MARCO GALLERI
strategia
organizzazione
comunicazione
marketing
LOBBISTI
Tipologie e attività
Edizione dell’agosto 2013
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Il Poggio 58036 Sassofortino (GR) tel. & fax 0564.567.118 mobile 333.2456.338 www.marcogalleri.it [email protected]
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INDICE DI QUESTA PRESENTAZIONE
• Premessa
• Definizioni
• Un’attività in sei fasi
• Le tipologie di intervento
• Azioni dirette e indirette
• Quattro tipi di lobbisti
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PREMESSA
• Questo testo del 1997 contiene dieci interventi non
particolarmente interessanti.
• Fanno eccezione i saggi di Romolo De Stefano sulla
comunicazione per l’ottima sintesi e di Fabio
Bistoncini sulle relazioni istituzionali.
• Questa presentazione è tratta dal secondo e si dedica
in particolare all’attività lobbistica.
• Com’è noto essa è proibita dalla Costituzione (la
Nostra Prima Carta Straccia) ma ampiamente presente
anche in Italia.
• Nella Galleria dell’8 agosto 2013 riportavo un articolo
del Financial Times che afferma che le lobbies
paralizzano un’Italia già molto anchilosata.
Vediamo di capirne di più.
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DEFINZIONE DI LA PALOMBARA
• Il politologo americano Joseph La Palombara, ha
definito la lobby come «contatti formali e
informali con i membri del parlamento intesi a
sollecitare la loro collaborazione a favore o a
sfavore di una particolare proposta legislativa».
• Così considera attività di lobby solo quella
esercitata
nei
confronti
del
parlamento
escludendo quella, rilevantissima, svolta
nei confronti di altri decisori pubblici (enti
locali, ministeri eccetera).
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DEFINIZIONE DI PASQUINO
• Gianfranco Pasquino qualifica l'attività di lobby
quale «processo per mezzo del quale i
rappresentanti
di
interessi,
agendo
da
intermediari, portano a conoscenza dei legislatori
e dei decision makers i desideri dei loro gruppi».
• Lobbying,
dunque,
è
soprattutto
una
trasmissione di messaggi dal gruppo di pressione
ai decision maker per mezzo di rappresentanti
specializzati.
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DEFINIZIONE DI MUZI FALCONI
Per Toni Muzi Falconi è «Un'azione consapevole e
coordinata nel tempo, condotta nel rispetto delle
normative vigenti, realizzata da un organismo
complesso (impresa, associazione, ente), pubblico o
privato, con la quale ci si propone di influenzare il
processo
decisionale
pubblico
(a
livello
sovranazionale, nazionale, regionale, o locale)
attraverso lo sviluppo di sistemi di relazione diretta
e l'uso di strumenti o canali d'informazione diretti
verso i decisori pubblici, oppure verso persone
fisiche e giuridiche, gruppi o associazioni che si
ritiene possano esercitare un'influenza sui decisori».
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Elementi fondanti
La novità è considerare come lobby quelle azioni rivolte non
soltanto nei confronti dei decisori ma anche quelle dirette
verso il pubblico degli «influenti»: quei soggetti cioè che
sono in grado di condizionare il comportamento e le attitudini
dei decisori. In questa definizione ritroviamo, sistematizzati,
tutti gli elementi fondanti dell'azione di lobbying:
• Trasmissione di messaggi al fine di influenzare il decisore
pubblico.
• Trasmissione condotta nel rispetto delle leggi (al fine di
stroncare in maniera definitiva l'equazione lobby = pratica
illecita).
• Trasmissione posta in essere da un soggetto pubblico e
privato.
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UN’ATTIVITA’ IN SEI FASI
Nel delineare le caratteristiche distintive del lavoro del lobbista si
possono sinteticamente enucleare una serie di passaggi:
1. La richiesta di intervento.
2. La verifica con il committente dell'esigenza di orientare il
processo decisionale pubblico.
3. La verifica degli spazi e dei tempi operativi.
4. L'ideazione e la redazione di strumenti informativi ad hoc che
presentino il caso in modo da influenzare il processo
decisionale in maniera favorevole agli interessi rappresentati.
5. L'analisi del processo decisionale reale rispetto a quello
formale.
6. L'identificazione degli attori individuali e dei rispettivi gruppi di
riferimento.
Vediamo in dettaglio le diverse fasi.
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1. La richiesta di intervento
Può pervenire al lobbista nei modi o nei tempi più
vari. Nel caso in cui il lobbista sia «esterno»
all'organizzazione di cui dovrà rappresentare gli
interessi (agenzie di consulenza, studi professionali,
singoli consulenti) la richiesta di intervento può
nascere:
• Perché sollecitata dallo stesso lobbista attraverso
segnalazioni periodiche dell'attività degli organi
decisionali pubblici (monitoraggio legislativo).
• Attivata dall'organizzazione che decide di servirsi
di consulenti per raggiungere propri obiettivi.
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2. La verifica con il committente
• dell'esigenza di orientare il processo decisionale
pubblico.
• Il lobbista, sia facente parte della struttura aziendale
sia consulente esterno, quando riceve la richiesta di
intervenire nel processo legislativo deve per prima
cosa verificare se l'azione di lobby richiesta sia
l'azione di comunicazione più efficace per il
raggiungimento degli obiettivi aziendali.
• A volte infatti lo stesso obiettivo può essere
raggiunto utilizzando politiche e strumenti di
comunicazione diversi da quelli del lobbying.
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Il lobbista costa caro
• L'azione di lobby deve essere avviata soltanto
quando
è
strettamente
funzionale
al
raggiungimento degli obiettivi aziendali.
• Ciò
anche
sulla
base
della
semplice
considerazione che l'attività di lobby è assai
dispendiosa per quanto riguarda la risorsa
tempo: ricerca di dati, preparazione di materiale
informativo, redazione di documentazione a
sostegno delle proprie tesi, incontri con i
parlamentari, follow up eccetera.
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3. Gli spazi e i tempi operativi
• Verificata l'esigenza di fare lobbying si deve determinare se vi
sono gli spazi e i tempi per porre in essere tale attività.
• Capita a volte (spesso, purtroppo) che si richieda l'intervento del
lobbista quando l'iter del provvedimento normativo è già avviato,
se non in fase di approvazione definitiva.
• In molti casi l'azione di lobby viene considerata come l'ultima
risorsa possibile, quando gli interessi dell'organizzazione sono
ormai irrimediabilmente compromessi.
• Il lobbista deve avere pertanto la lucidità e la capacità di valutare
correttamente la situazione: se è ormai troppo tardi, intervenire
presso il decisore non soltanto è inutile ma può essere
controproducente per gli interessi stessi dell'azienda e del
lobbista.
• Il proliferare della legislazione d'urgenza, mediante l'utilizzo
massiccio di decreti legge, ha concentrato ulteriormente gli spazi
operativi dell'azione di lobby.
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4. Strumenti informativi ad hoc
• Coinvolto nel problema, il lobbista deve preparare tutta la
documentazione per trasferire le informazioni necessarie a
influenzare il decisore pubblico.
• Il documento principale è il position paper.
• Si tratta di un documento che sintetizza la posizione
dell'organizzazione di cui il lobbista è il rappresentante, sul
problema su cui il decisore pubblico è chiamato a esprimersi.
• Deve essere molto sintetico (quattro o cinque pagine al
massimo), scritto in maniera chiara e facilmente comprensibile.
La scaletta classica prevede:
1. L'analisi del problema.
2. La posizione dell'organizzazione.
3. La possibile soluzione.
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Documentazione d’appoggio
• Oltre al position paper il lobbista predisporrà la
«documentazione d'appoggio»: studi, Libri
Bianchi, ricerche, dati, statistiche e tutti gli
elementi che possano essere citati a sostegno
delle tesi evidenziate.
• Se il position paper deve avere il dono della
sinteticità, per la documentazione d'appoggio
questo requisito non è richiesto: anzi deve essere
la più esaustiva possibile affinché il decisore
pubblico possa ritrovare in essa tutti gli elementi
volti a fugare qualsiasi dubbio o incertezza.
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5. Processo decisionale reale e formale
• Qualsiasi decisione pubblica viene presa secondo un iter ben
definito, che prevede generalmente la partecipazione di una
pluralità di soggetti che, con forme e competenze diverse,
intervengono concorrendo a determinare la decisione pubblica.
• Tale percorso può essere sancito da una disposizione normativa
oppure determinato dalla prassi, cioè dalla ripetizione del
medesimo atteggiamento da parte del decisore pubblico.
• Il lobbista, per intervenire efficacemente, deve verificare se, nella
pratica, il comportamento dei soggetti che intervengono nella
decisione è aderente a quello «sulla carta», se cioè l'iter reale del
provvedimento coincide in tutto o in parte con quello
formale.
• Elaborare una strategia di intervento basandosi esclusivamente
sull'iter formale spesso può portare a cocenti delusioni.
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6. Gli attori individuali e i gruppi di riferimento
• I soggetti che determinano una decisione legislativa
devono essere presi in considerazione sia come singoli
sia inquadrati in un contesto di riferimento ben
preciso. Si pensi, per esempio, ai membri di una
commissione parlamentare.
• Dalle pubblicazioni di Camera e Senato sappiamo chi sono
i membri dell'ufficio di Presidenza delle commissioni, i
componenti della commissione e i partiti di appartenenza.
• Dalla Navicella o da pubblicazioni similari riusciamo a
ricavare le biografie ufficiali dei parlamentari; con un paio
di telefonate alla segreteria della commissione possiamo
ottenere l'elenco dei capigruppo.
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Un quadro preciso
Tutto ciò è utile, importante, ma non sufficiente a condurre
un'efficace azione di lobby. Il lobbista deve avere un quadro molto
più preciso di:
• Quali siano le competenze e gli interessi di ogni singolo
parlamentare.
• Quali siano le istanze che il parlamentare ha supportato in
passato, quali atti di sindacato ispettivo ha firmato, che tipo di
disegni di legge ha presentato.
• Quale sia il sostrato sociale del suo elettorato, da che tipo di
collegio viene, con che percentuale è stato eletto, quali erano i suoi
avversari in campagna elettorale.
• Chi detenga il potere reale di decisione all'interno dei gruppi
politici rappresentati in commissione e come si colloca ogni singolo
parlamentare all'interno di questo contesto.
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LE TIPOLOGIE DI INTERVENTO
Sulla base dell'intervento richiesto è possibile
identificare le seguenti tipologie:
A. Promuovere un'iniziativa ex novo in positivo,
tesa quindi a formare una determinata
situazione.
B. Orientare il processo decisionale in corso.
C. Accelerare il processo decisionale.
D. Ritardare il processo decisionale.
Analizziamole in dettaglio.
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A. Promuovere un'iniziativa ex novo in positivo
• È la classica situazione in cui si parte da zero.
• L'organizzazione contatta il lobbista perché sente
la necessità di avere disposizioni legislative che
disciplinino una situazione senza regole.
• In questa ipotesi al lobbista viene affidato un
compito assai difficile: i tempi con cui una legge
viene approvata in parlamento sono in media di
circa tre anni.
• Considerando la durata media delle legislature,
risulta chiaro come gli spazi operativi siano assai
ristretti.
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A. Promuovere un'iniziativa ex novo in positivo
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B. Orientare il processo decisionale in corso
• In questo caso il lobbista interviene quando l'iter legislativo è già
avviato.
• Vi è dunque un provvedimento normativo che intende disciplinare
la materia di interesse del committente.
• Al lobbista viene in genere richiesto di proporre modifiche (che
integrano il provvedimento o che ne prevedono la cancellazione di
una parte) al testo già predisposto.
• Per una immediata comprensione si pensi alla legge finanziaria, o
meglio ai provvedimenti a essa collegati.
• Innumerevoli sono gli esempi in cui i portatori di interesse
chiedono la presentazione di modifiche (emendamenti) al testo
originario.
• L'approvazione, infatti, di uno o più emendamenti può cambiare,
a volte radicalmente, il trattamento previsto per interi
comparti economici o produttivi.
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B. Orientare il processo decisionale in corso
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C. Accelerare il processo decisionale
• È il caso in cui l'organizzazione riscontra che un provvedimento
normativo in corso di approvazione tutela i propri interessi.
• Il lobbista deve attivarsi per sollecitare il decisore pubblico ad
approvare il più velocemente possibile tale provvedimento.
• Tale tipologia di intervento è assai difficoltosa, dal momento
che il nostro iter legis è macchinoso.
• Vi sono però alcuni escamotage regolamentari che
permettono di «tagliare» alcuni passaggi parlamentari, per
esempio con la richiesta del trasferimento del disegno di legge
dalla «sede referente» (discussione e approvazione in
commissione e discussione e approvazione in aula) alla «sede
legislativa», in cui l'iter di approvazione viene circoscritto solo alle
commissioni parlamentari.
• Tale richiesta, di non facile accoglimento, deve essere
adeguatamente motivata: occorre spiegare le motivazioni
dell'urgenza dell'approvazione.
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C. Accelerare il processo decisionale
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D. Ritardare il processo decisionale
• È l'ipotesi in cui un testo normativo sia
contrario
agli
interessi
dell'organizzazione, che si rivolge al
lobbista per rallentarne l'iter di
approvazione.
• È questo sicuramente l'intervento più
facile per il lobbista dal momento che,
come abbiamo più volte sottolineato,
l'iter legis è già di per sé molto lento.
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D. Ritardare il processo decisionale
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Azioni dirette
• Sono tutte quelle azioni in cui il portatore di interessi
entra in contatto direttamente con il decisore pubblico.
• tra queste le più efficaci sono gli incontri one-to-one
con i singoli soggetti (decisori o influenti) che,
interagendo tra loro, concorrono a determinare l'iter di
approvazione del provvedimento normativo.
• Durante tali incontri sarà illustrata la posizione
dell'organizzazione rappresentata dal lobbista sul
problema
in
oggetto
con
la
consegna
all'interlocutore del position paper.
• Concluso l'incontro è sempre necessario un debrief:
un'analisi cioè dell'andamento e dei risultati ottenuti di
fondamentale importanza per rimodulare, ove
necessario, l'attività successiva.
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Azioni indirette
• Sono le classiche azioni di comunicazione con la
caratteristica di essere strettamente collegate all'attività di
lobby vera e propria.
• L'obiettivo è di far sorgere nell'opinione pubblica
un'attenzione particolare sull'interesse di cui è
portatrice l'organizzazione.
• Tra le azioni più ricorrenti: conferenze stampa, press brief,
dichiarazioni di esponenti dell'organizzazione, convegni,
pubblicazioni di studi e di rapporti sulla problematica in
oggetto.
• Perché siano strumentalmente utili è necessario stabilire
una perfetta sincronizzazione tra le varie attività: il lobbista
deve diventare un vero e proprio «direttore d'orchestra»,
indicando i tempi e i modi dell'intervento dei singoli
strumenti.
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Quattro tipi di lobbisti
• Company lobbyists: si tratta dei lobbisti facenti parte di
un'azienda. Agiscono esclusivamente per conto degli interessi di cui
l'azienda è portatrice.
• Association lobbyists: sono i lobbisti che rappresentano
un'associazione, organismi dunque che racchiudono al loro interno
l'esigenza di rappresentare una pluralità di interessi. In Italia il classico
esempio è quello della Confindustria o della Confcommercio.
• Contract lobbyists: liberi consulenti, agenzie, studi professionali.
Agiscono in nome e per conto degli interessi dei loro clienti, a volte i
più vari. I più seri sottopongono la loro azione a una serie di norme
deontologiche, come quella di non stipulare contratti di lobby con
aziende o associazioni concorrenti tra loro.
• Cause lobbyists: sono i lobbisti di movimenti o associazioni mono
issue, per esempio i lobbisti dei singoli movimenti ambientalisti o verdi,
ovvero di associazioni che si battono per cause socialmente rilevanti.
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MARCO GALLERI
strategia
organizzazione
comunicazione
marketing
Grazie per l’attenzione
ANALISI STRATEGICHE
PIANI D’AFFARI E OPERATIVI
SOLUZIONI ORGANIZZATIVE
SELEZIONE E GESTIONE DEI COLLABORATORI
SUCCESSIONE GENERAZIONALE
RICERCHE DI MERCATO
COSTRUZIONE DELL’IMMAGINE
CORSI PER IMPRENDITORI
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