Sistemi di memoria
Prof. Eleonora Bilotta
Tulving ed i sistemi di memoria
Tulving nel 1972 propone di distinguere fra memoria episodica e
memoria semantica.
La memoria episodica si riferisce all’immagazzinamento e al
recupero di eventi ed episodi temporalmente databili, localizzabili
spazialmente ed esperiti personalmente.
La memoria semantica si riferisce all’immagazzinamento e
all’utilizzazione di conoscenze che riguardano le parole e i concetti,
le loro proprietà e relazioni reciproche.
Il principio della
specificità di codifica
Secondo tale principio, soltanto ciò che è stato immagazzinato può
essere recuperato, e il modo in cui qualcosa può essere recuperato
dipende dal modo in cui è stato immagazzinato.
Esempio:
la parola Verde può essere capita, o codificata, sia come nome di un
colore che come cognome di una persona
È la modalità di codifica di una parola che determina il modo in cui
essa sarà ricordata
Esperimento di Tulving e Thomson
Nell’esperimento di Tulving e Thomson, ai soggetti veniva chiesto di
memorizzare un elenco di 24 coppie di parole debolmente
associate. In ogni coppia una parola era stampata in lettere
minuscole e l’altra in lettere maiuscole, dove la prima era un
suggerimento per il recupero e la seconda parola critica.
Esempio: plant - BUG; ground - COLD
In seguito ai soggetti venivano presentate 12 parole fortemente
associate con le parole critiche della lista precedente.
Esempio: insect - BUG; hot - COLD
I soggetti dovevano scrivere accanto alle nuove parole quelle della
lista precedente: venivano rievocate solo 2 parole su 12.
Ai soggetti venivano poi fornite 12 nuove parole fortemente
associate con le restanti 12 parole critiche della lista
precedentemente memorizzata. I soggetti dovevano associare una
parola a ciascuna nuova parola e dovevano scriverla se era ritenuta
una parola critica precedentemente memorizzata. Solo 3 o 4 parole
critiche venivano ricordate.
Esperimento di Tulving e Thomson
A questo punto ai soggetti venivano chieste associazioni libere sui 24
suggerimenti forti per il recupero e si osservò che venivano associate fino a
6 parole.
Poi dovevano riconoscere se c’erano delle parole critiche e ne
riconoscevano fino a 4.
I soggetti erano in grado di rievocare delle parole che non riuscivano a
riconoscere come parole critiche.
Infine ai soggetti venivano presentati gli originali 24 suggerimenti deboli per
il recupero e veniva chiesto di rievocare le parole critiche. Essi potevano
rievocare circa 15 parole critiche. I soggetti imparavano le parole critiche nel
contesto fornito dai suggerimenti deboli per il recupero.
Questa particolare forma di codifica delle parole critiche fa in modo che i
suggerimenti deboli per il recupero siano più adatti a consentire l’accesso a
ciò che è immagazzinato dei suggerimenti forti per il recupero.
La natura della codifica influenza la tratta di memoria prodotta dagli item
Recenti sviluppi della
teoria di Tulving
Tulving ha ipotizzato l’esistenza di almeno tre sistemi di memoria
per l’elaborazione dei vari tipi di informazione: i sistemi di memoria
episodico, semantico e procedurale.
La memoria procedurale è quel sistema di memoria sottostante alle
esecuzioni che richiedono destrezza.
– Conoscenza esplicita: riguarda ciò che possiamo descrivere
riguardo a ciò che facciamo
– Conoscenza tacita: riguarda ciò che conosciamo senza esserne
consapevoli
La memoria episodica è un sottosistema specializzato della
memoria semantica che, a sua volta, è un sottosistema
specializzato della memoria procedurale.
Sistemi di memoria e
consapevolezza
Tulving (1985) ha suggerito che ai tre sistemi di
memoria sono associati diversi gradi di coscienza
Sistemi di memoria e
consapevolezza
La memoria procedurale è anoetica (tale termine significa privo di
conoscenza) nel senso che, quando facciamo uso di questa
memoria, siamo consapevoli soltanto di ciò che caratterizza la
situazione immediata in cui ci troviamo.
La memoria semantica è noetica (tale termine riguarda la
conoscenza) perché, quando ne facciano uso, siamo consapevoli
non soltanto della situazione immediata nella quale ci troviamo, ma
anche di cose che possono essere assenti in quella specifica
situazione.
La memoria episodica è autonoetica ( tale termine riguarda la
conoscenza di sé) dal momento che riguarda il ricordo di esperienze
personali.
Memoria implicita
Jacoby e Witherspoon (1982) hanno scritto un articolo nel quale viene
descritta la memoria senza consapevolezza, cioè situazioni in cui il ricordo
di un evento precedente può influenzare la codifica di un evento successivo
senza che l’individuo sia consapevole di ricordare l’evento precedente
Un tipico esempio di memoria implicita è l’uso di una procedura appresa in
precedenza, anche in un tempo molto lontano (andare in bicicletta, sciare,
scrivere, ecc.).
Questo tipo di memoria viene spesso dimostrata per mezzo della
metodologia del priming (Jacoby e Dallas, 1981):
– Ai soggetti viene presentata una lista di parole. In seguito, le parole
vengono presentate nuovamente ai soggetti, i quali vengono sottoposti,
prima ad una prova di riconoscimento e successivamente ad un
compito di identificazione percettiva. I soggetti devono cercare di
identificare le singole parole presentate per un breve intervallo.
Le parole viste, dai soggetti, nella fase precedente vengono identificate più
accuratamente di quelle non viste, indipendentemente dal fatto che le
parole vecchie siano state riconosciute come parole già presentate.
Memoria implicita
Eich (1984) ha descritto la memoria senza consapevolezza nei seguenti
termini: “È possibile distinguere tra gli effetti che i ricordi di episodi
precedenti esercitano nei confronti del comportamento di un individuo, da
una parte, dalla consapevolezza che l’individuo possiede a proposito del
fatto di stare ricordando degli eventi passati, dall’altra”.
La distinzione tra il ricordo e la consapevolezza del ricordo è stata
investigata da Eich usando un metodo simile a quello di Jacoby e
Witherspoon (1982).
Ai soggetti veniva dato un compito di shadowing per le parole presentate ad
un orecchio e costituenti un brano, e veniva detto loro, che la
comprensione, di questo brano, sarebbe stata testata in una seconda fase.
Allo stesso tempo, veniva presentata loro, una serie di coppie di parole
all’altro orecchio.
Ai soggetti veniva detto che lo sperimentatore era interessato all’effetto di
questo materiale nei confronti della comprensione e della memoria del
brano (l’istruzione era quella di non prestare attenzione e di non ricordare la
coppia di parole).
Memoria implicita
Le coppie di parole erano del seguente tipo:
– Il secondo membro della coppia era un omofono (parola che
presenta la stessa pronuncia di un’altra ma ha significato
diverso): son (figlio) – sun (sole)
– Ciascun omofono era preceduto da una parola il cui significato
poteva influenzare il modo in cui l’omofono veniva interpretato:
youngest son (figlio più giovane) = son
rising sun (sole nascente) = sun
Dopo il compito di shadowing i soggetti dovevano fornire un
riassunto del brano. In seguito venivano sottoposti ad un compito di
riconoscimento delle parole presentate nel canale disatteso (8 su
16) e ad un compito di grafia delle parole presentate oralmente,
inclusi i 16 omofoni.
Dai risultati dell’esperimento è emerso che i soggetti avevano molte
difficoltà a riconoscere gli omofoni presentati nel canale disatteso e
mostravano una tendenza a compitare gli omofoni in maniera
coerente con l’interpretazione favorita nella fase precedente
dell’esperimento.
Memoria implicita
L’esperimento di Eich può essere considerato come una
dimostrazione dell’esistenza di una forma di memoria senza
consapevolezza .
Schacter (1987) ha preferito l’espressione memoria implicita a
quella di memoria senza consapevolezza. Anche se queste due
espressioni hanno lo stesso significato, forse l’espressione memoria
implicita descrive questo fenomeno con maggiore accuratezza.
La memoria implicita ha luogo quando “l’informazione che è stata
codificata nel contesto di un particolare episodio viene in seguito
espressa senza che ci sia un ricordo consapevole o deliberato”.
Considerati in questo modo, un gran numero di fenomeni possono
essere considerati come esempi di memoria impilicita.
Memoria implicita e amnesia
L’amnesia è un disturbo prodotto da lesioni cerebrali e riguarda i
pazienti affetti dalla psicosi di Korsakoff, una forma di amnesia che
si verifica come conseguenza dell’alcolismo cronico.
I pazienti affetti da amnesia sono in grado di operare in diversi
settori ma sono incapaci di ricordare gli eventi accaduti
successivamnete all’insorgenza del disturbo. Anche in pazienti di
questo tipo si osservano gli effetti della memoria implicita.
Warrington e Wieskrantz (1982) hanno recensito vari studi che
sembrano suggerire che i pazienti affetti da amnesia abbiano un
rendimento peggiore nei confronti che richiedono l’uso della
memoria esplicita e un rendimento migliore in quelli che richiedono
l’uso di una memoria implicita
Esperimento di Graf e Schacter
Graf e Schacter (1985) hanno usato per questo esperimento sia
soggetti normali che soggetti affetti da amnesia
A soggetti venivano presentate coppie di parole. In alcune coppie le
parole erano associate (buttoned-shirt – camicia abbottonata),
mentre in altre coppie non lo erano (window-shirt – finestra camicia).
Uno dei compiti dei soggetti era quello di comporre frasi in cui le
parole di ciascuna coppia risultassero evidentemente associate. Per
esempio: ripe-apple (matura-mela) --> egli mangiò la mela
Ai soggetti veniva poi permesso di leggere nuovamente ciascuna
coppia di parole.
Ciascun soggetto veniva poi sottoposto ad un test di completamento
di parola (memoria implicita) e un test di rievocazione guidata
(memoria esplicita).
Esperimento di Graf e Schacter
Il test di completamento di parola può essere esemplificato
facendo riferimento alla seguente tabella.
Esperimento di Graf e Schacter
Ai soggetti venivano mostrati il primo membro di ciascuna coppia di parole e
le prime tre lettere del secondo membro (chiamate frammento dio parola).
Il problema è quello di capire se il completamento del frammento produca la
stessa parola che era stata presentata inizialmente ai soggetti.
Graf e Schacter hanno trovato un effetto di priming sia nei soggetti normali
che in quelli affetti da amnesia, sia per le coppie di parole associate che per
quelle non associate. I risultati, al contrario del test di completamento di
parola, nel caso del test di rievocazione guidata erano diversi , poiché il
rendimento dei pazienti affetti da amnesia era molto inferiore a quello dei
soggetti normali.
I risultati di questo esperimento, inoltre, mettono in evidenza la somiglianza
tra il rendimento dei soggetti affetti da amnesia e quello dei soggetti normali
nei compiti di memoria implicita, a dispetto del fatto che il rendimento dei
soggetti affetti da amnesia nei compiti di memoria esplicita sia largamente
inferiore a quello dei soggetti normali.
Sistema di rappresentazione
percettiva
Recentemente Hayman e Tulving (1989) Tulving e Schacter (1990)
hanno suggerito la possibilità che vi sia un altro sistema di memoria
distinto da quello della memoria episodica. Questo sistema di
memoria, chiamato sistema di rappresentazione percettiva
(perceptual representation system) da Tulving e Schacter è ritenuto
responsabile degli effetti di priming.
I sistemi di memoria episodica e di rappresentazione percettiva
vengono considerati da Tulving e Schacter come l’espressione di
processi diversi. Secondo questi ricercatori, il sistema di
rappresentazione percettiva elabora l’informazione a un livello più
superficiale del sistema di memoria episodica. L’amnesia potrebbe
essere associata al fatto che il sistema di memoria episodica risulta
essere danneggiato mentre quello di rappresentazione percettiva
potrebbe essere relativamente intatto.
Memoria semantica
La memoria semantica si riferisce alle informazioni di carattere generale
che possediamo a proposito del mondo. Tulving (1972) ha paragonato la
memoria semantica ad un dizionario mentale che contiene parole, concetti
e le loro relazioni.
L’uso della memoria semantica può essere esemplificato, per esempio, ai
tentativi di ricordare il nome di una persona. Può capitare talvolta che un
nome non ci venga in mente. James (1890) ha descritto tale fenomeno
“sulla punta della lingua” (tip-of-the-tongue-phenomenon).
Brown e McNeill (1966) hanno condotto un famoso studio sul fenomeno
“sulla punta della lingua”. Venivano presentate ai soggetti le definizioni di 49
parole a bassa frequenza, esempio: abse, cloaca, nepotism, sampan. Nei
casi in cui una definizione produceva il fenomeno i Ss erano in grado di
identificare alcuni aspetti della parola critica come, ad esempio la lettera
iniziale, il numero di lettere. Spesso erano in grado di giudicare aspetti delle
parole che venivano in mente; talvolta sapevano che le congetture errate
erano simili alla parola critica nel suono o nel significato.
Modello a rete gerarchica
La formulazione dei primi modelli di memoria semantica inizia con il lavoro
di Quillian (1969), il quale si era proposto di creare un programma per
calcolatore in grado di capire il linguaggio naturale. Tale programma era
chiamato teachable language comprehender (sistema addestrabile per la
comprensione del linguaggio), in breve TLC.
Il TLC non è soltanto un programma per calcolatore ma anche un modello
della memoria semantica.
Il modello di Quillian rappresenta la memoria semantica nei termini della
rete gerarchica.
La rete è costituita da tre tipi di elementi:
– unità = si riferiscono a insiemi di oggetti e costituiscono i nodi della rete;
i nodi sono etichettati con sostantivi;
– proprietà = descrivono le unità e sono etichettati da aggettivi o da
verbi;
– puntatori = specificano le relazioni fra unità diverse e le relazioni tra le
unità e le proprietà.
Modello di Quillian
Esempio di struttura di memoria organizzata gerarchicamente
Modello a rete gerarchica
Nel modello di Quillian il recupero dell’informazione dalla memoria
semantica corrisponde alla ricerca all’interno di una rete gerarchica.
La forma più semplice di ricerca consiste nell’assegnazione di un valore di
verità di un enunciato.
Il modello si basa sull’assunzione che la ricerca all’interno dellar ete
gerarchica richieda tempo. Benché questa assunzione possa sembrare
ovvia, ciò non di meno essa è essenziale. Il tempo necessario per effettuare
la ricerca attraverso la rete, infatti, può essere usato per ottenere
informazioni a proposito della struttura della rete. Questo approccio allo
studio delle strutture psicologiche è chiamato cronometria mentale.
Lo sperimentatore fornisce ai soggetti dei compiti che, dal punto di vista
teorico, dovrebbero richiedere tempi diversi per poter essere completati e le
predizioni teoriche possono essere verificate misurando i tempi di reazione
forniti dai soggetti.
Il modello di Quillian implica che maggiore è la “distanza semantica”
maggiore è il tempo impiegato dai soggetti per recuperare le informazioni
immagazzinate nel nodo superiore.
Ipotesi dell’interruzione
condizionale
Collins e Quillian (1972) discutono alcuni esperimenti eseguiti assumendo
che sia necessario sommare i tempi necessari per concludere ciascuna
fase di ricerca all’interno della rete gerarchica.
Supponiamo di seguire inizialmente un certo percorso e, in seguito, di
seguire un percorso diverso. Il tempo totale necessario per seguire
entrambi i percorsi è uguale alla somma dei tempi necessari per seguire
ciascuno di essi.
Ricerche condotte in seguito, però, hanno messo in evidenza alcuni limiti
del modello proposto da Collins e Quillian e anche altri modelli simili ad
esso. Uno dei problemi è che questo modello non specifica chiaramente la
procedura necessaria per decidere che una frase è falsa. A questo
proposito Collins e Quillian hanno avanzato un’ipotesi chiamata conditional
stopping hypothesis (ipotesi dell’interruzione condizionale)
Consideriamo una frase falsa come << Un orso polare ha le mani>>.
Secondo l’ipotesi proposta da Collins e Quillian, in questo caso è
necessario percorrere tutti i possibili tragitti che collegano orso polare e
mani. La ricerca dovrebbe concludersi quando emerge una contraddizione,
la quale può verificarsi se la proprietà specificata è incompatibile con la
proprietà presente in memoria.
Modello della propagazione
dell’attivazione
J.R. Anderson (1984) ha osservato che una nozione importante, emersa
dallo studio della memoria semantica è quella di
propagazione
dell’attivazione.
Secondo questa nozione, nel corso della ricerca entro la rete gerarchica
vengono attivati tutti i percorsi della rete lungo i quali la ricerca ha luogo.
L’attivazione si propaga dal nodo dove inizia la ricerca. Tanto maggiore è
l’attivazione di un nodo tanto più facilmente la sua informazione può essere
elaborata, ad esempio può essere recuperata più facilmente.
Mplti esperimenti sono stati condotti nell’ambito della memoria semantica.
Alcuni
degli esperimenti più noti sono stati recensiti da Meyer e
Schvaneveldt (1976).
Ai soggetti viene presentata su uno schermo una stringa di lettere e
dovevano dire se si trattava di una parola oppure no e successivamente
una seconda stringa e dovevano effettuare lo stesso compito. Le stringhe
che formavano una parola potevano essere:
– semanticamente relate: bus - truck
– semanticamente non relate: bus - sunset
I tempi di risposta impiegati per rispondere sì alla seconda parola della
prima coppia erano più veloci che nel secondo caso.
L’effetto di facilitazione è determinato dal fatto che le prime due parole sono
più vicine nella rete e quindi l’attivazione si propaga più velocemente.
Modello della propagazione
dell’attivazione
Procedura sperimentale usata da Meyer, Schvaneveldt e Ruddy
J.R Anderson e ACT
La nozione di propagazione dell’attivazione è stata incorporata all’interno di
una teoria di Anderson (1983) chiamata ACT (Adaptive Control of Thought Controllo adattivo del pensiero).
In questa teoria vi è un’importante distinzione tra memoria dichiarativa e
procedurale.
La memoria dichiarativa contiene un tipo di conoscenze fatturali che sono
immagazzinate nelle reti semantiche. Inoltre, essa contiene un insieme di
informazioni sotto forma di reti proposizionali. La proposizione costituisce
l’unità di analisi più piccola che può essere considerata come un’asserzione
distinta, ovvero l’unità più piccola che può essere giudicata vera o falsa.
La memoria procedurale fa uso di sistemi di produzione (production
systems), formati da regole a loro volta costituite da una condizione e da
un’azione.
Esempio:
– Condizione – Se A è la madre di B e B è la madre di C
– Azione – Allora A è la nonna di C
J.R Anderson e ACT
La seguente figura illustra in forma schematica la relazione tra memoria
dichiarativa e memoria procedurale.
Memoria di lavoro
“La memoria di lavoro contiene le informazioni che sono
accessibili al sistema al momento presente. Tra queste
informazioni ci sono le informazioni recuperate dalla
memoria dichiarativa a lungo termine e le strutture
temporanee che sono state depositate dai processi di
codifica
e
dalle
azioni
delle
produzioni.
Fondamentalmente, la memoria di lavoro si riferisce a
quella parte della conoscenza dichiarativa, permanente
o temporanea, che si trova in uno stato attivo”.
Anderson, 1983
Modelli connessionisti
della memoria
I modelli connessionisti assumono che l’informazione
venga elaborata per mezzo delle interazioni tra un
ampio numero di unità elementari di elaborazione,
ciascuna delle quali invia segnali di tipo eccitatorio
oppure inibitorio ad altre unità. (McClelland, Rumelhart e
Hinton, 1986).
I modelli connessionisti tentano di specificare le
microstrutture dei processi cognitivi. Questo significa
che, per esempio, questi modelli costituiscono dei
tentativi di specificare in maniera dettagliata le modalità
di funzionamento dei processi come la memoria.
Recuperare l’informazione
dalla memoria
Secondo l’approccio connessionista, le copie di particolari
esperienze non vengono immagazzinate in memoria per mezzo
della tracce di memoria. Piuttosto, esistono delle unità per le
esperienze individuali che sono connesse ad altre unità che
rappresentano le varie proprietà di un’esperienza.
McClelland et al. (1986) hanno notato che alcune esperienze sono
dotate delle medesime proprietà; ciò significa che l’unità che
rappresenta una particolare proprietà tenderà ad essere connessa
con ricordi differenti. Ogni volta che una proprietà viene attivata,
essa tenderà ad attivare tutti i ricordi a cui è connessa.
Per questa ragione, per poter facilitare la rievocazione di una
particolare esperienza, il sistema deve possedere sia connessioni
inibitorie che connessioni eccitatorie tra le varie unità.
Bahrick e il permastore
Bahrick ha dedicato i suoi studi alla memoria a lungo termine
dell’apprendimento scolastico., poiché ha rilevato che poche
ricerche si sono occupate di ciò che accade al materiale che noi
apprendiamo a scuola, e ha proposto l’esistenza di uno stato di
memoria relativamente permanente chiamato permastore.
La maggior parte dei precedenti studi sulla memoria non si sono
occupati della capacità di ritenzione nel corso di lunghi periodi di
tempo per rendersi conto che la qualità di alcuni ricordi non
peggiora dopo che è passato un certo periodo di tempo. Questi
ricordi sono immagazzinati nel permastore.
Esempi di ricordi immagazzinati nel permastore sono, secondo
Bahrick, le regole aritmetiche e le capacità motorie (andare in bici,
suonare il pianoforte, etc.)
Memoria autobiografica
I ricordi autobiografici costituiscono una forma di memoria episodica nella
quale gli eventi vengono rievocati insieme all’indicazione del momento della
vita dell’individuo in cui si sono verificati.
La ricerca sulla memoria autobiografica ha fatto uso di una tecnica messa a
punto da Crovitz e Schiffman (1974)
Ai soggetti viene data una lista di 20 parole. Per ogni parola i soggetti
devono costruire un ricordo personale e cercare di datarli in maniera
precisa (minuti, ore, settimane, mesi, anni). Dai risultati emerge che vi è un
regolare declino della frequenza dei ricordi autobiografici in funzione del
tempo.
La rievocazione di un’esperienza precedente coinvolge una serie di livelli:
1. Pianificare per dare inizio all’attività mentale volta a rispondere al quesito
autobiografico; quindi attività finalizzata e strategica;
2. Verificare la traccia remota emergente;
3. Produzione cosciente di un resoconto verbale dell’esperienza.
Memoria autobiografica e amnesia
infantile
Un altro processo che influenza la memoria autobiografica è
costituito dalla cosiddetta amnesia infantile per cui, la quantità di
episodi che vengono ricordati a proposito dei primi anni di vita è
minore di quella che ci si aspetterebbe se la memoria declinasse
gradualmente con il passare del tempo.
L’amnesia infantile inizia verso i cinque anni. Il fenomeno
dipenderebbe dal fatto che i bambini di età inferiore a 5 anni fanno
esperienza degli eventi in un modo molto diverso da quello reso
possibile dalla capacità di descrivere gli eventi per mezzo del
linguaggio.
Nel momento in cui i bambini iniziano ad utilizzare il linguaggio per
rappresentare gli eventi in memoria essi potrebbero perdere
contatto con i ricordi precedenti.
Memoria storica
Un altro tipo di memoria è rappresentato dalla memoria storica che
riguarda i principali fatto storici che hanno influenzato e dato
significato agli eventi della nostra vita
I fatti sono organizzati in periodi analogamente alla strutturazione
delle vita individuale in stadi (infanzia, adolescenza, prima età
adulta, mezza età, prima età anziana, tarda anzianità)
I periodi storici corrispondono per gli americani ai mandati
presidenziali.
I fatti storici sono generalmente organizzati in memoria in forma
narrativa; perciò una persona disporrà di un repertorio di racconti
sugli eventi storicamente importanti che hanno avuto luogo nella
sua vita.