Profilo glicemico giornaliero normale ~ costante, nonostante la discontinuità di introduzione del glucosio con l’alimentazione, per la capacità del fegato di utilizzare glucosio nei periodi di glicemia elevata e produrre glucosio quando viene meno l’apporto alimentare. glicemia 70-110 mg/100 ml siero Dopo l’assorbimento a livello intestinale, i monosaccaridi, prima di pervenire nella circolazione sistemica, passano attraverso il fegato attraverso il circolo portale. Alcune attività funzionali del fegato tendono a far diminuire la quantità di glucosio immessa nella circolazione sistemica: • la trasformazione del glucosio in glicogeno (glicogenosintesi) e suo deposito nel fegato; • l’utilizzazione del glucosio da parte del fegato (ossidazione) per la produzione di energia; • l’utilizzazione del glucosio per la sintesi di altri composti, come acidi grassi, aminoacidi, ecc. Altre funzioni del fegato, invece, tendono a far aumentare la quantità di glucosio nella circolazione sistemica: • la trasformazione in glucosio del fruttosio o del galattosio da parte degli epatociti; • la trasformazione del glicogeno epatico in glucosio (glicogenolisi); • la sintesi di glucosio nel fegato a partire da sorgenti diverse (gliconeogenesi) come aminoacidi, glicerolo, acido lattico, ecc. Schema del metabolismo del glucosio Ossidazione Energia Apporto nutrizionale GLUCOSIO Deposito/ Interconversione Glicogeno Amminoacidi Acidi grassi Cervello Cuore Muscoli Eritrociti Eccetera OMEOSTASI DELLA GLICEMIA La concentrazione del glucosio nel sangue (glicemia) viene mantenuta entro limiti abbastanza ristretti. Il meccanismo omeostatico è mediato da diversi ormoni; tra questi l’insulina tende ad abbassare la concentrazione del glucosio ematico, mentre altri ormoni tendono ad aumentarla, come l’ormone della crescita GH e il glucacone (in condizioni normali), e i glicocorticoidi e l’adrenalina (nel digiuno protratto e nello stress). I meccanismi attraverso cui questi ormoni sono in grado di controllare la glicemia possono coinvolgere varie vie metaboliche (glicogenosintesi, glicogenolisi, neoglucogenesi, utilizzazione alternativa di altre fonti energetiche). L’effetto degli ormoni sulla omeostasi glicemica non dipende solo dalla loro concentrazione assoluta, ma soprattutto dai rapporti di concentrazione (bilanciamento) con gli ormoni che esercitano un effetto opposto (ormoni antagonisti). Dopo un periodo adatto di digiuno (almeno 4 ore) la glicemia attesa è 65-110 mg/dl. Durante le prime due ore dopo il pasto, o dopo assunzione di glucosio, si realizza l’assorbimento intestinale di glucosio con aumento della glicemia. L’immediata conseguenza è l’aumento di 10-15 volte dei tassi insulinemici e la caduta di concentrazione del glucagone e del GH. L’interazione di questi differenti parametri determina un incremento della glicemia fino ad un valore massimo che si verifica dopo circa un’ora dal pasto e che in genere non supera il valore di 160180 mg/dl. In seguito la glicemia inizia a diminuire fino a valori di 120 mg/dl alla seconda ora; tra la seconda e la quarta ora dopo il pasto, la glicemia continua a diminuire progressivamente pur mantenendosi a valori lievemente superiori a quello basale. Quando il digiuno si protrae oltre le 4 ore, il tasso insulinemico diminuisce notevolmente e diventano allora preminenti gli effetti degli ormoni antagonisti che stimolano la produzione di glucosio da parte del fegato attivando la glicogenolisi e la glucogenesi. Nella situazione di digiuno protratto, il 60% circa del glucosio prodotto dal fegato serve al metabolismo cerebrale, mentre il rimanente viene utilizzato dagli eritrociti e dai muscoli. L’altro effetto degli ormoni antagonisti, glucocorticoidi e GH, è rappresentato dallo stimolo della lipolisi, con aumento in circolo degli FFA che vengono utilizzati a scopo energetico soprattutto dal tessuto muscolare, con risparmio di glucosio; si ha però un aumento nella concentrazione di acetil-CoA che, trovandosi in eccesso, tende a dar luogo alla formazione dei corpi chetonici. Se poi la glicemia si abbassa a valori inferiori al normale (ipoglicemia), entra in funzione un meccanismo di emergenza addizionale, costituito dalla secrezione di adrenalina, che attiva ulteriormente la glicogenolisi e stimola la produzione di ACTH, con successivo aumento degli ormoni corticosteroidi e attivazione della gluconeogenesi. In ultima analisi, una funzionalità corretta e bilanciata delle isole del Langerans, dell’adenoipofisi, della corteccia e della midollare del surrene, consente di mantenere l’omeostasi glicemica in modo rapido e efficiente. Ormoni che controllano la glicemia Organo Pancreas Surrene Ipofisi Tiroide Ormone Azione Effetto su glicemia Insulina Ingresso glucosio (tranne fegato, cervello, RBC) glicolisi, glicogenosintesi epatica e sintesi ac. grassi Lipolisi e gluconeogenesi Glucagone glicogenolisi e gluconeogenesi epatiche Lipolisi Somatostatina rilascio di insulina, glucagone e ormoni ipofisari (impedisce oversecrezione) Adrenalina Glicogenolisi muscolare e lipolisi Cortisolo Gluconeogenesi da aa. Antagonista dell’insulina ACTH Rilascio di cortisolo e lipolisi GH Antagonista dell’insulina Tiroxina Glicogenolisi e gluconeogenesi epatica Assorbimento intestinale di zuccheri Azione dell’insulina • Modifica i processi di permeabilità della membrana cellulare, favorendo l’ingresso del glucosio nella cellula. • Modifica l’attività di alcuni enzimi cellulari, favorendo l’utilizzazione e inibendo la neosintesi di glucosio. • Di conseguenza, previene l’accumulo di glucosio nel sangue, che invece si verifica in carenza o per ridotta funzionalità dell’insulina. Effetti metabolici dell’insulina Processo Trasporto glucosio Glicolisi Glicogenosintesi Lipogenesi Protidosintesi Gluconeogenesi Lipolisi Azione Tessuto(i) + + + + + - Muscolare/Adiposo Muscolare/Adiposo/ Epatico Muscolare/Epatico Adiposo/Epatico Muscolare/Epatico Epatico Adiposo Principali cause di iper- (>120 mg%) e ipo-glicemia (<50 mg%) Iperglicemia Ipoglicemia Transitoria Stress emotivo/fisico acuto Shock Infarto miocardio Convulsioni Epatopatia grave Feocromocitoma Farmaci (salicilati, b bloccanti) Alcolismo Sepsi Epatopatia grave Glicogenosi Persistente Insulinoma Glicogenosi tipo I Diabete mellito Sindrome di Cushing (iperattività surrene) Acromegalia (ipersecrez. GH) Ipertiroidismo Obesità Diabete mellito: definizione Un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da un metabolismo anormale dei CARBOIDRATI, causato da un DEFICIT DI INSULINA assoluto (tipo 1) o relativo (tipo 2), che provoca IPERGLICEMIA. Diabete mellito (classificazione eziologica) I. Diabete di tipo 1 (caratterizzato da distruzione delle -cellule, solitamente comportante un deficit assoluto di insulina) A. Immuno-mediato B. Idiopatico (LADA) II. Diabete di tipo 2 (può variare da predominantemente insulinoresistente e relativamente insulino-deficente, a predominantemente insulino-deficente e relativamente poco insulino-resistente) III. Altri tipi specifici A. Difetti genetici della funzionalità -cellulare B. Difetti genetici dell’azione insulinica C. Malattie del pancreas esocrino D. Endocrinopatie E. Malattie indotte da farmaci o sostanze chimiche F. Infezioni G. Rare forme di diabete immuno-mediato H. Altre sindromi genetiche a volte associate al diabete IV. Diabete mellito gestazionale Rischi associati al diabete mellito malattia rischio rispetto ai non diabetici Cecità* 20 volte Insufficienza renale* 25 volte Amputazione* 40 volte Infarto miocardico 2 – 5 volte Ictus 2 – 4 volte * diabete come causa più comune Biochimica clinica del diabete mellito e delle sue complicanze • Diagnosi – glicemia a digiuno/occasionale – glicemia da carico • Sorveglianza (del compenso metabolico) – glicemia – proteine (emoglobina) glicate • Complicanze – Microangiopatia: (micro)albuminuria – Aterosclerosi: lipidi e lipoproteine – Chetoacidosi: chetonuria, emogasanalisi Criteri diagnostici 2007 per il diabete mellito La diagnosi si pone se: • Coesistono sintomi clinici (poliuria, polidipsia) ed un valore glicemico “casuale” (ossia non necessariamente a digiuno o dopo carico) >200 mg/dL oppure se: • La glicemia a digiuno risulta >126 mg/dL (in due diverse determinazioni) oppure se: • La glicemia a 2 ore da un carico orale di 75g di glucosio risulta >200 mg/dL Alterazioni della glicemia GLICEMIA BASALE (mg/dl) GLICEMIA 2 h. DOPO OGTT ≥ 200 DIABETE ALTERATA TOLLERANZA AL GLUCOSIO ≥ 126 ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO 100 DIABETE 140 <140 NORMALE NORMALE 70 <50 IPOGLICEMIA OGTT - Test di Tolleranza al Glucosio per Os: disciolto in acqua per os La prova da carico orale di glucosio (OGTT) negli anni 2000 • La prova, eseguita con diversi protocolli (glucosio somministrato/tempo), ha avuto grande rilevanza nel passato • Oggi è meno utilizzata, anche perché poco riproducibile • Si raccomanda comunque un carico di 75g e un prelievo dopo 2 ore • Per il diabete gestazionale esistono due protocolli, rispettivamente per screening e conferma diagnostica OGTT (Oral Glucose Tollerance Test) • Si effettua dopo 10 ore di digiuno, • dopo tre giorni di dieta libera (150-200g carboidrati al di • Somministrare 75g di glucosio in 200 ml acqua • Prelievi: T0; T30; T60; T90; T 120. 1,75g/Kg peso nei bambini (sino a 50g) 100 g (1 tappa) o 50g + 100g (2 tappe) in gravidanza INDICAZIONI: oltre 45 anni, obesi, familiarità, aumentato rischio, ipertesi, dislipidemici, gravidanza (ripetere tra la 24° e la 28° settimana e 6° settimane dopo parto) Criteri interpretativi della OGTT Popolazione Glicemia a 2 ore • Normale: < 140mg/dl • Ridotta tolleranza tra 140 e 199mg/dl • Diabete > 200mg/dl Uno degli obiettivi principali della terapia del diabete è il raggiungimento e il mantenimento dell’euglicemia, intesa come valori glicemici più prossimi a quelli fisiologici, in relazione alle esigenze quotidiane dell’organismo. L’euglicemia è di fondamentale importanza per ottenere un compenso metabolico ottimale e ridurre il rischio di insorgenza e progressione delle complicanze diabetiche. Il monitoraggio della glicemia da parte dei pazienti e degli operatori sanitari è considerato parte integrante della gestione del diabete. I risultati del monitoraggio vengono utilizzati per valutare l’efficacia della terapia e per apportare eventuali adattamenti alla dieta, all’attività fisica e alla terapia farmacologia in modo tale da ottenere il miglior controllo glicemico possibile. • Il test del glucosio ematico e urinario e il test dei chetoni nell’urina forniscono informazioni utili sulla gestione giornaliera del diabete. • Utile ,in particolar modo nelle fasi iniziali di stabilizzazione e di trattamento, effettuare un profilo glicemico. Esso va eseguito su 6 prelievi ematici consecutivi eseguiti 1) prima di colazione, 2) a metà mattinata, 3) prima di pranzo, 4) a metà pomeriggio, 5) prima di cena e 6) prima di coricarsi. Esso permette di valutare sia la concentrazione media di glucosio della giornata (MBG, dalle iniziali di Mean Blood Glucose concentration) sia le fluttuazioni giornaliere della glicemia (MAGE, dalle iniziali di Mean Amplitude of Glycemic Excursions). Questi test però non offrono al paziente o al team medico una misura obiettiva della glicemia per un lungo periodo di tempo. • Le misurazioni delle proteine glicate, in particolare l’emoglobina e le proteine sieriche, consentono una valutazione migliore della glicemia. Con una singola misurazione, questi test quantificano la glicemia media nell’ultimo periodo (settimane-2 mesi), perfezionando il controllo giornaliero. Dosaggio del glucosio La glicemia va misurata subito dopo il prelievo oppure è necessario impedire alterazioni dei valori con l'aggiunta di stabilizzanti glicostatici tipo fluoruro di sodio. Il metodo di analisi più utilizzato per la glicemia prevede l'ossidazione del glucosio ed utilizza l’enzima glucosio ossidasi . L'acqua ossigenata che si forma reagisce con un accettore di elettroni in presenza di perossidasi e produce acqua ed un cromogeno bruno la cui assorbanza a 450 - 500 nm consente di risalire alla concentrazione ematica di glucosio. Oscillazioni della concentrazione plasmatica di glucosio in un soggetto diabetico. Glucosio è eliminato con le urine (glicosuria) quando la concentrazione plasmatica sorpassa la soglia di riassorbimento tubulare (soglia renale). Glicemia, mg/dL 400 La sorveglianza del diabetico mira a verificare lo stato del controllo glicometabolico, mentre la terapia tende a ricondurlo alla norma. La glicemia è l’indicatore del controllo glico-metabolico, ma i sui valori sono soggetti a variazioni giornaliere marcate, rapide ed imprevedibili. 300 200 Soglia renale 100 0 0 4 8 12 Ora 16 20 • Il controllo sistematico della glicosuria delle 24 ore può in effetti indicare l’evento di una pregressa puntata iperglicemica anche in presenza di glicemia normale nella fascia oraria (8.00-10.00) dei prelievi “di routine“ • Ciò tuttavia non presenta una “praticabilità” consistente con una sorveglianza sistematica di tutti i pazienti • Inoltre, picchi iperglicemici al disotto della soglia renale (cira 180-190 mg/dL) non danno comunque luogo a glicosuria Esiste quindi il problema di effettuare una verifica “retrospettiva” del controllo glicemico senza dover effettuare prelievi ripetuti Misura delle proteine glicate per la sorveglianza del compenso glico-metabolico nel diabetico • Principio: in un ambiente contenente glucosio, questo si lega stabilmente alle proteine, che risultano “glicate”. • L’entità della glicazione è proporzionale all’integrale della concentrazione di glucosio per il tempo di contatto • La glicazione è un processo lento: l’entità è limitata dalla vita media della proteina L’emoglobina glicosilata rappresenta il prodotto di una reazione non enzimatica tra una molecola di glucosio e il gruppo amino-terminale della valina della catena b dell’emoglobina. Ciò avviene in due fasi: la prima reversibile, che conduce alla formazione di una base di Schiff (aldimina), e una seconda irreversibile con la formazione di un prodotto di Amadori, la chetoamina. La formazione di HbA1c avviene durante tutto il periodo di vita del globulo rosso e dipende anche dall’età cellulare. Un incremento transitorio della glicemia può produrre la formazione di una notevole quantità di aldimine, reazione comunque reversibile con la normalizzazione dei valori glicemici. La persistenza di iperglicemia, tuttavia, rende tale reazione irreversibile, per cui la molecola di emoglobina resterà “glicata” sino alla morte del globulo rosso. La relazione tra valore glicemico medio e percentuale di Hb-glic è stata dimostrata. Generalmente, ogni aumento di 1% dell’Hb-glic corrisponde ad un aumento della glicemia pari a 35 mg/dl di glucosio plasmatico medio. Hb glicata: reazione di glicazione reversibile irreversibile veloce lenta HbA1c labile HbA1c stabile Reazione non enzimatica di condensazione tra il gruppo aldeidico del glucosio e il gruppo amminico N-terminale delle catene della Hb. Formazione della Hb glicata • Processo non enzimatico, si realizza durante tutta la vita degli eritrociti, irreversibile. • La formazione della Hb glicata dipende principalmente dalla concentrazione di glucosio e la sua eliminazione avviene con la degradazione degli RBC. • Vita media degli eritrociti circa 120 giorni. • La quantità di Hb glicata è proporzionale alla glicemia media delle 6-12 settimane precedenti. Ion Exchange Chromatography HbAo Hb glicata HbA1c HbA3 HbF HbA1a+b a-chain L’attendibilità dell’HbA1c quale marker del controllo glicemico può essere ridotta anche dalle situazioni che modificano la vita media delle emazie. Ad esempio, valori elevati di HbA1c in presenza di un MBG normale può essere osservato nei casi in cui il turnover delle emazie è ridotto, come avviene nei casi di diabete associati ad anemia non trattata da carenza di ferro, acido folico, vitamina B12 o per emoglobinopatie (Hb fetale, anemia a cellule falciformi). La condizione opposta, con un valore falsamente basso di HbA1c rispetto all’MBG, si riscontra nei casi in cui vi siano in circolo percentuali maggiori di eritrociti giovani come avviene in corso di emolisi, e nei pazienti in trattamento con Fe, vitamina B12 e folati. Valori più elevati di HbA1c sono rilevabili anche in corso di insufficienza renale cronica, a causa di un’interferenza nel dosaggio dell’HbA1c da parte dell’emoglobina carbamilata in presenza di elevate concentrazioni di urea. Questo problema, tuttavia, si verifica solo con alcune metodiche (cromatografia su colonna e a scambio ionico, elettroforesi su agar-gel) e può essere superato utilizzando altre metodiche (cromatografia per affinità boronato–agarosio che rileva le strutture ketaminiche sui gruppi NH2 terminali della valina e lisina). Hb glicata: significato clinico • Parametro di elezione per la valutazione retrospettiva del grado di controllo glicemico nei soggetti diabetici: è stabile e non risente di improvvise variazioni della concentrazione glicemica. • Importante nel monitoraggio dei pazienti diabetici sia di tipo 1 che 2. • Utile per valutare l’efficacia della terapia e per predire lo sviluppo delle complicanze. Correlazioni tra glicemia media e valori di glicoHb Glicemia (mg/dL) glicoHb (%) 65 4,0 101 5,0 137 6,0 172 7,0 208 8,0 244 9,0 279 10,0 315 11,0 350 12,0 Oltre alla Hb, altre proteine si “glicano”: la loro misura può fornire indicazioni sul controllo glicemico • In un dato momento, l’entità della glicazione misurabile è una misura retrospettiva dell’integrale “concentrazione di glucosio su tempo”, per un intervallo di tempo dipendente dalla vita media della proteina • Per le proteine più utilizzate l’intervallo di tempo è dell’ordine di: – – emoglobina del sangue 6-12 settimane; proteine (albumina) del siero 3-5 settimane Misura delle proteine glicate: espressione dei risultati • La glicazione della emoglobina viene stimata misurando la percentuale glicata ed espressa come come percentuale della Hb totale (%Hb) • La glicazione delle sieroproteine (albumina) viene misurata come “fruttosammina” ed espressa in mmol/L Misura delle proteine glicate: limiti di riferimento e livelli decisionali • Emoglobina glicata: – Limiti di riferimento: 4-6% – Limite decisionale (obiettivo terapia): <7% – Limite decisionale per rivalutazione terapia: >8% • Albumina glicata (come fruttosammina) – Limiti di riferimento: 204-285 mmol/L Metodo cinetico-colorimetrico per la determinazione delle fruttosamine Principio Le fruttosamine del siero in ambiente alcalino sono presenti sotto forma idrossilaminica. Il gruppo idrossilaminico riduce il nitroblutetrazolio (NBT) rendendo evidente la produzione di formavano. La reazione che si sviluppa è direttamente proporzionale alla concentrazione delle fruttosamine nel siero Misura delle proteine glicate: emoglobina glicata o fruttosammina • La misura della Hb glicata è maggiormente standardizzata analiticamente e validata clinicamente: è largamente usata in tutto il mondo • Si può utilizzare in sostituzione la fruttosammina quando: – E’ necessaria una informazione relativa ad un periodo precedente più breve (per es. valutazione degli effetti di variazione terapeutica) – Esistono ragioni biologiche (es. anemia emolitica) od analitiche (es. presenza di varianti emoglobiniche) che rendono inaffidabile la misura della Hb glicata Il controllo glicemico può essere valutato anche con la determinazione di altre proteine soggette a glicosilazione (chetoamine) quali la fruttosamina (test della fruttosamina). È stata dimostrata una buona correlazione tra il test della fruttosamina e dell’HbA1c, ma è necessario tenere in considerazione che: 1) le variazioni biologiche soggettive della fruttosamina sono maggiori rispetto all’HbA1c; 2) il turnover dell’albumina rispetto all’emoglobina è più breve (circa 28 gg. vs 120 gg. rispettivamente) e per cui il test delle fruttosamina fornisce indicazioni sul controllo glicemico delle ultime 2 settimane; 3) il risultato deve essere corretto in base alla concentrazione ematica di albumina; 4) valori falsamente bassi possono essere riscontrati in condizioni di aumentato turnover proteico, quali le enteropatie proteino-disperdenti e la sindrome nefrosica;