SPINOZA
La ragione divinizzata
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La vita e le opere
• Di famiglia ebraica portoghese, Baruch de Spinoza, nasce nel 1632
ad Amsterdam. Vive la sua giovinezza nella comunità ebraica della
sua città, frequentando la sua scuola dove può studiare la Bibbia, il
Talmud e la filosofia ebraica medioevale.
• Dal 1652 è alla scuola dell’umanista ex gesuita Francesco van den
Enden dove acquisisce dimestichezza con il latino e la filosofia
scolastica, ma soprattutto dove conosce Giordano Bruno e Cartesio.
• Nel 1656 viene espulso dalla comunità ebraica con l’accusa di
eresia. Per tale motivo si trasferirà in un’altra cittadina olandese
(Rijnsburg) dove imparerà il mestiere di ottico che gli servirà per il
suo sostentamento materiale nella vita.
• Conosce diversi studiosi e scienziati che lo stimolano nelle sue
ricerche, le quali danno origine nel 1660 ad un Breve trattato su Dio
in cui il suo pensiero già appare abbozzato nelle sue linee
fondamentali.
• Nello stesso anno elabora il testo metodologico Trattato sulla
purificazione dell’intelletto.
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2
La vita e le opere 2
•
Nel 1661 ha già iniziato la stesura della sua opera maggiore l’Ethica more
geometrico demonstrata.
•
Nel 1663 esce la sua prima e unica pubblicazione autografa in vita: “I principi
della filosofia di Renato Cartesio dimostrati secondo l’ordine geometrico.
Sempre del 1663 è un nuovo trasferimento a Voorsburg, cittadina olandese
dove conosce e frequenta il paladino della tolleranza religiosa Jan De Witt, che
gli offre una pensione per poter vivere più agiatamente continuando i suoi studi.
Nel 1670 esce anonimo il Trattato teologico-politico, opera che a causa della
prospettiva favorevole alla libertà religiosa e alla democrazia, e a motivo del suo
razionalismo estremo, è stigmatizzata dalla Chiesa calvinista olandese.
•
•
•
•
•
Dopo l’invasione francese dell’Olanda e l’assassinio di Jan De Witt, nella città in
cui si era trasferito, l’Aja, riceve l’invito ad assumere una cattedra all’università
di Heidelberg, che però rifiuta per non perdere l’autonomia di pensiero e la
libertà che sempre avevano caratterizzato il suo itinerario filosofico.
Ad Amsterdam tenta di promuovere la pubblicazione dell’Ethica, ma vi rinuncia
a causa dell’ostracismo dei circoli filosofici e religiosi più influenti nella città.
Nel 1677 muore di tubercolosi a L’Aja, a soli 44 anni.
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Breve trattato su Dio
• Nella sua prima opera Spinoza determina
quale sia il problema fondamentale della
sua filosofia:
“Come può l’uomo soddisfare la sua
aspirazione alla felicità?”
La risposta, sulla quale si incardina la sua
intera riflessione è la seguente:
“La felicità si trova in Dio”
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Dio
• Dio è l’unica sostanza esistente e tutto ciò che è, è in
Dio. Dunque Spinoza è un panteista, cioè identifica Dio
con la totalità del reale, cioè con l’universo naturale.
• Nell’universo, cioè nell’unico Dio, si distingue una
potenza naturante (natura naturans), cioè una potenza
che genera e fa scaturire tutte le cose, e un elemento
naturato (natura naturata) cioè la totalità delle cose che
sono scaturite dalla potenza naturante di Dio. E’ però
importante sottolineare che in Dio natura naturans e
natura naturata coincidono, sono la stessa sostanza
vista da due prospettive differenti: o come generante
o come generata.
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L’uomo
• L’uomo è uno dei tanti possibili modi di
essere particolari di Dio. Realizzando al
massimo la sua vocazione innata e
intrinseca nel suo essere-uomo, egli
giunge alla conoscenza della totalità delle
cose, cioè alla conoscenza di Dio, e in tal
caso diviene felice.
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Il trattato sulla purificazione
dell’intelletto o il metodo spinoziano
Redatto secondo lo stile autobiografico del
Discorso sul metodo, il trattato evidenzia
la finalità esistenziale della ricerca
filosofica spinoziana, ossia l’idea-guida
della ricerca della felicità. Spinoza si rende
conto che essa non può consistere nel
conseguimento di beni sensibili:
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Escludere i beni sensibili dalla
ricerca umana
“Dopo che l’esperienza mi ebbe insegnato che le cose che
frequentemente si incontrano nella vita comune sono
vane e futili, e quando vidi che tutti i beni che temevo di
perdere e tutti i mali che temevo di ricevere non avevano
in sé nulla né di bene né di male, se non in quanto
l’animo ne era turbato, decisi infine di ricercare se si
desse qualcosa che fosse un bene vero e
condivisibile, e dal quale soltanto, respinti tutti gli altri,
l’animo fosse affetto; anzi se esistesse qualcosa grazie
al quale, una volta scoperto e acquisito, godessi in
eterno una gioia continua e suprema” (Trattato, 1, in
C. Esposito-P. Porro, Filosofia, vol. II, p. 172)
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La beatitudine e Dio
• La beatitudine si consegue solo attraverso la
congiunzione della mente umana con la
realtà suprema ed eterna, poiché in tal
modo l’uomo raggiunge quella perfezione
massima di cui coglie in sé la possibilità e la
vocazione. Tale conoscenza non sarà poi
gelida e anaffettiva, ma produrrà l’amore per
l’oggetto
conosciuto
(amor
Dei
intellectualis), già avvertibile ai suoi stadi
iniziali.
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Per conseguire la conoscenza…
• La conoscenza di Dio è il risultato di
un’iniziale purificazione della nostra
mente dalle idee false e pregiudiziali che
ne impediscono la contemplazione.
• In maniera analoga al neoplatonismo,
Spinoza il processo di purificazione
avviene per gradi: man mano che la
conoscenza si fa più profonda, la mente si
libera.
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I quattro gradi della conoscenza
1) La credenza vaga o per sentito dire (p. es. la mia data di nascita e
l’identità dei miei genitori).
2) La percezione per esperienza vaga, cioè senza l’intervento delle
intelletto, ma quasi per caso (tutte le esperienze che in vita ci capita
di fare in modo non sistematico, come per es. l’esperienza della
morte altrui).
3) La conoscenza mediata da un processo induttivo (inferire dall’effetto
la causa). Tale conoscenza è tipica della scienza, che coglie un
nesso tra l’essenza delle cose, ma non ancora l’essenza stessa in
modo adeguato: percepire, per esempio, il nostro corpo e concludere
che la nostra anima è unita al corpo, proprio in virtù della percezione
interiore che ne abbiamo, ma non sapere ancora qualcosa di
adeguato sull’essenza dell’anima.
4) La conoscenza adeguata della cosa nella sua essenza attraverso la
conoscenza della sua causa prossima (dalla causa all’effetto):
per esempio quando sapendo che cosa è l’anima (la sua essenza),
deduciamo che essa è unita al corpo, o quando sappiamo che
3+3=6).
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L’idea vera
• Per giungere al grado massimo di conoscenza bisogna
partire dall’alto, cioè da un’ idea assolutamente vera,
da cui tutte le altre possano essere dedotte.
• Infatti per induzione otterrò sempre delle regole di
condotta, ma estrinseche e provvisorie, poiché colte nei
loro rapporti senza che tali rapporti derivino da un
sapere profondo delle cose di cui si tratta.
• Invece, considerando un’idea essenzialmente vera, e
cercando la più generale di esse, io potrò dedurre da
questa idea, in modo necessario e certissimo, tutto il
resto. Il problema è quale sia questa idea vera e
generalissima e conoscibile essenzialmente.
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Dio come idea vera conosciuta per
intuizione
• Tale idea vera, certissima e generalissima è l’idea di Dio, la quale
si conosce per intuizione intellettuale, poiché è originariamente
data all’intelletto umano.
• L’idea di Dio è l’idea della totalità unitaria della realtà. L’idea di
Dio è cioè quella di quell’ente generale che contiene tutto ciò che è
e che rappresenta la totalità all’interno della quale è possibile
pensare ogni altra idea.
• Allora l’idea di Dio è la totalità che rende possibile e istituisce i
rapporti tra le altre idee più particolari al suo interno. Quindi tutto ciò
che distinguiamo in Dio lo possiamo fare poiché abbiamo l’idea di
Dio, che è lo sfondo entro cui avviene ogni distinzione. Ma siccome
la distinzione è matrice della chiarezza delle idee, noi possediamo
idee chiare e distinte, cioè vere, grazie al possesso dell’idea di
Dio, fondamento di tutte le altre idee, della loro certezza, verità e
conoscibilità.
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Verità di Dio
• Se il criterio di verità delle idee è la
possibilità di dedurre da esse tutto quanto
corrisponde alle cose a cui le idee stesse
si riferiscono, l’idea di Dio, cioè della
totalità del reale, è fondamento di ogni
verità, in quanto da essa si ricavano
deduttivamente tutte le proprietà della
realtà.
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La procedura espositiva di Spinoza
nell’Ethica
• Coerentemente con il suo metodo
deduttivo, Spinoza cerca di evincere da un
gruppo di idee generali, a sua volta
dedotte da quella di Dio, una descrizione
coerente e necessaria della realtà. Ciò
facendo accoglie in pieno l’eredità della
geometria euclidea che, movendo da
principi primi, procede derivando in modo
esatto e logicamente ineccepibile le
conseguenze delle premesse poste.
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Gli elementi del metodo: le
definizioni
I teoremi, cioè le spiegazioni causali del mondo, si deducono dalle definizioni e
dagli assiomi.
Le definizioni sono idee chiare e distinte con cui noi concepiamo la natura i
una cosa. Vi sono due tipi di definizione:
1) La definizione di una cosa realmente esistente, la cui verità consiste
nell’esatta rappresentazione dell’essenza della cosa definita (per es. la
definizione del Tempio di Salomone a Gerusalemme);
2) La definizione di qualcosa che non esiste fuori di noi in modo
determinato, la cui verità consiste soltanto nella non-contraddizione
logica della definizione stessa (es. la definizione di un tempio che si
voglia costruire) (B. Spinoza, Epistola 9 a De Vries, in F. Mignini, s.v.
Spinoza, in Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano, 2006, p. 10990).
Le definizioni filosofiche sono quest’ultime, poiché sono quelle veramente
necessarie, al di là del nostro contingente contatto con una cosa.
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Una definizione filosofica
Esempio di definizione filosofica è proprio la
prima frase dell’Ethica, che riguarda il senso
della locuzione «causa di sé» (che
evidentemente si applica a Dio):
«Intendo per Causa di sé ciò la cui essenza
implica l’esistenza, o ciò la cui natura non
può essere concepita se non come
esistenza» (Spinoza, Etica, tr. it. di E. Troilo,
Libritalia, Città di Castello, 1997).
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Gli assiomi e i postulati
Sia gli assiomi sia i postulati sono enunciati contenenti
idee.
Le idee sono nell’enunciato collegate come soggetto e
predicato. La connessione tra soggetto e predicato negli
assiomi e nei postulati risulta immediatamente evidente,
sulla base della definizione di ciascuna delle idee collegate.
Di conseguenza assiomi e postulati “sono così chiari ed
evidenti che tutti coloro che semplicemente ne abbiano
capito bene i termini, non possono affatto negare loro
l’assenso” (L. Meyer, Prefazione a B. Spinoza, Principi di
filosofia cartesiana, in G. D’Anna, Uno intuitu videre.
Sull’ultimo genere di conoscenza in Spinoza, Ghibli,
Milano, 2002, p. 186)
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Esempio di assiomi o postulati
Ecco alcune affermazioni in cui il legame tra soggetto e predicato è
immediatamente evidente:
«Tutto ciò che è, o è in sé o in altro»,
«Ciò che non si può concepire per mezzo di altro, va concepito per
se stesso»,
«Da una causa determinata segue di necessità l’effetto; e invece,
se non è data alcuna causa determinata, è impossibile che segua
l’effetto».
Gli enti che debbono il loro essere o a sé stessi o ad altro, il nesso
necessario di causa effetto, sono alcuni principi che
ogni
ragionamento deve dare per scontati, se vuole essere razionale.
Infatti queste idee si connettono alla mente ragionante con assoluta
evidenza.
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Definizioni assiomi postulati
• “I postulati e gli assiomi non enunciano mai verità
particolari, ma universali, non indotte dall’esperienza,
bensì dotate intrinsecamente di certezza ed evidenza.
L’Ethica è dimostrata more geometrico e Spinoza
sicuramente conosceva gli Elementi di Euclide che si
sviluppano secondo un metodo deduttivo: postulare che
per due punti passa una e una sola retta non
richiede un riscontro empirico, ma è principio
evidente e certo in sé, ed è valido per tutte le rette. Il
metodo deduttivo funziona in questo modo: posti dei
principi universalmente validi, postulati assiomi e
definizioni, su questi si fonda poi tutta la catena di
ragionamenti che si esplicano mediante teoremi e
dimostrazioni”(D’anna, ivi).
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Le proposizioni, le dimostrazioni, i
teoremi, i corollari e gli scolii
• Le proposizioni sono “enunciazioni formate da un
soggetto e da un predicato, dove però la connessione
non è immediata, ma ricavata per passaggi intermedi
dalle definizioni e dagli assiomi” (F. Occhipinti, Uomini
ed idee, Einaudi, Torino, 2010, vol. II, p. 328). Tale è il
procedimento della dimostrazione, cioè la deduzione
mediata, da principi definiti, delle loro conseguenze.
Il procedimento dimostrativo conclude con l’elaborazione
di un teorema, cioè di una dottrina rigorosa sul mondo
arricchita da alcune ulteriori deduzioni di secondo grado
(corollari) e da commenti e delucidazioni (scolii).
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Esempio di proposizione…
Dato l’assioma: «Non si dà nella Natura alcuna
cosa singolare, di cui non si dia un’altra più
potente e più forte. Ma, data una qualsiasi, se
ne dà un’altra più potente, da cui quella data
può essere distrutta» (Ethica IV, cit., p. 264) si
può dimostrare la seguente proposizione:
«La forza per la quale l’uomo permane
nell’esistenza è limitata ed è infinitamente
superata dal potere delle cause esterne»…
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…Esempio dimostrazione…
…infatti la sua dimostrazione dice che:
«Ciò è evidente per l’Assioma di questa parte
(quello suindicato, n.d.r.). Poiché, dato un uomo, si
dà alcunché, poni A, di più potente, e dato A, si dà
un’altra cosa più potente dello stesso A, poni B, e
ciò all’infinito. E così la potenza dell’uomo è
limitata dalla potenza di un’altra cosa, ed è
infinitamente superata dalla potenza delle cause
esterne» (ivi, 266).
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Esempio di scolio e corollario
Scolio
e
corollario
rispettivamente
commentano una proposizione e vi
aggiungono qualche ulteriore deduzione. La
proposizione è ovviamente già stata
dimostrata.
Prendiamo
ad
es.
la
proposizione IV, XLV:
«L’odio non può mai essere buono».
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Esempio di scolio e corollario
(2)
Tale proposizione viene così dimostrata:
«Noi tendiamo a distruggere l’uomo che odiamo (per
la proposizione III, XXXVII: «La cupidità, che nasce
dalla tristezza o dalla gioia, dall’odio o dall’amore,
tanto è maggiore quanto è maggiore è la passione da
cui deriva), ossia (per la prop. IV, XXXVII: «Il bene,
che ognuno il quale segua la virtù, desidera per sé,
desidera anche per gli altri uomini, e tanto più quanta
maggiore conoscenza abbia di Dio») tendiamo a
qualche cosa che è cattiva, dunque…etc.»
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Esempio di scolio e corollario
(3)
Lo scolio della dimostrazione è il seguente:
«Nota che qui e nelle seguenti pagine, intendo per
odio soltanto quello che si volge contro gli uomini».
Mentre il corollario così recita:
«L’invidia, la derisione, il disprezzo, l’ira, la vendetta e
le altre passioni che si riferiscono all’odio, o che
nascono da esso, sono cattive; il che appare evidente
anche dalla prop. III, XXXIX e dalla prop. IV, XXXVII»
(ivi, p. 304).
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La metafisica spinoziana: la
sostanza
• Il principio supremo di tutta la filosofia
spinoziana, e al tempo stesso di tutta la realtà, è
la sostanza.
• La sostanza è ciò che è in sé e non dipende da
altro.
• Essa è concepita per sé e non ha bisogno di
altro per essere concepita.
La sostanza è causa di se stessa, va pensata
come esistente (la sua essenza implica
l’esistenza) ed è infinita.
In una parola coincide con ciò che noi chiamiamo
DIO.
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Il Dio-sostanza
• ONTOLOGICAMENTE Dio è all’origine di
ogni essere.
• GNOSEOLOGICAMENTE il suo concetto
è presupposto di ogni altro concetto nel
senso che tutto ciò che penso o è
sostanza o un certo aspetto della sostanza
(un suo attributo).
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Il Dio-sostanza infinita
• Dio è infinito nel senso che consta di
infiniti attributi (l’attributo esprime
l’essere di Dio sotto un certo aspetto)
eterni come è eterno Dio.
• Gli attributi di Dio sono infiniti, ma noi ne
conosciamo solo due:
IL PENSIERO
e
L’ESTENSIONE
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Pensiero ed estensione
• Gli attributi, in particolare quelli che noi conosciamo, cioè
pensiero ed estensione, si specificano nelle loro
DETERMINAZIONI O MODIFICAZIONI NECESSARIE
che Spinoza chiama MODI.
• I modi del pensiero e dell’estensione possono essere
finiti o infiniti (questi ultimi sono i caratteri invarianti ed
eterni dell’attributo corrispondente, mentre i primi sono
limitati e in divenire).
• Modi finiti del pensiero – le idee (ciò che noi pensiamo)
• Modi infiniti del pensiero – l’intelletto infinito di Dio
• Modi finiti dell’estensione – i corpi che noi vediamo
• Modi infiniti dell’estensione – il movimento e la quiete
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Il rapporto pensiero-estensione
• Questa relazione, il cui problema aveva messo
in crisi il cartesianesimo, e che era stata
determinata in senso occasionalistico da
Malebranche, viene descritta nei termini di un
PARALLELISMO PSICO-FISICO da Spinoza.
Il parallelismo psicofisico stabilisce che “l’ordine
della connessione delle idee è parallelo e
identico all’ordine della connessione delle
cose”.
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Parallelismo psicofisico
• Secondo l’idea del parallelismo psicofisico
pensiero ed estensione propriamente non si
influenzano, ma sono già da sempre posti in
una relazione biunivoca in cui ad ogni
elemento dell’insieme “pensiero” corrisponde
un elemento dell’insieme “estensione”, oppure
ad ogni punto sulla retta “pensiero” corrisponde un
punto sulla retta “estensione”.
• Per esempio il cerchio in natura e il cerchio
pensato sono la stessa cosa in due attributi
diversi, ossia sono un punto che nella retta
pensiero corrisponde esattamente ad un punto
nella retta estensione.
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Deduzione
• Grazie all’idea del parallelismo psicofisico
è possibile pensare il rapporto tra il
principio supremo del Dio-sostanza, i suoi
attributi e i suoi modi come una
DEDUZIONE MATEMATICA (cioè le
qualità degli attributi e dei modi si
deducono dal principio supremo come si
deduce un teorema dagli assiomi).
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DETERMINISMO
• Tutto deriva da Dio – natura naturans e natura
naturata – tutto è Dio, tutto si deduce da Dio e
tale deduzione ha un carattere matematicogeometrico.
• Se è così la visione del mondo di Spinoza
appare radicalmente deterministica. Infatti se
dalle cause naturali deriva un effetto così
come dalle premesse logico matematica
derivano le conclusioni, tutto nell’universo è
necessario.
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Libertà, necessità, Dio
• Se pensiamo la libertà esclusivamente come un
non essere causato e/o necessitato da altro,
solo Dio è autenticamente libero. Tuttavia la
libertà di Dio non è la libertà di una persona. Dio
per Spinoza non è persona, non è intelletto o
volontà, non ama, non crea dal nulla. Intelletto,
volontà, amore sono modi del pensiero, sono
solo determinazioni di un suo attributo, sono
ancora delle proprietà di Dio che non esprimono
l’essenza in sé di Dio. Se vogliamo esprimere
che cosa è Dio dobbiamo dire che esso è
IMPERSONALE NECESSITA’ ASSOLUTA.
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Negazione del finalismo
dell’universo
•
•
Se Dio è impersonale necessità assoluta, nel mondo non vi è nessun
fine voluto da Dio. Se Dio VOLESSE qualcosa, mancherebbe di quel
qualcosa, che egli desidererebbe, dunque verrebbe meno il suo primato
ontologico: non sarebbe la totalità dell’essere che secondo Spinoza è la
sostanza suprema. In realtà non esistono fini, l’idea teleologica è
solamente un pregiudizio umano, un modo umano erroneo di
guardare alla connessione delle cose.
Tale errore è dissolto dalla conoscenza matematica che conosce
connessioni logiche e risultati, ma non scopi. In base ad un simile
assunto si può interpretare il finalismo come un capovolgimento del
rapporto causa effetto (l’unica vera chiave esplicativa del mondo) tale
per cui l’effetto diviene causa finale, cioè la causa che sin dall’inizio ha
messo in moto il meccanismo. Ma ogni causa è efficiente, non agisce
cioè intenzionalmente, altrimenti il rapporto tra causa ed effetto sarebbe
contingente (dipenderebbe da un’intenzione o una volontà che può
esservi o no) e il mondo diverrebbe inspiegabile. Dunque vera causa è
solo quella efficiente, e il fine non è altro che l’effetto prodotto
necessariamente dalla causa.
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Nuove precisazioni sulla
conoscenza
• L’uomo non è una sostanza pensante, poiché sostanza
è solo Dio. L’essenza dell’uomo consiste in certi modi
degli attributi di Dio cioè l’idea (pensiero) e il corpo
(estensione). L’idea fondamentale dell’uomo è quella
del proprio corpo, essa fonda l’unione di corpo e anima
Tutto ciò che avviene nel corpo è percepito dall’anima,
che conosce le affezioni e le modificazioni del corpo e
per mezzo di queste gli altri corpi.
• Ma tale conoscenza è inadeguata, oscure e confusa,
poiché è stata acquisita attraverso l’esperienza.
Quest’ultima ha un ruolo non nel fornire conoscenza
delle cose ma nell’orientare l’attenzione verso le cose e
nello stimolare il processo conoscitivo.
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Idee
• Ogni conoscenza accade attraverso idee. Esse
sono rappresentazioni che hanno un oggetto
rappresentato e possono essere
• 1) inadeguate, come quelle ottenute attraverso
l’esperienza. Le idee inadeguate in generale
sono false perché colgono solo una parte della
totalità del reale e la pensano a prescindere
dalla sua connessione necessaria con le altre
parti.
• 2) Adeguate, cioè perfette e vere.
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Il passaggio dalle idee inadeguate
a quelle adeguate
• Tale passaggio identifica i tre gradi della conoscenza per Spinoza:
• 1) la doxa (opinione) o immaginazione che comporta l’assunzione
di nozioni vaghe, ottenute dai sensi, fuori dalle loro connessioni
necessarie,
• 2) la ragione, ossia la conoscenza delle cause e delle leggi di
connessione, che perviene alle idee di quantità, figura e moto, cioè
ai fondamenti delle scienze esatte. Essa in particolare giunge a
cogliere gli aspetti geometrico matematici comuni ai vari corpi
(compreso il proprio) e dunque le loro caratteristiche più generali,
che permettono di comprenderli scientificamente;
• 3) la scienza intuitiva cioè la conoscenza del procedere necessario
delle cose dal primo principio intuito nella sua chiarezza e
distinzione. In questa fase ci si pone dal punto di vista di Dio, si
disloca la propria anima in Dio ricevendone gioia profonda e intima
soddisfazione. Tale conoscenza genera l’amore intellettuale di Dio
che è felicità.
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Etica: il male e il bene
• In un universo deterministico, cioè governato
dalla necessità, non esistono un bene e un male
in sé, come non esistono fini: propriamente il
bene e il male sono ridotti all’UTILE e al
DANNOSO. Utile è tutto ciò che contribuisce a
conservare il nostro essere. Dannoso è tutto ciò
contrasta il nostro essere. L’utile è dunque
l’unico elemento in base al quale possiamo
definire un’azione «virtuosa».
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L’etica e le passioni
• Un
elemento
fondamentale
del
nostro
comportamento è la passione. Essa interagisce
con l’uomo rafforzando o diminuendo la sua
capacità di agire. E’ quindi estremamente
importante analizzarle e spiegarle. La loro
spiegazione deve prendere le mosse dalla
consapevolezza che le passioni sono eventi
naturali e necessari, come tutto, tra ciò che
esiste, è necessario.
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41
Origine delle passioni
• Le passioni si misurano sulla tendenza umana
all’autoconservazione, la quale è accompagnata
nella coscienza umana dalla rispettiva idea.
• Riferita alla mente tale tendenza ha nome
VOLONTA’
• Riferita al corpo ha nome APPETITO
La passione della gioia favorisce la tendenza a
perseverare nel proprio essere.
La passione del dolore la contrasta.
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Amore e odio
• L’amore è la passione della gioia
accompagnata dall’idea di una causa
esterna che l’abbia determinata.
• L’odio è la passione del dolore
accompagnata dall’idea di una causa
esterna che l’abbia determinata.
• Gioia, dolore, amore, odio sono le
passioni fondamentali.
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43
Natura delle passioni
• Ciò che caratterizza le passioni è la loro
indeterminatezza, la loro, diremmo,
opacità per la nostra mente. Infatti la
passione è un’idea confusa e inadeguata.
• Con essa «la mente afferma una forza
d’esistere del suo corpo» che orienta il
pensiero stesso su un oggetto
piuttosto che su un altro.
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Passività e attività
• Ora la passione, essendo caratterizzata
dall’inadeguatezza dell’idea, può riorientare verso
oggetti che sembrano utili, cioè sembrano bene,
ma non lo sono. Il problema del rapporto
dell’uomo con le proprie passioni è quello di
riparare quell’inadeguatezza chiarendo la
propria idea. Di fronte all’oscurità della passione
la mente è passiva. Se la mente chiarisce l’idea
connessa alla passione, diventa attiva e cessa di
essere schiava delle passioni stesse.
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Chiarire la passione
• Chiarire la passione significa inserire il suo
oggetto nell’ordine delle connessioni
logiche e necessarie che ce lo fa apparire
nel suo reale rapporto con la nostra
persona e identifica con esattezza
l’utilità o il danno dell’oggetto stesso
per la nostra esistenza.
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Una superiore necessità
• Ma, al di là di ogni considerazione di utilità, ancor
più pregnante per la nostra vita è la considerazione
della necessità di ogni evento. Se la mia mente
guarda a Dio e lo contempla come natura i cui
elementi sono in ordine rigorosamente geometrico,
ciò genera una suprema gioia ed ha una funzione
supremamente rasserenante. Infatti nulla mi può
colpire se so che tutto è inevitabile. Dunque lo
sguardo che io devo gettare sul mondo per vivere
bene e libero è quello che è dato sub specie
aeternitatis, dal punto di vista dell’eternità.
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La libertà possibile
• La liberazione delle passioni, ottenuta
mediante una conoscenza adeguata è ciò
che noi chiamiamo libertà.
Una libertà che è tale solo in quanto
CONSAPEVOLEZZA
della necessità universale di tutte le
cose.
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