Il latte Il latte è uno degli alimenti più importanti della dieta umana, in quanto contiene un numero elevatissimo di principi nutritivi, tra cui proteine, vitamine, grassi e sali minerali In via generale il latte è un alimento ricco e poco caro. È l'unico prodotto animale la cui funzione specifica è quella di servire da alimento completo. Il valore alimentare del latte dipende anzitutto dal suo contenuto di proteine (lattoalbumina, lattoglobulina e protidi complessi: si tratta del caseinogeno, una fosfoproteina che, coagulando, dà la caseina) che nel complesso non sono affatto da ritenersi inferiori a quelle delle uova, della carne e del pesce La caseina e la lattoalbumina sono proteine complete, cioè che contengono tutti gli aminoacidi necessari per il fabbisogno del nostro organismo. Inoltre, nella scala del valore biologico delle proteine, la lattoalbumina ha il secondo posto, preceduta dalla ovoalbumina (proteina dell'uovo) e seguita dalla miosina (proteina della carne) Importanza commerciale L’importanza commerciale del latte risiede nella sua grandissima diffusione e consumo, anche se il suo valore come alimento di qualità non è certo paragonabile a quello di vini od oli di grande qualità. Nondimeno il latte è, fra i prodotti di origine animale, l’alimento più controllato dal punto di vista chimico e microbiologico. Non solo le Centrali, i Consorzi o le Aziende produttrici di grandi dimensioni, ma anche i piccoli e medi produttori necessitano di monitorare costantemente i requisiti di qualità del latte, sia per il rispetto delle norme igienico-sanitarie (in quanto prodotto soggetto a deperimento naturale), sia per esigenze economiche legate al pagamento del prodotto Composizione delle latte Il latte, quale che sia la sua origine, è chimicamente una dispersione, ovvero una miscela non omogenea in cui alcuni componenti, principalmente proteine, sono dispersi in acqua mentre altri sono disciolti (zuccheri, sali minerali, vitamine); altri composti sono in emulsione, come i grassi La composizione varia a seconda dell’origine del latte, cioè se umano, bovino, caprino, ovino, ecc. I componenti principali del latte sono l’acqua (40-90%), le proteine (113%), i grassi (1.5-46%) e gli zuccheri (1-7%). Sono presenti molte delle principali vitamine (prevalgono la A, la B e la C), ma non tutte in quantità sufficiente, in particolare la D. Circa i sali minerali, il latte è l'alimento più ricco di calcio (17%) e contiene quantità rilevanti di potassio, fosforo, cloro, sodio, magnesio, oltre che di elementi biocatalizzatori come ferro, rame, zinco, manganese, iodio, cobalto. Infine, sono presenti enzimi ed anticorpi specifici per ogni specie animale In natura, il latte è l'alimento previsto per la crescita dei cuccioli dei Mammiferi, ed il latte di ogni specie va ad esclusivo beneficio di quella specie; questo è evidente dalla diversa composizione dei vari tipi di latte Tipi di latte In realtà non esiste il latte, ma alcuni latti e la loro composizione riflette qualche lieve differenza Bisogna innanzitutto citare il latte della donna, di cui si sottolineano le differenze dal latte vaccino, sufficienti a obbligare talvolta a una modifica mediante procedimenti fisici o, come minimo, a realizzarne il taglio Fra il latte di provenienza animale si utilizzano quelli di capra, asina e cammello, ma è quello di vacca a costituire nei fatti il grosso dei consumi di latte. Alcuni formaggi vengono invece ottenuti dal latte di capra o di pecora Composizione del latte di diversi mammiferi (100 g) Latte Proteine Lattosio Grasso Acqua Donna 0.9 7.2 3.5 88 Cavalla 2.2 5.9 1.5 90 Asina 1.5 6.2 1.5 90 Mucca 3.6 4.9 3.5 87 Capra 4 4.5 4.3 86 Pecora 6 4.5 7.5 81 Bufala 4.8 4.7 7.5 82 Scrofa 6 5.4 6 82 Gatta 9 5 5 80 Cane 10 3 10 75 Ratto 8 2.6 10.3 79 Coniglio 13.5 1.8 12 70 Focena 12 1.3 46 40 Balena 10 0.8 35 54 Analisi del latte Le analisi chimiche del latte sono assolutamente necessarie per valutarne i caratteri organolettici e, soprattutto, la genuinità. Il numero di parametri determinati di routine non è elevatissimo; normalmente, le procedure inerenti al campionamento e all’esecuzione delle analisi chimiche risultano essere molto più semplici rispetto a quelle per le analisi microbiologiche Le principali analisi che si effettuano di routine sul latte sono le seguenti: determinazione dell’indice crioscopico densità del latte e del siero valutazione dello stato di freschezza acidità titolabile pH determinazione della materia grassa determinazione del residuo secco e secco-magro determinazione delle proteine e della caseina determinazione del lattosio determinazione dei cloruri prova dei fosfati prova della perossidasi prova lattofermentativa prova caseozimiscopica Sono poi effettuate prove microbiologiche e prove per valutare la presenza di antibiotici e altre sostanze di interesse tossicologico come le micotossine Parametri di interesse A seconda delle componenti del latte considerate, si possono descrivere alcuni parametri che hanno importanza nella definizione della qualità e della genuinità del latte: Parametri che dipendono dall’insieme delle sostanze presenti Parametri che dipendono dalle sostanze in soluzione Parametri che dipendono dagli ioni presenti Parametri che dipendono dall’insieme delle sostanze presenti residuo secco totale residuo secco magro densità o peso specifico acidità tensione superficiale Residuo secco La materia secca del latte è la sostanza che resta alla fine del processo di essiccazione espressa in % in massa (% m/m). Il valore del tenore in materia secca deve essere pari al 12 – 13% La determinazione della materia secca consente di avere indicazioni sull’annacquamento o sulla scrematura del latte: entrambe le operazioni comportano una sua diminuzione L’analisi comporta la determinazione dell’umidità del latte mediante evaporazione in stufa. Il latte si porta in capsula (tarata) in bagnomaria bollente e poi a 104°C fino a evaporazione totale del liquido Il tenore in materia secca si può ricavare anche con la formula di Fleischmann, una volta effettuate le determinazioni del peso specifico e del tenore in materia grassa: % materia secca 1.2G 2.665 x G = % m/v in materia grassa ps = peso specifico del latte a 15 °C (100 x ps 100) ps Residuo secco magro Il residuo secco magro è dato dall’insieme dei costituenti del latte escluso il grasso. Il tenore in materia secca magra nel latte deve essere non inferiore all’8.70% (se il tenore in materia grassa supera il 3.15% deve essere non inferiore all’8.50%) Valori inferiori all’8,50 % rendono il latte sospetto di annacquamento: per tale motivo si determina l’indice crioscopico. Un elevato valore del tenore in materia secca magra indica un’elevata percentuale di sostanze proteiche e quindi una buona resa di trasformazione in formaggio. Valori ottimali sono 90-120 g/l Il residuo secco magro è un valore regolare poiché la componente più variabile è quella del grasso ed avendolo eliminato precedentemente, il risultato finale è stabile La determinazione del residuo secco magro si effettua con un calcolo, sottraendo dal residuo secco % la materia grassa % (vedi oltre): % materia secca magra = % materia secca - % materia grassa Densità del latte La densità o peso specifico o massa volumica è un parametro di base. Il suo valore nel latte è determinato da due opposti fattori di variazione: la concentrazione di elementi disciolti ed in sospensione (residuo magro), proporzionale alla densità, e la quantità di grasso in emulsione, inversamente proporzionale. A 15°C la densità deve avere valori compresi fra 1.029 e 1.034 g/ ml. Questi valori risultano superiori in caso di latte scremato (tra 1.035 e 1.037), inferiori in caso di latte annacquato. Se la scrematura e l’annacquamento vengono effettuati sullo stesso prodotto, potrebbero non verificarsi variazioni del peso specifico e la sofisticazione sarebbe nascosta; in tal caso si può effettuare un controllo sulla % di materia grassa, sull’indice crioscopico e sulla densità del siero Oltre che sul latte, la densità è controllata anche sul siero, cioè il latte privato di proteine e grassi mediante coagulazione. La densità del siero a 15° C deve avere valori compresi fra 1.026 e 1.028 g/ ml; le variazioni sono più contenute in quanto è diminuito uno dei fattori che influenzano la densità. Determinazione della densità Per la determinazione della densità si utilizza un areometro, il lattodensimetro di Quevenne, un’asta di vetro contenente un’estremità zavorrata e una avente una scala graduata in 29 tacche, comprese tra 14 e 42: le due cifre indicano la seconda e la terza decimale, quindi si deve anteporre ad esse 1.0. Lo strumento incorpora un termometro ed è tarato a 15°C. La determinazione è basata sul Principio di Archimede: un corpo galleggiante (in questo caso l’areometro) si immerge nel latte fino a quando il peso del liquido spostato equivale al peso dell’areometro La densità del siero si misura alla stessa maniera, dopo coagulazione di proteine e grassi con una soluzione di CaCl2 a caldo, raffreddamento e separazione del precipitato di caseina Acidità del latte L’acidità del latte è dovuta a quattro componenti, di cui i primi tre formano l’acidità naturale del latte: • acidità dovuta ai gruppi acidi della caseina: 2/5 dell’acidità naturale • acidità dovuta alle sostanze minerali (acido carbonico) e alle tracce di acidi organici (acido citrico), sia liberi sia legati alle micelle di caseina: 2/5 dell’acidità naturale • reazioni secondarie dovute ai fosfati: 1/5 dell’acidità naturale • acidità sviluppata che è dovuta all’acido lattico proveniente dalla fermentazione del lattosio ad opera dei fermenti lattici dopo la mungitura Le unità di misura utilizzate per esprimere l’acidità del latte sono tre: • Gradi SH°= Soxhlet- Henkel: sono usati in tutto il mondo, tranne che in Francia ed Inghilterra. Sono i ml di NaOH 0,25 N necessari per neutralizzare 100 ml di latte (6-8 SH°/100 ml in un latte normale) • Gradi D°= Dornic: sono usati in Francia. Sono i ml di NaOH al 0,11 N necessari per neutralizzare 100 ml di latte (14-18 D° in latte normale) • Gradi T°= Turner: sono usati in Inghilterra. Sono i decimi di ml di NaOH al 0,1 N necessari per neutralizzare 10 ml di latte Determinazione dell’acidità del latte L’acidità del latte è determinata volumetricamente con titolazione acidobase. Si utilizza NaOH 0.25 N come titolante e fenolftaleina come indicatore. Per cogliere esattamente il viraggio a colorazione rosea persistente, è necessario operare in ottime condizioni di luce e confrontare il risultato con il latte naturale L’acidità del latte espressa in gradi Soxhlet-Henkel (°SH) si può convertire nel valore equivalente di acido lattico presente in 100 ml di latte, moltiplicando i gradi SH x 0.0225 Acidità (°SH) Tipo di latte 6-7 Latte di cattiva coagulazione 7-8 Latte normale 8-8.5 Latte sub-acido (di difficile conservabilità) 8.5-9 Latte acido (cattiva conservabilità) 9-10 Latte acido anche al sapore (coagula all’ebollizione) > 10 Latte che coagula al calore Acido lattico Determinazione dell’acido lattico Oltre all’acidità totale, è utile determinare la quantità di acido lattico presente nel campione di latte. Essendo l‘acido lattico prodotto dalla fermentazione del lattosio ad opera principalmente dell'attività microbica, la sua concentrazione è correlata alla carica batterica totale e può essere un utile indicatore del buon stato di conservazione del latte Un metodo di determinazione è per via spettrofotometrica. Il metodo si basa su una reazione enzimatica che porta alla formazione di un complesso viola la cui intensità, misurata a 545 nm, è direttamente proporzionale alla concentrazione di acido lattico nel campione 0,60 0,50 0,40 Assorbanza Y = mX + n Ass. = Conc. · m + n Conc. = (Ass. – n)/m 0,30 0,20 0,10 0,00 0,00 10,00 20,00 30,00 40,00 Concentrazione (moli/l) 50,00 60,00 Tensione superficiale Nel latte sottoposto a riscaldamento, la tensione superficiale si manifesta con la formazione di un film chiamato pelle. Questa è dovuta alla presenza nel latte di sostanze come la caseina e il sigma proteoso che tendono ad interagire fra di loro e che si dispongono sulla superficie del liquido Per riscaldamento evapora l’acqua in superficie, la caseina ed il sigma proteoso (sostanza azotata del siero) possono concentrarsi, interagire tra di loro per inglobare grasso e formare la pelle. In un latte con elevato tasso di grasso si ha una minore tensione superficiale; in una crema tale tensione è ancora minore, per questo agitando la crema si forma più facilmente la schiuma che non agitando il latte La presenza di sostanze organiche nel latte spiega l’abbassamento della tensione superficiale in rapporto a quella dell’acqua pura. Questa forza superficiale viene espressa in dine/cm e diminuisce quando la temperatura aumenta. La diluizione del latte, fino a circa 10 volte, non comporta una modificazione sensibile della tensione Parametri che dipendono dalle sostanze in soluzione indice di rifrazione: quando un raggio luminoso passa obliquamente da un mezzo trasparente ad un altro più rifrangente, subisce una deviazione che prende il nome di rifrazione. Il rapporto dei seni dell’angolo di incidenza e l’angolo di rifrazione si mantiene costante per due dati mezzi trasparenti e questa costante è l’indice di rifrazione. Per il latte esso vale 1.3440-1.3480 (riferito alla luce gialla del Na). L’indice di rifrazione è utile per stabilire se il latte è stato annacquato, considerando che l’indice dell’acqua è pari a 1.3329. Si può anche arrivare a determinare la quantità di acqua che è stata aggiunta. Si utilizza il siero del latte dopo averlo deproteinato per aggiunta di solfato di calcio o cloruro di calcio. Inoltre può fornire un dosaggio indiretto del lattosio nel latte magro deproteinizzato punto di ebollizione: è attorno ai 100.16°C, ma questo fattore non viene utilizzato per determinare se ci sono delle alterazioni Punto di congelamento Si dice punto di congelamento o indice crioscopico la temperatura a partire dalla quale la fase solida e quella liquida coesistono. Se consideriamo il punto di congelamento dell’acqua pura, 0°C, una soluzione acquosa tenderà a congelare a temperature proporzionalmente più basse in ragione della quantità di sostanze disciolte, a causa dell’interazione tra i soluti e il solvente che causa il cosiddetto abbassamento crioscopico Il latte congela naturalmente attorno a –0.5°C; questo valore, più basso di quello dell’acqua, è giustificato dal fatto che il latte contiene una quantità elevata di sostanze disciolte, principalmente il lattosio e i sali minerali; tra le sostanze in soluzione ci sono anche le sieroproteine, ma dato che hanno peso molecolare nell’intervallo 15.000-150.000 e sono presenti nel latte solo in concentrazione di 5-7 g/l, la loro concentrazione osmotica (moli/l) non influenza molto l’indice crioscopico Fattori di variazione Nel latte genuino l’indice crioscopico è di –0.55°C. Si possono avere variazioni stagionali da -0.53°C a –0.575°C: l’abbassamento è più consistente nei mesi freddi, mentre l’aumento è più evidente nei mesi caldi a causa dell’alto tenore nei sali della reazione alimentare. In realtà, l’indice è piuttosto costante perché le sostanze che lo determinano maggiormente sono quelle che hanno una minore variabilità percentuale nel corso della lattazione (lattosio e sali) Fattori che influenzano localmente l’indice crioscopico del latte possono essere l’età, la razza e lo stato di salute delle mucche; il latte proveniente da vacche ammalate ha un indice crioscopico compreso tra –0.56°C e +0.610°C e nelle vacche affette da mastiti streptococchi può arrivare a +0.81°C la disponibilità di acqua l’alimentazione il tempo meteorologico e la temperatura delle stalle il periodo di mungitura i trattamenti del latte la conservazione dei campioni prima della determinazione dell’indice crioscopico Annacquamento del latte % acqua addizionata Il punto di congelamento può essere sfruttato per riconoscere un eventuale annacquamento del latte. Infatti, l’indice crioscopico è il parametro meno variabile del latte fresco e con la sua determinazione si riesce a stabilire se il latte è stato addizionato di acqua e, in caso affermativo, in che misura. Quando l’acqua è addizionata al latte, la concentrazione di sali minerali e di zuccheri viene diluita e questo comporta un innalzamento della temperatura alla quale il 100 latte congela normalmente. Se 80 consideriamo da una parte il 60 punto di congelamento dell’acqua (0°C) e dall’altra il 40 punto di congelamento del 20 latte (circa -0.5°C), l’intervallo 0 compreso è linearmente proporzionale al contenuto di -0.6 -0.4 -0.2 0 acqua addizionata alla Punto di congelamento (°C) dispersione Determinazione dell’indice crioscopico La determinazione dell’indice crioscopico si effettua con uno strumento noto come crioscopio di Beckmann. La misura è preceduta da un azzeramento della scala del termometro del crioscopio, mediante la determinazione del punto di congelamento dell’acqua. Il valore misurato sul campione di latte sarà quindi calcolato come segue: Indice crioscopico (°C) = T - T1 T = temperatura di congelamento dell’acqua T1 = temperatura di congelamento del latte La determinazione dell’indice crioscopico può essere effettuata su campioni di latte la cui acidità espressa in acido lattico non risulti superiore a 0.18 g di acido lattico per 100 ml di latte. Si può effettuare la prova anche su latte acido detraendo dal risultato il valore 0.05 per ogni grammo di acidità, espressa in acido lattico, superiore a 1.2 Problemi nella determinazione Anche l’indice crioscopico ha dei limiti nell’attendibilità, infatti ci sono dei casi in cui questo non va bene: si può avere un latte annacquato con un punto di congelamento normale, oppure un latte genuino con un punto di congelamento anormale: durante la sterilizzazione alcuni sali si aggregano alle sostanze proteiche, altri precipitano, e in questo modo diminuisce il numero di moli in soluzione con conseguente avvicinamento del punto di congelamento a quello dell’acqua Parametri che dipendono dagli ioni presenti in soluzione conducibilità elettrica: nel latte, la presenza di elettroliti minerali (cloruri, fosfati, citrati) e di ioni colloidali favorisce il passaggio della corrente nell’acqua. La conducibilità del latte si misura in µSiemens oppure in ohm-1, unità inverse alla resistenza elettrica. Il parametro varia con la temperatura: a 25°C il valore medio nel latte è fra 40·10-4 e 50·10-4 ohm-1. L’annacquamento abbassa la conducibilità, mentre l’acidificazione l’aumenta Potenziale di ossidoriduzione Il potenziale di ossidoriduzione è definito come la differenza di potenziale che si crea tra un elettrodo di platino immerso in una soluzione ed un elettrodo di riferimento al calomelano. Un valore positivo (perdita di elettroni) indica proprietà ossidanti della soluzione; un valore negativo (acquisto di elettroni) indica proprietà riducenti. Il latte fresco normale ha un potenziale redox positivo compreso tra +0.20 e +0.30 volt. I valori che intervengono nel determinare le proprietà ossido-riduttive del latte sono: l’ossigeno disciolto, responsabile in gran parte del potenziale positivo del latte fresco crudo il latte contiene inoltre un sistema riduttore naturale che è formato dalla xantino-ossidasi. Si manifesta in presenza di blu di metilene, che viene decolorato. Tale sistema è distrutto per riscaldamento a 80°C un’elevata carica microbica abbassa rapidamente il potenziale redox del latte pH del latte Il pH del latte ne indica lo stato di freschezza e l’acidità attuale, cioè il contenuto di ioni idrogeno disciolti, a differenza dell’acidità titolabile che esprime un dato di acidità totale, in quanto tiene conto anche degli ioni idrogeno non dissociati Il pH è un parametro importantissimo e semplice da misurare. Nel latte il valore di pH è solitamente prossimo alla neutralità (cioè 7); il latte è una soluzione tamponata, cioè per piccole aggiunte di acidi o basi il suo pH non varia. Questo è dovuto alla presenza di numerosi composti che hanno funzioni acide o basiche libere pH Tipo di latte che neutralizzano eventuali basi o acidi 6.7 latte normale aggiunti; si tratta principalmente delle proteine del latte che presentano gruppi 6.5 acidificazione incipiente ionici con cariche positive o negative a 6.3 acidificazione leggera seconda del pH. Pertanto si può 6.1 acidificazione avanzata considerare anormale quel latte che presenta piccoli scostamenti di pH dal 5.9 acidificazione avanzata valore normale (minore di 6.6 e maggiore 5.7 acidificazione avanzata di 6.8). Esiste una relazione di 5.2 latte acido proporzionalità inversa fra il pH e la quantità di proteine presenti, quindi 4.5 latte coagulato quando il contenuto totale di proteine 7.1 latte patologico scende, il pH aumenta Altre analisi Oltre ai test analitici sui parametri citati in precedenza, ci sono altre determinazioni che possono dare utili indicazioni sulla qualità dei latticini. Tra queste, sono particolarmente significative le seguenti: Ceneri totali e alcalinità delle ceneri Materia grassa Proteine totali Azoto totale, proteico, non proteico e non caseinico Urea Lattosio e zuccheri Attività perossidasica Attività fosfatasica Anioni inorganici (in particolare cloruri) Cationi inorganici Perossido di idrogeno Determinazione delle ceneri Le ceneri si determinano pesando il latte, evaporandolo, incenerendolo e pesando il residuo costituito prevalentemente da sostanze inorganiche. Il campione viene prima essiccato in stufa ad aria forzata a 100 ± 2°C per 4 ore e successivamente posto in muffola a 550°C. Il contenuto in ceneri del latte è il peso del residuo espresso come percentuale del peso di partenza del latte Sulle ceneri così ottenute si determina anche l’alcalinità delle ceneri, determinata dalla quantità di ioni alcalini e alcalino-terrosi presenti nel latte: essa si calcola dagli ml di NaOH 0.1 N necessari per titolare una quantità nota di HCl 0.1 N, aggiunto in eccesso per sciogliere le ceneri ottenute da un campione di latte di 5 ml. La titolazione si effettua in presenza di indicatore fenoftaleina Determinazione della materia grassa Il tenore in materia grassa del latte può variare tra il 3 e il 4.5%. Il latte intero deve avere un tenore di grasso non inferiore a 3.2%, il latte parzialmente scremato varia tra 1.5 e 1.8 % e nel latte scremato il tenore di grasso è < 0.5% Il tenore in materia grassa si determina con il butirrometro di Gerber. In questo metodo si utilizza acido solforico per sciogliere tutti i componenti del latte ad eccezione dei grassi, che possono essere separati per centrifugazione. Oltre all’acido solforico si addiziona alcol amilico (1-pentanolo) per estrarre la materia grassa impedendone la carbonizzazione Nel butirrometro si pongono l’acido solforico, il latte a temperatura ambiente e l’alcool amilico. Dopo avere scaldato a bagnomaria a 65-70°C per 10 minuti circa e centrifugato si formano 3 strati: in mezzo uno strato rosso scuro o talvolta violaceo, composto dalle sostanze organiche demolite dall’acido solforico; sopra uno strato oleoso trasparente di colore giallastro composto dalla sostanza grassa e sul fondo uno strato sottile biancastro, composto da sali minerali e sostanze insolubili. Facendo coincidere lo zero della scala graduata con la linea di separazione degli strati rosso scuro e giallastro, si legge il valore di % di materia grassa Determinazione delle proteine totali Il contenuto proteico è un indice di qualità e di pregio del latte e riveste importanza anche nei processi produttivi. Le proteine del latte sono quindi materia nobile e sono costituite per circa l’80% dalla caseina La determinazione del tenore di proteine totali e di caseina si può effettuare con il metodo Steinegger: si tratta di un metodo volumetrico basato sulla reazione di Schiff tra i gruppi amminici liberi delle proteine e l’aldeide formica. I gruppi amminici delle proteine vengono bloccati dall’aldeide, lasciando liberi e quindi titolabili i gruppi carbossilici che sono determinati mediante titolazione acido-base con NaOH in presenza di fenolftaleina R-NH2 + HCHO R-N=CH2 + H2O Determinazione dell’azoto La determinazione dell’azoto è importante per valutare il profilo proteico del latte, essendo dovuto in gran parte alle funzioni amminiche delle proteine. Si utilizza il famoso metodo di Kjeldhal Il metodo consiste nella digestione, in tubo di Kjeldhal, di un’aliquota per l’analisi con acido solforico, utilizzando CuSO4·5H2O come catalizzatore e K2SO4 per aumentare il punto di ebollizione, in modo da liberare tutto l’azoto organico dalle proteine e convertirlo in solfato d’ammonio. Al digerito raffreddato è aggiunto un eccesso di NaOH per liberare ammoniaca, che viene distillata e raccolta in una soluzione di acido borico e titolata con una soluzione di HCl a titolo noto, in presenza di miscela indicatore rosso metile e verde di bromocresolo. Il tenore in azoto del campione è calcolato partendo dalla quantità di ammoniaca prodotta Oltre all’azoto totale, è utile determinare il contenuto di azoto non proteico, che si misura sul campione di latte deproteinato con acido tricloroacetico, e il contenuto di azoto non caseinico, che esprime la quantità di proteine diverse dalla caseina Urea nel latte La determinazione dell’urea nel latte può costituire la base per valutare l'idoneità di una determinata dieta del bestiame da latte, allo scopo di ottenere un prodotto di buona qualità e ad alto contenuto proteico. Infatti il contenuto di urea nel latte crudo è scarsamente correlato alle caratteristiche dell'animale ed è piuttosto in relazione con la quantità di apporto proteico nell'alimentazione dell'animale; il suo dosaggio permette quindi di definire una dieta adeguata, utilizzando l'urea come indicatore dell'efficienza dei programmi di alimentazione negli allevamenti del bestiame da latte In seguito ad un cambiamento delle esigenze del consumatore che predilige sempre più la componente proteica del latte rispetto alla parte grassa, si è sviluppato un sistema di prezzi che ha ridotto il peso economico della frazione di materia grassa in favore di quella proteica. L'analisi del contenuto proteico del latte può essere effettuata misurando l'azoto presente nel campione, ma alte concentrazioni di urea nel latte determinano un aumento di questo parametro che può essere erroneamente considerato azoto proteico. L'analisi dell’urea permette di distinguere il contenuto di urea dal reale tenore di proteine del latte Si è inoltre evidenziato che alte concentrazioni di urea nel NH2 NH2 latte producono effetti negativi sui processi di C caseificazione. L'analisi dell’urea nel latte permette quindi di prevenire eventuali problemi O Determinazione dell’urea La determinazione dell’urea si HO N CH3 C C effettua per via spettrofotometrica, diacetilmonossima H3C O misurando l’assorbanza del campione dopo averlo fatto reagire con un H2N composto organico. La concentrazione C NH tiosemicarbazide dell’urea è direttamente S NH2 proporzionale all’intensità del colore rosa sviluppatosi nella reazione con la diacetilmonossima in presenza di tiosemicarbazide; la misura spettrofotometrica è effettuata ad una lunghezza d’onda compresa nell’intervallo 515-540 nm Questa determinazione si effettua sul latte deproteinato con addizione di acido tricloroacetico. Un altro dosaggio, effettuato sul latte non trattato, impiega una reazione colorimetrica in cui l'urea viene trasformata dall’enzima ureasi in ammoniaca, la quale reagisce con un derivato fenolico formando un complesso verde-blu la cui intensità, misurata a 700 nm, è direttamente proporzionale alla concentrazione di urea nel campione Determinazione del lattosio La determinazione del lattosio si effettua con il metodo di Fehling, dopo separazione delle proteine dal siero contenente il lattosio. Il reattivo di Fehling contiene Cu2+ che ossida gli zuccheri (tra cui il lattosio è predominante): Zucchero + Cu2+ prodotto ossidato + Cu+ Esso si compone di due soluzioni (contenenti rispettivamente CuSO4 e tartrato doppio di sodio e potassio in NaOH), miscelate al momento dell’uso. La miscelazione sviluppa un colore blu intenso che, sotto riscaldamento, in presenza di zuccheri vira ad una colorazione variabile tra il giallo-uovo, l'arancio ed il rosso mattone. Per poter apprezzare meglio l'effetto, è opportuno che il liquido su cui si effettua il test sia limpido, per cui la misura si effettua sul latte deproteinato Operativamente, la determinazione si effettua ponendo una quantità nota di reattivo di Fehling in un contenitore e titolando il reattivo con il siero del campione, in presenza di indicatore blu di metilene e in condizioni di ebollizione per favorire la reazione. La fine della titolazione è segnalata dal viraggio blu-rosso Determinazione dell’attività perossidasica La lattoperossidasi è un enzima presente in grandi quantità nel latte crudo. La sua persistenza nel latte pastorizzato può venire adottata come indice di qualità del prodotto Il saggio si effettua per via colorimetrica. L’enzima lattoperossidasi decompone il perossido di idrogeno; l’ossigeno atomico liberato ossida il reagente 1,4-fenilendiammina che è incolore, trasformandolo in nel composto indofenolo di colore viola. La comparsa di tale colore indica la presenza dell’enzima perossidasi nel latte; l’intensità del colore è proporzionale alla concentrazione dell’enzima Determinazione della fosfatasi alcalina La Fosfatasi Alcalina (ALP) è un enzima normalmente presente nel latte crudo, che viene inattivato a condizioni di trattamento termico leggermente più drastiche di quelle richieste per la distruzione dei batteri patogeni. Quindi la ricerca dell'ALP nel latte pastorizzato serve per verificare che il processo sia avvenuto in modo corretto. Un latte pastorizzato correttamente può mantenere una contaminazione di latte crudo al massimo dello 0.1%, corrispondente a 350-500 mU/l Il metodo si basa su una reazione enzimatica a partire dal composto 4nitrofenilfosfato, che porta alla formazione di un colore giallo la cui intensità, misurata a 405 nm, è direttamente proporzionale alla concentrazione di ALP nel campione Analisi di specie ioniche con IC Nelle determinazioni mediante cromatografia ionica, il latte non può essere iniettato direttamente in colonna, sia a causa del suo elevato contenuto salino, sia soprattutto a causa dei colloidi dispersi presenti in grande quantità, che intaserebbero la fase stazionaria Una soluzione consiste nel rimuovere le sostanze colloidali precipitandole, per esempio portando il pH del campione di latte al punto isoelettrico, in modo da precipitare le proteine, ma la procedura è lunga in quanto richiede la rimozione del precipitato mediante centrifugazione; inoltre va verificata la possibilità di coprecipitazione degli analiti Una valida alternativa per la purificazione del campione consiste nell’utilizzo della dialisi, attraverso la quale si ottiene una soluzione purificata contenente soltanto gli analiti di interesse La dialisi Il pretrattamento con dialisi sfrutta la migrazione di sostanze a basso peso molecolare attraverso una membrana di materiale polimerico (es. acetato di cellulosa), impermeabile al passaggio di particelle grandi (> 0.2 µm), fino a raggiungere l’equilibrio tra il campione e una soluzione accettore I pazienti che soffrono di insufficienza renale cronica utilizzano questo metodo. A causa di questa disfunzione, nel loro sangue i composti ionici a basso peso molecolare si accumulano a concentrazioni troppo elevate, alterando l’equilibrio elettrolitico e le funzioni metaboliche collegate. La concentrazione di questi ioni va quindi ridotta ad intervalli regolari attraverso la dialisi: una soluzione accettore a bassissima forza ionica – usualmente acqua ultrapura – è fatta scorrere lungo una membrana semipermeabile, mentre il sangue del paziente scorre dall’altro lato della membrana. Gli ioni diffondono dalla soluzione a maggiore forza ionica, il sangue, alla soluzione a minore forza ionica, la quale è rinnovata in continuo per fare in modo che l’equilibrio non sia mai raggiunto e la migrazione dal sangue sia continua, fino ad ottenerne la purificazione Dialisi per il latte Il pretrattamento di campioni di latte a scopo analitico ha l’obiettivo opposto: la soluzione accettore è a contatto con la membrana in condizioni statiche, in modo che si raggiunga l’equilibrio al quale gli ioni sono totalmente migrati nella soluzione accettore, la quale può essere utilizzata per la determinazione degli analiti ionici in quanto non contiene le sostanze interferenti Il metodo di dialisi può essere automatizzato all’interno di un cromatografo ionico. Il tempo necessario per raggiungere l’equilibrio di dialisi è di circa 10 minuti, dopo il quale il campione (cioè la soluzione accettore) è iniettato in colonna; mentre l’eluizione è in corso è possibile preparare un nuovo campione con la dialisi Sulla soluzione trattata con dialisi è possibile determinare tutte le specie ioniche a basso peso molecolare, come anioni, cationi e oligosaccaridi Determinazione degli anioni La determinazione degli anioni inorganici è importante soprattutto per quanto riguarda il contenuto di ioni cloruro e fosfato. Siccome la determinazione è effettuata correntemente mediante cromatografia ionica, è normale determinare nella stessa corsa altri anioni come nitrato, nitrito e solfato L’analisi richiede la diluizione del campione 1:50 con acqua ultrapura e il trattamento con dialisi per avere una soluzione iniettabile in colonna Eluente: NaHCO3 2.4 mM/l, Na2CO3 2.5 mM/l Rivelazione conduttometrica Consumo di campione: 20 µl Determinazione dei cloruri La determinazione dei cloruri è particolarmente importante perchè permette di identificare eventuali aggiunte di acqua salata al latte. Inoltre l'animale affetto da mastite presenta nel latte appena munto valori di ioni Cl- significativamente più alti I cloruri, oltre che per IC, si determinano con il metodo di Volhard sulle ceneri di una determinata quantità di latte. Su un volume noto delle ceneri sciolte con acido (non con HCl, evidentemente, ma con HNO3), si addiziona nitrato di argento che causa la precipitazione di AgCl dal caratteristico aspetto bianco caseoso: Ag+ + Cl- AgCl Il sale AgNO3 è addizionato in quantità nota e l’eccesso è determinato volumetricamente con una titolazione di precipitazione, impiegando solfocianato di potassio come agente precipitante in presenza di indicatore allume ferrico, NH4Fe(SO4)2·12H2O: KSCN + Ag+ AgSCN Fe3+ + SCN- FeSCN2+ Il complesso Fe-SCN è colorato in rosso, quindi il termine della titolazione (quando tutto lo ione Ag+ è stato precipitato) si coglie all’apparire della colorazione rossa Determinazione degli ioduri La determinazione del contenuto di iodio, normalmente minore degli altri anioni, si può effettuare sul campione andando a identificare il picco corrispondente a tempi di ritenzione elevati Eluente: NaHCO3 1.0 mM/l, Na2CO3 3.2 mM/l Rivelazione conduttometrica Consumo di campione: 20 µl Determinazione degli zuccheri La distribuzione degli zuccheri, dominata dal lattosio, può essere globalmente determinata con la cromatografia ionica. Utilizzando una fase mobile fortemente basica, si possono separare gli zuccheri sfruttando il loro comportamento come acidi deboli. La rivelazione è amperometrica; si sfrutta la presenza del gruppo aldeidico, facilmente ossidabile. Per l’analisi, il campione è diluito 1:1000 per diminuire la quantità di lattosio che entra in colonna Eluente: NaOH 100 mM/l Rivelazione amperometrica Consumo di campione: 20 µl Determinazione dei cationi La determinazione dei cationi inorganici nel latte non è prevista dalle norme di legge, ma può dare un controllo incrociato sulla possibilità di adulterazione. Infatti, la diminuzione dell’acidità del latte si può effettuare fradolentemente aggiungendo NaOH o KOH per abbassare il valore di acidità titolabile: il controllo incrociato di questo parametro, espresso come acido lattico, e della concentrazione di ioni Na+ e K+ può svelare la manipolazione. La determinazione si effettua con tecnica IC Eluente: acido tartarico 4 mM/l, acido dipicolinico 1 mM/l Rivelazione conduttometrica Consumo di campione: 20 µl Determinazione del perossido di idrogeno Il perossido d'idrogeno o acqua ossigenata può essere utilizzato come sanificante nelle apparecchiature di trattamento del latte, ma queste procedure devono essere fatte in modo da impedire un'eventuale contaminazione del latte. In alcuni Paesi dell'Europa e negli USA, per alcune particolari preparazioni di formaggi a pasta dura, invece, il perossido d'idrogeno viene utilizzato come stabilizzante del latte, in alternativa alla pastorizzazione, a concentrazioni ben definite Il dosaggio dell’H2O2 si effettua per via spettrofotometrica. Il metodo si basa su una reazione enzimatica che porta alla formazione di un complesso rosa, la cui intensità, misurata a 505 nm, è direttamente proporzionale alla concentrazione di H2O2 nel campione Principali adulterazioni del latte L'adulterazione del latte è antica quasi quanto quella del vino, e infatti il latte e i latticini sono stati tra i primi alimenti ad essere oggetto di controlli Un’antica ricetta prevedeva “…una miscela di 1 gallone di acqua, 2 once di zucchero, 1½ oncia di sale e un po’ di caramello da aggiungere a 4 galloni di latte per ingannare il lattometro…”. Si usavano anche calcare, destrine e semplicemente acqua come adulteranti Saggi per riconoscere l’addizione dell’acqua al latte sono quindi noti da lungo tempo Oltre ad antiche pratiche di adulterazione, bisogna tenere conto del mutare delle abitudini alimentari dei consumatori, in particolare per quanto riguarda il contenuto di grassi. Mentre in passato erano sviluppati metodi di analisi per verificare che il latte non fosse fraudolentemente impoverito di grassi, attualmente sono in commercio il latte scremato e parzialmente scremato, in cui la rimozione dei grassi è lecita e anzi gradita a molti consumatori! Specie indesiderate Le specie indesiderate nel latte sono numerose, in ragione della possibilità di trattamenti non permessi o non accurati intrapresi nel ciclo produttivo Esse possono essere di origine animale e vegetale, come le micotossine, oppure di origine umana, come i contaminanti chimici provenienti dall’ambiente Determinazione dell’ammoniaca L'ammoniaca è un importante indicatore della qualità igienica del latte, applicabile in tutte le fasi della catena produttiva. Infatti l'ammoniaca, come metabolita dell'attività microbica, cresce all'aumentare della carica batterica nel latte e non è sensibile ai trattamenti termici, permettendo così di monitorare non solo il latte crudo ma anche quello pastorizzato La determinazione si effettua per via spettrofotometrica sul campione di latte non trattato, impiegando una reazione colorimetrica in cui l'ammoniaca reagisce con un derivato fenolico formando un complesso verde-blu, la cui intensità, misurata a 700 nm, è direttamente proporzionale alla sua concentrazione nel campione Le micotossine Le micotossine sono composti tossici che vengono prodotti da alcuni tipi di muffe (Aspergillus, Penicillium e Fusarium) in particolari condizioni di temperatura e di umidità. A livello chimico, sono una classe costituita da circa 100 molecole che presentano diverso grado di tossicità e tra esse le aflatossine (in particolare l'aflatossina B1) e l’ocratossina A, hanno potere cancerogeno Le micotossine possono entrare nella catena alimentare sviluppandosi su cereali e altri prodotti usati come mangimi. Alcune di esse, infatti, sono metabolizzate dalle mucche e i loro metaboliti arrivano fino al latte Il rischio alimentare associato a queste sostanze è particolarmente alto per prodotti provenienti da Paesi del Terzo Mondo, dove non sempre le condizioni di stoccaggio e trasporto delle derrate alimentari possono garantire la salubrità dei prodotti Aflatossine Negli anni ’60, circa 100.000 tacchini morirono nel Regno Unito per un’intossicazione causata da metaboliti tossici di origine fungina. Si scoprì che nei loro mangimi c’era un componente, identificato con le arachidi, infestato dall’Aspergillus flavus, un fungo che cresce su quel sustrato in particolari condizioni di conservazione Le analisi rivelarono la presenza di una serie di micotossine denominate AFlatossine (AFs), dal nome del fungo Molte aflatossine mostrano tossicità acuta e cronica, con azione mutagenica, carcinogenica e teratogenica su un ampio range di organismi, incluso l’uomo Origine delle aflatossine Le aflatossine hanno ampia diffusione e sono in grado di contaminare un gran numero di prodotti agricoli. Si sviluppano in condizioni di elevata umidità e temperatura e possono entrare nel ciclo del latte se le mucche sono alimentate con fieno o mangimi non correttamente conservati. L’aflatossina M1 si accumula nel latte di mucche che abbiano mangiato mangimi contaminati con aflatossina B1; essa si forma per azione delle cellule del fegato degli animali. Grazie a questa biotrasformazione l'aggressività dell'aflatossina originaria diminuisce, ma non scompare. La molecola continua ad essere genotossica e quindi mutagena Sono note almeno 16 aflatossine (serie B, G, M, P e Q) di cui B1 e G1 sono quelle a maggior attività carcinogenica Determinazione delle aflatossine La determinazione delle aflatossine nel latte si può effettuare con metodi immunochimici, oppure per cromatografia liquida. Essendo il limite stabilito dalla UE per il contenuto massimo negli alimenti estremamente basso (50 ng/Kg), è necessaria una tecnica di rivelazione molto sensibile, come può essere la spettrofluorimetria Utilizzando una colonna a fase inversa e un rivelatore a fluorescenza con postderivatizzazione, si ottiene un limite di rivelabilità sufficientemente basso Nei cromatogrammi mostrati, è evidenziato l’effetto dell’addizione di ciclodestrine sulla resa di fluorescenza Idrocarburi policiclici aromatici Gli idrocarburi policiclici aromatici o PAH si originano dalla combustione incompleta di materia organica come gli oli combustibili. I PAH presenti nell’ambiente sono dovuti principalmente al rilascio dai veicoli e a sorgenti industriali; dopo essere immessi nell’ambiente, si diffondono in tutti i comparti della biosfera e quindi possono entrare nella catena alimentare Benzo(a)pirene 1,2-benzoantracene Benzo(e)pirene Un gran numero di PAH hanno proprietà carcinogenica e/o mutagenica; la loro determinazione è quindi di grande importanza negli alimenti e in particolare in quelli di grande diffusione e consumo come il latte Determinazione dei PAH nel latte La determinazione dei PAH è effettuata con cromatografia HPLC. Per l’analisi, il campione è pretrattato con NaOH per saponificare la materia grassa; i PAH sono estratti in esano. La separazione cromatografica prevede una colonna a fase inversa e una fase mobile acqua/metanolo/acetonitrile. La rivelazione è spettrofotometrica, ma anzichè la più usuale tecnica in assorbimento è impiegata la tecnica in fluorescenza Nella figura a fianco è riportato il cromatogramma di un campione di latte vaccino A causa della loro natura lipofilica, i PAH tendono ad accumularsi nella materia grassa e quindi, nel latte, sono associati ai trigliceridi. È stato verificato sperimentalmente che esiste una correlazione tra il contenuto di trigliceridi e il contenuto di PAH nel latte Determinazione di antibiotici Una categoria di composti indesiderati ma spesso identificati nel latte è quella degli antibiotici. Utilizzati per la cura degli animali, entrano nella composizione del latte insieme ai loro metaboliti e sono in grado di esercitare azione antisettica - ma non richiesta – sul consumatore di latte Il dosaggio degli antibiotici si può effettuare per via cromatografica, con la tecnica HPLC. L’analisi è effettuata dopo purificazione del campione con estrazioni successive Nella figura è illustrata la determinazione dell’antibiotico enrofloxacina e del suo metabolita