FARRO La coltivazione del farro, cereale “vestito” consumato per secoli dalle popolazioni del Mediterraneo, fu completamente abbandonata nello scorso secolo a favore del frumento tenero e duro, specie dotate di maggior produttività. Attualmente, sono sempre più numerosi i consumatori che si rivolgono a questo tipo di cereale. L’interesse deriva soprattutto dal fatto che può essere coltivato con metodi biologici, possedendo caratteri di rusticità (adattamento a terreni poveri, resistenza al freddo, alla siccità e alle malattie, competitività con le infestanti) che ne fanno coltura particolarmente adatta alla valorizzazione di zone agricole marginali, al recupero delle aree collinari, e alla coltivazione con ridotto impiego di input energetici. Il farro possiede un’immagine salutistica, fino ad ora legata alla tradizione, che ha spinto le piccole aziende a rilanciare questo prodotto nel mercato. In mancanza di verifiche analitiche sperimentali, le proprietà benefiche del farro sono state considerate sino ad ora un’ipotesi piuttosto che una certezza. Il lavoro di ricerca intrapreso ha avuto come scopo principale quello di caratterizzare un prodotto marchigiano, ottenuto dal farro, sotto il profilo chimicoanalitico, ricercando principalmente componenti secondarie come i “polifenoli” e “fitosteroli”, e sotto il profilo sensoriale valutando anche la preferenza del consumatore verso un prodotto innovativo come la pasta di farro. Dal momento che la pasta fa parte delle ben radicate abitudini alimentari degli italiani c’è sembrato interessante caratterizzare la pasta di farro sia dal punto di vista analitico che conducendo un’indagine per vedere come un consumatore si pone nei confronti di un prodotto che è diverso da quello che è abituato a consumare quotidianamente.