#stoptratta
Conferenza stampa
#stoptrattaè l'hashtag che renderà presente e condiviso sui social la
campagna “ Si trattadi essere/i
umani”
che
vede
VIS
(Volontariato Internazionale per
lo Sviluppo) eMissioni Don
Bosco
fianco
a
fianco
nell'impegno contro il traffico di
esseriumani.
Nell'aprire
la
conferenza stampa di Roma del
13 ottobre 2015 (unaseconda si
è svolta a Torino il giorno
successivo),
Nico
Lotta,
presidente VIS,spiega che uno
dei primi obiettivi è quello di far
conoscere la verità aigiovani
che
hanno
un
progetto
migratorio per arginare le false
illusionialimentate dai trafficanti:
contrastare il traffico di esseri
umani
attraversola
sensibilizzazione dei potenziali
migranti sui rischi del viaggio
versol’ Europa, dalla detenzione alla morte, fornendo informazioni utili attraverso isocial
network e contenuti nelle lingue locali per favorire una sceltaconsapevole.
Il primo step è stato quello diintervistare i ragazzi di alcuni Paesi dell’ Africa
SubSahariana (Ghana,Senegal, Nigeria, Costa d’ Avorio ed Etiopia) dove già da tempo operano
isalesiani per approfondire quali siano le cause che spingono i giovani inparticolare ad
intraprendere tali viaggi e soprattutto quali siano le loroattese nei confronti del mondo
occidentale, spesso visto come un utopicoEldorado.
La campagna prevede inoltre progetti disviluppo orientati a gruppi a rischio traffico o
migrazione irregolare econcepiti sulla base delle esigenze emerse nei singoli paesi: in Senegal
sipunterà al rafforzamento della formazione professionale e dell’ inserimentooccupazionale a
Dakar e a Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate le attivitàformative in campo agricolo e
per le donne. In Costa d’ Avorio si prevede ilrafforzamento del centro socio-educativo Villaggio
Don Bosco a Koumassi, nellaperiferia popolare di Abidjan, e in Etiopia i primi interventi
siconcentreranno su borse di studio e programmi di supporto scolastico enutrizionale per
giovani a rischio.
Il dott. Gian Antonio Stella, giornalista delCorsera e storico, racconta ai suoi colleghi giornalisti e ai
presenti diquando i migranti eravamo noi, gli italiani del dopoguerra o dell’ unitàd’ Italia. È impressionante il flusso
delle migrazioni che partivanodall’ Italia. Centinaia e centinaia di operai italiani che passavanoquotidianamente e
clandestinamente il confine a Col di Tenda. Un esodo illegaleche durò dal 1945 al 1960. Interessante rileggere i
rapporti fra il Ministerodegli Esteri francese e quello italiano: nel 1946, a guerra finita 30 milaclandestini varcarono
il confine solo a Bur Saint Maurice. Circa 600mila italianiall’ anno nel decennio del dopoguerra lasciavano l’ Italia.
Intorno al 1870, nei soli Stati Orientali degliUSA, le autorità statunitensi calcolarono la presenza di 80mila
bambini italiani venduti. De Amicisracconta di queste tratte... Luigi Einaudi cercò di riscattare i bambiniitaliani che
lavoravano nelle vetrerie francesi. E come non ricordare agliinizi del 1900 le italiane vendute per i bordelli de Il
Cairo, documentate dai rapporticonsolari. E che dire dei nostri scafisti? Fra le tante storie, la vicendadella “ Carlo
R.”, nave mercantile che trasportava carbone. Parte vuota daGenova, a Napoli carica i migranti per il Sud America.
Durante il viaggio nellacarboniera sono decimati alle epidemie. Giunti al largo delle coste argentinesono rispediti
indietro dalle autorità sudamericane, i superstiti sono fattisbarcare per la quarantena all’ Asinara, dove c’ era
bisogno della dinamite perscavare le fosse comuni.
È di 3,9 miliardi di euro all’ anno la ricchezzache viene all’ Italia dalla presenza e dal lavoro degli immigrati,
affermacitando i dati dell’ ISTAT... Il dott. Stella conclude il suo interventoleggendo, in dialetto veneto, una lettera
degli Zaupa, una famiglia di migrantitrevigiani, papà, mamma e nove figli, che racconta ai parenti rimasti in Italiadel
loro arrivo in Brasile: cinque figli morti lungo il viaggio, gli altriquattro nei mesi successivi al loro arrivo nel Paese
latinoamericano. Forse, sichiede il giornalista, un po’ di aggressività in più su questi temi nonguasterebbe.
Jean Paul Muller, economo generale, ricorda allastampa che i Salesiani sono presenti nelle zone di
partenza dei flussimigratori, sono presenti nelle zone di transito, sono presenti nelle zone diaccoglienza. Non
eravamo abituati a migrazioni giovanili di queste dimensioni.Noi salesiani, afferma, abbiamo le strutture e le
stiamo mettendo adisposizione, perché è ormai chiaro che mandare soldi in missione e basta nonserve. La storia
ce lo insegna da un pezzo, ma noi ancora non l’ abbiamo capito.Basti riflettere sul monumento ai migranti irlandesi
presente a Boston, chericorda come per arginare il flusso di migranti, i giovani stati della costaorientale inviarono
denaro all’ Irlanda in modo da frenare le migrazioni, cheinvece aumentarono alla vista di quanta ricchezza era
presente nelle colonieamericane.
In tutta Europa le case salesiane sono piene digiovani immigrati, con i quali ci sforziamo di lavorare per
l’ integrazione, maabbiamo difficoltà a trovare educatori formati per il lavoro tra questi ragazzi.
Il 21 giugno, a Valdocco, Papa Francesco dettodi apprezzare i salesiani, perché sono persone concrete, ha
ricordato GiampietroPettenon, presidente Missioni Don Bosco. Stiamo facendo qualcosa di concreto, manon ci
accontentiamo: il desiderio è quello di lavorare nell’ AfricaSubsahariana, dove siamo già presenti. È un progetto di
lunga durata: dare unamano ai giovani perché nella loro terra possano trovare occasioni di lavoro,
possanocostruirsi una famiglia. Non possiamo fermare le guerre, cerchiamo, con laformazione, di promuovere i
popoli…
Certamente apprezzatissimo è stato, infine,l’ intervento di Giovanni Maria Flick, presidente emerito Corte
Costituzionale. «Generalmente sono di piccola staturae di pelle scura. Non amano l’ acqua, molti di loro puzzano
perché tengono lostesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno edalluminio nelle periferie
delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo
appartamenti fatiscenti.Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopopochi giorni
diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noiincomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti
bambini vengonoutilizzati per chiedere l’ elemosina ma sovente davanti alle chiese donnevestite di scuro e uomini
quasi sempre anziani invocano pietà, con tonilamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e
sono assaiuniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.Le nostre donne li evitano non
solo perché poco attraenti e selvatici ma perchési è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in
stradeperiferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno apertotroppo gli ingressi alle
frontiere ma, soprattutto, non hanno saputoselezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli
chepensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. Siprivilegino i veneti e i lombardi, tardi di
comprendonio e ignoranti madisposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americanirifiutano
purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Glialtri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa
prima relazione,provengono dal sud dell’ Italia. Vi invito a controllare i documenti diprovenienza e a rimpatriare i
più. La nostra sicurezza deve essere la primapreoccupazione». Questa la relazionedell’ ispettorato per
l’ immigrazione dello Stato di New York del 1912. Dalpassato al presente. Ma qual è, si chiede Flick, la risposta dal
presente alfuturo? È quella che da papa Francesco alle Nazioni Unite: la cultura delloscarto è un gravissimo
attentato contro l’ umanità. Il migrante è un rifiuto! Sipuò fare pure la differenziata, ma rifiuto rimane… C’ è un
estremo bisogno di chiarezza di verità: la verità rende liberi. Per chiparte e per chi accoglie. Nella Pasqua del 1997
quando ero ministro dellaGiustizia affonda uno scafo proveniente dall’ Albania. Parlando con il miocollega
albanese, mi continua a ripetere: accendono la televisione e vedono cheda voi c’ è il paradiso terrestre…
Occorre chiedersi: qual è il quadro delleregole? La definizione di “richiedenti asilo” è presente nella
nostraCostituzione art. 10, comma 3. La nostra è una delle più avanzate al mondo, nonne esiste una così bella e
così attenta! Una Costituzione che è attenta a chiemigra, perché non può esercitare la propria libertà. Leggere
l’ attualità delfenomeno migratorio alla luce della nostra Costituzione ci fa superare lacategoria di emergenza e
quella dell’ ordine pubblico. Quest’ attenzione mancanella Costituzione Europea! Manca il riconoscimento del
diritto all'esercizio individualedelle libertà inviolabili. In Europa il fenomeno dei migranti è gestitoattraverso il
sistema delle quote. Un sistema che considera i migranti comeoggetti. Quando abbiamo iniziato in Europa a
parlare di quote, mi è tornato inmente il dialogo, riportato da Primo Levi, dell’ ufficiale nazista di frontealle
baracche dei campi di concentramento: “Quanti pezzi?”
Mipare, dice Flick, che siano quattro i miti da sfatare:
1.Il mito che il fenomeno migratorio sia un’ emergenza. Il problema dellemigrazioni è un problema strutturale di
un continente che è in profonda crisidemografica, l’ Europa, e di un continente che è in esplosione
demografica,l’ Africa. È una situazione strutturale da affrontare in modo strutturale sutempi lunghi e medi.
2.Il mito delle varie distinzioni terminologiche fra i migranti: è una distinzioneda abolire. L’ Europa è un continente
di immigrazione e di emigrazionecontemporaneamente.
3.La pretesa di risolvere il problema contrastando semplicemente gli accessi: affondarei barconi, arrestare gli
scafisti… La soluzione è quella di cui si sta già discutendo,ovvero la creazione di corridoi legali: sarebbe una prima
risposta percontrastare il traffico illegale.
4.La paura che l’ Immigrazione sia un fattore di crisi. Di fronte alla crisidemografica europea l’ immigrazione è una
risorsa. Nel tempo siamo passati dallapaura dell’ idraulico polacco, della badante rumena, del muratore arabo…
Salvare la vita, accogliere, integrare dovrebbeessere la vocazione europea: l’ Europa è il luogo delle
minoranze diverse eunite. Mi pare che oggi siamo tutti pronti ad indignarci di fronte alla fotodel bimbo siriano
morto sulla spiaggia, ma siamo meno pronti a combattere perla dignità di tutti e di ciascuno.
La conferenza si conclude con un breve collegamentodal Senegal di Giampaolo Gullotta ed Elisa Grasso,
che presentano lo studiofatto presso i giovani senegalesi che hanno un progetto migratorio, che lohanno fallito o
che lo hanno realizzato e son rientrati in patria.
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