CAPITOLO 23
Spinoza (3° parte)
Spinoza ritiene che il progresso conoscitivo proceda parallelamente al progresso morale e che formino un
tutt’uno. Nell’Etica egli distingue tre generi del conoscere:
1. La percezione sensibile o immaginazione, tramite cui la mente coglie la realtà in modo slegato e
parziale. Ciò si identifica con la conoscenza prescientifica del mondo la quale si limita a percepire le
realtà. L’errore di questo tipo di conoscenza è nel modo confuso di rappresentare le cose. Il
corrispondete etico è la schiavitù dalle passioni.
2. La ragione e si fonda sulle idee comuni chiare e distinte che sono proprie della ragione e riproducono
le caratteristiche strutturali delle cose, come l’estensione, la figura ecc. Questa cognizione si identifica
con la visione razionale del mondo che trova nella scienza la sua tipica espressione. L’equivalente
comportamentale è la vita secondo ragione o virtù
3. Intelletto e consiste nel guardare la realtà alla luce della sostanza riproducendone adeguatamente la
struttura ontologica e la partizione Sostanza-atributi-modi. La conoscenza intuitiva si identifica con la
metafisica stessa ossia con la visione delle cose nel loro scaturire da Dio. Il mondo per l’intelletto è
qualcosa di unitario necessario ed eterno. Dal punto di vista dell’intelletto i punti di vista umani
sull’universo sono soggettivi e relativi. Spinoza chiama amore intellettuale di Dio la letizia che nasce
dalla conoscenza dell’ordine necessario che è la Sostanza di Dio. Esso è eterno ed è parte dell’amore
infinito con cui Dio ama se stesso.
Il misticismo di Spinoza è in realtà una metafisica geometrizzante per la quale il termine dell’unione mistica p
la struttura matematica dell’universo nella quale è stata riconosciuta la sostanza ultima delle cose.
Perseguire l’utile in modo razionale e vivere la vita nella miglior maniera possibile rapportandosi al
Tutto eterno e necessario di cui si è transitorie manifestazioni è il messaggio ultimo della filosofia di
Spinoza.
La dottrina dello Stato è indirizzata verso il realismo politico. Spinoza parte dallo Stato di Natura ritenendo
che in esso il diritto di ciascun uomo coincide con la sua potenza. Ogni uomo è di diritto altrui finche è sotto
il potere altrui, ma è nel proprio diritto quando può respingere la volontà altrui e vivere come gli pare. Questa
condizione porta alla guerra tutti contro tutti, perciò il diritto di natura porta gli uomini a vivere secondo un
comune accordo. Il diritto comune fa nascere le valutazioni morali che fuori di esso non hanno senso. Spinoza
ritiene che tali valutazioni si giustifichino solo in una comunità organizzata. La giustizia e l’ingiustizia nascono
a opera del diritto comune. Il diritto dello Stato limita il potere dell’individuo, ma non annulla il suo diritto
naturale. La differenza tra lo Stato di natura e quello civile è che nell’ultimo tutti temono le stesse cose e per
tutti c’è una sola garanzia di sicurezza e un solo modo di vivere, ma non viene tolta all’individuo la facoltà
di giudizio. I vantaggi dello stato civile sono tali che la ragione consiglia a ciascuno di sottomettersi alle
sue leggi. I limiti dell’azione del potere statale sono determinati dalle leggi senza le quali esso cessa di essere
Stato. Per lo Stato e per l’uomo la regola migliore è quella di fondarsi sui precetti della ragione che sono i soli
che garantiscono l’autoconservazione.
Spinoza critica anche la Bibbia. La rivelazione di Dio ha avuto lo scopo di stabilire le condizioni di quella
obbedienza a Do in cui consiste la fede. L’unico precetto che la Scrittura insegna è l’amore per il prossimo. La
riduzione della fede ad obbedienza toglie ogni pericolo di dissenso religioso e rende impossibile il conflitto
tra fede e ragione. In qualsiasi comunità politica l’uomo conserva una parte dei propri diritti; e il diritto più
importante è il diritto di pensare e giudicare liberamente. Il fine dello Stato è la libertà. Spinoza ha lo scopo
di garantire all’uomo la libertà dalle passioni, politica e religiosa.
© Federico Ferranti
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