ELEMENTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO MATERIA VASTA – difficile trattare in 32 ore gli elementi del diritto utili per la professione dell’E.P.S. DIRITTO AMMINISTRATIVO = disciplina giuridica della P.A. nella sua organizzazione (enti, attività, beni, ecc.) e nei rapporti che, esercitando tale attività, si instaurano con gli altri soggetti dell’ordinamento (cittadini) È nucleo omogeneo di diritto pubblico che ha ad oggetto la cura degli interessi pubblici Nel corso anche nozioni di diritto privato… … per l’educatore professionale DECRETO MINISTERIALE N. 520 DEL 1998 - Art. 1: E' individuata la figura professionale dell'educatore professionale, con il seguente profilo: l'educatore professionale è l'operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell'ambito di un progetto terapeutico elaborato da un'equipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana; cura il positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà. 2. L'educatore professionale: a), b), c), d), e) … Articolazione/argomenti del corso: CHI FA (6 ore): Stato – enti locali – enti autarchici – autorità indipendenti …PAT CHE COSA (6 ore): atti e provvedimenti amministrativi – procedimento - semplificazione della P.A. PUBBLICO IMPIEGO/RESPONSABILITA’ TRASPARENZA E PRIVACY (6 ore) ORGANIZZAZIONE SANITARIA E MARGINALITA’ (6 ore) SUSSIDIARIETA’ E TERZO SETTORE (6 ore) M.C.D. = LA COSTITUZIONE ORDINAMENTO GIURIDICO e STATO ORDINAMENTO GIURIDICO = l’assetto giuridico e l’insieme delle norme giuridiche che si riferiscono ad un determinato gruppo sociale STATO = comunità di individui stabilmente insediata su un territorio e retta da autonome regole costituenti un O.G. > sovranità = art. 1 Costituzione STATO SOCIALE DI DIRITTO è forma di stato contemporanea che mira a coniugare compiti di benessere, istituti di partecipazione popolare e garanzie di libertà. LE FONTI DEL DIRITTO LE FONTI DEL DIRITTO FONTI Ciò da cui trae origine la norma giuridica. Sono gli atti o i fatti di produzione normativa che costituiscono, nel loro insieme, l’ordinamento giuridico statale. La pluralità di fonti esistenti negli ordinamenti giuridici più progrediti presuppone delle regole che disciplinino le relazioni fra esse, per evitare che si intralcino a vicenda. I rapporti tra le fonti possono regolarsi secondo tre criteri: cronologico, gerarchico e di competenza. GERARCHIA DELLE FONTI fonti di rango costituzionale, comprendenti: principi supremi dell’ordinamento costituzionale; la costituzione e le leggi costituzionali (L. cost.), le leggi di revisione costituzionale; gli statuti delle regioni e province ad autonomia speciale; fonti di rango primario e subprimario, comprendenti: leggi ordinarie dello Stato (L.), regolamenti della CE, referendum abrogativo, decreti-legge (D.L.) e decreti legislativi (D. LGS.); norme di attuazione degli statuti di autonomia; leggi regionali e delle province autonome (L.R. o L.P.); fonti di rango secondario, comprendenti: regolamenti governativi; regolamenti ministeriali e di altre autorità; statuti degli enti locali; statuti degli enti minori; ordinanze ministeriali e ordinanze di necessità e urgenza; gli usi normativi (cioè il diritto non scritto). Principi in materia amministrativa nella COSTITUZIONE: principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97); principio di riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici (97); diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell’azione amministrativa (24 e 103); principio dell’indipendenza dei giudici amministrativi (art. 100); principio del decentramento amministrativo (art. 5); principio della tutela delle autonomie locali (art. 5); del libero accesso dei cittadini ai pubblici impieghi per concorso (art. 51 e 97); della espropriabilità della proprietà privata (art. 42, comma 3, e 43); principio dell’obbligo di tutti a concorrere alle spese pubbliche (art. 53); della programmazione economica (art. 41); principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione (art. 118); principio di leale collaborazione (art. 120). FONTI PRIMARIE : Fondamento dell’ATTIVITA’ LEGISLATIVA è contenuto nell’articolo 70 della Costituzione, che afferma chiaramente, rispetto al principio della separazione dei poteri, che: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”, e all’articolo 76: “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”. Rilevante è anche l’art. 77 Cost. Comprendenti: > regolamenti della CE, leggi ordinarie dello Stato (L.), referendum abrogativo, decreti-legge (D.L.), norme di attuazione degli statuti di autonomia, leggi regionali e delle province autonome (L.R. o L.P.); decreti legislativi (D. LGS.). FONTI SECONDARIE La categoria delle fonti secondarie comprende tutti gli atti espressione del potere normativo della pubblica amministrazione statale (Governo, ministri, prefetti) o di altri enti pubblici (comuni, province, regioni). Sono atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi (non possono equipararsi alle leggi, ma dispongono di una forza giuridica tale da esser considerati quali fonti del diritto). La modifica al Titolo V, parte seconda della Costituzione, apportata dalla legge costituzionale 18.10 2001, n. 3, ha notevolmente ampliato l’autonomia normativa degli enti locali, mettendo in discussione la posizione di statuti e regolamenti locali nella gerarchia delle fonti normative. I REGOLAMENTI Sono atti formalmente amministrativi, in quanto emanati da organi del potere esecutivo, aventi forza normativa, in quanto contenenti norme destinate ad innovare l’ordinamento giuridico. Definizione normativa di regolamento nell’art. 14 del D.P.R. n. 1199 del 1971 che disciplina i ricorsi amministrativi: atto amministrativo generale a contenuto normativo. Cassazione civile del 1994: “…i regolamenti sono espressione di una potestà normativa attribuita all’amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all’ordinamento giuridico esistente, con precetti generali e astratti.” Fondamento della potestà regolamentare sta nell’espressa attribuzione di competenza fatta dalla legge ad un organo amministrativo Limiti alla potestà regolamentare: non possono derogare alla Costituzione e alle leggi ordinarie; non possono regolare materie riservate dalla Costituzione alla legge; non possono contenere sanzioni penali; non possono contrastare con regolamenti di autorità gerarchicamente superiori; non possono regolare istituti fondamentali dell’ordinamento. Classificazione dei regolamenti: possono essere esterni o interni all’amministrazione; quelli esterni (classificazione di cui a legge n. 100 del 1926) possono essere: - di esecuzione (danno esecuzione a legge o a regolamenti comunitari) - indipendenti (disciplinano materie attribuite dalla legge alla P.A.), - di organizzazione (concernenti l’organizzazione di uffici amministrativi); regolamenti “delegati” (possono eccezionalmente derogare a disposizioni di legge) previsti dall’art. 17 della legge n. 400 del 1988 che dispone per la prima volta la c.d. “delegificazione”: cioè la facoltà per il legislatore di autorizzare il Governo all’emanazione di regolamenti diretti a disciplinare materie non coperte da riserva assoluta di legge, dettando “le norme generali regolatrici della materia” e disponendo l’abrogazione delle norme vigenti all’entrata in vigore delle norme regolamentari. regolamenti di attuazione delle normative comunitarie, previsti dall’articolo 11 della legge n. 11 del 2005: la legge comunitaria annuale può autorizzare il Governo ad attuare le direttive comunitarie mediante regolamento Titolarità della potestà regolamentare I regolamenti possono essere emanati da: organi statali (predisposti dai vari Ministeri - per essi la competenza all’emanazione è riservata dall’art. 87 Cost. al Capo dello Stato); regioni (costituzionalmente garantita dall’art. 117 e 121 Cost.); province e comuni: ampia potestà regolamentare agli enti locali prevista dall’art. 7 del D.lgs. 267/2000, nelle materie di propria competenza, per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, ecc.; altri enti od organi (ordini professionali, Camere di commercio, aziende speciali dei comuni, autorità indipendenti: es. Garante Privacy). FONTI DI ORIGINE COMUNITARIA L’articolo 249 del Trattato CE (1957) stabilisce che gli organi comunitari sono abilitati ad emanare regolamenti, direttive, decisioni (vincolanti), raccomandazioni e pareri (non vincolanti). REGOLAMENTO – Ha portata generale; è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli stati membri al pari delle leggi ordinarie - in vigore dopo 20 giorni dalla pubblicazione nella GU-UE. Il regolamento comunitario è vero e proprio diritto interno; se una legge di uno stato membro contrasta con un regolamento CE deve essere disapplicata dal giudice; il regolamento comunitario prevale sulla legge nazionale anche se questa sia posteriore. DIRETTIVA – Vincola lo stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Sono atti che vincolano lo Stato in relazione al solo risultato da perseguire, e in ordine al quale lo stato emanerà (nei termini fissati dalla direttiva) una legge o un regolamento. DECISIONE – SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA Legge comunitaria annuale Il nostro ordinamento nazionale si adegua periodicamente all’ordinamento comunitario attraverso la legge comunitaria annuale (come previsto dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11) nella quale sono previste: disposizioni modificative o abrogative di norme vigenti in contrasto con gli obblighi comunitari; disposizioni modificative o abrogative di norme vigenti oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Commissione della CE nei confronti dell’Italia; disposizioni per dare attuazione a trattati internazionali; disposizioni che autorizzano il governo ad attuare le direttive con regolamento, ecc. Può la PAT partecipare all’emanazione di una direttiva o di un regolamento comunitario ? Art. 117, comma 5, Cost. La partecipazione delle Regioni e delle Province Autonome all’attività normativa comunitaria è stata disciplinata dalla riforma costituzionale avvenuta con legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, e dalla relativa legge di attuazione n. 131 del 2003. In particolare, l’art. 117, comma 5, Cost. recita: “Le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”. Quindi la Regione e le Province Autonome partecipano: nella fase ascendente del diritto comunitario, vale a dire all’iter procedurale che porta all’adozione di un determinato atto; nella fase discendente del diritto comunitario, vale a dire nel momento in cui diventa necessario dare attuazione agli atti normativi comunitari. LE ORDINANZE Sono diversi tipi di atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza impongono “ordini”. Hanno carattere normativo e cioè creano delle regole generali e astratte. Non possono contrastare con Costituzione, né con legge ordinaria; non possono contenere norme penali. Si dividono in tre gruppi: ordinanze previste in campi specificamente indicati dal legislatore (i provvedimenti-prezzo del CIP); ordinanze previste dalla legge in casi eccezionali, di particolare gravità (ordinanze del Ministro dell’interno o del Prefetto per la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico); ORDINANZE DI NECESSITA’ E URGENZA: per fronteggiare situazioni di emergenza: sono atipiche (la legge fissa solo i presupposti); presuppongono una necessità ed urgenza di intervenire; sono straordinarie (utilizzate solo ove la situazione di pericolo non possa essere fronteggiata altrimenti); hanno durata limitata; trovano fondamento esclusivamente nella legge; devono essere adeguatamente motivate e vanno pubblicizzate. Potere del Prefetto, Sindaco (es. art. 32 l. 833/78); in P.A.T. del Presidente della Provincia. GLI STATUTI: Per statuto si intende un atto normativo avente come oggetto l’organizzazione dell’ente e le linee fondamentali della sua attività. Lo statuto è quindi espressione di una potestà organizzatoria a carattere normativo, che può essere attribuita o allo stesso ente sulla cui organizzazione si statuisce, oppure ad organo/ente diverso. Gli statuti regionali (nuovo art. 114 Cost.) sono approvati con legge regionale (art. 123 Cost.) per le regioni ordinarie; invece, gli statuti delle regioni ad autonomia speciale (e Province autonome) sono adottati con legge costituzionale. In attuazione dell’art. 128 della Costituzione, l’art. 6 del D.lgs. 267/2000 ha espressamente previsto che i Comuni e le Province adottano il proprio statuto. L’art. 114 della Cost. come modificato con l. cost. 3/2001 stabilisce che “i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla costituzione”. La consuetudine: E’ la tipica fonte del diritto non scritto; consiste nella ripetizione di un comportamento da parte di una generalità di persone, con la convinzione della giuridica necessità di esso. Necessita di due elementi essenziali: uno oggettivo (cioè il ripetersi di un comportamento costante ed uniforme per un certo periodo di tempo) e uno soggettivo (la c.d. opinio iuris ac necessitatis, cioè la convinzione della giuridica necessità del comportamento). Può essere di 3 tipi: praeter legem, se riguarda materie non disciplinate dalla legge; secundum legem, efficace solo se espressamente richiamata dalla legge (art. 8 disp.prel.c.c.); contra legem, se relativa a comportamenti contrari alle norme di legge (è inammissibile). NORME INTERNE DELLA P.A. Tutte le P.A. emanano norme interne relative al funzionamento dei propri uffici e alle modalità di svolgimento della loro attività, dando luogo ad un ordinamento amministrativo interno. Diversi sono gli atti amministrativi interni: regolamenti, ordini, circolari, istruzioni. La categoria delle circolari è molto ampia - vari tipi: organizzativa, contenente disposizioni sull’organizzazione degli uffici; interpretativa, recante l’interpretazione di leggi e regolamenti al fine di assicurare l’uniforme interpretazione; normativa recante precetti vincolanti per le azioni successive dell’amministrazione; informativa (su determinati atti o problemi); oppure di cortesia … Le norme interne trovano fondamento: nel potere di autoorganizzazione proprio di ogni PA, ovvero nel potere di supremazia speciale, nei confronti di uffici “inferiori”. Riserva di legge Consiste in una espressa limitazione della potestà normativa per determinate materie, operata dalla Costituzione a favore della legge ordinaria. Può essere assoluta, quando la Costituzione impone al legislatore di disciplinare la materia in modo tendenzialmente compiuto, per cui ai regolamenti è lasciata la sola disciplina di dettaglio (formula: “nei casi e nei modi previsti dalla legge”), oppure relativa, quando si affida al legislatore la disciplina degli aspetti fondamentali della materia, lasciando maggior spazio al potere regolamentare e alla discrezionalità della P.A. (espressione usata: “in base alla legge”). Interpretazione: Attività intellettiva mediante la quale si accerta o si attribuisce un dato significato alla norma giuridica al fine di ricavarne una regola. In base al primo comma dell’art. 12 disp. prel. c.c. “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore” Quando si rileva una lacuna del diritto, l’art. 12, comma 2, delle disp.prel. dispone che il giudice interprete tenga conto delle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (analogia legis), e, se il caso rimane ancora dubbio, decida secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato (analogia iuris). L’art. 11, comma 1, delle disposizioni preliminari al codice civile prevede che “la legge non dispone che per l’avvenire” (la norma può essere derogata da altre norme di legge, ma non da fonti secondarie). Il principio di irretroattività assurge a rango costituzionale in materia penale - l’art. 25 Cost.: “ Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.