Spinoza (2a parte)

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CAPITOLO 22
Spinoza (2° parte)
Gli interrogativi che emergono dall’Etica sono sostanzialmente due: Che cosa è in definitiva la sostanza? Che
rapporti esistono tra la sostanza e i suoi modi? La natura tende ad identificarsi con l’ordine necessario e
razionale del tutto. Il Dio- Natura di Spinosa è dunque l’ordine geometrico dell’universo, cioè il sistema del
tutto e delle sue leggi. Come tale, la natura non è il puro insieme o la semplice somma delle cose, ma il sistema
o l’ordine intrinseco che le regola e struttura secondo precise e immutabili concatenazioni. Di conseguenza in
Spinoza il panteismo e il panenteismo sono una forma rigorosa di naturalismo.
Per quanto riguarda il secondo problema, relativo ai rapporti tra la Sostanza e i modi, si deve dire che Spinosa
ha scarto i due modelli tradizionali: la dottrina della creazione e la dottrina dell’emanazione. La creazione
supporrebbe intelletto e volontà tutte cose che non hanno senso riferite al suo dio natura e non vi è traccia
dell’accettazione della teoria dell’emanazione. La sostanza di Spinosa non è l’unità dalla quale scaturiscono le
cose per emanazione. Essa è piuttosto un ordine cosmico o un teorema eterno da cui le cose seguono in modo
necessario. La sostanza è nient’altro che una formula immutabile da cui scaturiscono necessariamente le varie
cose, e il mondo nient’altro che un eterno seguire di determinate conseguenze da determinate premesse.
Spinoza ritiene che pensiero ed estensione siano due realtà qualitativamente eterogenee in quanto lo spirito
non può mai essere materiale e la materia non può mai essere spirituale. Come tali, esse non possono
influenzarsi a vicenda. Spinosa ritiene che pur non influenzandosi a vicenda, le serie dei corpi e delle idee
convengano necessariamente tra di loro, quasi come in una sorta di corrispondenza biunivoca. Il corpo è
nient’altro che l’aspetto esteriore della mente, così come la mente è nient’altro che l’aspetto interiore del
corpo. Questo parallelismo psico-fisico di Spinoza sottintende in realtà un monismo metafisico, che vede nel
pensiero e nell’estensione non due sostanze, ma due attributi diversi di una medesima sostanza. In tal modo, il
rapporto idea-realtà cessa di essere un problema, poiché resta garantita la validità della nostra conoscenza.
Ovviamente non di qualunque conoscenza, ma soltanto di quella che Spinoza chiama conoscenza adeguata,
cioè della conoscenza che sa riprodurre esattamente, tramite l’intelletto, l’rodine oggettivo delle cose.
La metafisica risulta finalizzata all’etica. La tesi della naturalità dell’uomo afferma che la nostra specie è
una formazione naturale come tutte le altre e anche essa è sottoposto alle leggi dell’universo. Spinoza toglie
all’uomo lo statuto di creatura privilegiata.
Le azioni umane obbediscono a regole fisse e necessarie che possono essere studiate con matematica
obiettività. Spinoza dice che di fronte alle passioni, non bisogna condannarle ma comprenderle in quanto non
sono vizi, ma proprietà dell’uomo. Spinoza costituisce la sua geometria delle emozioni proponendosi di
individuare le leggi e le forze basilari della condotta pratica e studiare la schiavitù e la libertà umana.
Ogni cosa tende a perseverare nel proprio sforzo ad auto conservarsi. Quando questo sforzo si riferisce solo
alla mente è detto Volontà, quando anche al corpo detto Appetito, Quando l’Appetito è cosciente di sé (vuol
dire che c’hai fame) è detto Cupidità. Da ciò segue la Letizia che è l’emozione connessa al passaggio da una
perfezione minore ad una maggiore e la Tristezza, ovvero il contrario. Dagli affetti primari (Letizia e Tristezza)
derivano gli affetti secondari e le passioni. Anche il bene e il male derivano dagli affetti primari, ma sono
qualità relative alla Cupidità, il bene è fonte di Letizia, il male di Tristezza.
Lo sforzo di autoconservazione è la comune legge di comportamento di tutti gli esseri viventi e si identifica
con la ricerca del proprio utile. Per questo è impossibile sottrarsi al determinismo naturale e il libero
arbitrio è solo un’illusione. La libertà per Spinoza è quella di porsi come soggetto attivo e non solamente
passivo della propria tendenza di autoconservazione e non mettere da parte il determinismo. L’uomo deve
agire per l’utile in modo intelligente e lungimirante liberandosi dalla schiavitù delle passioni. La virtù è una
tecnica razionale del ben vivere, cioè lo sforzo di autoconservazione divenuto cosciente di se e saggiamente
diretto. La ragione può vincere le emozioni distruttive solo facendosi essa stessa emozione. Vi sono affetti
sempre buoni, sempre cattivi o altri che sono buoni o cattivi a seconda della loro misura. Fra gli affetti criticati
da Spinoza ci sono: la compassione (il facile commuoversi), l’umiltà (forma d’impotenza) e il pentimento
(l’inutile indugiare su un errore commesso). Spinoza biasima anche ogni forma di paura o timore.
Per Spinoza l’uomo morale è anche uomo sociale, in quanto la ragione spinge l’individuo ad unirsi ai suoi
simili, per meglio conseguire l’utile collettivo. La liberazione etica dalle passioni non costituisce l’ultimo
gradino dell’elevazione dell’uomo, che si ha soltanto con la contemplazione del Dio-Natura, con ciò che
Spinoza chiama amore intellettuale di Dio.
© Federico Ferranti
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