico e i cannabinoidi. Il termine “omnineuromodulation” è stato utilizzato per descrivere il meccanismo d’azione dei cannabinoidi nella CINV, giacché si è pensato che essi agiscano tramite una inibizione diretta, o una modulazione, neurotrasmettitoriale di tipo agonistico sui recettori CB1. Per controllare il vomito, e forse la nausea, può essere necessario bloccare più di una via. I cannabinoidi non solo interagiscono con i recettori CB ma anche con il sistema dopaminergico, serotoninergico, monoaminergico, noradrenergico e oppioide, tutti coinvolti sia nel vomito che nel dolore. Cannabinoidi nella gestione di nausea e vomito indotti dalla chemioterapia Sia il Nabilone che il Dronabinolo sono indicati per il trattamento della nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia in pazienti in cui la terapia antiemetica convezionale non ha fornito un’adeguata risposta. Una review sistematica di 30 trials clinici in cui è stata valutata l’efficacia , la sicurezza, la tollerabilità dei cannabinoidi ( nabilone per os, 16 studi; dronabinol per os, 13 studi; levonantradol intramuscolo, 1 studio ) comparata con placebo o controllo attivo ( proclorperazina, metoclopramide, cloropromazina, aloperidolo, domperidone e alizapride ) ha dimostrato l’utilità di questi farmaci nei pazienti con CINV. I dati hanno mostrato che i cannabinoidi sono superiori sia al placebo che agli altri farmaci di controllo, nell’ottenere un completo controllo della sintomatologia acuta, definita come assenza di nausea e di vomito nelle prime 24 ore dopo chemioterapia. Sebbene gli effetti collaterali fossero significativamente più frequenti nei soggetti trattati con i cannabinoidi, tuttavia i pazienti preferivano maggiormente questi farmaci rispetto al placebo e agli altri farmaci antiemetici. Tra il 38% e il 90% dei pazienti hanno preferito i cannabinoidi, contro il 4%-22% del placebo e il 3%-46% degli altri antiemetici. Inoltre alcuni degli effetti collaterali, come la sedazione, sarebbero stati di beneficio per i pazienti. I due cannabinoidi disponibili per la CINV refrattaria in USA pur condividendo lo stesso uso, differiscono notevolmente per la durata d’azione: mentre la durata d’azione del nabilone ne permette l’uso due volte al giorno, il dronabinol può essere necessario somministrarlo anche più di sei volte al giorno. Il nabilone inoltre ha sostanzialmente pochi metaboliti, il che si traduce in un minor rischio di effetti collaterali. I cannabinoidi sono noti per la loro sicurezza ( tab. 1 ). Non è stato sinora documentato nessun caso di morte da overdose di cannabinoidi assunti isolatamente. I pazienti lamentano principalmente sonnolenza, vertigini, bocca secca, euforia, atassia, cefalea e difficoltà di concentrazione. La possibilità di dipendenza fisica è conosciuta. Però i pazienti che hanno assunto nabilone per più di 5 giorni nei trial clinici, non hanno mostrato nessun sintomo di astinenza alla sospensione del farmaco. Caso Clinico: Nausea e Vomito intrattabili Una donna di 63 anni a cui era stato diagnosticato un tumore al polmone allo stadio III B, veniva sottoposta ad un ciclo di chemioterapia con Cisplatino e Gemcitabina, previo trattamento antiemetico con Granisetron e Desametazone ( l’Aprepitant non era ancora disponibile in Canada ) che era efficace nel prevenire la nausea e il vomito della prima dose di chemioterapia. Dopo tre giorni dalla chemioterapia, tuttavia, la paziente sviluppò nausea e vomito incoercibili. Un’ulteriore terapia con desametazone orale, metoclopramide e proclorperazina non ottenne alcun effetto nell’alleviare la sintomatologia. Fu quindi ricoverata in clinica per i segni di disidratazione e venne trattata con soluzione salina e desametazone e.v.; una radiografia diretta dell’addome evidenziò una costipazione che venne trattata con successo con terapia aggressiva. Benché avesse presentato, a 8 giorni di distanza dalla chemioterapia, solo un minimo senso di nausea, tuttavia la paziente aveva timore ad iniziare un nuovo ciclo di chemioterapia. La figlia chiese che venisse cambiata la premedicazione antiemetica prima del nuovo ciclo ed espresse la sua preoccupazione per la ridotta alimentazione e per la perdita di peso della madre. Con l’accordo dei familiari e della paziente, tre giorni prima della chemioterapia fu iniziata la terapia con nabilone da 1 mg, una dose la sera, seguita da 1 mg la mattina della chemioterapia. Alla paziente fu somministrata inoltre la consueta terapia con granisetron e desametazone senza accusare vomito ma solo una modesta nausea. Il dosaggio del nabilone fu titolato a 1 mg due volte al giorno con un buon controllo della nausea e un miglioramento dell’anoressia della paziente. La paziente concluse i 6 cicli di chemioterapia con pochi problemi di nausea e di vomito. Cannabinoidi e gestione del dolore Recenti lavori clinici hanno dimostrato che i cannabinoidi sembrano avere un effetto antalgico su diversi tipi di dolore, compreso il dolore post-operatorio, il dolore neoplastico e il dolore neuropatico. Nel 2003, Zajicek e collaboratori hanno riportato un miglioramento del dolore e dei disturbi spastici soggetivi in 630 pazienti affetti da sclerosi multipla. Successivamente questo gruppo ha riportato i risultati di uno studio a lungo termine, in terapia open-label, in questi pazienti e hanno potuto mostrare un miglioramento della spasticità mediante misurazioni obiettive e un miglioramento duraturo del dolore nei pazienti in trattamento continuato con tetraidrocannabinoidi ( THC ). Altri autori hanno descritto i benefici dei cannabinoidi in varie forme di dolore cronico compreso il dolore neuropatico cronico, il dolore viscerale e quello derivante da lesioni del midollo spinale. Di per sé i cannabinoidi presentano un effetto antalgico modesto quando usati da soli, mentre il loro potere analgesico sembra manifestarsi soprattutto in associazione con gli oppioidi. I cannabinoidi, infatti, agiscono su molti recettori per gli oppioidi, come i recettori µ, κ, λ, e questo spiega la loro spiccata sinergia con queste sostanze. L’utilizzo di dosi ridotte di ciascun farmaco, permette di aumentare l’analgesia con una riduzione dei potenziali effetti secondari di ciascun farmaco. Caso Clinico: Dolore intrattabile Una donna di 56 anni con una pesante storia familiare di cancro al seno, veniva elettivamente sottoposta a mastectomia profilattica bilaterale. Dopo l’ìntervento veniva dimessa dall’ospedale senza complicazioni chirurgiche. Successivamente all’intervento, iniziò a lamentare un fastidioso e lancinante dolore lungo la ferita chirurgica, di intensità 8 su una scala numerica di 10 punti. L’intensità del dolore le creava difficoltà nello svolgimento delle attività giornaliere e ne comprometteva il ritorno al lavoro dopo l’intervento. La paziente lamentava inoltre disturbi del sonno, riuscendo a dormire al massimo 4-5 ore per notte. La valutazione clinica iniziale evidenziava una marcata allodinia e iperalgesia lungo l’incisione chirurgica, bilateralmente. Veniva pertanto diagnosticato un dolore neuropatico e le veniva prescritto una dose serale di 10 mg di amitriptilina per migliorare il sonno e ridurre il dolore. Nonostante l’aumento del dosaggio dell’amitriptilina, sino a 150 mg in monosomministrazione serale, la paziente non riferiva alcun miglioramento e pertanto venivano aggiunti alla terapia gabapentin ( 1.200 mg tre volte al dì) e carbamazepina (400 mg tre volte al dì). La paziente riferiva una modesta variazione della sintomatologia. Veniva, quindi, aggiunto un analgesico oppioide: la dose iniziale di morfina a rilascio controllato – 15 mg due volte al giorno – veniva aumentata gradualmente sino a 100 mg tre volte al dì, con una modesta variazione della sintomatologia. La dose di oppioide non fu ulteriormente incrementata a causa degli effetti collaterali della morfina, in particolare per l’obnubilamento del sensorio. Il curante provò allora con la rotazione degli oppiodi, quali idromorfone, ossicodone, fentanyl, senza alleviare i sintomi della paziente. Si aggiunse infine alla terapia in atto il nabilone al dosaggio iniziale di 1 mg la sera che lentamente fu incrementato sino a 2 mg due volte al giorno. Il dolore della paziente migliorò in modo drammatico, sicché fu possibile eliminare tutti gli altri farmaci, ad eccezione di una piccola dose di amitriptilina (20 mg la sera) per il sonno. L’intensità del dolore valutata con la scala numerica a 10 punti era scesa a 2 o 3. Attualmente la paziente continua a prendere 2 mg di nabilone due volte al giorno con un buon controllo del dolore. La paziente non ha lamentato problemi di sonnolenza diurna, vertigini o obnubilamento del sensorio. Con l’introduzione del nabilone in terapia, la paziente si è sentita abbastanza bene da riprendere il proprio lavoro a tempo pieno. La signora non è stata costretta a lasciare il lavoro o le proprie occupazione per una ripresa del dolore neuropatico. Approccio clinico ai cannabinoidi: Nausea e Vomito Gli autori dell’articolo usano i cannabinoidi nella loro clinica ( Cancer Pain and Sympton Clinic di Winnipeg, Manitoba, Canada ) nei casi in cui i pazienti con nausea e vomito da chemioterapici non rispondono alla terapia antiemetica standard, basata sulle linee-guida della terapia antiemetica: un’associazione di un antagonista della 5idrossitriptamina (5-HT3) con desametazone (l’aprepitant non è disponibile, attualmente, in Canada), a cui si associa la metoclopramide o la proclorperazina nei casi resistenti. La prescrizione è preceduta da un’attenta valutazione della sintomatologia incluso l’esordio della nausea e/o del vomito, le caratteristiche aggravanti, la durata della nausea e l’efficacia dei farmaci prescritti. Viene inoltre indagato l’uso di farmaci di autoprescrizione o alternativi, compreso l’uso di marijuana. Pazienti con ipotensione posturale costituzionale o vertigini non sono idonei all’utilizzo dei cannabinoidi, perché possono veder peggiorare i propri disturbi ed avere ulteriori complicanze. La dose iniziale è generalmente quella più bassa possibile e la titolazione sino al raggiungimento dei benefici richiede un periodo di diversi giorni. Si raccomanda di iniziare la somministrazione di nabilone o dronabinol la notte prima della chemioterapia, con la ripetizione della stessa dose da 60 a 90 minuti prima della dell’infusione. Questi farmaci sono poi somministrati due volte al giorno, il nabilone, o tre volte al giorno, il dronabinol, per i successivi 2-3 giorni per prevenire la nausea e il vomito ad insorgenza tardiva. Il più frequente effetto collaterale riportato è la sonnolenza., mentre pochi pazienti presentano euforia o disturbi disforici. Gli autori riferiscono di non aver avuto pazienti con disturbi psicotici indotti dai cannabinoidi, e ne attribuiscono il motivo all’accurata selezione cui sottopongono i pazienti da trattare. Un altro gruppo di pazienti che, a parere degli autori, beneficiano della terapia con cannabinoidi sono quelli che presentano nausea e vomito cronici da altre malattie o farmaci. Molti di questi pazienti sono in fase di avanzata malattia neoplastica e richiedono un buon controllo dei sintomi per migliorare la qualità di vita. In questo caso i cannabinoidi possono essere efficaci per i diversi sintomi come il controllo della nausea, la stimolazione dell’appetito e gli effetti adiuvanti sul dolore. Anche in questi pazienti gli autori tendono ad usare il nabilone per la sua più lunga durata di azione e per la minor incidenza di interazioni con altri farmaci. Si parte con la dose più bassa possibile al momento di andare a letto e si titola la dose ogni 3-5 giorni alternando l’aumento della dose serale con quella del mattino sino a che non compaiono i benefici o sino al dosaggio massimo di 2 mg due volte al giorno. Molti pazienti beneficiano di un dosaggio di 1 mg due volte al giorno, mentre alcuni pazienti con una storia di utilizzo di marijuana richiedono dosaggi più alti, ma senza superare mai i 4 mg due volte al giorno. Approccio clinico ai cannabinoidi: Dolore Come analgesici i cannabinoidi vengono usati soprattutto in associazione con gli oppioidi per il trattamento dei pazienti sofferenti di dolore neuropatico, sia di origine centrale ( trauma al midollo spinale, dolore neuropatico post ictus ) che periferico ( plessi radicolari infiltrati da tumori, neuropatie da radiazioni o da chemioterapici; neuropatie diabetiche; pazienti con sclerosi multipla, sindromi regionali complesse o infezioni da HIV ). Tipicamente questi pazienti hanno sperimentato un gran numero di altri farmaci, quali triciclici, antiepilettici, adiuvanti delle terapie analgesiche come clonidina, ketamina, e analgesici oppioidi senza risultati apprezzabili. Le controindicazioni assolute all’utilizzo di cannabinoidi sono rappresentate dalla gravidanza, ipertensione non controllata, malattie ischemiche cardiache, un’anamnesi positiva per aritmia o schizofrenia. Controindicazioni relative sono considerate un’anamnesi positiva per disturbi di panico e ansia. Al paziente devono essere chiaramente illustrati sia i potenziali benefici che gli eventuali effetti collaterali di questi farmaci prima dell’inizio della terapia, come sintetizzato nella tab. 2 Non è stata notata nessuna differenza tra i diversi oppioidi usati di volta in volta in associazione con i cannabinoidi, sebbene gli autori preferiscano usare il fentanyl in quanto maggiormente specifico per i recettori µ. Nell’esperienza degli autori l’associazione dei cannabinoidi con gli oppioidi determina un marcato aumento dell’analgesia rispetto all’utilizzo degli oppioidi da soli, soprattutto nel dolore neuropatico severo. La terapia in associazione porta ad una riduzione della nausea e vomito indotta dagli oppioidi e ad un aumento dell’appetito soprattutto nei pazienti neoplastici in cure palliative. Rilevanza per la Medicina Generale Il recente decreto del ministro della salute, pubblicato nella G. U. n° 98 del 28 aprile 2007, inserisce alcuni cannabinoidi, tra cui il Nabilone e il Dronabinol nella tabella II, dell’ art. 14 del D.P.R. n° 309 del 1990, noto anche come testo unico delle leggi per la disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, e pone i presupposti per l’introduzione e l’utilizzo anche nel nostro paese, di questi farmaci. Il razionale del loro uso, così come riportato nello stesso decreto, ne prevede l’impiego come adiuvanti nella terapia del dolore e per il trattamento di alcune patologie neurodegenerative quali la sclerosi multipla. La FDA americana ha peraltro di recente approvato l’utilizzo del Nabilone, in aggiunta al Dronabinol già in uso, per il trattamento della nausea e vomito indotto dai chemioterapici emetogeni. Si rende pertanto necessario per noi MMG iniziare a “conoscere” questi farmaci, valutarne le potenzialità e le effettive necessità di impiego nella gestione dei pazienti oncologici e di quelli affetti patologie neurodegenerative quali la sclerosi multipla. Commento del revisore Gli autori, dopo una succinta analisi di una review di 30 studi pubblicati sull’efficacia dei cannabinoidi come antiemetici nella cura della nausea e vomito da chemioterapici, descrivono la loro esperienza clinica con questi farmaci nella loro attività professionale presso la Cancer Pain and Sympton Clinic di Winnipeg, Manitoba, Canada, riportando in dettaglio dosaggi, modalità di somministrazione e incidenza di effetti collaterali. A testimonianza dell’efficacia di questi farmaci, vengono inoltre riportati due casi clinici esemplari per gli effetti eclatanti ottenuti. Da quanto riportato, questi farmaci avrebbero una reale efficacia terapeutica nella gestione della nausea e vomito refrattari alle solite terapie standard, e nel controllo del dolore neuropatico, associati perlopiù agli oppioidi. Vengono inoltre citati degli studi sull’efficacia di questi farmaci nel controllo dei disturbi spastici dei pazienti con sclerosi multipla, senza peraltro una valutazione dettagliata degli stessi. Ovviamente sarà necessario acquisire ulteriori esperienze e valutare ulteriori studi per comprendere l’effettiva portata dell’introduzione dei cannabinoidi nella pratica clinica del nostro paese, senza peraltro sottovalutare l’importanza di avere comunque degli ulteriori farmaci, potenzialmente efficaci, per i pazienti refrattari e per i casi di difficile controllo con le terapie standard. © 2007 Progettoasco.it