Il LAVORO E LA COSTITUZIONE 3 MAGGIO 2011 Sala Consiliare del Comune di Melegnano Comitato per il lavoro- dirittidemocrazia “La Costituzione è la Bibbia civile dei popoli (Carlo Azeglio Ciampi, )” La lettura che farò della nostra Costituzione non si limiterà ad una spiegazione letterale degli articoli. Considero la Costituzione della Repubblica italiana, prendendo a prestito una definizione molto calzante di un ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, una vera e propria “Bibbia civile” e come tale la interpreterò. Per un vero credente(non per un osservante o un ateo devoto, ma per un credente) la Bibbia è un testo da interpretare in chiave esistenziale, come fanno, ad esempio, i monaci camaldolesi. Che cosa significa? Significa che il cittadino dovrebbe porsi davanti alla sua Costituzione come davanti ad un libro sapienziale, ed interrogarlo, per trovare nei suoi articoli la risposta alle provocazioni della vita quotidiana e della politica. E’ con queste provocazioni, o almeno con alcune di queste, che confronterò gli articoli della Costituzione che andremo a commentare A che cosa servono le Costituzioni? Dobbiamo ricordarci tutti che la Costituzione, oltre ad essere la carta di identità di un popolo è l’insieme dei valori in cui si riconosce una comunità, è anche e soprattutto “il potere dei senza potere”(Vaclav Havel). Il potere non ha bisogno di Costituzioni. Le Costituzioni nascono per limitare il potere e garantire i diritti, ma soprattutto per mettere delle regole al potere. Il potere stesso è sottomesso alle Costituzioni e deve esercitare la sua autorità secondo quanto è previsto dalla Costituzione Le Costituzioni democratiche del Novecento servono a mettere delle regole al potere e sono quindi “il potere dei senza potere” Un progetto di società nuova La nostra Costituzione delinea un progetto di società nuova, che deve essere gradualmente realizzato e che nella sua realizzazione ha incontrato e incontra ostacoli da parte di chi non rinuncia facilmente a quelli che sono, di fatto, oggi, solo dei privilegi. Un’ultima considerazione. Andando a commentare gli articoli potremo notare come la Costituzione sia un testo bello ed elegante dal punto di vista della chiarezza e della scorrevolezza del suo linguaggio. Il testo, in vista del suo coordinamento finale, fu sottoposto ad un gruppo di letterati, perché doveva essere letto, capito e, in un certo senso, interiorizzato da tutti gli italiani, essendo qualcosa che ci riguarda tutti da vicino. Fu anche affisso per un anno all’albo pretorio di tutti i Comuni. Purtroppo, poi, fu come dimenticato, soprattutto nelle scuole, e forse non fu un caso. Proviamo a confrontare la lunghezza e il linguaggio degli articoli che sono stati modificati recentemente da una classe politica diversa da quella che ha scritto la Costituzione e ne vedremo la grande differenza. Sono lunghi, farraginosi, contorti, brutti, come il clima che caratterizza la classe politica da trent’anni a questa parte. Il lavoro nella Costituzione L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (Articolo 1 primo comma) Il lavoro è il fondamento della democrazia Aldo Moro Una Costituzione fondata sul lavoro Con questo articolo si voleva affermare qualcosa di più della protezione dei lavoratori dipendenti. Come scrisse Mortati”si volle affermare il valore del lavoro come veicolo attraverso il quale ciascuno potesse esprimere la sua capacità creativa, la valorizzazione di sé e allo stesso tempo il proprio contributo alla crescita della società in cui vive. Così si intese stabilire che nulla al di fuori del proprio lavoro avrebbe legittimato in Italia riconoscimenti di status o di condizioni più favorevoli. Non sarebbe bastato quindi essere ariani anziché ebrei, nobili anziché plebei, italiani anziché stranieri, ricchi anziché poveri. I titoli di cavalieri del lavoro, al posto dei titoli nobiliari, soppressi dalla XIV disposizione finale della Costituzione, trovano qui il loro fondamento. Il diritto- dovere al lavoro La nostra professione è il modo per guadagnarci da vivere, ma è anche il contributo che diamo alla società da cui dipendiamo. Del resto, tra la società e noi c’è un condizionamento reciproco Dalai Lama Amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra Primo Levi Art. 3 c.2 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Perché fondare la Costituzione sul lavoro? Perché si sentì il bisogno di tutelare e proteggere il lavoro, che può essere considerato come il primo dei diritti sociali – poiché viene prima di tutti gli altri – e perché per l’uomo e la donna rappresenta un mezzo di sostentamento e di realizzazione di sé stessi. Il lavoro fa si che gli esseri umani possano formarsi e affermarsi all’interno della società. È, inoltre, una prospettiva di vita, è il futuro! Nella Costituzione il lavoro riceve una protezione incondizionata. Nella contrapposizione tra il lavoratore e il datore di lavoro la Costituzione ha così protetto la parte più debole, quella che dal lavoro trae la fonte del suo sostentamento e che si trova perciò in una posizione di svantaggio rispetto al datore di lavoro. Ciò ha reso possibili tutta una serie di leggi, in particolare la legge del 1966 sui licenziamenti individuali, fortemente protettive nei confronti dei lavoratori. Il principio di uguaglianza sostanziale E’ questo il principio di uguaglianza sostanziale,chiave di volta del progetto di società nuova delineato dalla nostra Costituzione, in base al quale è stato possibile realizzare la pari opportunità che hanno consentito la mobilità sociale nel dopoguerra. Favorire le persone che si trovano in condizioni sfavorevoli nella società (donne, minori, poveri, diversamente abili, disoccupati, stranieri) significa dare a tutti le stesse opportunità e quindi dare loro pari dignità sociale. Non basta proclamare che le persone sono tutte uguali, ma bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono loro di esserlo. Oggi la mobilità sociale è ridottissima(Dati della fondazione Italia futura di Montezemolo) e su questo punto la Costituzione non è rispettata. Prevalgono le corporazioni, le lobbies. L’istruzione, volano per lo sviluppo e la valorizzazione dei talenti,è fortemente penalizzata . Realizzare l’uguaglianza sostanziale, oggi, significa incentivare l’istruzione e la ricerca,anche con borse di studio per i capaci e i meritevoli, aiutare i giovani e i disoccupati, le donne e le madri di famiglia; non per un astratto buonismo ma per far sì che ogni persona umana possa svilupparsi e dare in questo modo il più alto contributo alla comunità, come afferma questo articolo, quando parla di partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese L’articolo 1 va letto insieme all’articolo 3 comma 2 e all’articolo 4. Si tratta di principi fondamentali, quindi il nucleo duro, il nocciolo della Costituzione e rappresentano una “rivoluzione promessa” in cambio di una “rivoluzione mancata”. Nel progetto di società nuova previsto nei principi fondamentali il lavoro è un diritto. Non è però un diritto fornito di azione. Non possiamo, per intenderci, rivolgerci a un giudice perché renda effettivo questo diritto. La prima parte dell’articolo 4 vuole affermare che la Repubblica deve promuovere delle politiche di piena occupazione mettendo in atto tutti gli strumenti per rendere effettivo questo diritto(leggi nazionali, regionali, fondi europei a sostegno dell’occupazione femminile e giovanile, politiche di sviluppo, POLITICHE INDUSTRIALI, del tutto sconosciute ai governi che si sono succeduti in questi ultimi 15 anni, politiche di istruzione e ricerca, politiche di formazione). Il lavoro sotto attacco Del resto non dipende da uno Stato realizzare la piena occupazione ed in particolare in tempi come questi, segnati dalle conseguenze della globalizzazione dei mercati, l’occupazione fa sempre più i conti con decisioni prese da altri Stati, o da altri soggetti economici, oggi anche più forti degli Stati, come le multinazionali o i capitali finanziari. Oggi si va sempre più verso una compressione e un appiattimento verso il basso dei diritti economici e sociali dei lavoratori dei paesi sviluppati, dovuta alla concorrenza della manodopera straniera nei paesi che non riconoscono gli stessi diritti e le stesse tutele sociali riconosciute ai lavoratori a tempo indeterminato in Italia. Su questo punto qualcuno, meglio di me, credo potrà sottolineare come i lavoratori, sia i cosiddetti garantiti, che i precari, siano oggi sotto attacco in misure diverse. Il lavoro sotto attacco Gli accordi di Pomigliano e Mirafiori e, recentemente, quelli della ex Bertone mostrano chiaramente come anche ai lavoratori cosiddetti garantiti siano imposti turni di lavoro pesanti, accorciamenti di pause, a parità di salario e che quindi l’impresa e il capitale siano capaci di contrastare la concorrenza straniera ed internazionale solo in termini di aumento della produttività e contrazione dei salari, senza che da parte del Governo italiano si intraveda una politica industriale a sostegno dell’innovazione, dello sviluppo sostenibile o della formazione. Il Governo non esiste su questo punto. Risponde solo con la proposta di incentivi. Lo spostamento di pil dai salari ai profitti L’attacco al lavoro è dimostrato da studi che confermano che nell’arco degli ultimi quindici anni c’è stato uno spostamento di otto punti percentuali di Pil mondiale dai salari ai profitti. Questo ha significato non solo un indebolimento della classe lavoratrice, ma un aumento sproporzionato delle disuguaglianze. Articolo 4 Che cosa ci dice allora oggi la prima parte dell’articolo 4? La rivoluzione promessa, la realizzazione di una maggiore giustizia sociale, non c’è stata, La seconda parte dell’articolo 4 afferma che il lavoro non è solo un diritto ma anche un dovere e che ciascuno ha il dovere di svolgere, in base alle proprie attitudini e alle proprie scelte, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Utopia? Direi di no. Se la Repubblica avesse incentivato investimenti da parte dello Stato, magari anche immaginando forme di collaborazione con i privati, nell’istruzione, nell’Università e nella ricerca, in modo serio, avrebbe incrementato le possibilità per le persone di riconoscere le proprie attitudini, di averne maggiore consapevolezza e quindi di poter scegliere un lavoro(significativamente qui si parla anche di attività o funzione, quindi non solo di lavoro dipendente) svolto con passione, in modo leggero, in modo non solo da contribuire alla ricchezza del Paese, il cosiddetto progresso materiale, ma anche all’incivilimento e all’ingentilimento della società. Ecco, forse è in questo articolo che si può intravedere l’approssimazione migliore al concetto di felicità della società Il lavoro nell’articolo 4 La Costituzione americana promette il diritto alla felicità per i suoi cittadini. La nostra ha il coraggio e l’umiltà di non fare affermazioni di questo genere, ma in questo articolo delinea una strada possibile per la realizzazione della persona umana e per il miglioramento della società. Una Repubblica fondata sul lavoro Che tipo di lavoro avevano in mente i Padri Costituenti? Era soprattutto il lavoro regolato dal contratto a tempo indeterminato, tipico del modello fordista Oggi il contratto standard, o a tempo indeterminato, non è più la regola, ma l’eccezione, soprattutto per l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Dalla stabilità alla flessibilità Stabilità: un lavoro che dura una vita; le tutele sociali hanno lo scopo di salvaguardare il posto di lavoro. Flessibilità: più lavori nell’arco di lavorativa; gli ammortizzatori sociali tutelano il lavoratore nel passaggio da un lavoro a un altro, anche attraverso opportunità di formazione. differenti una vita Flessibilità Si riferisce all’adozione di strumenti per promuovere una maggiore mobilità nel mercato del lavoro, attraverso un alleggerimento delle norme che regolano assunzioni e licenziamenti da parte delle imprese. La finalità è di favorire il reciproco adattamento tra le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese. Precariato (1/2) Deriva dall’uso improprio di rapporti di lavoro atipici. Si traduce in rapporti di lavoro con pochi diritti e tutele sociali per i lavoratori e caratterizzati dalla difficoltà di passare da rapporti di lavoro atipici a contratti standard. Il precariato ha impatti economici e sociali, poiché i lavoratori atipici rimandano scelte riguardo la formazione di una famiglia, la decisione di avere figli, l’acquisto di una casa, etc. Precariato (2/2) Le riforme del mercato del lavoro degli ultimi anni hanno reso più facile il primo ingresso nel mercato del lavoro (come dimostrato dal calo della disoccupazione giovanile, del 6% circa nel periodo 1998-2005). Queste riforme hanno però creato un canale parallelo, una specie di mercato del lavoro secondario, dove il passaggio dal mercato del lavoro secondario a quello primario è molto incerto, senza sentieri e percorsi stabiliti. Le riforme del lavoro Le due principali riforme in tema di flessibilità sono: Legge 196/97 (conosciuta anche come “pacchetto Treu”); Legge 30/2003 (conosciuta anche come riforma Biagi). Oggi ha ancora senso una Costituzione fondata sul lavoro? (Brunetta vorrebbe abolire il riferimento al lavoro) Ha ancora maggiore senso, proprio in una fase in cui il lavoro è “sotto attacco” da fenomeni come la globalizzazione . L’economia tende a prevalere e anzi condiziona, anche attraverso la pressione delle imprese multinazionali, le scelte dello Stato in materia finanziaria e sociale, richiede una crescente flessibilità (o precarizzazione) del lavoro, con sacrifici da parte delle generazioni più giovani. La tendenza è a un appiattimento dei diritti sociali ed economici verso il basso nei paesi avanzati per aumentarne la competitività economica. Il mercato diventa quello che detta legge e si perdono le capacità di regolazione del mercato da parte dello Stato. Anche il Governatore della Banca d’Italia Draghi ha insistito in più occasione sulla necessità di stabilizzare i rapporti di lavoro dei giovani. Ci sono molte proposte in questo senso(modello scandinavo, contratto unico suggerito da Tito Boeri, ma la classe politica è impegnata su altri fronti, nonostante la Repubblica che la classe politica è chiamata a servire (minister=servitore) sia fondata sul lavoro Che cosa ci dicono oggi gli articoli 1, 3 comma 2 e 4 della Costituzione? La realtà attuale: spostamento dai salari ai profitti Indagine sulla povertà Aumento e non diminuzione delle disuguaglianze Art. 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.” Art. 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.” La giusta retribuzione Quando una esistenza può dirsi linera e dignitosa? Che cosa ci dice la nostra Costituzione su questo punto? Ha senso oggi portare al centro della discussione pubblica il problema della distribuzione del reddito? Il problema della giusta retribuzione perché non si parla del modo in cui remunerare i diversi lavori? Il problema dell’altezza degli stipendi dei manager, privati e pubblici Il problema del doppio, triplo quadruplo lavoro e della pluralità degli incarichi in epoca di disoccupazione Articolo 2 e dovere di solidarietà sociale Art. 37 “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.” Art. 38 “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera.” Tasso di disoccupazione giovanile: 29% Il reddito di cittadinanza Gli ammortizzatori sociali per il lavoro precario e per il lavoro autonomo di seconda generazione Art. 39 “L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.” Crisi del sindacato, crisi della rappresentanza Contratti aziendali in luogo dei contratti collettivi Art. 40 “Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.” Articolo 41 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i controlli e i programmi opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Articolo 43 Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale Articolo 45 La Repubblica riconosce la funzione socialedella cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuive e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato Articolo 46 “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.” Articolo 117 ….Sono materie di legislazione concorrente (tra Stato e Regioni): ….tutela e sicurezza del lavoro Le parole di Valerio Onida I principi costituzionali non sono solo un’eredità del passato. Sono un patrimonio prezioso, del quale ciascuno di noi ha il dovere di aver cura per salvaguardarlo e svilupparlo. L’attuazione della Costituzione, sotto questo riguardo, non è un’impresa a tempo: è un compito permanente