2. L’elettrocardiogramma
nei disturbi del ritmo
(ovvero come comprendere i
“misteri” del cardiopalmo)
Il Ritmo cardiaco (1)
Finora abbiamo preso in considerazione soltanto la
diffusione del processo di depolarizzazione che
consegue alla normale attivazione del nodo Seno-Atriale
(SA).
Quando la depolarizzazione inizia nel nodo SA si dice
che il cuore è in ritmo sinusale.
La depolarizzazione può, però, prendere origine anche
in altri punti del cuore, in questi casi il ritmo cardiaco
prende il nome dalla regione cardiaca dalla quale
origina.
In questa condizione siamo però in presenza di
un’“aritmia”.
Il Ritmo cardiaco (2)
Quando si tenta di analizzare il ritmo cardiaco è
necessario ricordare che l’approccio corretto alle
anomalie del ritmo cardiaco, come peraltro dell’ECG
normale, dovrebbe prevedere l’applicazione della già
citata “griglia interpretativa”; in particolare sono due le
cose da osservare con attenzione: le caratteristiche
dell’onda P ed i suoi rapporti con il complesso QRS.
Infatti la contrazione atriale fisiologicamente precede
quella ventricolare ed è normalmente presente una
contrazione atriale per ogni contrazione ventricolare
(cioè dovrebbero esservi tante onde P quanti complessi
QRS).
Il Ritmo cardiaco (3)
Poiché molte parti del cuore possono depolarizzarsi
spontaneamente e aritmicamente, la frequenza di
contrazione dei ventricoli sarà controllata dalla parte del
cuore che si depolarizza più frequentemente.
Il nodo SA ha normalmente la più alta frequenza di
scarica. Quindi la frequenza di contrazione dei ventricoli
eguaglierà la frequenza di scarica del nodo SA.
Modificazioni nella frequenza cardiaca associate alla
respirazione
Extrasistoli (1)
Qualunque parte del cuore può depolarizzarsi
prima di quanto dovrebbe ed il conseguente
battito cardiaco viene definito “extrasistole”.
Anche il termine “ectopico” viene talvolta
utilizzato per descrivere la depolarizzazione
originata in una sede anomala, che può essere
chiamata anche “contrazione prematura”.
Extrasistoli (2)
Le extrasistoli sopraventricolari es. atriali (cosiddette BESV
– Battiti Ectopici SopraVentricolari) sono caratterizzate da
un’anomala morfologia dell’onda P.
Extrasistoli (3)
Le extrasistoli originanti a
livello ventricolare (cosiddetti
BEV
–
Battiti
Ectopici
Ventricolari) presentano un
complesso QRS anomalo,
tipicamente slargato, ma che
può avere virtualmente una
forma qualsiasi.
Extrasistoli (4)
1. L’onda P precoce è seguita da un complesso QRS
precoce? se la risposta è positiva si deve trattare di una
extrasistole atriale.
2. È possibile osservare un’onda P in qualche altro punto
dell’ECG? un’extrasistole giunzionale può dare origine ad
un’onda P molto vicina al complesso QRS o, talvolta, anche
successiva ad esso in quanto il processo di
depolarizzazione viene condotto sia agli atri che ai
ventricoli.
3. Il complesso QRS presenta le stesse caratteristiche
morfologiche in tutto il tracciato (cioè ha la stessa direzione
iniziale della deflessione rispetto al battito sinusale normale
e la stessa durata)? Le extrasistoli sopraventricolari (BESV)
sono caratterizzate da complessi QRS normali, quelle
ventricolari (BEV) da complessi QRS anomali.
Effetti delle Extrasistoli sull’onda P (1)
Una BESV “resetta” il ciclo dell’onda P, provocando nel tracciato una
pausa. Spesso un BEV provoca una pausa pari a 2 cicli normali la
cosiddetta “pausa compensatoria”. Extrasistoli prive di pausa
compensatoria, che non modificano il normale ciclo RR sono dette
“interpolate”.
Effetti delle Extrasistoli sull’onda P (2)
Un BEV, d’altro canto, non influenza il nodo SA, per cui la
successiva onda P compare nel momento atteso.
Tachicardie
Si parla di tachicardia quando la frequenza cardiaca appare > a
100 bpm.
•Tachicardia Sinusale: l’onda P che la governa è generata dal
nodo del seno. La tachicardia sinusale è fisiologicamente presente
durante lo sforzo o in situazioni di stress, può essere però legata
anche a patologie sistemiche (febbre, ipertiroidismo, etc).
•Tachicardie non Sinusali: non generate dal nodo SA.
a) Tachicardia Sopraventricolare: i focolai sono localizzati a
livello atriale o giunzionale (nodo AV).
b) Tachicardia Ventricolare: i ventricoli si attivano in maniera
ripetitiva.
I criteri già illustrati possono essere utilizzati anche per decidere
l’origine dell’aritmia e anche in questo caso la cosa più importante
è quella di tentare d’identificare l’onda P.
a) Tachicardie Sopraventricolari
1) Tachicardia Atriale
Nella “tachicardia atriale” gli
atri si contraggono ad una
frequenza superiore a 150
battiti per minuto (bpm).
Il nodo AV non è in grado di
condurre frequenze di
scarica atriale superiori a
200 bpm per cui se la
frequenza atriale supera
questo valore compare un
“blocco atrio-ventricolare” per
cui alcune onde P non
vengono seguite da
complessi QRS.
2) Flutter atriale
In caso di blocco atrio-ventricolare,
quando la frequenza atriale
supera i 250 bpm e non si
rileva alcuna linea di base
piatta nel tracciato
elettrocardiografico siamo in
presenza di un “flutter atriale”.
I Flutter si possono dividere in:
Comuni (caratteristico aspetto a
“denti di sega” asimmetrici
nelle derivazioni inferiori)
Non Comuni (caratteristico
aspetto a “denti di sega”
simmetrici nelle derivazioni
inferiori)
Atipici con morfologia delle onde
non a “denti di sega” ed
eventualmente con una linea
isoelettrica interposta
2) Flutter atriale
Quando la tachicardia atriale o il flutter atriale si associano ad un
blocco 2:1 è necessario osservare attentamente la presenza di onde
P aggiuntive.
3) Tachicardia Giunzionale (o nodale)
b) Tachicardia Ventricolare
Se il focolaio di depolarizzazione è localizzato a livello
del ventricolare e scarica ad elevata frequenza
(causando, in pratica, una serie di extrasistoli
ventricolari ripetute), il ritmo generato viene denominato
“tachicardia ventricolare”.
Il processo di depolarizzazione viene diffuso attraverso
anomale vie di conduzione nel tessuto miocardico
ventricolare ed il complesso QRS assume un aspetto
slargato ed anomalo. A livello elettrocardiografico si
definisce tachicardia ventricolare la presenza di 3 o più
battiti di origine ventricolare in successione ad una
frequenza maggiore di 100 al minuto.
Tachicardia Ventricolare
La diagnosi di tachicardia a complessi larghi è una delle
più difficili in elettrocardiografia in quanto ci si può
trovare davanti a diverse possibilità, che però
presentano una morfologia “estetica” del tracciato
simile:
1. Tachicardia ventricolare;
2. Tachicardia sopraventricolare condotta con
abberranza;
3. Tachicardia sopraventricolare associata ad un
blocco di branca pre-esistente;
4. Tachicardia sopraventricolare condotta tramite
una via accessoria (tachicardia pre-eccitata).
Tachicardia Ventricolare
La frequenza di solito è compresa tra 140-250 batt/min. I complessi
QRS sono larghi (> 0.12 sec.) a morfologia costante.
Uno dei principali criteri diagnostici sta nel reperire la presenza di
un’eventuale:
1. Dissociazione atrio-ventricolare (A-V): mancanza di rapporti
costanti tra onde P e complessi QRS, in altre parole si possono
notare onde P regolari tra di loro, intervalli RR regolari, onda P in
rapporto variabile con il QRS;
2. Concordanza delle derivazioni precordiali: complessi QRS
interamente positivi, cioè con R monofasica, o completamente
negativi con morfologia QS in tutte le derivazioni;
3. Un’ulteriore segno fortemente suggestivo di Tachicardia
ventricolare, anche se raro, è la comparsa di qualche battito più
stretto in mezzo alla tachicardia a complessi larghi, se vi è inoltre
presente davanti un’onda P si può parlare di battiti di “cattura” o
“fusione”, che sono segni specifici di TV.
Tachicardia Ventricolare
E’ piuttosto importante cercare di orientarsi di fronte ad una TV, sia
per la pericolosità di questa aritmia, sia perché un’errata
diagnosi, seguita magari dalla somministrazione di Verapamil
(nel tentativo d’interromperla avendola scambiata per una
forma sopraventricolare) può essere particolarmente grave per
il paziente.
Tachicardia Ventricolare
La cosiddetta “Torsione di Punta” rappresenta una
particolare forma di Tachicardia Ventricolare polimorfa
caratterizzata in genere da una frequenza di 140-180
bpm con complessi QRS che nel corso dell’aritmia
cambiano completamente la polarità, “torcendosi”
letteralmente intorno all’isoelettrica.
In genere viene innescata da un BEV su di un ritmo in
genere caratterizzato da un intervallo QT lungo.
E’ un’aritmia spesso secondaria all’uso di farmaci e molto
pericolosa in quanto può facilmente degenerare in una
Fibrillazione Ventricolare.
Fibrillazioni
Quando le singole fibre muscolari si contraggono
in maniera indipendente le une dalle altre
l’aritmia viene definita con il termine di
fibrillazione, che può verificarsi a livello atriale o
ventricolare.
Fibrillazione Atriale
Quando sono le singole fibre muscolari atriali a contrarsi
in maniera indipendente, non si osserva alcuna onda P
sull’elettrocardiogramma, ma soltanto una linea irregolare
sostituita, a volte, da deformazioni irregolari, disordinate,
di basso voltaggio dalla linea isoelettrica.
La fibrillazione atriale (FA) rappresenta l’aritmia
ipercinetica più comune nella popolazione. La frequenza
cardiaca (FC) con cui si presenta è la più varia da
elevatissima a bradiaritmica (talvolta s’impone la
necessità d’impiantare uno stimolatore artificiale).
Anche se non costituisce elemento di certezza, in genere
la FA di recente insorgenza mostra una FC elevata (>100
bpm) mentre una forma cronica di solito presenta
frequenze normali o basse.
Fibrillazione Atriale
Gli elementi diagnostici
indicativi sono:
• Assenza dell’onda P;
• Irregolarità
dell’intervallo RR.
Fibrillazione Ventricolare
Quando sono le fibre muscolari ventricolari a
contrarsi in maniera indipendente le une dalle altre
non è possibile identificare alcun complesso QRS e
l’ECG è totalmente disorganizzato.
Aritmie che fare? (1)
1. In caso di ritmi sinusali sia lenti che veloci, occorre
soprattutto trattare la causa sottostante e non l’anomalia del
ritmo.
2. Le extrasistoli quasi mai necessitano di trattamento.
3. In pazienti con grave instabilità emodinamica o marcata
ipotensione legata alla tachicardia, dovrebbe essere presa
precocemente in considerazione la cardioversione elettrica
al fine di ottenere un rapido ripristino del ritmo sinusale.
4. I pazienti affetti da spiccata bradicardia con grave
compromissione dello stato di compenso emodinamico
possono essere trattati farmacologicamente (atropina), ma
se tale approccio non risultasse efficace devono essere
sottoposti ad elettrostimolazione.
Aritmie che fare? (2)
5. Il primo trattamento di qualunque tachicardia anomala è costituito dalla
compressione del seno carotideo, questa manovra (mai effettuarla
contemporaneamente bilateralmente!) dovrebbe essere eseguita solo
sotto monitoraggio elettrocardiografico e può essere di ausilio anche per
la diagnosi:
• tachicardia sinusale - la compressione del seno carotideo determina un
graduale e transitorio rallentamento della frequenza cardiaca;
• tachicardia atriale e giunzionale - la compressione del seno carotideo
può rallentare temporaneamente la frequenza ventricolare, oppure essere
inefficace;
• flutter atriale - la compressione del seno carotideo solitamente
determina un transitorio aumento del blocco atrio-ventricolare (ad
esempio da 2:1 a 3:1) con temporaneo rallentamento della frequenza
ventricolare;
• fibrillazione atriale e tachicardia ventricolare - la compressione del seno
carotideo non sortisce alcun effetto.
Aritmie che fare? (3)
6. Le tachicardie a complessi QRS stretti dovrebbero
essere trattate inizialmente, ove possibile, con
adenosina (provoca un rapidissimo e reversibile blocco
del nodo AV);
7. Le tachicardie a complessi larghi, minacciose,
specie in corso d’ischemia cardiaca, dovrebbero
essere trattate inizialmente con lidocaina.